Sundarbans, foresta di mangrovie
Bangladesh - India

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1997

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Sundarbans è il nome attribuito alla più grande foresta di mangrovie del mondo, che si trova nel delta del fiume Gange e si estende su regioni appartenenti al Bangladesh e allo stato del Bengala Occidentale, in India. Esso è un Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO dal 1997, anche se la zona appartenente al Bangladesh e quella appartenente all'India sono elencati fra i Patrimoni dell'UNESCO con due nomi differenti (Sundarbans nel primo caso, Parco nazionale di Sundarbans nel secondo, che fa parte della lista fin dal 1987), anche se fondamentalmente essi sono semplicemente due parti della stessa foresta.

Il delta del Gange – in cui confluiscono anche le acque del Brahmaputra e del Meghna, formando il bacino del Bangala - è il più vasto del pianeta. E le isole sabbiose che lo compongono, divise da migliaia di canali di portata idrica variabile a seconda della marea e della stagione, ospitano la più estesa foresta di mangrovie del mondo. Il nome dell'area, Sundarbans, deriva da sundri, ovvero la specie di mangrovie più comune nel delta.  

I depositi fluviali formano una fitta rete di canali che si articolano soprattutto in direzione nord-sud. I monsoni provocano in questi canali grandi piene in seguito alle quali si depositano enormi accumuli di materiali sedimentari che danno origine a nuove terre emerse. Anche i violenti cicloni fanno sentire il loro effetto provocando onde alte decine di metri che vanno a infrangersi contro le terre più basse. Il risultato di questo processo è un paesaggio mutevole, caratterizzato da aspetti differenti a seconda della stagione dell'anno. I Sundarbans offrono un'efficace difesa alle terre litorali della penisola indiana, impedendo all'azione devastatrice dei cicloni di farsi sentire in tutta la sua potenza.

Il clima tropicale e molto umido dei Sundarbans - le precipitazioni annue si aggirano intorno ai 2790 millimetri , concentrati nella stagione monsonica di giugno-ottobre - incide su un'alta biodiversità che, oltre alle mangrovie, comprende 334 specie di piante tra arboree ed erbacee, appartenenti a 245 generi. Anche dal punto di vista faunistico la zona presenta una notevole varietà di specie, la più ampia del bacino del Bengala. E se il rinoceronte di Giava, il bufalo d’acqua e il gaur si sono estinti dai Sundarbans all'inizio del XX secolo, nell'area si contano, oltre alla già citata tigre, 49 specie di mammiferi, tra i quali un primate (Macaco, mulatta), presente in circa 60.000 individui, 80.000 esemplari di cervo maculato (Cervus axis) e circa 20.000 cinghiali, le principali prede della tigre. Si trovano inoltre tre specie di gatti selvatici e altrettante di lontre: queste ultime, addomesticate dai pescatori, li aiutano a spingere i pesci nelle reti. 

Sundarbans è anche un santuario ornitologico ricco di 315 specie di uccelli, 95 delle quali acquatiche, e presenta una notevole varietà di anfibi e rettili, benché le specie di serpenti siano soltanto 19. È comunque la fauna marina a rivestire il maggiore interesse per i circa due milioni e mezzo di abitanti insediati ai margini dell'area protetta, che trovano nella pesca la principale fonte di sostentamento. Oltre ai pesci, presenti in 120 specie, sono numerosi anche i crostacei e soprattutto i granchi che, con 140 milioni di chilogrammi, costituiscono da soli la più alta proporzione di biomassa animale di Sundarbans. Tanto che la vendita di granchi, gamberi e aragoste è al primo posto nelle attività commerciali della vicina città costiera di Chittagong.  

Sundarbans è un ecosistema complesso. Esso è diviso fra il Bangladesh (per il 62%) e l'India (per il restante 38%); a sud esso incontra il golfo del Bengala, a est confina col fiume Baleswar mentre a nord termina in aree densamente coltivate. Il drenaggio naturale delle aree a monte del delta è impedito da argini artificiali e polder. L'area totale di Sundarbans è di poco più di 6.000 chilometri quadrati, dei quali oltre 4.100 di terreni asciutti e quasi 1.900 di acque (fiumi, canali, ecc...). I fiumi di Sundarbans sono un punto d'incontro fra l'acqua dolce (che proviene dal Gange) e l'acqua salata del golfo del Bengala.

In termini di biodiversità Sundarbans non ha eguali fra le altre foreste di mangrovie. La foresta ha anche funzioni protettive e produttive: la sua superficie costituisce il 51% delle foreste del Bangladesh, il 41% delle entrate derivanti dallo sfruttamento delle foreste e il 45% di tutto l'export di legname del paese (FAO 1995). Una grande quantità di industrie si basano sul legname ottenuto dall'ecosistema di Sundarbans, mentre l'indotto generato dalla foresta costituisce un fondamentale introito per oltre mezzo milione di abitanti delle poverissime regioni costali del Bangladesh. Oltre a questo, Sundarbans è una protezione naturale contro i cicloni che affliggono il paese.

Benché comunque Sundarbans sia per la maggior parte libera di abitazioni umane e benché sia in vigore un accordo per la chiusura del 70% della foresta allo sfruttamento da parte della popolazione, passate ricerche hanno rivelato che ci sono stati notevoli cali delle due specie più "commerciali" di mangrovie, pari a quasi il 50% fra il 1959 e il 1985. Inoltre, benché sia in vigore un altro trattato per il bando totale della caccia e della cattura di qualunque tipo di animale che non siano pesci o alcuni invertebrati, gli stessi studi denunciano che ci sia stato un notevole calo di biodiversità e una perdita di specie (in particolare 6 mammiferi e un rettile durante il XX secolo), oltre ad un calo della qualità ecologica dell'originaria foresta di mangrovie.

Sundarbans ospita circa 700 tigri del Bengala (stima del 2004)). I pescatori del delta del Gange, quando remano, in piedi, sulle loro barche di legno, lungo il labirinto d'acqua creato dalle foreste di mangrovie, usano portare sulla parte posteriore del capo una maschera su cui è disegnato un volto umano. È questa l'unica "arma" di difesa che possiedono contro la ferocissima tigre del Bengala che, si dice, attacca solo alle spalle. Qui la chiamano "la mangiatrice di uomini" e non a torto. Nei soli primi quattro mesi del 2000, secondo le stime del governo del Bangladesh, le tigri hanno ucciso 65 persone. Tanto che il "pericolo-tigre" - che si aggiunge alle già precarie condizioni degli abitanti del delta, sia in India sia in Bangladesh, afflitti da un'atavica povertà aggravata da frequenti e drammatiche inondazioni - ha riempito le pagine dei giornali, anche all'estero. E ha fatto sì che alcune ONG, come quella fondata dallo scrittore Dominique Lapierre, si facessero carico del problema. 

Ma se, da un lato, sono in gioco vite umane, dall'altro è necessario tutelare questo animale che ormai trova nel delta del Gange la sua ultima enclave. Gli zoologi hanno stimato che nell'area deltaica dello Stato del Bangladesh - protetta dal 1977 da leggi ambientali per 139.699 ettari - ne siano rimasti 450 esemplari, un numero che fa includere la tigre del Bengala nella lista delle specie in pericolo stilata dall'IUCN. E l'unico modo per far sì che si attenui la minaccia per l'uomo è quello di mantenere l'ecosistema in equilibrio, evitando che sempre maggiori porzioni di territorio selvaggio siano trasformate in terreni agricoli.