Il parco nazionale del
Kilimanjaro (Kilimanjaro
National Park) è uno dei
principali parchi nazionali
della Tanzania. Copre una
superficie di 756 km².
Con i suoi
5895 metri
di altitudine, il Kilimangiaro
è il punto più alto
dell'Africa e il massiccio
isolato più elevato del
mondo. Non sono tuttavia
questi gli elementi che
l'hanno trasformato in un
luogo mitico per gli
Occidentali; quello che ha
sempre suscitato l'attenzione
dei turisti, infatti, è la
presenza di un manto di nevi
perenni in una zona tanto
vicina all'Equatore.
Le prime notizie conosciute
sul Kilimangiaro sono tanto
antiche quanto vaghe; il greco
Diogene localizzò con
sufficiente approssimazione
questo massiccio e anche i
Monti Elgon e Kenya, tanto che
i suoi dati sarebbero stati
utilizzati dal celebre
geografo Tolomeo attorno
all'anno 150 dell'era
cristiana in occasione della
compilazione delle sue celebri
mappe.
Il governatore a Mombasa aveva
avvertito il missionario
tedesco di non scalare la
montagna; a quanto pareva era
abitata da spiriti maligni.
Johannes Rebmann non vi salì,
eppure nel 1848 fu il primo a
vederlo: il grande
Kilimangiaro e la sua vetta
ricoperta di ghiaccio, il
Kibo. Rebmann fu deriso in
quanto nessuno credeva
possibile che vi fosse la neve
a soli 300 km dall'equatore,
una simile idea poteva venire
solo a una testa esposta al
sole per lungo tempo nel
continente nero.
Probabilmente le società
geografiche, che avrebbero
preferito credere all'antica
leggenda africana, secondo la
quale quello attorcigliato
sulla cima del Kilimangiaro è
un gigantesco serpente bianco.
Visto dalla pianura il Kibo è
uno spettacolo raro, la cima
bianca è quasi sempre
ricoperta dalle nubi, per
vederla bisogna alzarsi in
volo oppure osare una salita
faticosa. La
prima tappa è la giungla, la
foresta pluviale che al
mattino sembra più una
foresta di nebbia.
Oggi
le escursioni nella giungla
non durano più così tanto
come un secolo fa, quando le
prime spedizioni europee
volevano prendere d'assalto la
vetta e questo non dipende
soltanto dagli equipaggiamenti
moderni; la foresta pluviale
è diventata molto più
piccola. In alcuni luoghi la
cintura verde intorno al
Kilimangiaro è larga solo un
chilometro, il resto è stato
abbattuto. Al suo posto ci
sono piantagioni di boschi, la
povertà artificiale e gli
insediamenti umani hanno
sostituito la vegetazione e la
vita animale indisturbata.

Con
l'aumentare dell'altitudine la
foresta diventa una fitta
sterpaglia, oltre i 3800 metri
il clima permette solo la
presenza di un paesaggio
erboso e una landa: la
brughiera. Siamo
sull'altopiano di Shira, il
realtà lo Shira è una delle
tre cime del massiccio del
Kilimangiaro. Alcune parti del
bordo del cratere sono ancora
intatte, qui finalmente
spariscono la cappa di nubi e
gli alberi e si apre una vista
indisturbata sul Kibo. La
montagna è avvolta solo da un
paio di veli sottili per
accrescere ulteriormente la
curiosità nei confronti della
cima. Qui di notte la
temperatura scende sempre
sotto lo zero, mentre di
giorno fa molto caldo.
Più
su, dove finisce la piana
inclinata di Shira, la
vegetazione si dirada
ulteriormente. Se si guarda
verso il basso l'altopiano di
Shira appare come un mare
verde e ruvido, tutto il resto
è avvolto da una nebbia
fredda. Nessuno sa cosa
cerchino i bufali a queste
altezze, qui non possono
trovare piante ma soltanto
freddo e morte.
Arrivare
fino alla torre di lava è
relativamente semplice,
soltanto l'altezza può
insidiare la scalata. Nel 1887
il geografo di Lipsia Hans
Meyer, tentò di scalare il
Kibo, arrivò vicino ai
ghiacciai ma non riuscì a
superarli. A 5000 metri
dovette rinunciare a causa di
una fitta bufera di neve. Due
anni dopo, il capo di una
spedizione che contava diverse
centinaia di uomini fu il
primo a raggiungere la vetta,
la vetta della libertà, a
5895 metri di altezza.
Soltanto
allora gli scienziati europei
vollero credere che ci fosse
una vetta innevata così
vicina all'equatore. Tuttavia
anche in epoche precedenti
doveva aver raggiunto il
ghiacciaio del Kibo,
altrimenti come sarebbe
divenuta famosa la leggenda
della montagna d'argento
nell'antichità, argento che
si trasforma in acqua quando
si sposta nella pianura.
Per
Hernest Hemingqay il
Kilimangiaro era grande quanto
il mondo intero e di un bianco
inimmaginabile al sole.
Purtroppo non sarà più a
lungo così; il ghiacciaio del
Kibo si sta sciogliendo. Dal
1972 la sua massa è già
diminuita del 95%; la polvere
che i fuoristrada sollevano in
vortice nelle savane,
immagazzina il calore del
sole; il disboscamento
attraverso gli incendi aumenta
l'effetto serra; le
precipitazioni sono diventate
sempre più rare.
Probabilmente nel 2030 non ci
sarà più neve sul
Kilimangiaro, l'argento della
montagna si trasformerà in
acqua.
Quando
il 6 ottobre 1889, Hans Meyer
giunse sulla cima, nel punto
più alto dell'Africa, sulla
vetta della montagna isolata
più alta del mondo, fu
pervaso da uno stato d'animo
solenne. Guardò nel grande
cratere e pensò a tutti i
sacrifici e alle delusioni
dell'anno: quella montagna era
la sua ragione di vita. E poi
con un senso di felicità e di
soddisfazione si voltò
indietro, sulle stazioni della
salita, come nessuno dei tanti
migliaia di conquistatori
della vetta dopo di lui. Si
convinse che la montagna
volesse comunicare il suo
segreto a lui e al suo
accompagnatore che aveva preso
con sé per l'ultima tappa.

Il Kilimangiaro e i boschi che
lo circondano furono
dichiarati riserva di caccia
dal governo coloniale tedesco
all'inizio del XX secolo; nel
1921 gli inglesi li
trasformarono in riserva
forestale e, finalmente, nel
1973 una piccola parte
dell'area posta sopra i
2700 metri
di quota ottenne il rango di
Parco Nazionale. Com'è ovvio,
la storia del Kilimangiaro non
è così recente come la sua
dichiarazione a Parco, ma
nemmeno si può parlare di
un'origine molto antica a
proposito della sua nascita
geologica.
Circa un milione di anni fa,
nella dolce e ondulata pianura
dell'Africa orientale si
aprirono una serie di
spaccature attraverso le quali
fuoriuscì il magma. La
pianura perse così una parte
del suo appoggio e sprofondò
dando origine a una grande
depressione. 750.000 anni fa
una nuova colata di lava portò
alla nascita di un grande
sistema vulcanico, il
Kilimangiaro, formato da tre
crateri principali: Kibo,
Mawenzi e Shira.
Per lungo tempo i crateri
crebbero in modo costante,
seppure lentamente,
raggiungendo un'altitudine
approssimativa di
5000 metri
, fino a quando lo Shira
collassò - mezzo milione di
anni fa - sprofondando in una
vasta caldera che restò
inattiva e venne inondata
dalla lava degli altri due
coni vulcanici.
Il Mawenzi fu il secondo a
spegnersi, dopo una grande
esplosione che ne distrusse il
margine orientale, dando luogo
a una profonda gola. Il Kibo
invece si mantenne attivo
molto più a lungo, fino a
quando, circa 100 000 anni fa,
le sue emissioni magmatiche
investirono il già eroso
cratere dello Shira, aprirono
l'attuale precipizio del Kibo,
circondarono il Mawenzi e si
dispersero a grande distanza
nella pianura. Da allora, e
malgrado una limitata attività,
l'agente che maggiormente ha
influito sul modellamento del
paesaggio è stato quello
erosivo, che ha ridotto la
cima alla quota attuale
conferendole la forma che oggi
conosciamo.
Il Kilimangiaro è un
massiccio vulcanico isolato
che occupa
388 500 ettari
elevandosi su un altopiano
situato a un migliaio di metri
di quota; data l'altitudine,
nelle giornate limpide la sua
sagoma si può scorgere fino a
500 chilometri
di distanza. Visto dall'alto,
il vulcano forma un ovale
lungo
60 chilometri e ampio 40, con
un manto di nevi perenni sulla
cima. Il cratere del Kibo è
nella parte centrale, assieme
al picco Uhuru che rappresenta
il punto più elevato del
monte, e perciò del
continente africano. Scendendo
di circa mille metri in
direzione est si giunge al
precipizio del Kibo, dal quale
si inizia l'ascesa al Mawenzi,
che in realtà è un grande
spuntone roccioso di
5149 metri
che una volta chiudeva il
camino interno dello scomparso
cratere. Se dal Kibo si scende
in direzione contraria, cioè
verso ovest, la triade
vulcanica si completa con il
cono dello Shira, ridotto ora
a
3962 metri
, ma che emerge imponente da
uno spettacolare pianoro
conosciuto con il nome di
Shira Plateau. Non è facile
determinare l'origine del nome
Kilimangiaro: sebbene tutto
lasci pensare che derivi dal
termine Mima, dove lima
significa
"montagna", non è
chiaro il motivo del prefisso
ki, dato che si tratta di un
diminutivo. Il termine njaro
complica ulteriormente la
situazione poiché, a seconda
delle lingue parlate nei
dintorni, ha diversi
significati:
"carovana",
"freddo" e
"sorgente".

La
vegetazione del Kilimangiaro
può essere suddivisa in
quattro zone:
·
la
zona della foresta pluviale
(da
1.800 m
a
2.700 m
), ricca di rigogliosa
vegetazione dominata dagli
alberi ad alto fusto;
·
la
zona della brughiera (da
2.700 m
a
4.000 m
), abitata prevalentemente da
specie arbustifere;
·
la
zona del deserto d'alta quota
(da
4.000 m
a
5.000 m
), desertica e desolata;
·
la
zona sommitale (da
5.000 m
a
5.895 m
), spesso coperta dalle nevi e
soggetta a condizioni
climatiche estreme.
Zona
della foresta pluviale -
da 1.800 m a 2.700 m - Questa
è certamente la fascia più
ricca di specie vegetali,
dominata da alberi ad alto
fusto dalle chiome rigogliose
che ricoprono totalmente i
sentieri formando suggestive
foreste a galleria. Le specie
ad alto fusto maggiormente
rappresentate sono: la
Macaranga kilimandscharica,
l'Albizia schimperiana e la
Mitragyna rubrostipulata.
Accanto a questi veri e propri
giganti del regno vegetale
crescono alberi di dimensioni
più ridotte quali la
Tabernaemontana holstii, la
Xymalos monospora e la Agauria
salicifolia. Tra le specie
erbacee si incontrano specie
caratteristiche quali le
orchidee del genere
Polystachya, alcune varietà
di Impatiens: la Impatiens
pseudoviola di colore rosa e
la Impatiens kilimanjari dai
fiori rosso scarlatto, e la
Mimulopsis kilimandscharica,
una pianta erbacea con fiori
rosa.
Nel
versante nord e ovest la
foresta riceve meno piogge e
qui si incontrano specie
differenti: alti e contorti
esemplari di ginepro, e due
specie di olivo, l'Olea
Africana alto fino a 10 metri
e l'Olea kilimandscharica alto
fino a 30 metri. Alle
quote più elevate gli alberi
si diradano. Si osservano
esemplari isolati di varie
specie di Podocarpus, di Ilex
minutus e dei grandi alberi
della canfora africana Ocotea
usambarensis, che possono
raggiungere i 40 metri
d'altezza. Nelle zone più
umide e riparate l'Hagenia
abyssinica, rosacea con grandi
foglie pennate, si ricopre con
eleganti fiori rosso scuro.

Zona
della brughiera -
da 2.700 m a 4.000 m - Al
di sopra della linea degli
alberi scompaiono le piante ad
alto fusto ma sono tuttavia
presenti numerose specie
vegetali. La zona più bassa
della brughiera è popolata da
fitti cuscini di Erica arborea
che creano suggestivi effetti
cromatici. Le piante più
singolari di questa zona sono
comunque il senecio gigante,
caratteristica pianta dal
lungo tronco che regge una
ampia e carnosa rosetta
fogliare, e la Lobelia
deckenii, una specie della
famiglia delle Campanulacee
che cresce fino ad 3 metri di
altezza, con grandi spighe
verticali claviformi.
Completano
il paesaggio numerose altre
specie meno appariscenti ma
che offrono una varietà di
sfumature cromatiche: gli
arbusti di Hypericum revolutum
con piccoli fiori gialli,
l'Helichrysum kilimanjari con
fiori giallo intenso, la
liliacea Kniphofia thomsonii,
i Gladiolus watsonioides con
fiore rosa salmone, l'orchidea
Disa stairsii, con bella spiga
rosa intenso, l'Anemone
thomsonii, il giallo
Ranunculus oreophylus, la
Scabiosa comumbaria dai fiori
rosati, l'Anthospermum
usambarensis, cespuglio
somigliante al cipresso con
fioriture bianche, e la Stoebe
kilimandscharica con minuscole
foglie grigio-argentate.
- Zona
del deserto d'alta quota
-
La vita vegetale
in questa zona è
limitata ad alcune
specie erbacee dalla
sviluppata capacità di
adattamento a condizioni
ambientali poco
favorevoli. Oltre che
muschi e licheni
lapidicoli è possibile
vedere esemplari di
Carduus chamaecephalus,
di forma appiattita e
con foglie pelose e
spinose, ciuffi isolati
di Pentaschistis minor,
detta "erba del
deserto" e
differenti specie di
Helichrysum.
L'Haplocarpha rueppellii
e l'Haplosciadium
abyssinicum sono altre
due specie che, grazie a
un rivestimento di fitti
peli argentei, che
riflettono le radiazioni
solari e riducono le
perdite d'acqua e di
calore, riescono a
sopravvivere a queste
altitudini.

-
- Zona
sommitale -
A causa delle
condizioni climatiche
estreme di questa zona
(basse temperature,
radiazioni solari molto
intense, ossigeno
rarefatto) sono poche le
specie vegetali che
riescono a sopravvivere.
Tra di esse si possono
annoverare l'erbacea
Helichrysum newii e i
licheni della specie
Xanthoria elegans.
Il
parco è ricchissimo di specie
animali: sono state censite
oltre 140 specie di mammiferi
incluse 7 specie di primati,
25 di carnivori, 25 di
antilopi e 24 specie di
pipistrelli.
Nella
zona delle falde, nonostante
il crescente sfruttamento
agricolo abbia modificato le
caratteristiche del
territorio, sopravvive una
popolazione di qualche
centinaia di elefanti e non è
raro incontrare anche qualche
esemplare di bufalo nero e di
leopardo. Il rinoceronte nero,
una volta presente in questa
area, è adesso estinto.

Tra
i mammiferi che popolano la
foresta pluviale vanno
menzionate differenti specie
di primati: il babbuino, il
cercopiteco, il Colobus
polykomos ed alcune
specie di Galago.
Al
di sopra della linea degli
alberi le specie di mammiferi
più significative sono
l'antilope alcina , l'antilope
di Abbot, la Sylvicapra
grimmia, il Tragelaphus
scriptus e il Cephalophus
natalensis. Sono reperibili
inoltre numerose specie di
roditori, quali il Dendrohyrax
validus, e di insettivori.
Sono
state censite circa 180 specie
di uccelli, la maggior parte
delle quali abitano la zona di
foresta pluviale: tra esse un
cenno particolare merita lo
storno di Abbot, molto raro al
di fuori di questa area. Tra
le specie reperibili nelle
zone più elevate vengono
segnalati: il gipeto, la
sassicola di Erlanger , il
beccamoschino di Hunter, la
nettarinia malachite di
Johnston e il corvo
collobianco.
Meritano
infine una menzione una rara
specie di farfalla, la Papilio
sjoestedti, nota anche come
Kilimanjaro swallowtail, che
vive, oltreché sul
Kilimanjaro, anche a
Ngorongoro e sul Monte Meru, e
una sua sottospecie di colore
nero, la Papilio sjoestedti
ssp. atavus, che si trova solo
sul Kilimanjaro.
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