Parco del Pollino
  


Il parco nazionale del Pollino, situato tra Basilicata e Calabria tra le province di CosenzaPotenza e Matera, con i suoi 192.562 ettari, di cui 88.650 nel versante lucano e 103.915 in quello calabro, è il parco nazionale più grande d'Italia; prende il nome dall'omonimo massiccio montuoso.

Si estende tra il sud della Basilicata e il nord della Calabria e in esso è inserito il gruppo montuoso del Pollino, il più elevato dell’Appennino Meridionale. Il versante lucano del Parco è suddiviso in quattro vallate principali: la Valle del Mercure, la Valle del Frido, la Valle del Sarmento e la Valle del Sinni. Appartengono al territorio calabrese la Valle del Raganello e la Valle del Coscile. Il Parco offre una moltitudine di paesaggi incantevoli, con grandi aree incontaminate e differenti a seconda dell’altitudine.

Il Parco è consigliato a chi ama il trekking e l’escursionismo, a chi ama il contatto diretto con la natura più incontaminata e selvaggia, a chi ama l’alpinismo e il rafting, agli amanti del torrentismo più estremo e a tutti coloro che hanno voglia di scoprire un territorio solitario e silenzioso rotto solo dal vento che si infrange tra le foglie degli alberi, o gustare sapori e sensazioni ormai dimenticate.

Dal novembre 2015, con l'inserimento nella lista globale dei geoparchi da parte dell'UNESCO, il parco del Pollino è considerato sito patrimonio mondiale.

Il parco nazionale del Pollino è stato istituito nel 1988, mentre la perimetrazione provvisoria è del 1990, così come le misure di salvaguardia.

Tra gli anni 1993 e 1994 s'insediano gli organismi amministrativi e tecnici: presidenza, consiglio di amministrazione e direzione; la sede dell'ente di gestione è ubicata in Rotonda (PZ).

Il parco si estende su 56 comuni (di cui 24 in Basilicata e 32 in Calabria), 9 comunità montane e 4 riserve orientate: Rubbio in Basilicata, Raganello, Lao e Argentino in Calabria.

Le sue vette, tra le più alte del sud d'Italia, sono coperte di neve per molti mesi dell'anno. Dalle cime, ad occhio nudo, si osservano le coste tirreniche e il litorale ionico.

L'emblema del parco è il pino loricato; tale specie è presente anche in numerose altre stazioni fitoclimatiche delle montagne balcaniiche e greche.

Il territorio del Parco comprende in tutto 56 comuni, 24 in Basilicata (22 nella provincia di Potenza e 2 nella provincia di Matera), e 32 in Calabria (provincia di Cosenza).

I comuni in territorio lucano sono: CalveraCastelluccio InferioreCastelluccio SuperioreCastelsaracenoCastronuovo di Sant'AndreaCarboneCersosimoChiaromonteEpiscopiaFardellaFrancavilla in SinniLatronicoLauriaNoepoliRotondaSan Costantino AlbaneseSan Giorgio Lucano (Mt), San Paolo AlbaneseSan Severino LucanoSeniseTeanaTerranova di Pollino, Valsinni (Mt), Viggianello.  

I comuni in territorio calabro sono: AcquaformosaAietaAlessandria del CarrettoBelvedere Marittimo, Buonvicino, Castrovillari, Cerchiara di Calabria, CivitaFrancavilla MarittimaFrascinetoGrisoliaLaino BorgoLaino CastelloLungroMaieràMorano Calabro, MormannoMottafolloneOrsomarsoPapasideroPlataciPraia a MareSan BasileSan Donato di NineaSanginetoSan Lorenzo BellizziSan SostiSant'Agata di EsaroSanta Domenica TalaoSaracenaTortoraVerbicaro.

Fra questi alcuni sono di interesse storico-archeologico: Castelluccio InferioreViggianello e Rotonda nel versante lucano, e CastrovillariCivitaMorano CalabroLaino BorgoMormanno, e Papasidero nel versante calabrese.

Altri comuni, importanti dal punto di vista socio-culturale, sono le comunità albanesi che si insediarono nel territorio tra il 1470 e il 1540. Nel versante lucano si trovano San Paolo Albanese e San Costantino Albanese, mentre nel versante calabrese si trovano San BasileLungroPlataciFrascineto e Civita.

Il paese più alto del parco è Alessandria del Carretto con i suoi 999 metri s.l.m., paese che ancora oggi conserva antiche tradizioni culturali e musicali.

Tra gli edifici religiosi degni di nota si annoverano, in territorio calabro, il complesso monastico della Madonna delle Armi a Cerchiara e ruderi di conventi, come quello del Colloreto a Morano Calabro, mentre in Basilicata, nel comune di San Severino Lucano, a 1537 metri di quota è situato il santuario della Madonna del Pollino, meta di un culto religioso profondamente radicato nella gente del luogo.

All'interno della valle del Mercure, in territorio di Rotonda, sono stati ritrovati interessanti reperti paleontologiciElephas antiquus, Hippopotamus major.

Geologia

Il confine calabro-lucano riveste un particolare interesse nella geologia dell'Italia meridionale, rappresentando la complessa fascia di raccordo tra i domini strutturali dell'Appennino Calcareo auct. e le coltri cristallino-metamorfico-sedimentarie dell'Arco Calabro-Peloritano.

"Pollino Geopark" - Il 17 novembre 2015, i 195 Stati membri dell'UNESCO, nell’ambito della 38ª sessione plenaria della conferenza generale dell'UNESCO, hanno riconosciuto la Rete dei Geoparchi Mondiale quale Progetto prioritario dell’UNESCO. Tutti i 120 membri della Rete Globale dei Geoparchi hanno quindi ottenuto il riconoscimento di "Unesco Global Geopark". Tra questi è presente il Pollino Geopark e da ciò ne consegue che tutto il territorio del parco nazionale del Pollino è entrato a far parte del Patrimonio dell’UNESCO.

Il "Pollino Geopark" racchiude 69 geositi ricadenti all’interno del proprio territorio, comprendendo circhi glacialidepositi morenici (risalenti all'ultima glaciazione wurmiana),nevai, fossili di Rudiste, particolari formazioni rocciose (come la successione ofiolitica di Timpa delle Murge e Timpa di Pietrasasso, ma anche le lave a cuscino del Monte Cerviero) grotte preistoriche (Grotta del Romito), gole scavate nella roccia calcarea (Raganello, Lao, Rosa e Garavina), pianori carsici, doline, profondi inghiottitoi (Abisso del Bifurto), timpe e vette che superano i 2000 metri di quota.

Oltre ai siti di interesse geologico il Pollino Geopark comprende anche numerosi siti di interesse non geologico, che mirano, insieme ai geositi, a valorizzare l'intero territorio del parco nazionale del Pollino, dal punto di vista geoturistico, naturalistico, culturale, storico e archeologico, in modo da far conoscere e apprezzare tanta bellezza.

Glacialismo - L'attuale profilo delle vette più elevate risulta fortemente modellato dall'azione di antichi ghiacciai, le cui tracce più evidenti si rinvengono sul versante nord-occidentale di Serra Dolcedorme con la conca denominata Fossa del Lupo, antica zona di accumulo delle masse ghiacciate che alimentavano l'imponente ghiacciaio del Frido; sul versante nord-orientale del Monte Pollino con i due circhi glaciali separati dal contrafforte nord-est della stessa montagna; e sul versante settentrionale di Serra del Prete con il bello e vasto circo glaciale alla cui base sporge l'accumulo frontale di detrito morenico ricoperto da una fitta e vasta faggeta.

I ghiacciai in ritiro, oltre ai depositi morenici, hanno abbandonato massi di notevoli dimensioni, i cosiddetti massi erratici. Caratteristici perché isolati e lontani da probabili punti di caduta, sono facilmente osservabili sui piani di Pollino e Acquafredda, a un'altitudine compresa tra i 1.800 e i 2.000 metri di quota.  

Il nevaio del Pollino - Nevai stagionali, alcuni dei quali di notevoli dimensioni, sono presenti su tutte le vette più alte del massiccio. Sul Monte Pollino, in particolare, nell'avvallamento immediatamente a sud rispetto alla cima (nei pressi di un'antica dolina), a quota 2.225 m slm, ne sorge uno che è facile scorgere anche a fine agosto. Il 9 ottobre 2010 presso il suddetto nevaio è stato installato un rilevatore di temperatura per un monitoraggio diretto del microclima locale.  

Riserve naturali orientate

Valle del Fiume Lao (5.200 ha) - Comune di Papasidero (CS)

Gole del Raganello (1.600 ha) - Comune di San Lorenzo Bellizzi (CS)

Valle del Fiume Argentino (3.980 ha) - Comune di Orsomanno (CS)

Rubbio (211 ha) - Comune di Francavilla in Sinni (PZ)  

Flora - Tra tante altre specie arboree presenti nel parco vi sono l'abete bianco, il faggio, tutti e sette i tipi di aceri di cui l'acero di Lobelius, il pino nero, il tasso diverse specie di querce, castagni, ed alle quote più elevate e sui pendii più ripidi è presente il pino loricato, specie rarissima, che si adatta agli habitat più ostili, dove altre specie molto rustiche (il faggio in primis) non sono in grado di sopravvivere.

Fioriture di Orchidee si osservano soprattutto in primavera, insieme a quelle di violegenziane, campanule e, in estate, il raro giglio rosso, oltre a molte specie di piante officinali ed aromatiche, tra le quali la fanno da padrona le Labiatae, con molteplici specie di menta ed inoltre tutte le varietà di timo, santoreggia, lavandaissopo, le cui fioriture avvengono al culmine dell'estate.

Non da meno sono da considerare le varie famiglie di frutti di bosco e di specie arboree selvatiche che producono frutti e bacche come le mele selvatiche, i vari Prunus, le fragoline di bosco e i lamponi di cui sono disseminati i sentieri e le frequenti radure, laddove le condizioni climatiche e di soleggiamento ne consentono la fruttificazione.

Riconoscimento UNESCO della faggeta vetusta di Cozzo Ferriero, la faggeta vetusta più a Sud d'Europa. Vi vive un antico albero, un pino loricato, la cui età è stata stimata al radiocarbonio in 1.230 anni da ricercatori dell’università della Tuscia, i quali l'hanno chiamato Italus, dal mitico eroe eponimo dell'Italia.

Fauna - Anche la fauna è varia, e comprende specie ormai estinte in altre zone montuose. Fra i mammiferi presenti nel parco si segnalano il lupo appenninico, il gatto selvatico, la volpe, il cinghiale, il capriolo autoctono di Orsomarso, la lontra, il tasso (Meles meles), lo scoiattolo nero meridionale, il driomio.

L'avifauna comprende l'aquila reale, l'avvoltoio capovaccaio, il falco pellegrino, il biancone, il falco lanario, il nibbio reale, il gufo reale, il gufo comune, il gracchio corallino, il corvo imperiale, il picchio nero e la rara coturnice.

Tra i rettili presenti vi sono la biscia dal collare e la vipera. E ancora sono presenti l'ululone, la salamandra pezzata, la rosalia alpina, ecc...

Di recente reintroduzione il cervo (nel 2002-03) e l'avvoltoio grifone (nel 2002).

Questi tipici paesi sono abitati da contadini, pastori, artigiani e da minoranze etniche quali gli albanesi che hanno custodito gelosamente le loro tradizioni, la loro lingua e i loro costumi. Più in alto spettacolari vallate di alta quota, immense foresti verdeggianti di faggio, di castagno, di cerro coperti di muschio, di funghi, di erbe aromatiche e popolate dal lupo appenninico, dal capriolo, dall’aquila reale, dal gufo nero, dal corvo imperiale.

Ancora più in alto nelle solitarie vette maestose trovano rifugio, oltre che nei Balcani, magnifici esemplari di Pino Loricato. Albero imponente ed elegante, di straordinaria bellezza, propaggine dell’ultima glaciazione deve il suo nome alla struttura della corteccia che ricorda vagamente le loriche, piastre metalliche delle antiche corazze romane.

Dai profili contorti, a causa del peso della neve e dei forti venti a cui è sottoposto, il Pino Loricato simbolo del Parco, può essere considerato per la sua rarità quasi un “monumento”, anche dopo la morte il suo tronco perdendo la corteccia resta lì in piedi per anni a guardia del territorio circostante.

Visitare il Parco del Pollino

Il Parco del Pollino è un luogo dove arte, tradizioni e natura si sposano alla perfezione andando a esaltare le bellezze di un territorio davvero unico. Il parco del Pollino si trova a cavallo tra Basilicata e Calabria e spazia dal mar Tirreno allo Jonio in un susseguirsi di bellissimi paesaggi tra montagne che superano i duemila metri, boschi incontaminati, gole profonde e alti pascoli. Il Pollino è però anche un luogo ricco di storia e di autentici gioielli architettonici con i suoi tanti borghi e paesi che conservano ancora vive le tracce di un passato in cui il rapporto con l’ambiente circostante è sempre stato al centro della vita quotidiana. 

Il parco del Pollino è oggi una meta ancora fuori dal circuito del grande turismo di massa, ma comunque molto ricercata da chiunque voglia godersi una vacanza diversa: all’insegna della vita all’aria aperta, senza dubbio, ma anche in grado di regalare forti emozioni alla scoperta di luoghi ancora integri dove il tempo sembra essersi fermato. Ecco dieci tappe da non perdere nel vostro viaggio nel parco del Pollino.

Quasi 200mila ettari di natura incontaminata a cavallo di due regioni e compresi tra due mari. Questo e molto altro ancora è il Parco Nazionale del Pollino, oggi considerato l’area protetta più estesa d’Italia. L’intera zona del Pollino è formata dai Massicci del Pollino e dell’Orsomarso, la catena montuosa che fa parte dell’Appennino meridionale a confine con la Basilicata e la Calabria e vanta le vette più alte del Sud Italia continentale. 

Il parco nazionale del Pollino è però anche una terra d’acqua visto che sono numerosi i fiumi che lo attraversano e che con la loro azione incessante ne hanno profondamente segnato il paesaggio andando a disegnare gole profonde e ampie vallate che non solo offrono ai visitatori un panorama mozzafiato, ma sono diventate degli importanti centri per attività sportive come il rafting. Un’eccellenza del parco nazionale del Pollina è poi quella delle sue erbe officinali che, in mezzo alla natura rigogliosa di queste zone e grazie a un sistema ecologico ancora invariato, qui possono crescere in modo prospero.

GROTTA DELLE NINFEE - A Cerchiara, paese in provincia di Cosenza affacciato sulla piana di Sibari si trova uno spettacolo della natura conosciuto e apprezzato fin dall’antichità: la grotta delle Ninfe. 

Secondo la leggenda in questo luogo mistico si trovava addirittura il talamo di Calipso, la nereide figlia di Atlante che si innamorò di Ulisse. 

Vedendo lo spettacolo della grotta delle Ninfe, d’altro canto, non è difficile capire il perché si tratti di un luogo da sempre al centro di miti e leggende, si tratta di una sorta di canyon strettissimo che taglia in due un grande sperone roccioso all’interno del quale i raggi del sole fanno fatica a filtrare. 

Qui scorre un ruscello che va a creare al centro della grotta una piscina di acqua calda dove si formano fanghi dalle importanti proprietà terapeutiche. Immergersi nelle acque della grotta delle Ninfe, circondati dalle alte pareti calcaree, è un’esperienza davvero unica, oltre che estremamente rilassante, ma non sempre possibile per motivi di sicurezza. Nel paese di Cerchiara si trova comunque una grande piscina, questa a pagamento a differenza della grotta a cui vi si può accedere gratuitamente.

SAN SEVERINO LUCANO - San Severino Lucano, in provincia di Potenza, rappresenta la porta d’accesso settentrionale al massiccio del Pollino, ma è soprattutto un pittoresco borgo che si trova a metà tra il Tirreno e lo Jonio. 

San Severino Lucano è un paese di acqua, di montagne che superano i duemila metri e di una natura ancora incontaminata che lo abbraccia rigogliosa. 

Una visita a San Severino sarà dunque dedicata principalmente alle escursioni e alla scoperta di un territorio dall’incredibile bellezza e che è possibile ammirare da una posizione privilegiata dallo splendido santuario della Madonna del Pollino, una struttura religiosa settecentesca appollaiata come un nido d’aquila a 1527 metri d’altezza e da cui si gode di una vista straordinaria sulla Serra del Prete, la Serra di Viggianello, il colle dell’Impiso e quello del Grattacielo. 

Le escursioni da fare, a piedi, in bici o a cavallo, poi certo non mancano attorno a San Severino Lucano, da non perdere in questo caso sono i tanti sentieri che conducono verso nord nel bellissimo Bosco Magnano, ma anche alla scoperta della selvaggia gola del Frido.

VIGGIANELLO - A poco più di 500 metri sul livello del mare, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino si trova Viggianello, un antico avamposto romano nelle terre dei lucani che, secolo dopo secolo, si è trasformato di pari passo con la terra che lo circonda. 

Ancora oggi Viggianello è un borgo dalla forte impronta bizantina e normanna. Bizantini erano i monaci che disseminarono il territorio di celle monastiche con chiesa in comune che sono ancora ben visibili ai piedi del centro storico, mentre normanna è l’origine dell’insediamento attuale in collina. 

Questa lunga e ricca storia ha lasciato un’architettura molto ricca con chiese e palazzi gentilizi che conservano al loro interno importanti opere d’arte. 

Da non perdere è senza dubbio la quattrocentesca cappella di San Sebastiano, di origine bizantina come diverse altre cappelle sparse nella campagna, oppure la chiesa madre dedicata a Santa Caterina d’Alessandria. Per quanto riguarda le opere d’arte, da segnalare è Madonna con Bambino in marmo bianco di Pietro Bernini, il padre di Gian Lorenzo, custodita nel convento di Sant’Antonio a ’Pantana’.

PAPASIDERO - Questo antico borgo medievale arroccato alle falde del mote Ciagola, nell’Alto tirreno cosentino, è ormai da tempo una tappa obbligata per tutti gli amanti della vita all’aria aperta e, in particolare, del rafting. 

Ogni anno tantissimi appassionati giungono a Papasidero per lanciarsi tra le correnti del fiume Lao sia a bordo dei gommoni, ma anche per cimentarsi nel kayak, nel canyoning o nell’acqua trekking. Se Papasidero, d’altronde, è la forza della natura a farle da padrona, qui sono conservate anche importanti tracce di insediamenti che risalgono addirittura al Paleolitico. 

Tutto ruota in questo caso attorno al sito archeologico delle grotte del Romito e ai suoi straordinari ritrovamenti. Di grande fascino a Papasidero sono però anche i tanti edifici religiosi a partire dallo splendido santuario della Madonna di Costantinopoli, costruito a partire dal 1600 al di sotto di una grande rupe posta sul fiume Lao. 

Una posizione davvero unica a cui si accede grazie a un sentiero a gradoni lastricati e attraversando un suggestivo ponte ad arco sul Lao.

GROTTE DI ROMITO - Una finestra sulla preistoria nel cuore del parco del Pollino. A Papasidero si trova la meravigliosa Grotta del Romito che, assieme al Riparo del Romito, costituiscono uno dei più importanti giacimenti dell’Italia meridionale risalenti al tardo Pleistocene.

All’interno di uno stretto canyon a poco distanza dal fiume Lao sono conservate importanti tracce della presenza di homo sapiens a partire dalla fine del Paleolitico, ma anche nel Mesolitico e nel Neolitico. 

Oggi la grotta e il riparo sono separati da un muro realizzato quando la caverna fu utilizzata come dormitorio, ma in epoca preistorica i due ambienti erano un’unica, grande abitazione e i segni di questa lunga frequentazione sono ancora ben visibili tra strumenti litici e ossei, graffiti e scheletri. 

Il capolavoro della grotta del Romito è senza dubbio la grande figura di toro, lunga circa 1,20 metri, incisa su un masso di circa 2,30 metri di lunghezza e inclinato di 45 gradi. Un disegno, di proporzioni perfette ed eseguito con tratto sicuro. Nella grotta è inoltre possibile osservare, nel luogo del loro rinvenimento, delle riproduzioni di sepoltura datate all’incirca 9.200 anni prima della nascita di Cristo.

MORANO CALABRO - Più ci si avvicina a Morano Calabro, più si ha l’impressione di avvicinarsi a un presepe meravigliosamente cesellato dalle sapienti mani di un maestro artigiano. 

Morano Calabro si trova arroccato sulla cima di un colle con il castello e la chiesa che sovrastano le fila di case che dolcemente degradano verso valle. Sullo sfondo, infine, a incorniciare questo panorama da sogno ci sono le vette dei monti Pollino, Serra Dolcedorme e Serra del Prete che superano tutte i duemila metri. 

Morano Calabro è un borgo dalla storia millenaria che, secolo dopo secolo, è sempre riuscito a conservare intatte le proprie tradizioni e il proprio stile di vita. 

Oggi Morano Calabro è una tappa sicuramente suggestiva nel vostro viaggio alla scoperta del parco del Pollino. A Morano Calabro non solo è bello perdersi tra vicoli e stradini che salgono e scendono ripidi lungo i pendii del colle, ma lo è anche scoprire le tante opere d’arte che qui sono conservate. Se d’altro canto gli scorci di Morano Calabro rapirono la fantasia persino di un genio del Novecento come Maurits Escher, che ha lasciato un eredità una splendida rappresentazione speculare del paese, il borgo conserva anche autentici capolavori firmati, per esempio, da Bartolomeo Vivarini e da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo.

SANTUARIO DELLA MADONNA DI COSTANTINOPOLI - Addossato, quasi incastrato, tra la costa del monte e la sponde del fiume Lao, il santuario della Madonna di Costantinopoli è un luogo dotato di un fascino mistico a cui non si piò restare indifferenti. 

Qui secolo dopo secolo è passata la storia di questi luoghi e le sue tracce sono ancora ben visibili non solo nell’architettura degli edifici che formano il santuario o nelle opere d’arte che vi sono conservate, ma anche dalla devozione che gli abitanti portano verso il Santuario della Madonna di Costantinopoli. 

Per raggiungere la chiesa, che si trova a poche centinaia di metri dal centro di Papasidero, si deve attraversare un ponte risalente all’inizio del XX secolo, ma sotto la cui campata è ancora ben visibile quello medievale detto della Rognosa. 

Proprio questo antico nome ha portato gli storici a ipotizzare la presenza nell’area dove ora sorge il santuario, di una piccola chiesa tardo medioevale di cui è riprodotto l’impianto nell’affresco della Vergine omonima custodito nella cappella di Santa Sofia, dove compare un edificio a navata unica e campaniletto a vela, che durante l’epidemia del 1656 venne utilizzata come lazzaretto. Dopo quella calamità la Vergine di Costantinopoli fu eletta patrona cittadina e si procedette così all’ampliamento del santuario.

MUSEO ETNICO ARBERESH DI CIVITA - Nell’ex municipio di Civita si trova un museo davvero particolare che permette ai suoi visitatori di conoscere a fondo la storia e le tradizioni degli albanesi d’Italia, gli arbeshe. 

Si tratta di popolazioni che si stabilirono in tutto il Sud Italia, ma in particolare in Calabria, tra il XV e il XVII secolo e da allora hanno sempre conservato la propria cultura, la propria lingua e le proprie tradizioni. 

A questa comunità e alla sua lunga e ricca storia da più di 30 a Civita è dedicato il Museo etnico Arbëresh al cui interno sono raccolte diverse testimonianze sulla civiltà contadina locale e in particolare della comunità di tradizione albanese. Il museo si sviluppa su due piani e si compone di quattro sale: sala dell’accoglienza, sala del telaio, sala dei totem, sala del costume. 

Passeggiando per il museo si possono osservare da vicino i tradizionali costumi albanesi, ma anche una rassegna fotografica e testimonianze sui paesi dell’etnia arbëresh in Italia, una raccolta iconografica sui riti bizantini e una biblioteca di testi albanesi. Molto belli, infine, un’icona della Madonna di Odigitria e gli appunti di un cantastorie sulla Storia di Skanderbeg.

CASTELLO DI VALSINNI - Arte e letteratura, storia e leggenda: tutto questo e molto altro ancora contribuiscono a creare il fascino del Castello di Valsinni

Attorno a questo imponente edificio si sviluppa tutta la parte storica del borgo di Valsinni, un vero gioiello dove tra antichi edifici addossati uno all’altro spicca la bella chiesa Madre dedicata a Santa Maria Assunta. La particolare conformazione di questo luogo, inoltre, ha prodotto una particolarità architettonica: i gafi, aperture coperte che passano sotto le case per aggirare i dislivelli. 

A rendere celebre Valsinni è però soprattutto il suo castello a cui addirittura Benedetto Croce dedicò un cantico poetico a Isabella Morra, poetessa cinquecentesca che, reclusa nelle stanze del castello portò avanti un amore platonico con il cavaliere spagnolo Diego Sandoval fino a che i suoi fratelli, venuti a conoscenza di questi mormorii, non avevano accolto il legame che univa i due poeti e per motivi di ”onore” oltre che politici attuarono una sanguinosa vendetta. 

Una storia funesta che nel 1928, come detto, ispirò Benedetto Croce, ma a cui anche Dacia Maraini dedicò uno spettacolo teatrale e che il borgo di Valsinni ricorda ogni anno con tanti eventi dedicati.

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