Reggio Calabria

 

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Chiesa della Cattolica "dei Greci"

La chiesa della Cattolica "dei Greci", o Santa Maria della Cattolica "dei Greci" rappresenta l'istituzione cristiana più antica nella città Reggio Calabria. Essa sorge tra via Giudecca e via Aschenez, entrambe vie che testimoniano la presenza di una nutrita comunità ebraica nel capoluogo calabrese.  

Durante il periodo bizantino, la chiesa di Santa Maria della Cattolica rappresentò il principale luogo di culto cristiano della città.

Con l'avvento dei Normanni la chiesa perse importanza a causa della latinizzazione del rito, che a Reggio fu introdotto durante il medioevo più che in epoca romana. Il rito greco-bizantino continuò ad essere praticato solo per qualche tempo, per poi non trovar più traccia in epoca moderna (fine del XVI secolo).

Dal 1818, il protopapa che celebra la funzione religiosa non è più indipendente dal vescovado.  

Le origini della Cattolica sono legate al culto cristiano bizantino: la chiesa infatti è stata per secoli la cattedrale della città e poi - con l'avvento del rito latino - la concattedrale di rito greco.

In origine il tempio fu edificato nei pressi dell'odierna Piazza Italia, tra il Teatro Cilea e palazzo Melissari-Musitano. A memoria di ciò, rimane oggi proprio in quel punto la via Cattolica dei Greci. Durante il corso della sua storia, la chiesa attraversò varie vicende, ultima delle quali il distruttivo terremoto del 1783.

Distrutta dal terremoto, la Cattolica venne riedificata nel 1876 sull'attuale sito, leggermente più a est dal luogo originario, questa volta in stile neoclassico e su progetto dell'architetto Antonino Pugliese.

Danneggiata dal successivo sisma del 1908, fu restaurata nel 1954 per poi riaprire al culto il 25 marzo 1957.

La tipologia dell'edificio è oggi a croce latina a tre navate, delle quali la centrale termina con abside semicircolare e all'altezza del transetto c'è una cupola illuminata al centro, riccamente decorata con stucchi e cornici ovali, che racchiudono volti di santi.

All'interno sono leggibili le due fasi costruttive della chiesa, ovvero la parte inferiore della navata centrale e il presbiterio attraverso la ricca cornice che scorre per tutto il perimetro. Il prospetto principale conserva elementi compositivi neoclassici come l'uso dell'ordine gigante attraverso le quattro colonne con capitelli compositi e basi su zoccolo continuo, sormontati da alta trabeazione, timpano sul quale è collocata una croce in ferro battuto e a completamento ci sono due torri campanarie.

All'interno, infine, è degno di nota il sigillo della corona di spine di cristo.

Di notevole importanza è il portale in bronzo dorato, opera dello scultore reggino Giuseppe Niglia, diviso in due ante alte 6 metri. Lo stile del portale è in stile eclettico, tipico di molte opere eseguite in città, fondendo il gusto mediterraneo e quello nord-europeo.

Le due ante del portale, unite ma non divise dal battente, formano una sequenza che si sviluppa in un unico scenario

Sul portale sono rappresentate in maniera simbolica con otto formelle: l'Annunciazione, la Natività, la Presentazione al tempio, la Fuga in Egitto, la Predicazione di Gesù nel tempio, le Nozze di Cana, la Crocifissione e l'Assunzione della Vergine.  

Chiesa di San Giorgio al Corso

La chiesa di San Giorgio al Corso è una chiesa dedicata a San Giorgio, santo patrono della città. L'edificio volge il portale principale sul Corso Garibaldi e costeggia la via Giudecca.

Negli anni è stata conosciuta con diverse denominazioni: San Giorgio Intra Moenia (distinta da San Giorgio Extra Moenia), San Giorgio de Gulpheriis, San Giorgio di Sartiano in La Judeca o San Giorgio in la Judeca (poiché sorgeva nel quartiere ebraico) e Tempio della Vittoria.  

Eretta a parrocchia il 12 ottobre 1596 da monsignor Annibale D'Afflitto (arcivescovo di Reggio Calabria dal 1593 al 1638), venne distrutta completamente dal terremoto del 1908. Fu ricostruita seguendo il progetto dell'architetto Camillo Autore ed inaugurata il 26 maggio 1935.

L'attuale edificio si presenta in forme semplici e imponenti con facciata di stile classico dominata da un portale monumentale sormontato da una grande vetrata dove è raffigurato San Giorgio mentre uccide il drago. Nel portale e ai suoi lati si trovano dei bassorilievi rappresentanti scene del primo conflitto mondiale con su impresse le località delle battaglie.

L'attuale edificio è stato inaugurato il 25 maggio 1935 alla presenza del Principe Umberto di Savoia,delle famiglie nobili e notabili reggine quali: Abenavoli, Alberti, Brath, Filocamo, Genoese, Giuffrè, Griso, Guarna, Logoteta, Mazzacuva, Nesci, Plutino, Sacco, Salazar, Spanò, Tripepi, Zerbi, delle autorità civili, militari e cavalleresche religiose(Cavalieri di Malta, Templari di Livonia e Teutonici) dell'epoca e nasce dalla ricostruzione post terremoto su progetto di Camillo Autore.

La chiesa ha una pianta a croce latina e una sola navata con quattro cappelle per lato, tra cui quella del Crocefisso concepita come cappella dedicata ai Caduti. Da evidenziare è il catino dell'abside decorato a mosaico. La parte alta della struttura religiosa è costituita da volte a botte, interrotte da archi, posti anche ai quattro lati del Santuario, in corrispondenza dei pilastri, mentre l'Abside, raccolta da un arco trionfale sulla fronte, è stata coperta con una volta sferica a base semicircolare. Lo stesso motivo degli archi limita, sui quattro lati, il Santuario. Il pavimento ed il rivestimento delle pareti della chiesa è caratterizzato da lastre di marmo grigio di Billiemi, decorato con pietra chiara di Trani, presente anche nella parte centrale del Santuario, intagliata in una croce che è indirizzata verso l'altare maggiore. Ai lati della navata le moderne statue di San Giuseppe col Bambino, dell'Immacolata e del Beato Giovanni; la statua di Sant'Anna e la Madonna Bambina; il busto di San Giorgio ed un dipinto di scuola ottocentesca raffigurante la Madonna del Rosario e i Santi.

Nella piazza prospiciente la chiesa (Piazza San Giorgio) è collocata la statua raffigurante l'Angelo Tutelare, scultura risalente al 1637 che rappresenta San Michele Arcangelo, in origine posta a protezione della città a poca distanza dalla Porta della Dogana.

A lato della chiesa si trovano i resti archeologici di una struttura religiosa della Reggio medievale.

Nel 1968 venne trasferito nella chiesa di San Giorgio al Corso l'organo a canne costruito nel 1930 dalla ditta Balbiani per la cattedrale e, nella nuova destinazione, collocato sulle due cantorie ai lati della cupola. Lo strumento, poi, è stato restaurato dalla ditta Michelotto nel 2000 e dalla stessa ampliato nel 2003. Attualmente dispone di due tastiere di 61 note ciascuna ed una pedaliera di 32.  

L'origine dell'antichissimo culto reggino a San Giorgio risale agli inizi dell'XI secolo ed è legato all'episodio che portò Reggio ad infliggere una sconfitta ai saraceni che insidiavano le coste calabresi. Nel 1086 il saraceno Bonavert di Siracusa sbarcò a Reggio distruggendo il monastero di San Nicolò sulla Punta Calamizzi e la chiesa di San Giorgio danneggiando le effigi dei Santi. Ma il Duca Ruggero Borsa contrattaccò ed inseguì Bonavert, lo uccise in battaglia e conquistò Siracusa. Per questa vittoria i reggini adottarono San Giorgio a loro protettore (si dice infatti che Ruggero sarebbe stato assistito dal Santo contro Bonavert).

Proprio a questo periodo corrisponde del resto la devozione della città a Giorgio, il "cavaliere dei santi, santo dei cavalieri", di cui canta il Carducci nell'ammirare la statua di Donatello: «Degno, San Giorgio (oh! con quest'occhi lassi il vedess'io) che innanzi a te ne l'armi, un popolo d'eroi vincente passi.»

Grazie a Monsignor Antonio Maria De Lorenzo Arcivescovo, che documenta l'antichissima tradizione della città di Reggio nel culto verso il suo patrono San Giorgio, sappiamo infatti che al santo furono dedicate molte chiese della città (San Giorgio di Sartiano in La Judeca, San Giorgio di Lagonia, San Giorgio intra moenia e San Giorgio extra moenia).

In particolare nell'attuale Chiesa di San Giorgio al Corso con un solenne atto ai piedi dell'altare del santo patrono si chiudevano ogni anno le elezioni municipali. Pubblicate le liste elettorali al palazzo di città, venivano poi sorteggiati i consiglieri. Quindi tra questi si decidevano sei nomi che venivano chiusi dentro palline di argento e messi in borsette separate secondo i ceti, che a loro volta erano poste sull'altare di San Giorgio. L'ultimo giorno dell'elezione, dopo la messa dello Spirito Santo, avveniva per mano di un bambino l'estrazione dei tre sindaci che avrebbero governato per un anno il comune.

Altre chiese

Chiesa di San Giuseppe al Corso - La chiesa, progettata dall'architetto R. Pedace, fu costruita per la prima volta nel 1598 in un sito diverso dall'attuale. Fu per due volte distrutta dai catastrofici terremoti del 1783 e del 1908.

ChiesaSanGiuseppeCorso.jpg (213819 byte)La chiesa si presenta in uno stile gotico moderato. Il prospetto principale è dominato da un grande portale sormontato da un rosone. Ai bordi del portale sono presenti due edicole.

All'interno dell'edificio di culto si possono ammirare una tela di San Filippo Neri ed un quadro raffigurante la Madonna di Portosalvo del 1838, ad opera di Brunetto Aloi, che si trovava originariamente custodito nella chiesa dedicata alla Madonna di Porto Salvo posta nell'antico lungomare che dopo il terremoto del 1908 non venne più ricostruita.

Chiesa di Gesù e Maria - La chiesa, di stile classico, possiede una facciata lineare, preceduta da loggetta pensile e scale laterali.

Ricostruita dopo il terremoto del 1908 su progetto dell'ingegnere Gino Zani, nello stesso sito in cui sorgeva precedentemente. La chiesa presenta una struttura a tre navate molto luminose. Nella navata destra è possibile ammirare il monumento funebre del cantore Giuseppe Morisani (XVIII secolo), illustre storico, letterato e archeologo reggino del XVIII secolo, e un crocefisso del XIX secolo. Inoltre sono presenti una Via Crucis in pannelli di bronzo, due Angeli che sorreggono il trono, i leggii e il pannello dell'altare maggiore, opere dello scultore Ennio Tesei. La cripta conserva le cosiddette “varette”, figure di cartapesta della scuola napoletana condotte in processione il Venerdì santo.

Chiesa di San Sebastiano al Crocefisso - La pianta è a navata unica. Sulla parete di sinistra si aprono la cappella del Battistero, la cappella del Santissimo Crocefisso ed il grande campanile. È inoltre presente un crocefisso di chiara scuola napoletana del XIX secolo.

Gli elementi liturgici, le sculture bronzee ed il tabernacolo sono opere dello scultore Michele Di Raco, mentre il presbiterio ospita un'interessante tela del Martirio di san Sebastiano, opera di Annunziato Vitrioli.

La nascita della parrocchia di San Sebastiano Martire è antichissima: il primo documento storico risale alla fine del Quattrocento. Nella prima metà del Seicento la chiesa parrocchiale sorgeva nella stessa piazza della Cattedrale. Nel 1890 venne sconsacrata e la parrocchia fu interamente trasferita nella cattedrale. Dopo il catastrofico terremoto del 1783 e in seguito alla soppressione di molti conventi nell'anno 1784, fu assegnata alla parrocchia di San Sebastiano la chiesa del Crocifisso, annessa al convento dei francescani riformati, fondato in città nel 1647. La parrocchia si denominerà da questo momento "San Sebastiano al Crocefisso".

La chiesa e il grande crocefisso, opera di padre Giovanni da Reggio, morto nel 1660, andarono distrutti nel terremoto del 1908. L'edificio attuale fu aperto al culto nel 1937.

Il prospetto principale si presenta diviso in tre piani trabeati. Quello superiore termina con un timpano triangolare sormontato da un'artistica croce in ferro e, alle estremità, delle pietre lavorate. La parte centrale ha tre lesene per lato terminanti con capitelli ornati; al centro si apre una finestra circondata da lesene ai lati e in alto un timpano a lunetta, interrotta al centro da un medaglione con insegne vescovili. La parte inferiore ha due lesene per lato; al centro, il portale è delimitato da colonne a sezione circolare con capitelli ornati, sormontati da un timpano archivoltato. Il prospetto destro è interrotto nella sua continuità da lesene che nella parte superiore sono intervallate da finestre, le quali sono circondate da lesene ondulate sormontate da timpani a lunetta. Il prospetto sinistro è interrotto, nella parte inferiore, dalla cappella del battistero, da quella del SS. Crocefisso e dal campanile. Sul retro, il tempio presenta un timpano triangolare, come sul prospetto principale, ma è privo di croce. L'abside, maestosa nella sua imponente altezza, è nascosta nella parte inferiore dalle opere parrocchiali. L'interno, ad una sola navata, riproduce in buona parte le stesse forme architettoniche dell'esterno se si eccettuino piccoli particolari. Il tetto piano è interrotto dalle travi in cemento armato in corrispondenza dei pilastri delle pareti. Sulle pareti laterali si trovano delle nicchie che ospitano le statue di S. Pasquale, S. Rita, l'Addolorata, S. Giuseppe, il Sacro Cuore di Gesù.

Nel 1981 il lato sinistro è stato integrato con una cappella per dare degna collocazione al Crocefisso, che si trovava nella precedente chiesa e che dava il nome alla stessa. La Cappella ha una struttura architettonica semicircolare, interrotta da vetrate, con il soffitto a sezioni quasi regolari.

ChiesaSantaLucia.jpg (190001 byte)Chiesa di Santa Lucia - La parrocchia di Santa Lucia è stata fondata con decreto arcivescovile il 10 aprile 1629 dall'arcivescovo Annibale D'Afflitto. I suoi confini furono ampliati nel 1783 da monsignor Capobianco e dal 1798 fu considerata parrocchia urbana . La chiesa attuale, di stile rinascimentale, fu edificata nel 1930 su progetto del carmelitano padre Cesare Umberto Angelini e si trova al centro della città in via XXV Luglio. La chiesa ha tre navate ed è preceduta da una grande scalinata che ne consente l'accesso dalla via De Nava.

Presso l'altare maggiore c'è un interessante gruppo scultoreo ad opera di Michele di Raco che rappresenta la glorificazione di Santa Lucia armonicamente inserito nel grande mosaico absidale, opera dell'artista Gisa D'Ortona. In una nicchia della navata laterale si può ammirare un'antica statua lignea di Santa Lucia, attorniata da un prezioso mosaico e da diversi bassorilievi raffiguranti la vita ed il martirio della santa.

ChiesaCarmine.jpg (225814 byte)Chiesa del Carmine - La chiesa presenta un'architettura esterna semplice e lineare con unico elemento decorativo rappresentato da un bassorilievo in marmo bianco della Madonna col bambino posto sopra quattro feritoie che si aprono sopra il portale principale del tempio. Sul lato sinistro del prospetto principale si erge la torre campanaria a base quadrata sormontata da tetto conico.

L'altare maggiore, proveniente dall'antica cattedrale dove si trovava nella cappella di San Giovanni di Malta, rappresenta uno dei più importanti altari della Diocesi di Reggio Calabria-Bova. Realizzato nel 1787 dal messinese Paolo Rechichi, lavorato con raffinatezza negli intarsi di marmi policromi con la sovrapposizione di ricche volute in marmo bianco. Il paliotto ed il gradino dell'altare risultano essere caratterizzati rispettivamente dallo stemma curvilineo entro il quale è raffigurata la croce di Malta e dall'architettonico tabernacolo fiancheggiato da due teste di putti alati.

Chiesa di Sant'Agostino - La chiesa, in stile romanico-bizantino, ha un'insolita struttura se confrontata con le altre chiese della città. Presenta infatti alcune cupole di diversa grandezza ai lati, in corrispondenza dell'abside, delle navate e del campanile.

All'interno l'altare maggiore e le navate sono illuminati da lampadari realizzati in ferro battuto.

Nella navata sinistra vi sono: un dipinto raffigurante la Madonna della Cintura opera di Sebastiano Conca e l'ambone in bronzo, ornato da una pala a bassorilievo, opera di Michele Di Raco, che raffigura i simboli degli evangelisti. Sempre dello stesso autore è il paliotto in bronzo che raffigura l'ultima cena.

È presente, inoltre, un'interessante tela dei Santi Filippo e Giacomo, cui è anche dedicato il tempio.

Chiesa di San Francesco di Paola - Sorge sul corso Garibaldi di fronte alla villa comunale. Sono custoditi, provenienti dall'antico convento dei Minimi di San Francesco di Paola, le campane e una lapide ad altorilievo del 1633 con ritratto del sepolcro del benefattore Marchese Gian Paolo Francoperta, un'epigrafe già murata nella cappella Pellicanò del 1643, uno stemma gentilizio normanno scolpito in marmo.

Chiesa dell'Annunziata - La chiesa, moderna nell'architettura, conserva sopra l'altare maggiore una pregevole tela dell'Annunciazione del XVII secolo e preziosi paramenti sacri in barocco e altri in oro zecchino del XVIII secolo noti come "reali", forse perché a suo tempo donati dal re di Napoli.

Chiesa della Candelora - La sua comunità è tra le più antiche della città, appare nel 1567 nella platea della mensa arcivescovile, ma la sua esistenza si fa risalire al XIV secolo, quando nell'arcidiocesi di Reggio Calabria esistevano cinque parrocchie dedicate a Santa Maria.

Originariamente sotto il patronato dei Consolino passò sotto quello dei conti Filocamo. La parrocchia era una delle più popolose (1.600 fedeli contro una media di 500) e l'arcivescovo D'Afflitto l'11 ottobre 1596 decise di annettere alla Candelora anche Santa Maria di Pesdoglioso, un'altra chiesetta che sorgeva in via Aschenez nella zona dove oggi si trova l'asilo Genoese.

Alla fine del XVI secolo la chiesa della Candelora era la più frequentata della città, nonostante l'edificio fosse abbastanza piccolo, per questo motivo mons. D'Afflitto trasferì nel 1631 la parrocchia alla chiesa di Sant'Andrea che ebbe questo nome fino al 1688, anno in cui grazie al ricorso inoltrato dalla famiglia Filocamo alla Santa Rota, che permise alla chiesa di riavere l'attuale nome.

Solo dopo il terremoto del 1908 viene affrontato il problema di una migliore sistemazione del luogo di culto, che nel 1910 era ospitato da una chiesa baracca su un argine del torrente Santa Lucia (l'attuale via Domenico Romeo).

Dal 1921 fino al 1940 fu parroco della chiesa della Candelora il santo reggino Gaetano Catanoso.

La Chiesa baracca fu distrutta da un incendio nella notte del 14 febbraio 1946 e sullo stesso sito fu costruita l'attuale chiesa, consacrata da mons. Ferro il 12 marzo 1960.

Per quattordici anni la comunità fu ospitata nel salone delle Suore di carità dell'Istituto San Pio X, oggi sede del Conservatorio Francesco Cilea, secondo alcuni racconti il parroco, don Pasquale Catanoso, riuscì a salvare la pisside con le ostie consacrate.

Chiesa di San Crispino e Crispiniano - Di modeste dimensioni ma dalla storia antica, sorge nella parte alta del centro storico.

Chiesa del Santissimo Salvatore - Fu eretta dall'arcivescovo mons. Carmelo Pujia, con decreto del 21 maggio 1930, che fu denominato: smembramento, trasferimento ed aggregazione, traendo il titolo ed beneficio del Santissimo Salvatore dalla località di Trizzino in Terreti.

Il decreto arcivescovile prende spunto dall'immane tragedia del terremoto del 1908 per identificare i cambiamenti che ci sono stati nella città di Reggio, in particolare la conurbazione, che ha teso ha costituire un grosso centro nella città, spopolando le campagne limitrofe. negli anni trenta venne allargata la città rispetto alla primitiva estensione che andava da piazza De Nava fino ai limiti del Calopinace. In quel periodo avvenne infatti la costituzione della "Grande Reggio" con l'inclusione di 14 comuni limitrofi e nel 1927 la popolazione ammontava a circa 121.000 abitanti.

Il decreto dell'arcivescovo Pujia fa riferimento allo smembramento della parrocchia Santa Lucia, a causa della sua grande estensione, difficile da gestire con un solo parroco; dall'altra parte il territorio di Trizzino, che deteneva il titolo del Santissimo Salvatore, era costituito da pochi fedeli che opportunamente potevano essere aggregati a Terreti.

La parrocchia di Santa Lucia era limitata a Nord dal torrente Annunziata, ad Ovest dal Lido Zerbi e dal mare, a Sud dal vallone Santa Lucia, ad Est dall'antico limite con le parrocchie di Condera e dall'altra parte di Vito; su questi due versanti venne identificata la zona del Santissimo Salvatore (i cui confini vengono meglio identificati da un decreto dell'Arcivescovo Pujia, datato 2 aprile 1931).

I due decreti vengono civilmente riconosciuti con il Decreto Regio di Vittorio Emanuele III, controfirmato dal Ministro degli Interni Rocco del 1º ottobre 1931. In questo Decreto del Re Vittorio Emanuele III vengono citati i due decreti dell'Arcivescovo del 21 maggio 1930 e 2 aprile 1931 con i quali egli aveva soppresso la sede del beneficio della parrocchia del Santissimo Salvatore nella località detta Trizzino, aggregandola al relativo territorio della parrocchia di Sant'Antonio Abate in Terreti ed ha eretto nella chiesa di San Francesco di Paola, nella località Tre Mulini, una nuova Parrocchia sotto il titolo augusto del Santissimo Salvatore della città di Reggio, assegnando ad essa parte del territorio della parrocchia di Santa Lucia. L'arcivescovo Pujia, dopo aver sentito il parere del Capitolo Metropolitano, con decano mons. Francesco Quattrone, disponeva la lettura del decreto arcivescovile nelle rispettive Chiese. E giustappunto dal giugno 1930 la Chiesa,poi Basilica,del S.S. Salvatore di via Cardinale Portanova diviene la parrocchia di riferimento delle famiglie nobili e notabili della zona quali:Annunziata,De Stefano, Griso, Licandro, Logoteta, Sacco, Scopelliti, Spanò di Tre Mulini.

Chiesa della Madonna dei Poveri (Reggio Calabri) - Nota anche come Chiesa del Pepe si trova nel rione del Trabocchetto e rappresenta il più antico edificio cristiano esistente nella città.

Chiesa di Sant'Elia Profeta - L'edificio di culto si trova a Condera, quartiere collinare della città, e si segnala per la monumentalità della sua facciata arricchita con mosaici, dai colori accesi e posti ai lati del portale principale, raffiguranti i quattro Evangelisti, Luca, Matteo, Giovanni e Marco con al centro il fuoco, segno dello Spirito Santo e sopra la scritta zelo zelatus sum pro domino Deo exercituum.

Chiesa dello Spirito Santo - Anticamente la località dove sorge questa chiesa aveva altro nome, probabilmente, "Rodà" o "Giaccallania ". Assunse il nome attuale solo dopo l'istituzione della parrocchia avvenuta il 6 giugno 1631 ad opera dell'Arcivescovo D'Afflitto. La borgata allora versava nelle stesse condizioni di isolamento degli altri sobborghi cittadini e la costruzione della parrocchia fu necessaria per consentire agli abitanti una normale vita religiosa, necessità che si manifestò fin dal 1599. La chiesa più volte fu distrutta in seguito agli eventi sismici che funestarono la città. Dopo il terremoto del 1908 fu ricostruita nella veste attuale nel 1928 e consacrata il 31 marzo 1929. Il progetto è stato dell'Opera Interdiocesana.

Si presenta lungo la strada con una gradevole facciata in stile romanico arricchita da decorazioni in pietra. Il prospetto principale si presenta suddiviso in tre settori rettangolari di cui quello centrale, più largo, è ornato ai lati da due colonne in stile corinzio sommontate da due leoni. Al centro, il portale è sommontato da una lunetta. Più in alto, sotto il timpano triangolare, c'è un rosone. Lungo i prospetti laterali ci sono delle finestre ornate da colonnine che sostengono l'arco. Sul lato destro si erge il campanile con un orologio.

L'interno, ombroso e raccolto, si presenta ad una sola navata con rientranze laterali sovrastate da finestre e vetrate colorate. I muri sono colorati a riquadri alternati di bianco e giallo. La navata centrale termina con un'abside molto vasta. All'interno è possibile notare presso un altare laterale la seguente scritta: "PETRUS GANGEMI ECCLESIAE RHEGINAE CANONICUS ABBAS AERE SUO FACIENDUM CURAVIT A.MCMXXVIII".

Dietro la facciata si trova un piccolo pronao che dà accesso, ai lati, a due vani, e sopra, alla cantoria. L'abside di forma semicircolare, separata dal resto della chiesa da un ampio arco trionfale, è ricoperta in alto da un dipinto raffigurante la Santissima Trinità: in alto il Padre, rappresentato da una testa regale racchiusa in un cerchio, al centro lo Spirito Santo, chiuso in un altro cerchio e rappresentato da una colomba, infine il Figlio, rappresentato da un agnello con la bandiera della vittoria, racchiuso anch'esso in un cerchio; i tre cerchi sono a loro volta contenuti in un cerchio più grande, sostenuto da due angeli. Il tutto è come sospeso tra le nuvole.

Sulla parete sopra l'altare di marmo policromo si trova una grande tela, opera di P. Stillitano, fatta eseguire nel 1945 dal prete Riccardo D'Andrea, vecchio parroco della chiesa. Essa rappresenta la discesa dello Spirito Santo sopra la Vergine e gli apostoli. 

Ai lati dell'altare alcune lesene con capitelli formano tre archi per lato, in quelli centrali a nicchia si trovano le statue del Sacro Cuore di Maria. Il tabernacolo è incassato nella parete; sulla porticina, in bassorilievo, sono rappresentati un calice con colombi. L'altare, rivolto ai fedeli, è formato dalla mensa in marmo bianco che poggia su una base rettangolare sempre in marmo, ricoperta sul davanti da un bassorilievo in bronzo raffigurante l'istituzione dell'eucaristia. Nel vano sul lato sinistro si può ammirare il fonte battesimale. L'antiporta è in vetro colorato, così pure a vetri colorati in forma di croce è la vetrata del rosone. Fissata alla parete è posta un'acquasantiera di marmo. Sulla parete della cantoria è dipinto al centro uno stemma vescovile accompagnato da una scritta in latino. Sulla parete destra si trovano nell'ordine: una statua di San Paolino da Nola, Gesù crocefisso, una statua della Madonna e l'ingresso alla sacrestia, mentre su quella sinistra si trovano: una statua di Santa Teresa, di Gesù Bambino, la porta che conduce al cortiletto interno, un altare con la statua del Sacro Cuore di Gesù e un quadro raffigurante la Pentecoste. All'altezza del soffitto in legno, le pareti sono ornate da archetti pensili. Le stazioni della Via Crucis sono formate da bassorilievi in bronzo. Dall'arco trionfale pende un lampadario in ferro battuto, in bronzo dorato sono invece le applique che illuminano la Via Crucis.

Chiesa di San Domenico - La chiesa, a navata unica, ospita un mosaico, due tele e le vetrate di Nik Spatari, una interessante tela di ignoto napoletano del sec. XVII che raffigura la fuga in Egitto e un grande quadro di Andrea Valere che rappresenta il martire domenicano San Giordano Ansalone. 

Il mosaico occupa l'abside semicircolare e raffigura San Domenico e altri Santi domenicani. Una delle due tele raffigura la Crocifissione, l'altra la Vergine con il Bambino in braccio nell'atto di consegnare al Santo il Rosario. Annesso alla chiesa è il Convento, sede dei Domenicani fino al settembre del 2018.

Dal sagrato della Chiesa si può ammirare un ampio panorama dello Stretto di Messina.

Chiesa del Santo Rosario - La fondazione della congrega del Rosario si lega alla presenza dell'ordine domenicano in città le sue origini, infatti, risalgono al 1572 quando il vescovo Gaspare Del Fosso trasferì i frati dal quartiere di Modena, affidando loro la custodia della chiesa di San Gregorio Armeno, che essi dedicarono alla Madonna del Rosario in occasione della Vittoria di Lepanto (1571). Nel 1572 papa Pio V concesse ai domenicani la facoltà di istituire la confraternita del Rosario. Il sisma del 1783 causò il crollo della chiesa e nel 1784 fu iniziata la costruzione del nuovo edificio. Con l'istituzione della Cassa sacra i frati furono costretti ad abbandonare il convento, nel quale fecero ritorno nel 1796. In seguito alla soppressione degli ordini religiosi voluta dal governo francese i domenicani lasciarono la città, per farvi ritorno solo dopo il 1820. Il nuovo Statuto della confraternita fu redatto nel 1848 e approvato nello stesso anno da Ferdinando IV. Nel 1867 in seguito alla soppressione degli ordini religiosi i domenicani lasciarono nuovamente la città e la chiesa passò in proprietà al Comune, continuando ad essere ufficiata dalla congrega. Nel 1872 il Comune comunicò al priore la necessità di demolire la chiesa per ampliare il municipio. Nel 1875 un nuovo edificio fu aperto al culto, ma venne distrutto dal sisma del 1908. La riedificazione della chiesa fu ultimata nel 1931. 

La facciata a salienti è divisa in tre registri: l'inferiore accoglie un pronao sorretto da due pilastri, con portale d'ingresso ornato da una cornice a rilievo decorata da girali e rosette; ai lati quattro rilievi con [Annunciazione, la Natività, la Deposizione di Cristo e L'incoronazione della Vergine (Pasquale Panetta, 1949). Nel registro superiore è posta al centro, tra due finestre, la statua della Madonna col Bambino (Pasquale Panetta, 1951). In alto la facciata è conclusa da un timpano con iscrizione «D.O.M. MARIAE VIRGINI SS. ROSARI». L'interno ha navata unica con copertura a cassettoni decorata da rilievi in stucco (Domenico Maienza, terzo decennio see. XX) e pitture. 

Navata e presbiterio sono ornate da vetrate raffiguranti i Misteri del Rosario e, in controfacciata, San Domenico e Santa Caterina da Siena (Amalia Panigati, 1967-1969), in sostituzione delle precedenti distrutte dai bombardamenti del 1943. All'Interno, a destra in prossimità dell'ingresso, si apre una cappella ornata da un mosaico (Scuola Domenico Colledani, Milano) e da un Crocifisso (sec. XX). Sulla parete destra della navata è un primo altare con una statua in cartapesta di San Giuseppe e Gesù Bambino (bottega meridionale, sec. XX) ed un terzo altare con una scultura in cartapesta raffigurante Santa Rita da Cascia (bottega meridionale, sec. XX). In prossimità del presbiterio è un pulpito marmoreo (autore ignoto, 1932) con alla base l'iscrizione «A. DEVOZIONE DI F. SCO FOTIMORABITO 1932»; è sorretto da una colonna in marmo con capitello corinzio, ha parapetto marmoreo decorato da rilievi con la Madonna del Rosario e, nei pannelli laterali, un Calice eucaristico e un Turibolo. 

Il presbiterio, rialzato, ha soffitto a cassettoni con al centro un dipinto raffigurante la Madonna del Rosario tra i Santi Domenico e Caterina, recante la firma dell'autore Giusto da Piazza Armerina e l'anno 1931. Sulla parete destra del presbiterio è una la tela, risalente al 1836, con la Madonna in gloria tra i santi Omobono e Girolamo di Michele Panebianco (1806-1873), pittore messinese formatosi a Roma presso lo studio di Vincenzo Camuccini. Sulla parete di fondo è l'altare maggiore marmoreo sul quale è una maestosa alzata con alla sommità le statue dei Santi Caterina e Domenico (bottega meridionale, sec. XX) e al centro, dentro una nicchia, la statua lignea della Madonna del Rosario (Giuseppe Stuflesser di Ortisei, sec. XX). 

Al centro della zona absidale la mensa d'altare è ornata da rilievi in bronzo (Pasquale Panetta, seconda metà sec. XX) raffiguranti il Paradiso Terrestre, Adamo ed Eva, Caino e Abele, [Istituzione dell'Eucarestia e la Crocifissione. Chiudono il presbiterio due amboni in bronzo (Pasquale Panetta, seconda metà sec. XX) decorati in basso da due lastre raffiguranti in pendant la scena dell'Annunciazione. Sulla parete sinistra della navata sono tre altari: il primo, marmoreo, con la statua di San Domenico (bottega meridionale, prima metà sec. XX); il secondo con l'immagine di Sant'Antonio da Padova in cartapesta leccese (Carmelo Bruno, prima metà sec. XX); il terzo con la statua in cartapesta di San Rocco (bottega meridionale, prima metà sec. XX). In controfacciata, in alto, è la cantoria e sulla parete due lapidi (sec. XX) ricordano la costruzione dell'edificio novecentesco e la fondazione della congrega.

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