La
Valle
del Jiuzhaigou, letteralmente "valle
dei nove villaggi", è una riserva naturale
della provincia dello Sichuan. Jiuzhaigou si trova
nella parte meridionale della catena montuosa
Minshan,
330 chilometri
a nord di Chengdu. La valle si estende su di una
superficie di
240 chilometri
quadrati, con una zona cuscinetto di altri
400 chilometri
quadrati. La regione è prettamente montuosa, con
un punto più alto di
4.764 metri
in corrispondenza del monte Ganzigonggai.
Il
clima è di tipo temperato, con temperature medie
nell'ordine di -1 grado in gennaio e +17 gradi in
luglio. Le precipitazioni annuali assommano
mediamente a
661 millimetri
di pioggia, l'80% della quale è concentrato nel
periodo compreso fra maggio e ottobre.
Questa
remota regione venne abitata per secoli da
popolazioni tibetane e Qiang, ma non venne
ufficialmente scoperta dal governo fino al 1972.
Fino al 1979 l'area venne pesantemente disboscata,
attività che venne interrotta dal governo
centrale con l'istituzione di un parco nazionale
nel 1982. Nel 1984 il parco venne ufficialmente
aperto al turismo, con la costruzione di numerose
infrastrutture.

Diversi
fattori hanno determinato la ricchezza della flora
e della fauna di questa zona. Le particolari
condizioni climatiche associate alle variazioni di
altitudine consentono di vedere a 4800 metri vette
ammantate da nevi perenni, insieme a valli con una
vegetazione subtropicale a una quota di 2000
metri. Inoltre, l'orientamento nord-sud della
catena costituisce un ostacolo insormontabile per
i venti monsonici e favorisce l'abbondanza delle
precipitazioni. Durante quasi tutto l'anno, le
nuvole avvolgono le montagne e scendono a valle in
forma di nebbie, sfumando la luce e i contorni
tanto che il paesaggio sembra interamente
ricoperto dal velo di un fantasma. Non sorprende,
dunque, che in Cina la regione di Sichuan sia nota
come il "paese delle nuvole" e che la
Valle di Jiuzhaigou, costellata di laghi, lagune,
cascate, massicce vette incappucciate di neve e
foreste quasi impenetrabili, sia al centro di un
mondo di racconti e leggende.
Le
montagne di questa regione sono molto antiche,
molto più della catena himalayana, ragione per la
quale diverse specie primitive sono riuscite a
sopravvivere fino a oggi protette dagli imponenti
rilievi che le circondano; è il caso del panda
gigante (Ailuropoda melanoleuca), del quale si
trovano pochi esemplari nella valle, ma è, fra
gli altri, anche il caso della scimmia dorata dal
naso camuso (Rhinopitecus roxellanae), famosa per
il suo naso piccolo e all'insù. Per finire si
deve considerare che le montagne di Sichuan
rappresentano una barriera fisica che separa due
regioni biogeografiche molto diverse, la
paleartica e l'orientale, unite, ovviamente, da
valli che fungono da corridoi di passaggio per le
diverse specie. Il risultato finale è che la
catena di Sichuan si è trasformata in un
autentico paradiso per i naturalisti.
La
Valle di Jiuzhaigou è dominata lungo i suoi 40
chilometri da rilievi molto accidentati. È
denominata anche Valle dei Nove Villaggi per via
dei nove villaggi tibetani disposti sulle sponde
del fiume Nuorilang e dei suoi affluenti Zechawa e
Xize. È interessante sia per la particolare
morfologia del territorio, in cui compaiono laghi,
cascate e depositi calcarei, sia perché è una
delle 13 riserve che in Cina sono state adibite
alla protezione del panda gigante. Metà di queste
aree di tutela si trova sui Monti Min ed è
probabile che, in tempi non molto lontani, la
Riserva Jiuzhaigou verrà unita a quelle vicine di
Huanglong e di Wanglang per formare un'unica
superficie protetta.
La
Valle di Jiuzhaigou è di origine glaciale, come
dimostrano i numerosi laghi alpini, per
l'esattezza 108, che si succedono uno dopo
l'altro, spesso collegati da suggestivi salti
d'acqua, quasi fossero perle di una collana.
Questi bacini si sono formati 400 milioni di anni
fa sopra un terreno calcareo, in seguito
all'azione congiunta dei ghiacci, di diversi
fenomeni erosivi e degli smottamenti di origine
sismica.
Ma
gli anziani del posto spiegano la loro formazione
in modo molto più curioso: essi raccontano che
l'eroe Dagor creò uno specchio di nuvole da
regalare alla sua amante, la dea Ngono Sèmoy. A
causa di una disattenzione lo specchio precipitò
sul mondo degli uomini e si frantumò in 108
pezzi, ognuno dei quali generò un lago.
Qualunque
sia la loro origine, di fatto tutti i laghi
sembrano incatenati gli uni agli altri. Il
cambiamento graduale che si ripercuote sulla
vegetazione a mano a mano che si scende alle quote
più basse determina una trasformazione
nell'aspetto dei laghi tanto più rilevante quanto
maggiore o minore è la presenza delle alghe che
vivono al loro interno, grazie ai depositi
calcarei dei fondali e delle sponde. Il continuo
variare del riflesso della luce sulla superficie
delle acque, quando riesce ad attraversare le
fitte nebbie che avvolgono la valle, rende questa
regione lacustre ancora più suggestiva.

Il
popolo cinese, che tradizionalmente ha l'abitudine
di battezzare con nomi coloriti tutte le forme
della natura, in questo luogo si è potuto davvero
sbizzarrire. Infatti, dopo aver attraversato la
porta d'ingresso dell'area protetta ed essere
arrivati davanti al precipizio "specchio
prezioso" si giunge al "pino di
benvenuto ai visitatori".
Da
lì, il sentiero avanza per 5 chilometri
attraverso la Gola di Shuzeng costeggiando una
cinquantina di laghi, che la popolazione locale
chiama haizi, "mari". Probabilmente, i
più belli sono il "mare di giunco",
quelli del "doppio drago", del
"drago coricato", dei "fiori di
fuoco", il "tigre", il
"rinoceronte" e il "mare senza
nome".
Attraversata
questa zona, si giunge alla cascata Norilang, a
partire dalla quale è possibile seguire due
sentieri, che salgono dolcemente ognuno su un
versante della valle. La via che si dirige verso
destra in direzione della vetta "spada"
conduce alla foresta di bambù, in cui vivono il
panda e altre specie animali interessanti, e
attraversa la Gola dello Zechawa in direzione del
"mare lungo".
Questo
lago, con i suoi 20 chilometri di lunghezza (il più
esteso della valle), giace ai piedi del
Nushenshan, la "montagna della dea", una
vetta di oltre 3000 metri che si erge solitaria
sui boschi avvolti nella nebbia. Lì vicino si
trova lo stagno dei "cinque colori", ai
bordi del quale durante tutto l'anno fioriscono
gemme dei più svariati colori: giallo tenue,
celeste, verde giada, giallo intenso e viola
chiaro.

Un
nuovo cammino si addentra attraverso la Gola dello
Xize, in cui si trovano nove laghi: il "lago
dello specchio", presso il quale il mitico
Dagor e la dea Ngono s'incontravano di nascosto,
il "mare dei cinque fiori", il
"lago del panda", prima di giungere alla
sorgente "pendente del precipizio
spada". In alcuni casi, i laghi sono uniti
tra loro mediante un restringimento che consente
il passaggio delle acque; in altri sono separati e
le sponde sono chiaramente delimitate dalla
presenza di affioramenti di tufo calcareo che
spesso originano salti d'acqua.
Fra
le cascate, numerose e spettacolari, quella di
Xionguashai precipita da 78 metri battendo, nel
corso del suo volo, su tre piattaforme calcaree
consecutive; quella di Zengzhutan ("valanga
di perle"), con un salto di appena 28 metri,
presenta un roboante fronte d'acqua largo 310
metri.
Una
delle scene più suggestive si può osservare
quando un gruppo di tibetani guada a cavallo il
bordo di questa cascata. Vista dal basso sembra
un'azione suicida, ma in realtà il calcare
depositato al suolo consente agli animali di
avanzare senza problemi e lo strato d'acqua è così
sottile da coprire appena gli zoccoli. Lungo la
valle, la grande umidità prodotta dalle nebbie e
dall'influenza stagionale dei monsoni ha dato
origine a una vegetazione molto fitta e nettamente
stratificata in base all'altitudine, che inizia
alle quote più basse con un bosco misto dove
compaiono formazioni di conifere, per cedere il
posto, ai limiti delle nevi perenni, alle praterie
alpine. In autunno, quando le foglie degli aceri
diventano rossicce e gialle, il colore dei boschi
risulta particolarmente attraente, ma qualunque
periodo dell'anno è indicato per visitare un
luogo come questo, nel quale leggenda e realtà
sembrano fondersi tra le nebbie e il canto degli
uccelli (ne sono state censite 141 specie).
Oggi
rimangono solamente sei dei nove villaggi che si
trovavano un tempo nella valle; da quando è stato
avviato il progetto globale di salvaguardia del
panda, si è cercato di impedire lo sviluppo dei
villaggi trasferendo altrove gli abitanti.
Tuttavia, un altro pericolo minaccia la valle: il
turismo. I 5.000 visitatori del 1984 sono
diventati 500.000 a partire dal Duemila, un numero
eccessivo che avrà ripercussioni gravi e metterà
a rischio la sopravvivenza delle specie più
fragili.

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