Parco Nazionale dei vulcani della Hawaii
Stati Uniti
 
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1987

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Il luogotenente James King, imbarcato con la spedizione di James Cook nel 1779, ne stimò l'altitudine in 4883 metri. Pochi anni più tardi, tuttavia, le misure barometriche del botanico Archibald Menzies, il primo a raggiungerne la vetta, lo ridimensionarono decisamente, arrivando al più verosimile valore di 4134 metri, e in effetti, secondo lo U.S. Geological Survey Hawaiian Volcano Observatory, fondato nel 1912, il Mauna Loa, che occupa la metà sud-occidentale dell'isola di Hawaii, è alto 4169 metri.

Se però a questi si aggiungono i circa 5000 metri di profondità del fondale marino da cui il vulcano si innalza e gli 8000 della depressione che si è formata per effetto della sua spinta, con 17 chilometri di altezza il Mauna Loa è la montagna più alta del mondo: quasi il doppio dell'Everest. E, di certo, è la più voluminosa, con 80.000 chilometri cubi di rocce vulcaniche, per una superficie, al di sopra del livello del mare, di 5271 chilometri quadrati.

Mauna Loa è anche uno dei vulcani più attivi della Terra, con 33 eruzioni registrate in epoca storica, ma in questa classifica è ampiamente superato dal vicino Kilauea, che ha eruttato in continuazione per oltre vent'anni, prima del 1907, per poi riprendere a tratti nel 1952 e ricominciare nel 1983, con un'eruzione che ancora non accenna a fermarsi. Da queste poderose officine di Efesto prendono il nome le eruzioni di tipo hawaiiano, che raramente hanno un comportamento esplosivo e sono caratterizzate da un flusso continuo di lava che spesso fuoriesce da un fianco del vulcano. 

Nei millenni, questi flussi di magma fluido hanno depositato, strato dopo strato, la lava che ha prodotto lo spettacolare panorama vulcanico dell'isola di Hawaii. Entrambi fanno parte dell'Hawaii National Park, creato nel 1916 e successivamente modificato fino all'attuale estensione, pari a 92.934 ettari. Istituito per preservare lo scenario modellato da 70 milioni di anni di evoluzione geologica, il parco è diventato il rifugio delle numerosissime specie autoctone, sia vegetali sia animali.

L’isolamento dell’arcipelago delle Hawaii e la peculiare natura del suolo hanno infatti favorito lo sviluppo di comunità botaniche con un’altissima percentuale di endemismi, anche se, come è tipico delle isole, la biodiversità è relativamente ridotta rispetto alle aree continentali. Il tratto più peculiare della storia dell’arcipelago è forse la “stratificazione”, intesa in termini sia geologici sia biologici. Formate dal sovrapporsi e dal continuo mutare di strati di lava, le Hawaii sono state conquistate dalla vita in diverse fasi, distanti fra loro secoli o millenni. Veicolate di volta in volta dalla acque oceaniche, dai venti e specialmente dagli uccelli, grandi apportatori di vita su tutte le isole del mondo, le numerose specie indigene delle Hawaii hanno occupato ogni angolo delle isole adattandosi a condizioni variabilissime, a seconda dell'altitudine, dei venti prevalenti, delle condizioni dell'umidità e delle nebbie. 

Ultimi arrivati, anche gli esseri umani sbarcarono in diversi scaglioni, forse a partire dall'epoca in cui cadde Roma e provenendo, prima dell'arrivo di Cook, dalle sovrappopolate isole Marchesi. In questo quadro contornato da specie rarissime e altamente minacciate, particolarmente importanti sono le felci, che rappresentano una quota significativa della flora indigena, ancora prevalente al di sopra dei 1500 metri di altitudine e notevolmente contaminata dalle specie importate sotto i 600 metri. Unico mammifero originario dell'isola di Hawaii è il Lasiurus cinereus, il pipistrello più diffuso nelle Americhe. Di grande interesse sono invece gli uccelli, tra i quali si trovano interessanti esempi di radiazione adattativa. Molte specie endemiche, peraltro, sono rare o in pericolo. 

Tra queste ultime si annoverano l’akepa, l’akiapola'au, la procellaria delle Hawaii, l'omao, l’apapane, l’elepaio, l’amakihi e l’iiwi. Tutta l'area del parco, purtroppo, è compromessa dall'invasività delle specie introdotte dall'uomo. Capre e maiali selvatici hanno distrutto intere aree di piante indigene, le manguste hanno decimato i rettili. E del mutamento degli habitat, oltre che della caccia, ha sofferto anche il nene, ultima superstite di nove specie di oca selvatica endemiche dell'isola, di recente elevata a simbolo della conservazione hawaiana. Secondo le stime, dovevano essere circa 25.000 al tempo dell'arrivo di Cook, ma a metà degli anni Quaranta non ne erano rimasti più di 50 esemplari. Dagli anni Settanta è stato avviato un programma di reintroduzione che ha dato qualche successo, ma ancor oggi la sopravvivenza del nene continua a dipendere dalle attenzioni dell'uomo.