Crotone
  
 
  


Crotone fu fondata da coloni greci provenienti dalla regione dell'Acaia nella seconda metà dell'VIII secolo a.C. nel luogo di un persistente insediamento indigeno, e rappresentò grazie alla diffusione del fenomeno italico-pitagorico uno tra i centri più importanti della Magna Grecia. La città vecchia si sviluppa in un dedalo di stretti vicoli e piazzette fino al duomo e alla centrale piazza Pitagora, punto di contatto tra città "vecchia" e "nuova".

A Crotone sono stati intitolati l'omonimo cratere sulla superficie di Marte e l'omonimo cacciamine della Marina Militare Italiana, oltre a dare il nome all'omonimo genere di funghi.

La città è situata sul versante est della Calabria, si affaccia sul mar Ionio presso la foce del fiume Esaro, e il territorio comunale fa parte dell'Autorità del bacino interregionale del fiume Esaro.

Il territorio meridionale è immerso interamente nell'area marina protetta di Capo Rizzuto e inoltre, a fare un ulteriore supplemento a questo scenario, è presente il promontorio di Capo Colonna dove è rimasta l'unica colonna del Tempio di Hera Lacinia, anticamente detto Lakinion Akron, che chiude la città in una grande conca che la divide dal golfo di Squillace.

La leggenda narra che il nome Crotone derivi dal nome dell'eroe "Crotone", figlio di Eaco, che morì ucciso per errore dal suo amico Eracle. Questi, per rimediare all'errore compiuto e per onorare l'amico che lo aveva ospitato, lo fece seppellire con solenne cerimonia sulle sponde del torrente Esaro e poi vicino alla tomba fece sorgere la città a cui diede il suo nome.

Secondo una leggenda, l'oracolo di Apollo a Delfi ordinò a Miscello di Ripe di fondare una nuova città nel territorio compreso fra Capo Lacinio e Punta Alice. Dopo aver attraversato il mare ed esplorato quelle terre, Myskellos pensò che sarebbe stato meglio fermarsi a Sybaris, già florida e accogliente anziché affrontare i pericoli e le difficoltà nella fondazione di una nuova città. Il dio adirato gli ordinò di rispettare il responso dell'oracolo.

Secondo Ovidio, nel quindicesimo libro delle Metamorfosi, il re Romano Numa Pompilio, noto per la sua saggezza e sete di conoscenza, volle esplorare le terre Italiche e si recò nella città dove un filosofo, esule dalla Grecia, fondò la sua scuola (si trattava di Pitagora). Lì interrogò un anziano crotoniate sul perché fosse nata quella città greca in Italia e quello gli rispose che Eracle, fu ospitato con grande onore da Crotone, re del posto, al quale predisse che in poche generazioni in quel luogo sarebbe nata una grandissima città. Eracle comandò in seguito ad un certo acheo di nome Myskellos di andar lì e fondare una città che fu chiamata, appunto, Crotone.

Un'altra tradizione fa risalire il nome della città all'eroe Kroton, fratello di Alcinoo re dei Feaci.

Infine, una possibile spiegazione del nome lo lega al verso (crocidio) emesso dagli aironi o dalle gru che popolavano le paludi costiere. In effetti un airone compare accanto al tripode su alcune tra le più antiche monete argentee di Kroton.

Il promontorio di Κρότων (Krótōn) in greco antico, era abitato da popolazioni indigene, forse enotri e japigi, già nell'età del bronzo e nella prima età del ferro. La fondazione greca di Crotone risale al 708 a.C., come citato da Eusebio di Cesarea nel suo Chronicon, sebbene altre fonti la rimandino al 710 a.C., o, secondo Pausania ed Erodoto, al tempo del re Polidoro, nel 743 a.C.

La fondazione storica della città avvenne ad opera degli Achei provenienti dalla montuosa regione dell'Acaia.

Dopo una coesistenza iniziale relativamente pacifica, tra le città magnogreche, verso la metà del VI secolo a.C. iniziarono le discordie, che riproducevano a distanza lo scontro tra Atene e Sparta. Nel 560 a.C. Kroton e Locri iniziarono una guerra decennale, che si concluse con la battaglia della Sagra, vinta dai Locresi, sostenuti da Sparta.

La città era famosa per il suo clima salubre, per la bellezza delle sue donne, per le fertili campagne e per la forza fisica dei suoi uomini, tra cui ricordiamo il pluri-olimpionico Milone, tanto che superò ogni altra città greca nel numero di vincitori ai giochi panellenici e nei Giochi olimpici: un proverbio diceva «ultimo dei Crotoniati, primo dei Greci».

Una leggenda narra che Milone partì dalla polis ionica portando un vitello e giunse ad Olimpia con un toro sulle spalle, destando meraviglia e clamore, e vincendo quindi numerose gare.

La costa presentava un profilo molto diverso da quello attuale. Nel tratto di mare tra l'antica Krimisa (l'odierna Cirò, patria di un vino che - secondo alcuni eruditi - veniva dato in premio ai vincitori dei giochi olimpici ateniesi) e l'attuale Le Castella, a poche miglia dalla riva secondo Plinio il Vecchio sarebbero esistite cinque isole visibili dalla costa e ormai inghiottite dal mare: Meloessa, Tyris, Eranusa (situate tra Capo Colonna e Le Castella), Ogigia e Dioscoro (quest'ultima a 10 miglia dalla costa). A Le Castella sono presenti resti archeologici sommersi. In particolare, nel fondale antistante il castello, l'archeosub Luigi Cantafora ha fotografato i resti di cave sommerse, scale, e cisterne per la conservazione dell'acqua.

Kroton fu anche celebre per i suoi medici tra cui ricordiamo Democède (amico di Pitagora) ed Alcmeone, il quale introdusse la sperimentazione trasformando la medicina, che fino ad allora era contaminata da magia e superstizione, in una scienza.

Pitagora, nato a Samo nel 572 a.C., si trasferì - intorno al 530 a.C. - a Kroton presso l'amico Democède, creando una scuola di sapere di scienza, matematica, musica, la scuola pitagorica, che gettò le basi per la nascita della Magna Grecia e lo sviluppo del razionalismo e del metodo scientifico.

Pitagora con i suoi discepoli conquistò il potere politico della città: in pochi anni si consolidarono governi pitagorici in molte pòlis della Magna Grecia costituendo una sorta di confederazione fra città-stato con capitale Kroton, come risulta da numerose monete coniate fra il 480 e il 460 a.C.

Molti anni dopo l'arrivo di Pitagora, Kroton mosse contro Sibari, importante pòlis situata circa 100 km a Nord di Crotone, che poco aveva a che fare con gli ideali pitagorici. 

Nel 512 a.C., tre nobili crotoniati vennero uccisi e i loro corpi furono dati in pasto ai lupi che affollavano le paludi intorno a Sibari, perché uno di loro si era innamorato di una bellissima vestale dagli occhi azzurri, che aveva tentato di rapire. Quando Sibari fu capeggiata da Telys molti aristocratici furono costretti a fuggire a Crotone per rifugiarsi. Alla richiesta di Telys di consegnare gli esuli sibariti, i Crotoniati rifiutarono. Questi fatti, aggiunti alla concorrenza dovuta a motivi commerciali, politici e di diversa appartenenza religiosa, convinsero i crotoniati a scendere in guerra contro Sibari. 

Nel 510 a.C. iniziò una battaglia che si concluse presso l fiume Trionto (nei pressi di Mirto Crosia). Secondo la leggendaria tradizione, si erano fronteggiati ben 100.000 crotoniati, guidati dall'atleta olimpico Milone, contro i sibariti che li superavano per tre volte. La vittoria arrise a Kroton nonostante l'inferiorità numerica poiché i sibariti usarono, per la battaglia, un esercito di mercenari e cavalli ammaestrati a eseguire passi di danza negli spettacoli al suono dei flauti. I crotoniati iniziarono a suonare i flauti, eseguendo la stessa melodia con la quale i cavalli erano stati ammaestrati per danzare, col risultato che le avanguardie delle truppe sibarite furono disarcionate immediatamente. E dopo settanta giorni di saccheggi venne deviato il corso del fiume Crati i cui flutti fecero sparire Sibari per sempre.

Giunta al massimo della sua egemonia politica e culturale, Kroton fu travolta da una serie di conflitti sociali che sfociarono nella sanguinosa rivolta guidata dall'oligarca Cilone di Crotone durante la quale molti pitagorici furono trucidati e lo stesso Pitagora dovette fuggire da Kroton e riparò infine a Metaponto. Parallelamente caddero anche gli altri governi consimili e vi furono stragi e persecuzioni di pitagorici in tutte le pòlis italiote.

Nel 480 a.C. Faillo di Crotone armò a sue spese una nave radunando i crotoniati dimoranti in Grecia e partecipò alla battaglia di Salamina. Mezzo ceppo d'ancora in pietra riportante il suo nome è stato rinvenuto a Capo Cimiti, e attualmente è conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Capo Colonna a Crotone.

Caduto il governo pitagorico, Kroton visse un periodo di decadenza. Costituì, con Metaponto e Caulonia, la Lega Italiota per difendersi dagli attacchi delle popolazioni lucane. Nel 383 a.C. la federazione fu sconfitta da Dionigi I di Siracusa in una sanguinosa battaglia.

Lo storico romano Tito Livio scrisse ne Ab Urbe Condita che le mura di Crotone avevano un perimetro di dodicimila piedi prima dell'arrivo di Pirro ma, dopo la guerra dei Romani contro costui, oltre metà delle case della città erano disabitate. Inoltre la città era nota per il tempio di Lacinia Giunone. Esso aveva un bosco con una vasta prateria in cui gli animali sacri alla dea pascolavano senza un pastore e non venivano mai feriti, né da animali selvatici, né da umani. I Romani conquistarono KrotonCroto in latino, nel 277 a.C., guidati dal console Cornelio Rufino. Durante la seconda guerra punicaAnnibale vi tenne i suoi accampamenti invernali per tre anni e di qui si imbarcò per l'Africa nel 203 a.C. Nel 194 a.C. vi fu dedotta una colonia romana.

Resti di elementi architettonici appartenenti ad edifici monumentali di età greca (del V sec. a.C.) sono stati individuati (fine anni novanta del XX sec. - anno 2007) in Piazza Castello, corrispondente al punto più alto dell'acropoli dell'antica pòlis.

Gli scavi del 2009-2010 della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria - Ufficio territoriale di Crotone hanno individuato un grande edificio del I-II secolo d.C. con impianto termale, collocato sul versante nord-orientale dell'attuale centro storico (discesa Fosso-Largo Palazzo Giunti). Tale edificio nasce su una domus di età repubblicana, attribuibile alla colonia romana del II sec. a.C. A sua volta, tale costruzione poggia le sue fondazioni sui resti delle mura urbiche di età greca (IV sec. a.C.), costruite in grandi blocchi di calcarenite locale. Il complesso è stato rinterrato e non è attualmente visitabile.  

Seppur decaduta durante l'impero romano, la città risorse nuovamente in epoca bizantina, quando fu sede di un presidio (548). Nel 596 fu occupata dai Longobardi del Ducato di Benevento, sotto cui restò però per poco tempo.

Le ricerche archeologiche (2009-2010) a piazza Villaroja, nel settore sud-occidentale del centro storico, dirette da Domenico Marino della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria hanno messo in luce una chiesa paleocristiana (intitolata forse a san Giorgio) fondata direttamente sui resti della città d'età romana imperiale.

Nel 1284 fu concessa dagli Aragonesi ai Ruffo di Catanzaro. Alla morte nel 1434 di don Niccolò, figlio di Antonello e ultimo marchese di Crotone, gli successe la figlia Giovannella, assassinata nella sua dimora un anno dopo. Indi le successe la sorella Enrichetta, che sposò in seconde nozze il nobile spagnolo Don Antonio Centelles, conte di Collesano e principe di Santa Severina, senza eredi.

Tra le famiglie più importanti che ressero per diversi secoli fino agli albori della storia unitaria, non solo i destini della città e dei territori di Crotone, ma addirittura di tutta la Calabria ultra, si annoverano di certo i Berlingeri ed i Suriano. Che accrebbero il loro potere a partire dall'inizio del '600. Contrassero matrimoni tra le loro famiglie più volte e successivamente specie i Suriano, ramo derivante da quello siciliano e prima ancora catalano, con i D'Ayerbis d'Aragona (che valse ai Suriano la trasmissione dei titoli ducali e marchionali, matrimonio contratto tra don Gio. Battista i D'Ayerbis o D'Ayerbe d'Aragona e Dianora Suriano figlia del Marchese Don Detio e di donna Beatrice Della Motta Villegas), i Montalcino, i della Motta Villegas, i Montespinello, i De Castillo. e tante altre potenti famiglie. 

In ultimo i Suriano si imparentarono con la nuova famiglia immigrata a Crotone agli inizi del '600: i Lucifero con cui contrassero molte alleanze matrimoniali, ultima fu quella tra Livia Suriano e don Giuseppe Lucifero; donna Ippolita Suriano, figlia del Marchese don Pietro e di donna Maria del Castillo, sposò il Barone don Fabrizio Lucifero e gli portò in dote un terzo dell'immenso feudo di Aprigliano detto perciò di Apriglianello, feudo su cui era posto il titolo marchionale e che permise poi ai Lucifero di ottenere il suddetto titolo di Marchesi di Apriglianello. 

Un Mutio Suriano Arcivescovo di Santa Severina, fu uno dei più lungimiranti e saggi arbitri dell'aspra politica attuata fra le sanguinose dispute tra i Montalcino e i Suriano, che furono anche i primi imprenditori a livello industriale per la lavorazione della liquirizia. Una Suriano Ralles si sarebbe poi riunita con matrimonio al ramo siciliano dei Suriano attorno alla seconda metà del 1700. Molti palazzi, monumenti ecclesiastici, Cappelle ove sono sepolti i Berlingeri, i Suriano, assieme a strade urbane ecc, armi di famiglia, intitolazioni di piazze, testimoniano la potenza delle famiglie Suriano, Berlingeri. Villegas, Ayerbe e Lucifero, tra loro tutte imparentate, ancor oggi in Crotone e sono la dimostrazione tangibile della potenza di queste famiglie nella Calabria Ultra, ma anche in Basilicata, Puglia e fino a Napoli.

Indagini dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria (2010-2011) nel cosiddetto Orto Candela, ai piedi della "cortina de lo critazzo" posta tra i Bastioni di San Giacomo e Santa Caterina, hanno riscoperto i resti della Torre di Santa Maria, pertinente al più antico castello medievale.  

Il re di Spagna Carlo V le concesse ampi privilegi, e ne fece potenziare il porto. Nel 1541, il viceré Don Pedro di Toledo fece restaurare e fortificare il castello preesistente, oggi noto come Castello di Carlo V, con intervento ad opera di Gian Giacomo dell'Acaya.

Nel XVI secolo la città venne chiamata "Cotrone". Le ricerche sviluppate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria (2010-2011), sotto la direzione dell'archeologo Domenico Marino, stanno mettendo in luce notevoli resti di edifici pertinenti ad età borbonica nel cosiddetto Orto Candela, ai piedi del castello.

Nel 1799, seguendo i moti di ribellione contro i Borboni nati in tutto il meridione, la città proclamò la sua adesione alla Repubblica Napoletana. L'arrivo via mare di un bastimento francese fornì l'occasione adatta per costringere alla resa i pochi militari di guardia, ed in poco tempo si elesse il primo governo provvisorio della repubblica. Tuttavia, a distanza di poco più di un mese, l'Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo guidato dal cardinale Fabrizio Ruffo riuscì a riconquistare la città dopo un assedio di pochi giorni, riportandola così sotto il dominio di Ferdinando I delle Due Sicilie.

Nel 1806 la città venne nuovamente occupata dall'esercito francese a seguito delle tensioni nate in seno alla nascita della Terza Coalizione. Per calmare gli animi della popolazione il nuovo sovrano Giuseppe Bonaparte fece personalmente visita alla città, ma non fu sufficiente a far desistere le varie bande armate, che in breve tempo costrinsero i militi francesi alla fuga. Per ristabilire l'ordine venne inviato il generale Jean Reynier, che con un assedio di una settimana costrinse la città alla resa, annettendola di fatto al neonato Regno di Napoli.

Nel 1844 i fratelli Bandiera, assieme ad altri 19 patrioti, sbarcavano presso la foce del fiume Neto per intraprendere la loro spedizione. Fermatisi nei pressi di una masseria però, vennero avvisati della totale assenza di moti rivoluzionari, ma decisero di proseguire comunque con il loro piano, incamminandosi così verso Cosenza.

Nel 1860 si svolse il plebiscito, ed i votanti si espresso a favore dell'Unità d'Italia. Si registrarono comunque diversi scontri e contestazioni in tutto il territorio.

Nel 1882, in occasione di un viaggio per assistere alla celebrazione dei Vespri Siciliani, si fermò in città Giuseppe Garibaldi.  

Nel 1907 viene inaugurato il primo acquedotto di Crotone, voluto da Eugenio Filippo Albani, che porta in città le fresche acque della Sila, captate dalle sorgenti - di proprietà comunale - poste sul monte Gariglione.

Nel 1928 la città cambiò nome da Cotrone a "Crotone".

Il suo porto, che strategicamente colma le distanze fra i vicini porti di Taranto e Messina, favorisce ogni attività di scambio e si propone come traino per l'economia agricola e le attività industriali. L'insediamento industriale ha visto la città protagonista nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali, anche grazie alla vicinanza con la centrale idroelettrica di Calusia, presso Cotronei. La popolazione crotonese raddoppia durante gli anni trenta, fino a superare i 60.000 abitanti odierni

Durante la seconda guerra mondiale, la città fu centrale grazie, anche, al suo aeroporto: specie durante l'estate del 1943, quando divenne la base del 5º Stormo Tuffatori (101º e 102º Gruppo) comandato dal giovane "asso" Giuseppe Cenni (Medaglia d'oro al valor militare). In questo periodo partirono molte missioni contro l'invasione alleata della Sicilia, fino al pomeriggio del 13 luglio 1943, quando 50 Bombardieri B.24, con un massiccio bombardamento, rasero al suolo l'aeroporto.

Alla fine degli anni ottanta le industrie principali, Pertusola Sud e Montedison, soffrono una profonda crisi, della quale risente l'intera città. Al 6 settembre 1993 risale la cosiddetta "notte dei fuochi": durante una rabbiosa protesta gli operai appiccarono alcuni fuochi sull'asfalto delle strade usando il fosforo prodotto nello stabilimento chimico già Montedison. Migliaia di crotonesi persero il posto di lavoro, e questo accentuerà l'emigrazione di massa verso lidi più prosperi.

Il 6 marzo 1992 venne istituita la provincia di Crotone dal distaccamento di 27 comuni appartenenti alla provincia di Catanzaro.

Il 14 ottobre del 1996 è ricordato dai crotonesi come il giorno dell'alluvione di Crotone, causata da un'esondazione dell'Esaro, nella quale persero la vita 6 persone.

Visitare la città

Città di mare, di storia, di cultura e del buon cibo, Crotone, offre ai suoi visitatori un vasto patrimonio culturale che ha attraversato due millenni, passando dalla archeologia della Magna Grecia alle fortificazioni della dinastia aragonese, a un centro storico medievale, dove si costruirono preziose case nobili e antichi luoghi di culto. La città fu fondata da coloni greci provenienti dall'Acaia nel VIII secolo a.C., divenne una Polis seguendo l’ordinamento e la tradizione delle istituzioni elleniche e rappresentò uno dei centri più importanti della Magna Grecia.

L’arrivo di Pitagora a Crotone segna una data storica, in quanto la sua celebre scuola filosofica fu fonte e origine della cosiddetta filosofia italica.

Nel suo territorio è incluso il promontorio di Capo Colonna, dove svetta l'unica colonna superstite dell’antico Tempio di Hera Lacinia. Conosciuta anche come la Città di Pitagora grazie alla presenza del grande filosofo greco che intorno al 530 a.C. si trasferì a Kroton, creando una scuola di sapere, scienza, matematica e musica.  Dell'antica città rimangono importanti testimonianze portate alla luce dai vari scavi condotti nel corso degli ultimi anni e molti oggetti sono oggi conservati nel Museo Archeologico.

Il centro storico - La città si erge tra terrazzi marini, pianure alluvionali, bastionate d'arenaria e rilievi tabulari, davanti a un mare increspato di argille. Nel centro storico è possibile ammirare importanti testimonianze del glorioso passato di questa splendida città. Numerosi i palazzi che si possono ammirare nella parte antica, anche se a volte diroccati, restano caratteristici e suggestivi. La città vecchia, con i suoi palazzi nobiliari e le chiese d'arte, si estende verso l'interno partendo dal possente Castello di Carlo V, massiccia fortezza spagnola edificata nel XVI secolo con funzioni logistiche e militari. 

Dal castello si diparte la grande cinta muraria ancora oggi ben visibile in diversi tratti, che abbraccia la vecchia Crotone e la protegge dietro i suoi possenti bastioni. Tra i luoghi più rinomati, il Castello di Carlo V si trova nella parte antica della città, come anche il Duomo che contiene importanti manufatti pregiati.

Passeggiando per il centro storico ci si imbatte in antichi palazzi nobiliari e chiese storiche, come la Chiesa dell'Immacolata, la cui edificazione ebbe luogo nel 1554 e successivamente ampliata nel 1738. Non lontano dalla Chiesa dell'Immacolata è presente la Chiesa di Santa Chiara con annesso convento, che mostra al suo interno una bellissima pavimentazione in maiolica napoletana. Tra l'Immacolata e Santa Chiara sorge la piccola Chiesa di San Giuseppe, edificio seicentesco, impreziosito con stucchi barocchi.

Il territorio - Il territorio di Crotone offre paesaggi molto diversi tra loro, tra aree marine preziosissime a un passo dalla montagna e oasi naturali che sembrano il paradiso. 

L'area marina di Capo Rizzuto è la più ampia d'Italia, con una superficie di circa 15mila ettari di mare. Otto promontori definiscono l’area protetta, il primo dei quali è quello di Capo colonna, vero e proprio giacimento archeologico, simbolo degli antichi fasti della Magna Graecia. Qui si erge l’unica colonna di stile dorico del celebre tempio dedicato alla dea Hera Lacinia. 

Altra tappa costiera è Punta Le Castella, ultimo baluardo della riserva, con la fortezza di età bizantina posta sull’isolotto che diede i natali a Ugurk-ali, comandante della flotta imperiale di Costantinopoli. 

Il territorio della provincia comprende anche aree di interesse geologico e ampi spazi d'interesse naturalistico, come il Parco della Montagnella, con la Valle del Giglietto e la cima del Monte Pizzuta, e il Parco Nazionale della Sila. Le foreste e i boschi silani sono un patrimonio inestimabile per la comunità crotonese e per l'intera Calabria. 

Nell’area della Sila Crotonese ricade Villaggio Palumbo, uno dei luoghi più ricchi di storia e folklore della Regione. L’area offre scenari meravigliosi, dal Lago Ampollino, che consente gradevoli avventure a bordo di una canoa o di un pedalò, ad una foresta sterminata. Il Villaggio Principe, invece, situato a quota 1479 metri, è immerso in boschi di pino laricio e faggio, arricchiti da un favoloso sottobosco.

Pitagora - La figura del greco Pitagora è avvolta dalle nebbie della leggenda. Vissuto nel VI secolo a.C., era un filosofo greco, matematico, taumaturgo, astronomo, scienziato e politico. Viene ricordato come fondatore storico della scuola a lui intitolata, nel cui ambito si svilupparono le conoscenze matematiche e le sue applicazioni come il noto teorema di Pitagora. 

Il suo pensiero ha avuto comunque importanza per lo sviluppo della scienza occidentale, perché ha intuito per primo l’efficacia della matematica per descrivere il mondo. Il suo trasferimento dalla Grecia a Crotone segna una data storica in quanto la sua celebre scuola filosofica venne successivamente considerata come fonte e origine della cosiddetta filosofia italica. I discepoli di Pitagora vivevano in una comunità organizzata e regolata dalle leggi dello stesso maestro, studiando le discipline del quadrivio: musica, aritmetica, geometria e astronomia. I pitagorici furono i primi a fondare una scuola di insegnamento superiore molto simile alle attuali università.

Edifici religiosi 

Numerose sono le chiese e gli edifici sacri presenti a Crotone, rappresentanti di uno spirito religioso altissimo che ha radici molto antiche. 

BASILICA CATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA - Il duomo di Crotone, che ha il nome ufficiale di cattedrale di Santa Maria Assunta, è il principale luogo di culto cattolico della città, sede vescovile dell'omonima arcidiocesi. Nel novembre del 1983 papa Giovanni Paolo II l'ha elevata alla dignità di basilica minore.  

Il duomo di Crotone, dedicato a santa Maria Assunta e a san Dionigi l'Areopagita, risale all'impianto originario del IX secolo. Riedificato nel XVI secolo per iniziativa dell'allora vescovo Antonio Lucifero con l'ausilio di materiali provenienti dal tempio di Hera Lacinia, la struttura subì nel corso del tempo numerosi restauri.  

Sulla facciata in stile neoclassico, affiancata da un imponente campanile, si aprono tre maestosi portali. L'interno, diviso in tre navate sorrette da pilastri, ospita pregevoli opere d'arte: un fonte battesimale in pietra con base zoomorfa del XIII secolo, un seicentesco coro ligneo, due busti lignei raffiguranti san Gennaro e san Dionigi, entrambi del XVII secolo, un crocifisso in terracotta e un pulpito marmoreo progettato dall'architetto Pietro Paolo Farinelli nel 1898.

Duomo2.jpg (233860 byte)In fondo alla navata destra si apre la cappella ottocentesca nella quale è custodita l'icona bizantina della Madonna di Capocolonna che, secondo la tradizione, sarebbe opera di San Luca. La cappella, sulla cui volta vengono raffigurati angeli musicanti, è ornata da stucchi dorati, bronzi e preziosi dipinti del Boschetto (XVI secolo) e di De Falco (XVII secolo).

Sulla navata sinistra vi è una tela settecentesca raffigurante Gesù di ritorno dal tempio realizzata da Niccolò Lapiccola; la chiesa conserva inoltre un interessante tesoro costituito da paramenti e argenterie tra cui, di grande interesse, un calice d'argento dorato con smalti del 1626, dono di Filippo IV all'arcivescovo di Crotone, un calice e un bacolo del Settecento, di ignoti artisti napoletani, e una croce processionale del XVIII secolo. Al suo interno vi è anche un settecentesco dipinto su tela, recentemente restaurato, raffigurante la decapitazione di San Dionigi, attribuibile a Corrado Giaquinto.

Negli ultimi anni è stata posta all'entrata una statua bronzea raffigurante Padre Pio.

Il piazzale adiacente all'ingresso è stato completamente restaurato nel 2003-2004.

Il 2 maggio 2016 nella Basilica Cattedrale è avvenuta la Solenne concelebrazione eucaristica per la Presentazione della Confraternita della Madonna di Capocolonna e la Benedizione delle insegne del Sodalizio. La Cerimonia è stata presieduta dal padre arcivescovo, Mons.Domenico Graziani. Il motto della Confraternita esprime bene l’anima del sentimento popolare più profondo e genuino  : Mater Domini, praesidium e cor huius vrbis -Madre del Signore, presidio e cuore di questa città. L'edificio conserva anche le tombe dell'arcivescovo Giuseppe Agostino e del vescovo Luigi Maria Lembo.

EX CHIESA DEL SANTISSIMO SALVATORE - La chiesa ortodossa di Sant'Acacio martire è un edificio religioso situato nel cuore del centro storico, nelle immediate vicinanze della villa comunale, del castello di Carlo V e del palazzo Barracco

Nota dal 1578 al 1975 come chiesa del Santissimo Salvatore, dove le funzioni liturgiche seguivano il rito romano della chiesa cattolica, ad oggi è il principale luogo di culto di riferimento per la locale comunità rumena ortodossa di rito bizantino.  

La chiesa del Santissimo Salvatore venne eretta per la prima volta nell'agosto 1578, ottenendo la dignità parrocchiale per volere del vescovo Cristóbal Berrocal; destinata in origine a sostituire il titolo precedente di San Nicola dei Greci, la parrocchia venne inclusa nel processo di riforma portato avanti dal vescovo Juan López nell'ottobre 1596, che portò il numero delle parrocchie in città da dodici a cinque a causa dello spopolamento – di cui si hanno notizie certe datate almeno fino al 1602 – che interessò l'intero tessuto urbano crotonese.

Nel 1783 l'edificio venne ricostruito ex novo in quanto parte di esso rimase gravemente lesionato a causa del violento terremoto che colpì in quell'anno la Calabria.

Sconsacrata nel 1975, la chiesa riaprì al culto con rito ortodosso nel marzo 2015. Nello stesso anno la curia arcivescovile si fa carico di alcuni lavori di ristrutturazione.  

L'interno della chiesa si presenta a navata unica.

CHIESA DELL'IMMACOLATA - La chiesa dell'Immacolata è una chiesa rettoria situata nel centro storico. Fu costruita nel 1554 sui resti di un edificio sacro di due secoli più vecchio.

Il 22 giugno 1777 la chiesa venne consacrata con rito solenne dall'allora vescovo Giuseppe Capocchiani.  

La facciata si presenta divisa in due livelli costituiti da colonne e portale, quello inferiore, e da colonne e nicchie, quello superiore. Nelle vicinanze dell'edificio si possono vedere i resti dell'antica cinta muraria che si ergono accanto alla chiesa.  

All'interno è caratterizzata dalle decorazioni parietali e dagli affreschi dal sapore barocco napoletano e legati allo stile pittorico del XIX secolo. Tra le varie opere d'arte custodite, di particolare interesse un crocifisso in legno seicentesco, trasportato qui dalla vicina chiesa di San Giuseppe che contiene uno dei pochi crocifissi al mondo, il “Cristo Crocifisso”, a rappresentare Gesù con gli occhi aperti, un attimo prima di morire e non con gli occhi chiusi, come siamo abituati a vedere.

L'abside, alle spalle dell'altare, è costituito da tre nicchie che custodiscono le statue dell'Immacolata Vergine Maria.  

Degna di nota è la cripta a cui si accede tramite una porta lignea del Seicento, costituita da due archi che immettono nell'attuale cappella, con cornicioni in pietra tufacea locale e pavimento in terracotta dipinto di rosso. L'ambiente è costituito da una porta e lastroni in vetro e ferro che racchiudono, adagiati su tre gradini, i 490 teschi dei frati della Confraternita. Sul corpo superiore, al lato destro, è invece conservata una scultura lignea rappresentante il Cristo Crocifisso, uno dei pochissimi crocifissi al mondo in cui il Cristo è rappresentato con gli occhi aperti, un attimo prima di spirare. 

CHIESA DI SANTA MARIA PROTHOSPATARIS - La chiesa di Santa Maria Prothospataris è una chiesa situata all'interno del centro storico.

Piccola chiesa situata all'interno dell'ex quartiere ebraico del centro storico di Crotone nel rione Pescheria, in via Giuseppe Suriano, venne edificata agli inizi del Cinquecento e prese il nome dalla nobile famiglia dei Prothospataris (di origine greca) e divenne parrocchia attiva dal 1525.

Tra il 1577 ed il 1579 la chiesa risultò già sotto giuspatronato regio.

Dopo esser stata "dismessa" per un periodo relativamente lungo, sotto Carlo III di Borbone, la parrocchia tornò a poter riprendere le funzioni parrocchiali.

La chiesa, ad una navata, presenta un corpo allungato con abside semicircolare. La facciata principale ha un portale di pietra tufacea sormontato da una trabeazione a linea continua decorata con motivi floreali e sorretta da mensole laterali. Al di sopra vi è un rosone con vetri colorati.

Nel 1777 la chiesa aveva due altari: una dedicata a san Luigi Gonzaga e un'altra a san Gaetano.

Nel 1960 la chiesa venne restaurata; furono inoltre asportati i due altari laterali e i dipinti raffiguranti i titolari.

CHIESA DI SANTA CHIARA - La chiesa di Santa Chiara, con l'annesso monastero delle clarisse, è una chiesa situata all'interno del centro storico della città.  

Edificata nel Cinquecento, venne consacrata il 31 ottobre 1774 dall'allora vescovo Giuseppe Capocchiani e restaurata alla fine del XVIII secolo. Del complesso monastico faceva parte un convento, di cui sono ancora visibili il campanile, le celle, la pavimentazione in cotto e il porticato del chiostro, realizzato in arenaria; è stata inoltre rinvenuta una cisterna con puteale del 1616. Il convento ospitava le figlie delle famiglie nobili crotonesi, come testimoniato dai molti stemmi  nobiliari apposti su ogni dono offerto al monastero. La chiesa di Santa Chiara si configura come il gioiello del centro storico della città, soprattutto per il ricco patrimonio che custodisce al suo interno, tra cui un armadio che racchiude un organo a canne, costruito nel 1753 da Tommasio De Martino, organario della regia cappella di Napoli e le gelosie in legno del coro, a cui era affidato il compito di custodire la clausura delle clarisse. 

Dopo numerose trasformazioni dovute a diversi passaggi di proprietà, nel 1889 venne firmato un verbale di consegna del monastero al Comune di Crotone, che ne prese concretamente possesso solo nel 1916, allorquando le ultime tre monache rimaste decisero di abbandonare il convento in quanto ormai fatiscente. Nel 1932 venne stipulato tra il Comune di Crotone e la Curia vescovile il contratto di cessione con il quale l'intero monastero ritornò in proprietà della Curia. Il monastero, in parte utilizzato dai Padri Stimmatini e dalle Suore del Sacro Cuore, ospita una sede dell'Ufficio dei Beni Culturali.  

Il monastero fu al centro di intrighi e scandali legati alle famiglie nobili della città: ne è prova una lettera, datata 27 febbraio 1569, che l'allora vescovo di Crotone Antonio Minturno scrisse al cardinale Guglielmo Sirleto per far presente che i nobili della città chiesero di allontanare dal monastero una certa Salomea Basoina di Santa Severina, vedova del nobile Prospero Susanna e accusata di concubinato insieme alla figlia Isabella, entrambe rinchiuse nel monastero senza il consenso delle monache per decreto penale della Vicaria. Alla protesta delle monache, del cappellano e del vescovo si unì anche quella del visitatore generale, il quale per mezzo di una missiva «ordinò che uscisse fuori insieme con la figlia», ma l'iniziativa trovò l'opposizione del potente cardinale Alessandrino.

CHIESA DI SAN GIUSEPPE - La chiesa di San Giuseppe è un chiesa rettoria situata all'interno del centro storico, di fianco a palazzo Gallucci.  

La chiesa presenta un corpo centrale risale probabilmente al XVI, mentre le cappelle gentilizie furono aggiunte nel 1719. La consacrazione fu officiata nel 1756 da Domenico Morelli.  Si ritiene che la sua costruzione sia stata voluta da alcune famiglie nobili crotonesi riuniti nella Confraternita dei Sette dolori della Vergine Maria o dell'Addolorata, che la offrirono poi in dono alla città.

L'edificio attuale è il frutto della ricostruzione avvenuta nel 1719 di una struttura preesistente, avvenuto per opera del diacono Onofrio De Sanda, appartenente ad una vecchia famiglia cittadina di mastri carpentieri, e grazie all'elemosina dei fedeli. La chiesa è dedicata a San Giuseppe, protettore dei falegnami.

A suo ricordo è ancor oggi visibile l’iscrizione scolpita sull'architrave del portale: D.O.M. / Ad Divo Josepho 1719 / Cura Honuphrii De Sanda / Templum Piorum Aelemosinis Erectum.

L'interno è costituito da una navata centrale con ai lati 4 cappelle edificate da alcune famiglie gentilizie. La facciata è ornata da un bel portale in stile tardo barocco in arenaria.

Al suo interno sono sistemati pregiati altari in marmo e sono conservate alcune statue devozionali lignee, fra cui si menzionano le statue di San Giuseppe, di San Gregorio Vescovo e di San Nicolò da Bari. Ai lati si aprono quattro cappelle, fatte realizzare in occasione della ristrutturazione dalle famiglie Sculco, Lucifero, Gallucci e Zurlo.

Di particolare pregio, nella cappella Gallucci-Zurlo, è custodito un Crocifisso in legno di fattura partenopea, scolpito nel XVIII secolo.

L'interno della chiesa è decorato con stucchi.

SANTUARIO DELLA MADONNA DI CAPOCOLONNA - Il santuario di Santa Maria di Capo Colonna si trova vicino all'area archeologica di Capo Colonna, sul promontorio Lacinio e custodisce un'icona particolarmente venerata.  

L'edificio è ubicato nei pressi del tempio dedicato a Hera Lacinia, del quale oggi rimane un'unica colonna dorica. La struttura attuale fu eretta dai monaci basiliani di Salice Salentino probabilmente fra l'XI e il XIII secolo e certamente prima del Cinquecento, quando la chiesa e l'icona furono descritte nel Libro dei miracoli, un manoscritto che racconta di un tentativo ottomano di distruggere o trafugare il quadro che sarebbe avvenuto nel 1519.

La chiesa fu sottoposta a numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Nel Settecento fu trasformata in romitorio e nel 1897 assunse l'aspetto attuale per l'ampliamento progettato dal marchese Anselmo Berlingeri.

L'icona - L'icona, probabilmente bizantina, risale al X o all'XI secolo. Il dipinto, che si rifà all'iconografia di San Luca, sarebbe stato donato al santuario, secondo la tradizione, da San Dionigi l'Areopagita[1]. Il quadro subì a sua volta diversi rimaneggiamenti. Un tempo conservata all'interno della chiesa, l'icona è stata successivamente trasferita nel Duomo di Crotone da dove, in occasione della festa della Madonna di Capo Colonna, viene portata in processione fino al santuario.

La sacra icona della Madonna di Capo Colonna è l'immagine più rappresentativa della città di Crotone e il suo culto è ormai da secoli un simbolo per tutti i crotonesi, anche se non è possibile delinearne un quadro storico preciso. In merito alla sacra immagine, infatti, i racconti giunti sino a noi non sempre risultano attendibili e non è possibile rintracciare notizie negli archivi storici ecclesiastici crotonesi, perché gran parte delle fonti in essi conservate sono andate distrutte in un incendio che divampò nella basilica e nell'episcopio cittadino intorno al XVI secolo. 

Le notizie giunte sino a noi sono antichi racconti che intrecciano fonti storiche a storie leggendarie. Le fonti storiche più attendibili raccontano che già in tempi antichi, annualmente, i crotoniati facevano pellegrinaggi presso il promontorio di Capo Lacinio per celebrare e ringraziare Hera, la dea della vita e della fertilità. Con l'avvento del cristianesimo questo culto pagano venne sostituito dalla venerazione della Vergine Maria. La tradizione più antica racconta infatti che la sacra immagine di origine bizantina fu portata sul promontorio crotonese da San Dionigi, un giudice ateniese che, dopo esser stato convertito al cristianesimo da San Paolo, giunse a Crotone e ne divenne il primo vescovo.

Secondo il racconto il Santo, dopo aver trovato l’immagine, la portò nel tempio di Hera Lacinia in cui per secoli si era svolto il culto pagano, iniziando i crotonesi alla venerazione della Sacra Icona. Un'altra versione racconta che il quadro, proveniente dall'oriente, in origine raffigurava la Vergine a mezzo busto; fu ritrovato da un artista crotonese il quale, dopo averlo trasportato su tela, lo completò, ricreando la figura intera della Vergine e abbellendolo infine con una lamina prima dorata e poi argentea. Nemmeno sull'autore dell'opera si hanno notizie certe e attendibili. 

Un'antica tradizione racconta che la tela originale sarebbe stata realizzata da San Luca evangelista, ma questo racconto sarebbe poco attendibile, perché il dipinto della Vergine di Capo Colonna risalirebbe al X – XI secolo e sarebbe di stile bizantino, quindi realizzato in tempi successivi. Questa versione potrebbe essere influenzata dal fatto che San Luca è conosciuto come un abile pittore che realizzò numerosi dipinti raffiguranti la Vergine Maria. Un altro racconto attribuisce il dipinto a un altro San Luca detto l’Archimatrite, un abate che resse uno dei monasteri basiliani presente un tempo a Capo Colonna. Questa seconda versione sembrerebbe trovare maggiore riscontro perché l’attuale quadro presenta molti caratteri dello stile bizantino, praticato durante l'epoca del monachesimo basiliano; elementi caratteristici di questo stile si possono ritrovare soprattutto nella parte superiore dell'immagine, dove sono raffigurati la testa della Vergine e il volto del Bambino.

La parte inferiore del dipinto appare poco nitida e sembra esser stata realizzata con tecniche diverse rispetto all'originale : il manto della Vergine non è di stile bizantino e parecchi ritocchi sarebbero riconducibili al XV secolo. Questi dettagli confermerebbero il fatto che il dipinto attuale sia in realtà un trasporto dell'immagine originale. Alcuni episodi storici ci fanno capire che la Sacra Icona era già venerata nel XV secolo. Nel giugno del 1519 i Turchi giunsero a Capo colonna e dopo aver trovato sul promontorio Lacinio il quadro della Vergine Maria, appiccarono un incendio e tentarono di bruciare la tela, ma nonostante il fuoco si fosse protratto per qualche giorno, il dipinto rimase intatto emanando una grande luce. I turchi stupefatti e spaventati da ciò che era successo decisero di portar via la tela su una delle loro navi, ma la loro imbarcazione rimase ferma; decisero quindi di gettare il dipinto in mare e la barca finalmente si mosse. Qualche giorno dopo il quadro fu ritrovato da Agazio Lo Morello, un contadino del posto che nascose la tela e solo in punto di morte confessò il suo segreto.

Nel 1638 i turchi tentarono di assediare Crotone ma il popolo crotonese, per combattere il nemico, decise di esporre l'immagine della Vergine sulle mura della città, invocando il suo aiuto e la sua protezione. I turchi, appena videro l'immagine della Madonna, la riconobbero e spaventati scapparono dalla città e rinunciarono all'assedio. Nel 1600 venne realizzata una miniatura del quadro originale, allo scopo di preservare quest'ultimo e per avere una copia del quadro che fosse maggiormente trasportabile per le vie della città durante le processioni. Questa riproduzione è conosciuta come "il quadricello" ed è stata realizzata da alcuni artisti della scuola napoletana. Negli anni successivi ne fu fatta un'ulteriore copia e quest'ultima è quella che viene portata annualmente in processione. La tela originale nel 1749, su richiesta di Monsignor Costa, vescovo di Crotone, fu laminata in argento e nel 1929 anche "il quadricello" venne bordato da una cornice d’argento. La Sacra Icona è attualmente custodita nella Cattedrale di Crotone e dal 1988 la Madonna di Capo Colonna è patrona dell’Arcidiocesi di Crotone – Santa Severina. Alla Vergine vengono attribuiti numerosi miracoli e il popolo crotonese le è fortemente devoto.

Il mese di maggio è per i crotonesi interamente dedicato alla festa in onore della Vergine di Capo Colonna. Ogni sette anni la festa assume un tono solenne perché, al posto della miniatura moderna, viene portato in processione il quadro "originale". Il terzo sabato di maggio si compie l'annuale pellegrinaggio notturno, che vede i fedeli crotonesi accompagnare l'icona della Vergine dal Duomo al promontorio di Capo Colonna, dove si trova il Santuario a lei dedicato. Il grande quadro o il quadricello restano nella chiesetta di Capo Colonna per la sola giornata di domenica, e la stessa sera vengono imbarcati e trasportati via mare fino al porto di Crotone, dove la sacra immagine viene accolta dai fedeli che la riaccompagnano al duomo. Durante la festa "settennale" il rientro non viene effettuato via mare, ma il quadro della Vergine viene posto su un carro trainato da buoi e percorre la stessa strada che i fedeli percorrono durante il pellegrinaggio notturno del sabato.

CHIESA DEL SANTISSIMO ROSARIO

CHIESA DEI SANTI COSMA E DAMIANO

CHIESA DI SAN PIETRO

CHIESA DI SAN PAOLO

CHIESA DI SAN DOMENICO

CHIESA DI GESÙ E MARIA

CHIESA DEL SACRO CUORE

CHIESA DELLA BEATA VERGINE DEL CARMINE[34]

CHIESA DI SANTA MARIA MADRE DELLA CHIESA

CHIESA DI SANTA RITA

 

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