Il Parco nazionale dei Monti
Rwenzori è un parco nazionale
situato tra i Monti Rwenzori
in Uganda. Al suo interno sono
presenti numerose cascate,
laghi, ghiacciai e la terza
montagna più alta d'Africa,
Monte Stanley.
L'importanza di questo Parco
di
99.600 ettari
è dovuta soprattutto alla sua
struttura geologica. Ma, se le
montagne attraggono visitatori
da tutto il mondo, ciò è
dovuto anche alla
straordinaria ricchezza
botanica di tutta l'area. La
fauna, poi, che presenta
alcuni animali che per
adattamento all'altitudine si
sono trasformati in
sottospecie endemiche della
catena montuosa, è un altro
elemento fondamentale nel
quadro meraviglioso delle
Montagne della Luna.
Dieci milioni di anni fa la
regione del Ruwenzori era una
sterminata pianura che drenava
le acque piovane in direzione
dell'Oceano Atlantico. I
movimenti tettonici che si
sono succeduti da allora hanno
cambiato drasticamente la
situazione: una serie di
faglie provocò la spaccatura
della crosta terrestre, dando
origine a un'intensa attività
vulcanica e tutta la zona
venne sottoposta a un processo
di innalzamento.
Le fonti termali di Sempaya,
Mustora e Rwagimba sono ancora
oggi alimentate proprio da
queste faglie, così come i
piccoli crateri vulcanici
presenti alle estremità del
massiccio. L'innalzamento
della crosta portò in
superficie strati molto spessi
di rocce precambriane e diede
inoltre luogo a un'inversione
nel drenaggio delle acque,
cosicché quelle che non
vengono raccolte dal Lago
Vittoria adesso si dirigono
verso l'Oceano Indiano.
Il massiccio, che si estende
dall'Equatore in direzione
nord per
80 chilometri
circa, porta tracce delle
antiche glaciazioni nei
diversi rilievi che lo
compongono: Gressi, Speke,
Stanley, Baker, Savoia ed
Emin, quest'ultimo sul
versante congolese. Il più
alto è il Monte Stanley, che
con le punte Albert (5.087 m),
Alexandra (5.091 m) e
Margherita (5.109 m
) è la terza vetta africana.
Già nel II secolo a.C. il geografo romano Claudio Tolomeo
era persuaso che le sorgenti
del Nilo si trovassero nel
cuore dell'Africa, in cima a
quelle che chiamava "le
montagne della Luna",
eppure gli europei
"moderni" scoprirono
la catena del Rwenzori solo
nel 1889. E dovette essere una
bella sorpresa per Arthur
Jephson e Thomas Parke, membri
della spedizione di Henry
Morton Stanley, trovarsi
davanti a picchi innevati
proprio all'altezza
dell'equatore.
Gli inglesi, tuttavia, a quel tempo avevano altri
obiettivi, sicché la catena
rimase inesplorata fino al
1906, quando il principe Luigi
di Savoia vi organizzò una
spedizione. Fu così che se il
più importante massiccio del
Rwenzori prese il nome dal
britannico lord Stanley,
mentre la sua vetta più
elevata - che, con
5109 metri
di altitudine, è la terza del
continente - venne battezzata
Monte Margherita, dal nome
dell'allora regina d'Italia.
Lungo 120 chilometri da nord a sud e ampio 48, il gruppo
del Rwenzori consiste di una
singolare formazione di rocce
precambriane di origine non
vulcanica e fu generato dalla
spinta delle masse di terra
espulse durante la creazione
della Grande Valle del Rift.
L'area del Rwenzori Mountains
National Park, istituita nel
1991, copre quasi
100.000 ettari
dell'Uganda occidentale, ai
confini con la repubblica
popolare del Congo, e
comprende 25 picchi superiori
ai
4500 metri
di altitudine, oltre a una
trentina di ghiacciai e nevai
perenni.
Il 70% del Parco si trova al
di sopra dei
2.500 metri
di altitudine, ma l'estensione
dell'area montuosa è molto
superiore, se si tiene conto
che la frontiera con
la Repubblica Demo
cratica del Congo passa
precisamente sulla linea
spartiacque e che il settore
congolese è occupato dal
Parco Nazionale dei Monti
Virunga.
La stratificazione in quota da
luogo al succedersi di cinque
ecosistemi differenziati. Le
pianure coltivate cedono
presto il passo a una foresta
di montagna in cui sono state
individuate 75 specie arboree.
I tronchi, coperti di liane ed
epifite, si innalzano fino a
30 metri, lasciando comunque
alla luce lo spazio
sufficiente per filtrare fino
al suolo e favorire lo
sviluppo di un ricco e
abbondante strato arbustivo.
Nella Valle Mubuku è facile
imbattersi in grandi esemplari
di Symphonia globulifera,
caratteristica per i suoi
vistosi fiori rossi, mentre
nella zona di Nyabitaba la
specie più frequente è
l'antichissima conifera
Podocarpus milanjianus.
Tra le felci si trovano già i
primi esemplari di grandi
dimensioni, come quelli di
Cyathea deckenii, alta cinque
metri; non manca, lungo i
corsi d'acqua, il banano
selvatico. Per quanto riguarda
la fauna, questa è la zona
ideale per osservare i colobi,
tra i quali il colobo rosso
del Ruwenzori e la guereza del
nord. Può capitare anche di
incontrare piccoli gruppi di
elefanti o di bufali, oppure
di imbattersi in un ilocero.
Dovranno tuttavia passare
ancora molti anni prima che la
popolazione animale possa
riprendersi dalla mattanza
subita nei decenni passati.
Dai
2400 metri
si trova il bosco di bambù -
dove Arundinaria alpina è la
specie dominante - con felci
nettamente arboree, come
Philippia benguelensis e
Philippia johnstoni, che
possono superare i dieci
metri. Nella zona rocciosa
prospera un sottobosco
impenetrabile di Mimulopsis
ellioti, vicino ai ruscelli
crescono esemplari isolati di
Lobelia gibberoa, una
lobeliacea gigante alta cinque
metri.
Sopra i
3.000 metri
di quota si entra nella
brughiera, dove, oltre alle
eriche, si concentrano i
giganteschi seneci e le
lobelie. I Bakonjo e i Baamba,
due popolazioni indigene che
vivono nella zona ormai da
tempi immemorabili, si
spingono fino a queste
altitudini per dare la caccia
a piccoli mammiferi come la
procavia arboricola.
Oltre i
3.800 metri
si estendono le praterie
alpine, caratterizzate da una
progressiva riduzione delle
specie vegetali, che a queste
quote sono ridotte quasi
esclusivamente a muschi e
licheni. Infine, le nevi
perenni che ricoprono le cime
a partire dai
4.400 metri
impediscono la crescita di
qualsiasi tipo di vegetazione.
Gli studi realizzati sulla
fauna e sulla flora del Parco
Nazionale dei Monti Ruwenzori
hanno evidenziato la presenza
nella zona alpina di 89 specie
di uccelli, 4 di rapaci
diurni, 15 di farfalle, 60 di
invertebrati e di almeno 4
sottospecie endemiche di
mammiferi. Negli ultimi anni
elefanti, bufali, varie specie
di antilopi e i primati si
stanno riprendendo dalla
decimazione subita durante la
guerra civile, ma due nuovi
problemi si pongono ora
all'attenzione: l'aumento
della popolazione che vive nei
dintorni del Parco e
l'incremento del flusso
turistico.
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