Parco nazionale reale di Chitwan
Nepal

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1984

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Le tensioni provocate dall'impatto tra la placca continentale indiana e quella asiatica e la deriva dei continenti che continua ancora oggi diedero origine a una regione con caratteristiche geologiche, topografìche e climatiche esclusive. La presenza della catena montuosa più alta del mondo, l'Himalaya, contribuisce a rendere unica questa regione, caratterizzata da una notevole attività sismica. Il Parco Nazionale Reale di Chitwan si trova ai piedi dell'Himalaya, in uno dei pochi luoghi inalterati della regione del Terai, situata fra l'India e il Nepal. 

Creato nel 1973 su una superficie di 93 200 ettari, si estende alla base della catena del Siwalik, una serie di modesti rilievi formati da rocce granitiche, puddinghe, quarziti e scisti argillosi. La forma del perimetro di Chitwan ricorda la punta di una freccia orientata a ponente. Il corso del fiume Narayani segna il confine occidentale dell'area, mentre il fiume Rapti separa il Parco dai terreni coltivati che si trovano a nord. La zona meridionale è delimitata dalle acque del Reu. Fra questi corsi d'acqua si estende una pianura con leggere ondulazioni, coperta per buona parte da foreste umide e spesso inondate, che costituisce il cuore dell'area protetta. Il dislivello delle alture non è rilevante: varia dai 150 metri della pianura ai 760 metri delle cime del Siwalik.

La regione è esposta alla furia dei monsoni. Fra i mesi di giugno e settembre i venti umidi provenienti dall'Oceano Indiano vi scaricano intense precipitazioni. I fiumi si gonfiano allagando vaste zone, favoriti dalla scarsa permeabilità dei terreni argillosi che li fiancheggiano. Le piene a volte sono così violente da alterare il corso dei fiumi, tanto che anse in cui prima scorreva l'acqua rimangono isolate dal corso principale e si trasformano in paludi.

Durante il resto dell'anno, invece, si risente dell'influenza dei venti asciutti del nord che fanno scendere la temperatura, con forti escursioni termiche fra la notte e il giorno, e creano condizioni di scarsa umidità nell'ambiente. La media delle precipitazioni annuali, che per l'80% si registrano nel periodo dei monsoni, si aggira intorno ai 2150 millimetri.

Tali condizioni climatiche favoriscono la presenza di ampie superfici boscose, che occupano il 60% del territorio del Parco. La specie dominante è un albero autoctono dal tronco diritto e dall'ampia chioma, chiamato sai. Esso cresce in zone fresche e ben drenate, come declivi e dirupi, mentre sulle sponde dei fiumi si sviluppa la foresta a galleria. Sulle colline orientate a mezzogiorno crescono pini e palme, mentre il prezioso bambù preferisce i declivi ombreggiati. Nel Parco cresce anche un altro tipo di canna: appartenente al genere Themeda, è di grande utilità nell'economia locale degli indigeni, che ne utilizzano le foglie per nutrire il bestiame e il tronco per costruire le loro abitazioni.

A Chitwan la fauna silvestre del subcontinente indiano è ben rappresentata. Nel Parco vivono gli ultimi quattrocento esemplari nepalesi del rinoceronte indiano. Questo dato fa di Chitwan il secondo rifugio mondiale della specie, dopo la riserva indiana di Kaziranga. Il rinoceronte unicorno indiano (180 centimetri di altezza al garrese e fino a 4 tonnellate di peso) vive nelle paludi e nelle zone allagate, avventurandosi talvolta tra la vegetazione dei pendii vicini.

Come la maggior parte dei grandi mammiferi, il rinoceronte indiano ha un ciclo biologico lento: le femmine raggiungono la maturità sessuale a quattro anni e i maschi a sette. La gestazione dura sedici mesi e culmina con la nascita di un cucciolo di sessanta chili. La specie è oggetto di un gran numero di credenze e superstizioni, che hanno inciso negativamente sulla sua conservazione. Al corno, al sangue, all'urina e alla carne del rinoceronte sono da sempre attribuiti poteri magici; questo ha portato a un'intensa attività di caccia di frodo. Paradossalmente, agli albori del XXI secolo, la sopravvivenza di questo grande mammifero dipende dagli strascichi di credenze medievali che ancora permangono in vaste aree geografiche.

Grazie all'alta produttività delle terre subtropicali, qui possono vivere numerosi ungulati, fra cui il bel cervo pomellato, dal mantello rossiccio picchiettato di bianco, e il sambar, dal manto bruno uniforme e dalle corna possenti. Fra i piccoli cervidi troviamo il muntjak, che viene chiamato anche cervo abbaiatore a causa del suo verso simile a quello di un cane. Si tratta di un animale primitivo, dotato di piccole corna (raggiungono al massimo i 15 centimetri di lunghezza) che fuoriescono da due peduncoli prominenti ricoperti di pelo e che si prolungano sulla fronte, formando quella grande "V" che conferisce al muntjak il suo caratteristico aspetto. Contraddistinto da un pelo rossastro, non supera il mezzo metro al garrese e ha le zampe posteriori più sviluppate di quelle anteriori. A Chitwan vivono anche il leopardo e la tigre del Bengala. La coesistenza di felini così poderosi è possibile solo grazie a una netta separazione degli habitat e dei territori di caccia. Il leopardo ha infatti abitudini arboricole e predilige i settori del Parco dove la concentrazione di animali è maggiore. Le sue prede favorite sono i cervidi di medie e piccole dimensioni, come il cervo pomellato o il muntjak, che brucano nel folto degli alberi.

La tigre, invece, preferisce spazi più aperti, canneti e giuncheti vicini ai corsi d'acqua, dove si è specializzata nella caccia al grande sambar; talvolta, però, attacca anche il bestiame domestico. Per salvaguardare il grande felino si è pensato di ridurre al minimo i contatti con l'uomo mediante lo sgombero di alcuni centri abitati posti all'interno dell'area protetta: la creazione del Parco Nazionale Reale di Chitwan ha comportato, infatti, il trasferimento di ventiduemila persone.  

Nei fiumi e nelle paludi vive il coccodrillo indiano, lungo fino a quattro metri e dall'aspetto simile al coccodrillo del Nilo. Durante il periodo delle piene, questo animale approfitta della presenza di ampie superfici sommerse per spostarsi e raggiungere zone che, durante la stagione arida, restano isolate dai corsi d'acqua principali. Dumbar Brander, famoso cacciatore inglese dei primi del Novecento, fece un inventario di ciò che contenevano gli stornaci dei coccodrilli da lui abbattuti: vi trovò resti di leopardo, di esseri umani, di muntjak, di uccelli acquatici e di ogni sorta di animali domestici, indizio inequivocabile delle abitudini alimentari di un superpredatore, pronto a divorare qualsiasi preda si aggiri nel suo ambiente. A differenza del coccodrillo, il gaviale è quasi esclusivamente ittiofago. Presente nei fiumi di Chitwan, è dotato di mascelle allungate e sottili, vere e proprie pinze di sicurezza, con molti denti lunghi e aguzzi. Leggermente rivolti all'indietro, funzionano come arpioni, infilzando i pesci. Tra i rettili vi sono anche 19 specie di serpenti, tra i quali il cobra reale, che può raggiungere una lunghezza di 5-6 metri, e il pitone moluro.

Va infine segnalata la presenza di ben 489 specie di uccelli: tale ricchezza deriva sia dalla varietà di habitat sia dall'eccezionale ubicazione del Parco, che si trova nel punto di congiunzione degli areali in cui sono insediate le specie avicole degli emisferi settentrionale e meridionale.  

Il Royal Chitwan è una delle aree naturalistiche più studiate dell'Asia. Da quando è stato istituito e, di conseguenza, tutelato con il divieto di caccia, la popolazione di rinoceronti e di tigri è quadruplicata e il territorio è diventato sede di numerosi progetti di ricerca e di attenti monitoraggi. Ciò nonostante, la crescente pressione demografica nel Terai e il processo di industrializzazione che ha interessato il Nepal negli ultimi anni minacciano l'integrità del parco. Da un lato si è instaurata una pericolosa interazione tra l'uomo e gli animali erratici, come l'elefante. Dall'altro gli scarichi industriali hanno inquinato le acque dei fiumi, determinando l'estinzione del delfino nel Narayani e una sua sensibile riduzione negli altri corsi d'acqua. La conservazione nel Royal Chitwan National Park rischia dunque di diventare una sfida ardua.