Taj Mahal
India

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1983

 

La più celebre struttura architettonica dell'India e probabilmente una delle più belle al mondo. Nessuna riproduzione rende la magia e le perfette proporzioni di questo luogo, che Tagore definì "Una lacrima sul volto del Tempo".

Fu voluto da Shah Jahàn, imperatore dal 1628 al 1658, che apparteneva alla stirpe islamica dei Moghul; questa dinastia discendeva dalle tribù mongole che nei secoli precedenti, capeggiate da Attila e Gengis Khan, avevano seminato il terrore in Asia e in Europa. Nel 1526 il loro condottiero Baber calò in India dalle pianure dell'Asia centrale dopo avere fallito nell'intento di conquistare Samarcanda, scalzò la dinastia musulmana che da più di trecento anni vi dominava e fondò il suo impero. 

Stabilì la sua capitale ad Agra, situata a 206 chilometri a sud di Delhi, non distante dal deserto del Rajasthan. In quella città, che era appena stata strappata da suo figlio Humayun al clan guerriero indiano dei Rajputi, Baber iniziò subito i lavori per realizzare un parco che chiamò Rambagh (il giardino della bellezza), facendo scavare un pozzo e deviare le acque del fiume Jumna per alimentare canali, terme e fontane. Con i suoi giochi d'acqua, i sentieri simmetrici e le distese di fiori, il Rambagh divenne allora il modello di tutti i giardini moghul, compreso quello del Taj Mahal. Tutti gli imperatori che succedettero a Baber proseguirono la sua opera, dedicando sforzi e mezzi economici ingenti alla costruzione della città imperiale. Non fu però soltanto il rispetto della tradizione a far nascere il Taj Mahal, un'opera alla cui origine sta il grande amore di un uomo per la sua donna. 

Il Taj Mahal, La Corona del Palazzo, è una tomba, un mausoleo costruito da Shah Jahan, quinto imperatore Moghul (dal 1628 al 1658) per la moglie Mumtaz Mahal, la Preferita del Palazzo, seconda e favorita sposa del sovrano. Mumtaz Mahal, il cui vero nome era Arjuman Banu Begum, era una principessa persiana, che influenzò grandemente la vita e la visione politica di Shah Jahan. Morì a trentanove anni dando alla luce il 13 figlio nel 1631, lasciando il sovrano in un profondissimo lutto che gli incanutì i capelli tutti in una volta, e che estese per decreto al regno. Alla moglie agonizzante - che soleva accompagnarlo in ogni circostanza, comprese le campagne militari, rivelando una relazione strettissima di amicizia, fiducia e complicità tra i due sposi - il sovrano promette di non sposarsi mai più e di edificarle un mausoleo funebre che sarà la testimonianza perenne del loro profondo e unico amore. 

Sei mesi dopo la morte della regina, avvenuta a Burhanpur, il suo corpo venne trasportato ad Agra e nel 1631 fu riposto provvisoriamente in una cripta vicino al luogo destinato alla tomba definitiva che, nelle intenzioni di Shah Jahan, doveva essere il più straordinario monumento mai costruito per una donna.  

Il risultato sarà un'opera eccezionale: dodicimila tonnellate di pietre e marmi trasportati da grandi distanze; un edificio la cui circonferenza supera la Basilica di San Pietro e la Piazza del Bernini messe assieme; la perfezione delle forme raggiunta grazie a complessi calcoli matematici; la profusione di pietre rare incastonate nei muri; le pregevoli decorazioni affidate al più grande calligrafo persiano dell'epoca, Amanat Khan. 

La notizia che l'imperatore stava cercando qualcuno cui affidare il grandioso progetto fece accorrere ad Agra schiere di architetti e artigiani provenienti dall'India meridionale, dalla Birmania, da Ceylon, dalla Transcaucasia e dalla Persia. Nessun documento dell'epoca indica il nome del progettista del Taj Mahal, ma la tradizione vuole che a realizzarlo sia stato l'architetto Ustad 'Isa. Si racconta che, alla conclusione dei lavori, Shah Jahan abbia fatto tagliare le mani ai capomastri, accecare i calligrafi e decapitare l'architetto, affinché nessuno di loro potesse più realizzare un altro edificio simile. 

Ricordato di volta in volta con nomi diversi (Ustad Khan Effendi, 'Isa Mohammed Effendi, Ustad Mohammed, 'Isa Affendi, 'Isa Khan), indicato come proveniente dai luoghi più disparati (da Costantinopoli, da Shiraz o Isfahan in Persia, da Samarcanda, da Kandahar in Afghanistan, o anche da Delhi o Agra) e appartenente a svariate etnie (arabo, cristiano, russo, indiano o ebreo), Ustad 'Isa è forse un personaggio nato per soddisfare la curiosità dei turisti inglesi che nell'Ottocento andavano in visita ad Agra.  

Altrettanto prive di fondamento sono le ipotesi secondo cui quel monumento, in perfetto stile indo-persiano, sarebbe stato disegnato da un europeo (sono stati fatti i nomi dell'orafo veneziano Gerolamo Veroneo e dell'argentiere francese Austin de Bordeaux). 

TajMahal13.jpg (102471 byte)Oltre alle considerazioni stilistiche e all'inattendibilità delle fonti su cui queste ipotesi poggiano, è inaccettabile l'idea che un architetto cristiano possa aver ricevuto l'incarico di costruire un edificio il cui ingresso, fino all'occupazione inglese, era proibito ai non musulmani, i quali, se contravvenivano al divieto, venivano condannati a morte. Del resto l'ispiratrice del mausoleo Mumtaz Mahal, come testimonia l'iscrizione che orna il suo sarcofago - "Proteggici, o Signore, dalla genìa dei miscredenti" - era stata un'acerrima nemica del cristianesimo e aveva spinto Shah Jahàn a sterminare i portoghesi che si erano stanziati a Hooghly (sul luogo dell'odierna Calcutta).  

Secondo alcuni studiosi, l'ideatore più probabile del Tàj Mahal è il persiano Ustad Ahmad Lahori, che già in precedenza, nel suo duplice ruolo di ingegnere e di astrologo, aveva ricevuto da Shah Jahan l'incarico di disegnare alcune delle sue opere più ambiziose. Secondo altri, il mausoleo non fu progettato da un solo uomo, ma da un gruppo di esperti coordinati personalmente dall'imperatore. 

L'impianto dell'edificio, peraltro, non è una novità assoluta, ma richiama con le sue cupole e i suoi minareti molte costruzioni indiane, quali il Forte Rosso di Agra, ampliato e rimaneggiato per volontà dello stesso Shah Jahan, e ancor più il sepolcro del secondo imperatore moghul Humayun, costruito a Delhi più di un secolo prima. Come quella dei suoi illustri precedenti, l'architettura del Taj Mahal costituisce una sintesi armoniosa tra la ricca tradizione costruttiva islamica persiana e quella della decorazione indiana.  

Molto prima dell'avvento di Shah Jahan, infatti, gli scalpellini indiani erano famosi in tutto l'Oriente per la loro non comune abilità nel lavorare la pietra; quando nel XIV secolo Tamerlano aveva voluto abbellire la sua capitale, Samarcanda, vi aveva chiamato dall'India i migliori artigiani del marmo, che divennero l'orgoglio delle sue botteghe e, alla sua morte, innalzarono per lui il mausoleo del Gure AmTr, indicato anch'esso come uno dei modelli ai quali il Tàj Mahal potrebbe essersi ispirato. 

Nonostante la comprovata perizia delle maestranze locali, per il suo progetto ambizioso l'imperatore fece giungere ad Agra artigiani provenienti da tutta l'Asia: dalla Turchia, Ismail Afandi, che realizzò l'enorme cupola del mausoleo; da Lahore, nell'attuale Pakistan, l'esperto gioielliere Qazim Khan, che ebbe l'incarico di fondere e modellare l'oro del pinnacolo della cupola; da Delhi, infine, abilissimi mosaicisti guidati da Chiranji Lai. Ma gli artisti giunti dalla Persia, e in particolare da Bagdad e da Shiraz, i più numerosi e considerati superiori per cultura e conoscenze tecniche, furono determinanti nel dare al Tàj Mahal il suo singolare carattere misto, indiano e persiano. In particolare, da Shiraz fu chiamato Amanat Khan, il celebre maestro di calligrafia che decorò la facciata e la cripta del mausoleo con iscrizioni in caratteri arabi.

Le iscrizioni che costellavano nicchie, archi, cupole, portali e minareti rappresentavano da un millennio un motivo tipico dell'arte musulmana (nella quale era proscritta la rappresentazione della figura umana), che impiegava i segni eleganti della scrittura per definire lo spazio architettonico e, soprattutto, per offrire agli occhi dei fedeli brani dei testi sacri islamici. L'importanza attribuita all'attività dei calligrafi è testimoniata al Taj Mahal dagli ingenti compensi pagati a Amanat Khan, la cui firma fu l'unica considerata degna di comparire sulle mura del mausoleo ed è tuttora visibile all'interno, alla base della cupola, circondata da versetti del Corano.  

I lavori, iniziati nel 1631, proseguirono ininterrottamente per diciassette anni e richiesero il lavoro di 20.000 operai. Per accoglierli sorse nello spazio di fronte al cantiere una piccola città, che assunse il nome di Mumtàzabad in onore della regina morta. Questa città crebbe con una prosperità tale da divenire più importante della stessa Agra, e sembra persino che Shah Jahan abbia pensato di trasferirvi la sua residenza ufficiale. A Mumtàzabad giungevano le carovane che portavano i materiali da costruzione: il tufo rosso estratto nelle vicine cave della regione; il marmo bianco, trasportato su carri trainati da buoi, bufali, elefanti e cammelli dal Makran, a più di trecento chilometri di distanza; e le pietre rare provenienti da regioni ancora più lontane, come giada e cristallo dalla Cina, turchese dal Tibet, lapislazzuli dall'Afghanistan, crisolito dall'Egitto, conchiglie, corallo e madreperla dall'oceano Indiano.  

Nel XVIII secolo, con l'avvento degli europei e il crollo dell' impero Moghul, il complesso cadde nell'abbandono e fu oggetto di scempio, fino allo scellerato progetto di Lord William Bentink, Governatore generale del Bengala, che ne cominciò lo smantellamento e la vendita del marmo in Europa. Fortunatamente, a causa dello scarso riscontro economico ottenuto, la distruzione si interruppe. Ma in 4 secoli di esistenza il Taj ha attraversato tutte le tensioni e le contraddizioni della storia indiana, fino al 1965, quando durante la guerra Indo-pakistana fu tenuto lungamente incappucciato con un'immensa rete nera per nasconderlo ai raid aerei e sottrarlo ai bombardamenti. Le ultime aggressioni sono quelle dell'inquinamento e del turismo: per salvare i suoi marmi candidi dalla corrosione dell'anidride solforosa il governo ha dovuto chiudere 250 piccole fabbriche locali, costringendo 100mila operai alla disoccupazione. Persino il fiato dei turisti è una minaccia: 3 milioni di visitatori all'anno provocano un'umidità pericolosa per la conservazione dei dipinti all'interno del mausoleo.

Il complesso architettonico del Taj Mahal copre approssimativamente un'area di 580 x 300 metri quadrati e si compone di cinque elementi principali: il darwaza (portone), il bageecha (giardino) che è la tipica forma di charbagh (giardino diviso in quattro parti) mughal, il masjid (moschea), il mihman khana (casa degli ospiti) ed infine il mausoleum ovvero la tomba di Taj Mahal.   

Il complesso tombale venne realizzato in modo tale da essere accessibile sia dal nord che dal sud, rispettivamente dal fiume Yamuna oppure dalla terraferma.  All'interno del giardino,  si trovano aiuole di fiori, canali d'acqua che riflettono l'immagine del Taj e viali alberati.

Il Taj Mahal fu costruito all'interno di un grande giardino che misura 300 x 300 metri quadrati , interamente circondato da un muro di pianta quadrata. Sui lati della strada che conduce al cancello esterno, collocato al centro della cinta orientale, vi sono due edifici ottagonali: a sinistra quello definito "tomba delle dame di compagnia" perché ospita al suo interno due sarcofaghi, a destra una piccola moschea di tufo rosso, diventata un'officina di marmisti durante il periodo dell'occupazione inglese e perciò detta "dei tagliatori di pietra".

All'entrata un lungo corridoio pieno di botteghe conduce a un cortile su cui sorge il portale interno, ingresso vero e proprio del Taj Mahal. Il portale è un edificio a tre piani rivestito di arenaria rossa, con un'arcata colossale al centro; l'ingresso si apre sulla sua facciata sud, decorata con versetti del Corano abilmente realizzati con lettere di marmo nero di dimensioni crescenti verso l'alto per sembrare, a chi guarda dal basso, tutte della stessa misura. La presenza di una serie di barriere che compongono un edificio separato dalla costruzione principale è caratteristica dell'architettura musulmana, e svolgeva la doppia funzione di proteggere le ricchezze custodite all'interno e di separare lo spazio sacro da quello profano. Purtroppo non è più possibile ammirare i portali d'argento che qui si trovavano in origine, smontati e fusi durante la ribellione della fazione indù degli Jati, avvenuta nel 1764.  

Si accede così ai giardini, concepiti con un sorvegliatissimo criterio geometrico. Il loro tappeto verde, che si estende dal portale fino alla base dell'edificio principale, è infatti diviso in quattro riquadri regolari da canali di marmo che confluiscono nella grande fontana centrale, nelle cui acque si riflette la cupola del mausoleo. Il parco fu chiaramente ideato sul modello del giardino persiano, che prevedeva l'inserimento degli elementi naturali in una struttura artificiale creata dall'uomo. Il giardino del Taj - assai lontano da quello giapponese, volto a imitare e ad accentuare la natura - somiglia meno al giardino orientale che al parco di Versailles, dal quale peraltro si differenzia nettamente per la funzione cui adempie, quella di introdurre spiritualmente all'edificio sacro. Dopo l'abbandono dell'intero complesso seguito alla morte dei diretti discendenti di Shàh Jahan, e il decadimento e la predazione di cui fu oggetto per due secoli, il parco fu restaurato. Degli animali, dei boschetti, delle aiuole, dei frutteti che lo allietarono un tempo nulla è rimasto, a eccezione, forse, di un vecchio albero di simal vicino al mausoleo.

Grazie alla studiatissima inquadratura del giardino e alla collocazione su una grande terrazza all'estremità settentrionale del recinto, il mausoleo sembra lontanissimo e piccolissimo se visto dal portale, mentre, per l'illusione ottica contraria, si ingrandisce a dismisura se ci si avvicina. L'edificio poggia su una piattaforma rettangolare di arenaria rossa, alta sette metri, delimitata ai quattro angoli da minareti di quarantadue metri d'altezza, privi di funzioni pratiche ma costruiti per conferire slancio verticale all'insieme. 

TajMahal5.jpg (1243687 byte) TajMahal9.jpg (208081 byte) TajMahal10.jpg (267564 byte) TajMahal12.jpg (281732 byte) TajMahal6.jpg (346919 byte)

TajMahal7.jpg (187474 byte) TajMahal11.jpg (177857 byte) TajMahal14.jpg (322085 byte) TajMahal15.jpg (215033 byte) TajMahal19.jpg (117076 byte)

È fiancheggiato da due moschee gemelle di marmo e arenaria rossa: quella a occidente, con tre cupole e i pennacchi contornati di arabeschi di pietra dura, ha il soffitto interno coperto da affreschi; quella a oriente, nota con il nome di jawab, "la risposta", poiché perfettamente simmetrica all'altra, non fu mai usata per il culto e svolgeva probabilmente una pura funzione estetica.

Il mausoleo vero e proprio è il grande edificio centrale, con pianta a base quadrata smussata agli angoli. È dominato dalla maestosa cupola centrale, dal diametro di venti metri e la caratteristica forma orientale a bulbo, che ritorna nelle quattro cupolette minori. La sua struttura in mattoni è interamente rivestita all'esterno da lastre di marmo bianco che producono un effetto di straordinaria luminosità. 

Quarantatré tipi di pietre dure e preziose compongono raffinati motivi vegetali a intarsio, i cui giochi di colore sono valorizzati dai riflessi delle fontane del giardino e dalle variazioni di luce nelle diverse ore del giorno e condizioni meteorologiche. Su ognuno dei quattro lati dell'edificio si apre un alto arco acuto che conduce a una stanza ottagonale, da cui si accede alla camera funeraria collocata al centro.

L'INFLUENZA PERSIANA - La tomba della regina Mumtaz Mahal è situata su un terrazzo sopraelevato ed è circondata da quattro minareti, uno per ogni angolo del terrazzo stesso. Si crede che i minareti siano leggermente inclinati verso l'esterno in modo da non crollare sulla tomba, in caso di terremoto.

Come la maggior parte delle tombe moghul, anche il Taj mostra segni evidenti dell'influenza persiana. Visto dall'alto è un quadrato con gli angoli smussati composto, all'interno, da numerose stanze. La stanza principale è circondata da otto stanze minori ciascuna delle quali presenta delle aperture a forma di arco.

L'edificio è coperto da cinque cupole: la più grande, che ha una forma a bulbo, si trova sopra la stanza principale, le altre coprono quattro delle stanze minori. Il cenotafio si trova al livello dell'ingresso della stanza principale; la tomba vera e propria invece è esattamente nel livello sottostante.

La pavimentazione della stanza tombale è una scacchiera di marmo bianco e nero e molti lavori artistici in pietra dura, tra cui figure geometriche, fiori e piante, adornano la stanza.  

AD OGNI ORA, UN ASPETTO DIVERSO - Diversi studiosi hanno cercato di capire cosa renda questo monumento così unico e magnifico. Una ragione è attribuita alle sue perfette proporzioni e alla geometria.

Una seconda è dovuta ai diversi modi in cui il Taj si mostra ai suoi visitatori.

Rivestito di delicato marmo, infatti, il Taj varia il proprio aspetto durante la giornata, a seconda del cambiamento della luce del sole e dei diversi effetti ottici provocati dalle ombre sul marmo. Il monumento è considerato particolarmente bello visto di notte, alla luce della luna piena.

In origine il progetto comprendeva anche la costruzione, dalla parte opposta del fiume, di un complesso identico ma in marmo nero invece che bianco, che sarebbe dovuto essere il mausoleo dell'imperatore. Aurangzeb, il figlio di Shah Jahan, preoccupato per le ingenti somme di denaro che il padre aveva già investito per il Taj Mahal, costrinse l'imperatore agli arresti e ne prese il posto sul trono nel 1658.

Shah Jahan trascorse il resto della sua vita nella fortezza di Agra, fissando dalla finestra la lontana sagoma del Taj dove, alla sua morte, venne seppellito insieme alla moglie.

Per questo motivo, nonostante ci siano prove archeologiche che le costruzioni del secondo monumento erano iniziate, il progetto originario non fu mai portato a termine.  

MODERNA MERAVIGLIA - Alla fine del XIX secolo, complice il tempo e i ladri di tombe, il Taj Mahal versava in un forte stato di abbandono. Quando, nello stesso periodo l'inglese Lord Curzon venne nominato vicerè dell'India, fu avviato un progetto di restauro del monumento. In questa occasione i tradizionali giardini del Taj Mahal vennero sostituiti dai classici prati in stile britannico che sono ancora oggi visibili.

IL SEPOLCRO DI MUMTAZ MAHAL 

Alla fine del 1631, mentre iniziavano i lavori per la costruzione del Tàj Mahal, il corpo di Mumtàz Mahal fu trasportato da Burhanpur, dove la regina era morta, ad Agra, e posto in un mausoleo provvisorio vicino al luogo destinato alla sepoltura definitiva. 

La tomba della regina fu, insieme alle due moschee che le fanno da guardia, il primo edificio del complesso a essere costruito. Probabilmente la tomba sorse in dieci anni, mentre ne dovettero passare altri dodici prima che l'intero complesso fosse terminato. Quando la tomba venne completata, l'imperatore depose sul feretro della moglie i diamanti più preziosi del suo tesoro e fece stendere sul sarcofago un manto di perle. 

Il sepolcro fu circondato da una balaustra d'oro e i pavimenti dell'intera stanza, oggi nudi e consumati dal passaggio dei visitatori, vennero ricoperti da pregiatissimi tappeti persiani e moghul, sostituiti quasi ogni giorno. Centinaia di candelieri d'argento e di lampade d'oro vennero appesi alle pareti e la porta d'ingresso fu dotata di un cancello d'argento massiccio. 

Di tutti questi tesori, trafugati durante i saccheggi che accompagnarono il tramonto dell'era moghul, rimane ora assai poco. Nell'enorme vano ottagonale della camera funeraria, in cui la luce filtra da finestre munite di transenne di marmo traforate, campeggia il sarcofago della regina e accanto, in posizione asimmetrica, quello di Shah Jahàn, qui collocato alla sua morte nel 1666. 

Entrambe le tombe, oggi vuote poiché i corpi dei sovrani sono stati spostati nella cripta sottostante, sono circondate da una transenna ottagonale di marmo scolpita in una delicatissima filigrana. I mosaici di pietre rare che ricoprono i due sepolcri sono considerati tra i più belli del mondo: al centro di quello sul sarcofago di Mumtaz è rappresentata una penna, mentre sulla tomba dell'imperatore compare un calamaio, simboli della complementarietà delle loro anime. 

La vivacità dei colori dei sepolcri contrasta con la sobrietà dei disegni calligrafici delle pareti superiori. Il motivo floreale della transenna si ritrova invece in bassorilievo sulle pareti inferiori della sala centrale e delle quattro stanze ottagonali che la circondano, destinate ad accogliere i parenti di Shah Jahan, ma mai utilizzate. Per la loro acustica, rivelatasi perfetta, questi ambienti ospitano talvolta concerti di musica sacra. Sotto la cupola, in particolare, il rumore più debole si amplifica e si riproduce in modo sorprendente.