Il castello
di Carlo V è una fortezza di epoca medievale che sorge
nella parte antica di Crotone. È di proprietà dello Stato,
in consegna alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.
Costruito
nell'840 per difendere la città dalle incursioni dei Saraceni,
fu modificato in maniera più sostanziale nel 1541 dal re Carlo
V. Presenta una pianta poligonale, e due torri: una più
massiccia detta "Torre Aiutante", e un'altra detta "Torre
Comandante".
Attualmente il castello ospita una sezione del museo
civico di Crotone e la Biblioteca Comunale "Armando Lucifero".
Nasce come una
rudimentale fortezza sull'antica Acropoli greca, per difendere il
territorio dalle invasioni straniere. La rocca (arx in latino) sovrastava da una
parte il mare e dall'altra la campagna ed era posta in un luogo difeso dalla
natura, perché circondato da rupi. "Arx Crotonis, una parte imminens mari,
altera vergente in agrum, situ tantum naturali quondam munita, postea et muro
cincta est, qua per aversas rupes ab Dionysio Siciliae tyranno per dolum fuerat
capta" (Livius XXIV, 3).
Il primo che
riuscì con uno stratagemma a conquistarla fu Dionisio il vecchio, tiranno
di Siracusa, nel 380-378 a.C. durante la guerra tra Siracusa e
Crotone). In seguito fu cinta di mura.
Il castello di
Crotone compare per la prima volta in un atto del 1192. Il nuovo castello,
analogamente a quello di Santa
Severina, compare tra i castelli amministrati dai funzionari della curia
imperiale, dove risiedevano castellani e guarnigioni assoldate dall'imperatore.
Alla fine del
Duecento, durante l’occupazione angioina, la guarnigione è composta da 15
inservienti al servizio di un castellano di nomina regia. La truppa ed i
castellani che si succedono nel presidio dipendono direttamente dal potere regio
e sono composti da stranieri.
Come evidenzia
anche l’appellativo differente, si trattava di una struttura diversa rispetto
ai castelli che avevano caratterizzato il periodo precedente. Nella fase in
questione, infatti, appaiono costruzioni più complesse, organizzate con alte
mura rinforzate da torri quadrate o poligonali, dotate di feritoie per il tiro
fiancheggiante dei balestrieri e di terrazzi lignei per la “Difesa
Piombante”. In questa logica ritroviamo il “castrum Cutroni” che,
edificato in una posizione nuova rispetto alla città, accentua decisamente il
suo ruolo offensivo verso quest’ultima.
Su ordine di Carlo
I d'Angiò, alcuni feudatari dovettero, tra il 1270 e il 1271,
accollarsi la riparazione delle torri del castello, citate con le denominazioni Mamunela, Barbacana, Triangula, Thesauro, Turricella,
e Turris "Ante Hostium". Nel 1284 la castellania
fu concessa ai Ruffo.
Durante la
seconda meta del secolo XIV, le armi da fuoco, già impiegate durante la
prima metà del secolo, entrarono stabilmente nell’uso degli eserciti e nelle
dotazioni di città e castelli. Comincia così un nuovo periodo che,
progressivamente, porterà alla riconversione delle fortificazioni medievali che
saranno adeguate, assumendo forme sempre più regolari dettate dall’uso delle
nuove armi.
Nel 1456,
a distanza di 12 anni dall'assedio di Crotone da parte di Alfonso V
d'Aragona (avvenuto nel contesto delle controversie legate ad Antonio
Centelles), alla popolazione della città fu concesso di destinare i proventi
delle imposte arretrate per riparare le mura del castello.
Nel 1480 si
verificò un evento che obbligò il re Ferdinando I a ordinare di
fortificare i luoghi marittimi più esposti della Calabria: la presa, la strage
ed il saccheggio di Otranto (11 agosto 1480) da parte delle
truppe ottomane di Maometto II. È il caso del castello di Crotone, dove,
tra la fine del sec. XV e la prima metà del XVI, in epoca aragonese, fu
provveduto a realizzare i necessari adeguamenti, come evidenziano la cartografia
cinquecentesca ed alcune strutture superstiti, e come ampiamente dettagliato in
fonti documentali. La “fabrica de Cotrone” inizio nel 1484.
I lavori, che
durarono per oltre un secolo, trasformarono radicalmente la struttura del
castello, che da un impianto pentagonale con cinque torri passò a una forma
quadrata.
In questa fase
il castello fu dotato di nuove torri a base circolare, di cui oggi rimane la
“turri delo casi cavallo” che, per dimensioni e caratteristiche,
risulta analoga ad un’altra ormai completamente scomparsa: la Marchisana,
il cui toponimo rimanda al tempo della signoria dei marchesi di Crotone (1390
– 1444). Oltre alla torre di Casicavallo, nelle cui adiacenze, pur ispessito
da interventi successivi, permane un tratto di cortina pertinente al periodo,
esistevano: la “turri Muza delo castello detta S. Maria” e quella
di “S. Georgi”. I resti della prima permangono alla base della cortina
cinquecentesca (detta “delo critazo”) che si affaccia verso il porto,
mentre la seconda, in parte diroccata, fu inglobata dai terrapieni realizzati
durante la costruzione dei nuovi “rebellini” sul finire del sec.
XV.
La Torre di Santa Maria è stata messa in luce grazie agli scavi compiuti
nel 2010 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Calabria.
L'adeguamento
era concepito per offrire un migliore riparo dalle nuove armi ma, con l'inizio
del Viceregno, improcrastinabili esigenze strategiche e difensive resero
necessario il suo ampliamento e rifacimento.
In quello
stesso periodo la costa ionica era soggetta a ripetute razzie e assalti da parte
dei Turchi. L’imperatore Carlo V, essendo viceré Don Pedro di
Toledo, ordinò nel 1541 di ricostruire, secondo i nuovi criteri dell’arte
della fortificazione, le difese della città e del castello di Crotone.
Queste opere
ebbero un notevole impatto economico sul comprensorio di Crotone, perché il
territorio offrì sia la materie prime di costruzione che le maestranze. Per
contro furono imposte nuove e onerose tasse a tutto il territorio calabrese. I
lavori proseguirono per tutta la seconda metà del XVI secolo ed il personale
impiegato superò le 1000 unità.
I lavori, che
hanno portato all'assetto costruttivo attuale, vennero progettati
dall'architetto italiano Gian Giacomo dell'Acaya, che ne fece una
delle più possenti fortezze militari d'Italia; dopo dieci anni
continuavano sotto la supervisione del barone della Caya, “designator et
reviditor de tutte le Regie fabriche del presente Regno di Neapoli”, di Alonso
Brefeygna, regio generale commissario in le fabbriche della città e castello di
Crotone, e del capomastro Jacopo de Amato de Cotrone, “substituto per lo
barone dela Caya”.
"La grande
opera difensiva rivitalizzò il commercio locale. Crotone assunse nel giro di
pochissimi anni la connotazione e la fisionomia di una grande città per la
nascita di un indotto adeguato alla grandiosità dell’opera intrapresa.
Furono aperte
numerose botteghe artigiane e commerciali per rispondere alle sempre maggiori
richieste di materiale da costruzione. Col passare degli anni si modificò anche
l’assetto economico, sociale ed urbanistico della città e del territorio.
[…] È innegabile, però, che questa grande opera difensiva, edificata a
salvaguardia della Calabria ionica, ridiede fiducia e tranquillità anche a
tutti quei paesi del Crotonese, che, sprovvisti di difese militari, si erano
prodigati con la manodopera, con il denaro e con le materie prime alla
realizzazione di questa magnifica macchina bellica. Il governo vicereale
spagnolo, nell’arco di mezzo secolo, attribuì a Crotone un ruolo militare di
eccezionale importanza e la fece diventare la principale e più sicura fortezza
della Calabria.
Il castello
ospitava i soldati, la Chiesa di San Dionisio (1601), la Chiesa
Nuova e la Chiesa di San Carlo (1859), l'alloggio del castellano,
i magazzini dell'artiglieria, una caserma per le donne ed
una prigione detta "La Serpe".
Si entrava nel
castello dall'attuale Piazza Castello, grazie ad un ponte in
parte fisso in muratura ed in parte levatoio in legno. La porta
principale era inserita in una torre a forma di piramide tronca che
dominava le cortine occidentali tra le due torri d'entrata,
il ponte ed il fossato. Nel fossato, indagato nel 2011 dalla Soprintendenza
per i Beni Archeologici della Calabria, è stata messa in luce la base della
grande torre quadrangolare detta "della manovella", con la quale si
sollevava il ponte.
Il Baluardo
di San Giacomo era una struttura importante perché dominava il porto e
la Marina circostante. Serviva da riparo alle truppe e vi era il
fanale principale del porto. Nel 1895 fu in parte demolito per
ricavarne materiale da costruzione. All'interno del baluardo vi è una
scala che conduce alla Porta del Soccorso, posta ai piedi del baluardo.
La cortina orientale (detta de lo critazzo) tra il Baluardo
di San Giacomo e quello di Santa Caterina ingloba i resti della Torre
di Santa Maria, pertinente al più antico castello medievale.
La Torre
Aiutante, simile a quella del Comandante, era adibita a dimora degli ufficiali.
La Torre Marchesana a base circolare armata di quattro cannoni sorgeva
all'interno del castello, nella parte centrale più elevata ed era un ottimo
posto di osservazione; usata come carcere per i forzati che costruivano il
porto fu danneggiata dal terremoto nel 1862. Durante il terremoto
crollò anche la Chiesa di San Dionisio.
Sottostante
alla Marchesana vi era un'altra torre minore con numerose feritoie per
i fucilieri.
La Marchesana fu
demolita in seguito a un crollo che, nel 1873, aveva distrutto la cortina
occidentale.
Ulteriori
modifiche ed ampliamenti avvennero tra il XVII e il XIX secolo: Il corpo di
guardia e la campana della porta del castello (prima metà del Seicento), la
caserma Campana (prima metà dell'Ottocento).
Allo
stato attuale, delle torri del castello, sopravvivono ancora oggi:
- la Torre
Aiutante;
- la Torre
Comandante;
- il Bastione
San Giacomo;
- il Bastione
Santa Caterina.
Sono state
restaurate la Torre Comandante e quella Aiutante dove è
temporaneamente ubicata una sezione del Museo Archeologico Nazionale di
Crotone con reperti di età medievale, tutti di proprietà dello
Stato. È stata anche restaurata la Caserma Campana.
Il progetto del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali prevede che il castello divenga la sede di
un grande museo nazionale archeologico, dedicato a Crotone ed al
suo esteso territorio antico, del museo di 2º livello (i depositi
museali), di laboratori di restauro, rilievo, disegno e fotografia, di
ampi spazi per esposizioni temporanee e convegnistica. L'edificio della Caserma
della Campana dovrebbe divenire la sede dell'ufficio archeologico
territoriale della Soprintendenza.
Architetture
civili
MUSEO
ARCHEOLOGICO NAZIONALE - Il museo è stato fondato nel 1968 e si trova su
via Risorgimento, nel cuore del centro storico cittadino.
L'edificio,
composto da due piani, contiene tutti i più significativi reperti provenienti
dalle zone archeologiche dell'intero territorio crotonese. In particolare
ricchissimi rinvenimenti archeologici provengono dal Santuario di Hera Lacinia
sito in Capo Colonna. A piano terrea, l’area riferita all'età preistorica
propone asce ed armi litiche, oltre a strumenti per l'agricoltura. Ben
documentata è l'età del ferro, con ricchi corredi funerari e manufatti
provenienti dall'area provinciale di Crotone e la produzione vascolare greca,
con vasi ed anfore di rara fattura e bellezza distinti in base alla
provenienza.
Al primo piano,
di grande interesse è la vasta sezione dedicata al cosiddetto "tesoro di
Hera Lacinia", una sala votiva con oggetti di altissimo valore artistico,
rinvenuti nel Parco Archeologico di Capo Colonna. Tale ricco patrimonio
comprende capolavori come la sfinge alata, la gorgone, la barchetta nuragica.
Tra questi spicca lo splendido Diadema Aureo, conosciuto anche come "corona
di Hera", costituito da una fascia in lamina d'oro che sviluppa una
decorazione a treccia all'interno mentre all'esterno vi è una linea con foglie
e bacche sostenute da fili intrecciati. Altre sezioni documentano i santuari
della zona, tra cui quello di Apollo Aleo a Krimisa, il tempio dorico di
Kaulonia e un'area di culto a Punta Stilo.
Di recente il
patrimonio museale si è arricchito di un askos, un unguentario di bronzo
del V secolo raffigurante una sirena con corpo di uccello e testa didonna, un
reperto molto prezioso proveniente da uno scavo clandestino di Strongoli e
finito nel 1992 al Paul Getty Museum di Malibù, in California.
EX
LAZZARETTO
- Il lazzaretto di Crotone, un tempo noto come monastero dei Carmelitani,
è un edificio storico di Crotone adibito in passato a lebbrosario per
il ricovero dei degenti colpiti da malattie infettive e contagiose quali
ad esempio la peste, il colera e la malaria.
Il complesso monasteriale, in origine situato fuori le mura della città, venne
edificato intorno al XVI secolo nei pressi della spiaggia, sulla
strada che conduceva a Capo Colonna.
Il
lazzaretto fu impiegato durante diverse epidemie che colpirono la città,
tra cui la peste del 1656 (che causò la morte di circa la metà della
popolazione crotonese), l'epidemia di colera del 1835 e
quella di febbre tifoide del 1867.
La
struttura dell'edificio si presenta a pianta rettangolare su due
piani, con delle piccole finestre rivolte verso il mare.
PALAZZO
BARRACCO
- Palazzo Barracco è un importante edificio situato in piazza
Castello, all'interno del centro storico.
Situato
in posizione dominante, dal palazzo si può godere una veduta generale e
spaziosa della città, del mare, della campagna e dei monti.
Affacciante su piazza Castello, esso è collegato alla città da numerose
strade.
Dal 1995 al 2009 il
palazzo è stato sede degli uffici della Camera di Commercio di Crotone e
attualmente è sede del Museo dell'arte contemporanea di Crotone,
comunemente noto con l'acronimo MACK.
La
presenza del barone Alfonso Barracco era già nota in città alla
fine del Settecento. Il 23 gennaio 1800 stipulò un atto con i
fratelli De Riso e i Bianco di Catanzaro, con il quale
egli stesso si impegnò a consegnare 1.700 tomoli di grano del
raccolto del 1799. Il grano dovette poi essere consegnato dal catanzarese Antonio
Casaburi, all'epoca abitante in Crotone, e che svolse la carica di “regio
uditore ed assessore politico e militare di questa real piazza di Cotrone e
amministratore dei beni di Alfonso Barracco, per parte del regio fisco”.
Successivamente, il palazzo passò da Alfonso Barracco al figlio Luigi.
Figlio
di Alfonso e di Emanuela Vercillo, si sposò con l'aristocratica crotonese Maria
Chiara Lucifero; nel 1828 attuò una permuta per una casa
situata all'interno della parrocchia del SS. Salvatore, il cui atto venne
stipulato nel 1839, al fine di ricostruire ed ampliare il suo palazzo. Nel
novembre del 1828 ottenne l'indulto per un oratorio privato
a favore dei fratelli Alfonso, Stanislao, Francesco, Domenico, Maurizio,
dei baroni Barracco e delle sorelle Carolina, Emanuela ed Eleonora.
Proseguendo nel suo progetto dopo il terremoto dell'8 marzo 1832, il 12
marzo 1833, nonostante la forte opposizione del vescovo Leonardo
Todisco Grande, un real decreto ordinò la demolizione della
chiesa del SS. Salvatore resa poi esecutiva l'8 agosto 1834.
Sempre
intorno al 1833 il Barracco ospitò nel suo palazzo il nuovo re Ferdinando
II di Borbone, in visita alle province del regno. Nel 1834 Alfonso, primogenito di Luigi (al
quale gli succederà dopo la sua morte, avvenuta nel 1849), si unì
con Emilia Carafa, ponendo le premesse per il trasferimento dei Barracco nella nuova
residenza napoletana in via Monte di Dio (nel 1848 Stanislao
Barracco, fratello di Alfonso, venne eletto nel Parlamento napoletano per
il distretto di Cotrone). Dopo l'Unificazione, alla quale il barone Alfonso
Barracco contribuì con una somma di 10.000 ducati a favore
dell'impresa garibaldina, i Barracco si trasferirono a Roma. Nel
frattempo, il grande palazzo di Crotone andava incontro ad una lenta
ma costante rovina a causa della presenza ormai rara dei suoi proprietari.
L'anno
dopo il Plebiscito del 21 ottobre 1860, che sanzionò
l'Unificazione, il barone Giovanni Barracco venne eletto nel
collegio di Crotone, per poi essere rieletto anche nel 1874 e nel 1880,
scontrandosi più volte prima col democratico Gaetano Cosentini -
il quale tuttavia riuscirà ad avere la meglio sul barone nel 1867,
nel 1870 e nel 1876 - e poi sconfiggendo dopo una
contestazione nelle elezioni politiche del 1880 Raffaele Lucente. Nel 1919 vi
abitò in seguito il barone Enrico Barracco, figlio ed erede di Alfonso e
sposato con Maria Doria, e dagli eredi di Roberto Barracco.
PALAZZO
COMUNALE
- Il Palazzo Comunale è un edificio che ospita la sede del
comune di Crotone. Si trova in Piazza della Resistenza, affacciato su via
Vittorio Veneto. In precedenza, la sede del Comune fu ospitata presso palazzo
San Giovanni (oggi nota come Casa della Cultura) dal 1800 al 1883.
L'edificio, in puro stile razionalista, venne realizzato negli anni
'50 del XX secolo per iniziativa del sindaco dell'epoca Silvio
Messinetti, sulla base di un progetto preesistente elaborato dall'architetto cosentino Luigi
Gallo.
Situato
in una zona intrisa di storia millenaria, il palazzo rappresenta un punto
cardine nell'ambito degli scavi archeologici condotti nel territorio
circostante. La struttura del municipio è stata oggetto di lavori di
ristrutturazione e sopraelevazione nel 1993, dando l'opportunità alla
Soprintendenza di condurre una serie di scavi negli scantinati, successivamente
ripresi nel 2016 grazie al progetto ArkeoUrbe.
Le
scoperte effettuate sotto il palazzo hanno portato alla luce stratificazioni
storiche di Crotone, evidenziando testimonianze e reperti di varie epoche: tra
queste, le ricerche hanno individuato tracce dell'età greca e dell'età
romana, gettando luce sulla trasformazione della città nel corso dei secoli.
Nel
contesto delle indagini, sono emerse fondazioni di abitazioni risalenti alla
prima fase urbanistica della città, datate al IV-III secolo a.C.; queste
evidenze suggeriscono una disposizione urbanistica orientata da nord a sud,
simile a quella di zone limitrofe come la Banca Popolare di Crotone e Via
Azaria Tedeschi.
Inoltre,
i reperti raccolti comprendono rari reperti dell'età greca come ceramiche
da mensa a vernice nera, nonché una singolare moneta in bronzo risalente al
periodo della guerra annibalica, con l'effige di Artemide e la
legenda "κρο" (KRO).
Successivamente,
la sovrapposizione di una vasta necropoli di età romana nell'area
abbandonata del quartiere greco ha rivelato dettagli sulle pratiche funerarie
dell'epoca. Le tombe datate tra il I e il III secolo d.C. testimoniano
sia riti di incinerazione che di inumazione, con varie tipologie di
sepolture, corredi funerari e monete utilizzate come offerte per il viaggio
nell'aldilà.
L'edificio
si presenta in pianta quadrata a forma di U e disposta su tre piani
fuori terra, con una balconata aperta al centro.
PALAZZO
GALLUCCIO
- Il palazzo Galluccio è un edificio storico-nobiliare
situato all'interno del centro storico, di fianco la chiesa di San
Giuseppe.
Attualmente di proprietà della famiglia Lucifero, si hanno notizie certe
sull'esistenza dell'edificio già nel 1699; notizie che, in seguito,
troveranno ulteriore conferma in un documento risalente al 1720 a
firma dell'allora vescovo della città Anselmo de la Peña.
La
struttura venne poi riedificata nel 1809 con decorazioni neoclassiche ispirate
all'architettura romana.
L'ingresso
del palazzo è caratterizzato da un arco a tutto sesto, con un balcone sorretto
da due coppie di colonne binate in stile dorico. Al suo interno
vi si trova un ampio giardino con un cancello ornato dallo stemma
della famiglia.