Parco Nazionale dei Monti Rwenzori
Uganda
 
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1994
  
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Il Parco nazionale dei Monti Rwenzori è un parco nazionale situato tra i Monti Rwenzori in Uganda. Al suo interno sono presenti numerose cascate, laghi, ghiacciai e la terza montagna più alta d'Africa, Monte Stanley. 

L'importanza di questo Parco di 99.600 ettari è dovuta soprattutto alla sua struttura geologica. Ma, se le montagne attraggono visitatori da tutto il mondo, ciò è dovuto anche alla straordinaria ricchezza botanica di tutta l'area. La fauna, poi, che presenta alcuni animali che per adattamento all'altitudine si sono trasformati in sottospecie endemiche della catena montuosa, è un altro elemento fondamentale nel quadro meraviglioso delle Montagne della Luna.

Dieci milioni di anni fa la regione del Ruwenzori era una sterminata pianura che drenava le acque piovane in direzione dell'Oceano Atlantico. I movimenti tettonici che si sono succeduti da allora hanno cambiato drasticamente la situazione: una serie di faglie provocò la spaccatura della crosta terrestre, dando origine a un'intensa attività vulcanica e tutta la zona venne sottoposta a un processo di innalzamento. 

Le fonti termali di Sempaya, Mustora e Rwagimba sono ancora oggi alimentate proprio da queste faglie, così come i piccoli crateri vulcanici presenti alle estremità del massiccio. L'innalzamento della crosta portò in superficie strati molto spessi di rocce precambriane e diede inoltre luogo a un'inversione nel drenaggio delle acque, cosicché quelle che non vengono raccolte dal Lago Vittoria adesso si dirigono verso l'Oceano Indiano.

Il massiccio, che si estende dall'Equatore in direzione nord per 80 chilometri circa, porta tracce delle antiche glaciazioni nei diversi rilievi che lo compongono: Gressi, Speke, Stanley, Baker, Savoia ed Emin, quest'ultimo sul versante congolese. Il più alto è il Monte Stanley, che con le punte Albert (5.087 m), Alexandra (5.091 m) e Margherita (5.109 m ) è la terza vetta africana.  

Già nel II secolo a.C. il geografo romano Claudio Tolomeo era persuaso che le sorgenti del Nilo si trovassero nel cuore dell'Africa, in cima a quelle che chiamava "le montagne della Luna", eppure gli europei "moderni" scoprirono la catena del Rwenzori solo nel 1889. E dovette essere una bella sorpresa per Arthur Jephson e Thomas Parke, membri della spedizione di Henry Morton Stanley, trovarsi davanti a picchi innevati proprio all'altezza dell'equatore. 

Gli inglesi, tuttavia, a quel tempo avevano altri obiettivi, sicché la catena rimase inesplorata fino al 1906, quando il principe Luigi di Savoia vi organizzò una spedizione. Fu così che se il più importante massiccio del Rwenzori prese il nome dal britannico lord Stanley, mentre la sua vetta più elevata - che, con 5109 metri di altitudine, è la terza del continente - venne battezzata Monte Margherita, dal nome dell'allora regina d'Italia. 

Lungo 120 chilometri da nord a sud e ampio 48, il gruppo del Rwenzori consiste di una singolare formazione di rocce precambriane di origine non vulcanica e fu generato dalla spinta delle masse di terra espulse durante la creazione della Grande Valle del Rift. L'area del Rwenzori Mountains National Park, istituita nel 1991, copre quasi 100.000 ettari dell'Uganda occidentale, ai confini con la repubblica popolare del Congo, e comprende 25 picchi superiori ai 4500 metri di altitudine, oltre a una trentina di ghiacciai e nevai perenni.

Il 70% del Parco si trova al di sopra dei 2.500 metri di altitudine, ma l'estensione dell'area montuosa è molto superiore, se si tiene conto che la frontiera con la Repubblica Demo cratica del Congo passa precisamente sulla linea spartiacque e che il settore congolese è occupato dal Parco Nazionale dei Monti Virunga.  

La stratificazione in quota da luogo al succedersi di cinque ecosistemi differenziati. Le pianure coltivate cedono presto il passo a una foresta di montagna in cui sono state individuate 75 specie arboree. I tronchi, coperti di liane ed epifite, si innalzano fino a 30 metri, lasciando comunque alla luce lo spazio sufficiente per filtrare fino al suolo e favorire lo sviluppo di un ricco e abbondante strato arbustivo. Nella Valle Mubuku è facile imbattersi in grandi esemplari di Symphonia globulifera, caratteristica per i suoi vistosi fiori rossi, mentre nella zona di Nyabitaba la specie più frequente è l'antichissima conifera Podocarpus milanjianus.

Tra le felci si trovano già i primi esemplari di grandi dimensioni, come quelli di Cyathea deckenii, alta cinque metri; non manca, lungo i corsi d'acqua, il banano selvatico. Per quanto riguarda la fauna, questa è la zona ideale per osservare i colobi, tra i quali il colobo rosso del Ruwenzori e la guereza del nord. Può capitare anche di incontrare piccoli gruppi di elefanti o di bufali, oppure di imbattersi in un ilocero. Dovranno tuttavia passare ancora molti anni prima che la popolazione animale possa riprendersi dalla mattanza subita nei decenni passati.

Dai 2400 metri si trova il bosco di bambù - dove Arundinaria alpina è la specie dominante - con felci nettamente arboree, come Philippia benguelensis e Philippia johnstoni, che possono superare i dieci metri. Nella zona rocciosa prospera un sottobosco impenetrabile di Mimulopsis ellioti, vicino ai ruscelli crescono esemplari isolati di Lobelia gibberoa, una lobeliacea gigante alta cinque metri.

Sopra i 3.000 metri di quota si entra nella brughiera, dove, oltre alle eriche, si concentrano i giganteschi seneci e le lobelie. I Bakonjo e i Baamba, due popolazioni indigene che vivono nella zona ormai da tempi immemorabili, si spingono fino a queste altitudini per dare la caccia a piccoli mammiferi come la procavia arboricola.

Oltre i 3.800 metri si estendono le praterie alpine, caratterizzate da una progressiva riduzione delle specie vegetali, che a queste quote sono ridotte quasi esclusivamente a muschi e licheni. Infine, le nevi perenni che ricoprono le cime a partire dai 4.400 metri impediscono la crescita di qualsiasi tipo di vegetazione.

Gli studi realizzati sulla fauna e sulla flora del Parco Nazionale dei Monti Ruwenzori hanno evidenziato la presenza nella zona alpina di 89 specie di uccelli, 4 di rapaci diurni, 15 di farfalle, 60 di invertebrati e di almeno 4 sottospecie endemiche di mammiferi. Negli ultimi anni elefanti, bufali, varie specie di antilopi e i primati si stanno riprendendo dalla decimazione subita durante la guerra civile, ma due nuovi problemi si pongono ora all'attenzione: l'aumento della popolazione che vive nei dintorni del Parco e l'incremento del flusso turistico.