La
cittadina fa parte del circuito dei borghi
più belli d'Italia e il territorio del comune di Castiglione di
Sicilia è stato dichiarato di "notevole importanza pubblica".
Prima
dell'arrivo dei greci,
giunti in Sicilia nel 734 a.C. per fondare Naxos, l'intera isola era abitata
da popoli che gli storici chiamano Siculi o Sicani. Questi avevano una
civiltà progredita, vivevano in villaggi, conoscevano la ceramica,
veneravano e seppellivano i cadaveri. Alcuni scavi archeologici in contrada
San Nicola nei pressi del fiume Alcantara, come numerosi altri sporadici
rinvenimenti, tra cui tombe, palmenti, fortini… dimostrano che l'intera
valle era densamente popolata nel neolitico e soprattutto nell'età
del bronzo. Molte grotte scavate nell'arenaria erano adibite ad
abitazione o a tomba, come quelle di contrada Pietra Pizzicata, dove è
ancora visibile un villaggio preistorico degli antichi castiglionesi che
dovettero spostarsi sul colle dell'odierno paese minacciati da altri popoli,
e fondarono un nuovo villaggio.
Nel 710
a.C. i Greci risalirono il fiume Akesine e si accamparono in contrada Tirone.
Dopo arrivarono nel villaggio dei Castiglionesi, che occuparono come
fortezza. Verso il 705 a.C. partirono per Randazzo. In epoca
romana la città è stata occupata ai piedi del colle come
accampamento e dopo fu occupata dai Greci-Bizantini e
dagli Arabi che
allevarono i coccodrilli nel fiume Akesine.
Castel
Leone arrivò al suo massimo splendore dopo la cacciata degli Arabi da
parte dei Normanni e
furono edificate le mura e il Cannizzo, una torre di vedetta situata
all'estremità della città. Nel 1233 fu nominata da Federico II "Città
Animosa", e usò il castello come residenza estiva. Nel 1282 con i
Vespri Siciliani Castel Leone passò all'ammiraglio Ruggero
di Lauria che appoggiava Pietro
d'Aragona, ma fu passato a Giacomo
d'Aragona. Nel 1297 Federico
III d'Aragona venne di persona a porvi l'assedio da Francavilla
a sud e da contrada Sciambro a nord-ovest. Dopo un po' gli assediati si
arresero e Federico entrò trionfante dalla porta del Re. Dopo due anni
Ruggero si impossessò di nuovo della città, ma per poco tempo perché
Federico mentre andava a Randazzo venne
a sapere che la rocca era indifesa e allora assediò le mura dalla piana
di Cerro e le conquistò, ma con la declina potenza del Lauria
decadde l'importanza di Castel Leone. Venne assegnato come feudo a
Giovanni, duca di Randazzo, e venne ribattezzata Castiglione.
La città
fu teatro di numerose carestie e nel 1636 si fondò il Peculio,
un'istituzione che permetteva di comprare il frumento che sarebbe stato
venduto nei momenti di crisi. Sono nati anche diversi ordini monastici come
gli Agostiniani che fondarono il monastero nell'anno
Mille, i Carmelitani che
costruirono l'odierno oratorio, i Cassinesi, la cui abbazia si trovava
vicino alla chiesa di San Nicola e le Benedettine che gestivano un orfanotrofio.
Castiglione
versò sangue durante la prima
guerra mondiale, ma ancora di più nella seconda,
dove un reparto tedesco con un cingolato uccise
16 civili e saccheggiò molte abitazioni. Tra le vittime
ricordiamo: Francesco Cannavò, Giuseppe Carcipolo, Antonino Calano, Nunzio
Costanzo, Giovanni Grifò, Giovanni Damico, Francesco Di Francesco,
Salvatore Di Francesco, Giuseppe Ferlito, Vincenzo Nastasi, Salvatore
Portale, Santo Purello, Giuseppe Rinaudo, Carmelo Rosano, Giuseppe Seminara.
Negli anni ottanta è scattato un periodo di sviluppo nel paese, ed è nato
un evento importante chiamato Akesineide, che ha portato diverse autorità
importanti nel paese facendolo conoscere a livello internazionale, ma è
durato fino al 1987. Dopo tale data il paese ha avuto un periodo di declino
che ancora oggi persiste.
Castelluccio
Castiglione
sorge su una collina, che domina la sponda meridionale del fiume Alcantara.
Sulla sommità del rilievo è presente uno sperone di roccia marnosa,
difficilmente accessibile e facilmente difendibile. Lo sperone si divide in
due parti. La parte ovest si caratterizza a sua volta per la presenza di due
livelli, dei quali quello inferiore ospita la residenza fortificata, che
gira sui tre lati della piattaforma rocciosa e si adatta alle asperità del
luogo. Ai vani residenziali si accede mediante un ampio ingresso posto lungo
il prospetto occidentale e alla fine di una lunga scalinata.
Varcato
l’odierno cancello, un breve corridoio voltato, il cui pavimento è la
roccia marnosa della rupe, conduce innanzi alla base del secondo livello
dello sperone marnoso occidentale. Si tratta di un vero e proprio dado
roccioso, oggi fortemente eroso e ammorbidito dagli agenti atmosferici. Esso
è inaccessibile se non per una scala intagliata sulla pietra lungo il lato
ovest. Pochi gradini, soprattutto nella parte sommitale, rimangono ancora
ben riconoscibili. Gli altri lati del dado roccioso sono costellati da fori
di diverse dimensioni. Uno di essi, posto nell’angolo sud-ovest parrebbe
essere ciò che rimane di un piccolo vano adibito a luogo di culto dedicato
a S. Barbara. E’ possibile che si trattasse di una chiesa rupestre con
tanto di affreschi di cui oggi, a causa di numerosi crolli, rimane solo un
umile mozzicone quasi informe.
Alla fine
della lunga scala si giunge presso un piccolo pianoro in pendenza. Qui si
osservano due elementi caratteristici del luogo: l’incredibile panorama
che spazia a 360 gradi sul paese di Castiglione e sulla valle
dell’Alcantara e un moncone di torre, la “Solecchia”. Sulla genesi
della struttura si conosce pochissimo. Essa si data, secondo tradizione
locale e in mancanza di indagini approfondite, ad epoca normanna.
Probabilmente la torre possedeva una pianta quadrangolare con cantonali
rinforzati da blocchi di pietra ben squadrata e saldamente incastrata. All’esterno
il resto della muratura è composto da pietrame apparentemente informe
annegato nella malta.

Si accede
all’interno della struttura per mezzo di un ingresso posto lungo il
prospetto settentrionale nei pressi dell’angolo nord-est. L’apertura è
ben caratterizzata perché sormontata da un arco a sesto ribassato e sia
l’arco sia gli stipiti sono in pietra lavica. L’utilizzo della pietra
lavica non si limita all’ingresso ma riveste le pareti del piccolo
ambulacro, in sostanza lo spessore murario di oltre un metro, che conduce
all’interno della torre. Il vano, di pianta quadrangolare, è quel che
rimane del pian terreno. I resti della copertura sono molto importanti per
comprendere almeno in parte la genesi dell’edificio. Il soffitto è a
volta ad ogiva, realizzato con una tecnica edilizia totalmente differente
rispetto al resto della costruzione. Si tratta di blocchi ben squadrati di
pietra locale, disposti in assise regolari. I blocchi non hanno tutti la
medesima dimensione.
All’interno,
in corrispondenza dell’accesso, si ripete l’arco a sesto ribassato
caratterizzante l’ingresso, ma qui il materiale è la stessa pietra locale
della volta. Ad oriente e occidente rimangono mozziconi di muratura utili a
ricostruire la pianta quadrangolare dell’edificio. Da quel che rimane si
intuisce una tecnica edilizia simile a quanto è possibile osservare per il
rivestimento esterno della lato settentrionale, pietrame leggermente
sbozzato annegato da abbondante malta. Rimane il dubbio se gli attuali resti
delle parti est e ovest siano parte integrante della configurazione
originaria o, al contrario, i resti siano da ascrivere a successivi
rifacimenti dovuti ai probabili disfacimenti del dado marnoso.
Procedendo
a ritroso e giungendo all’attuale ingresso del castello è possibile
ottenere un’idea generale della parte residenziale della fortezza. I
versanti occidentale e meridionale sono adibiti a vani abitativi,
recentemente restaurati. A settentrione si osservano ancora oggi i ruderi
delle presunte stalle e una grossa cisterna costruita in epoca fascista per
il fabbisogno idrico del paese (ancora oggi in servizio). I ruderi che si
stagliano ad est del dado marnoso pare fossero le carceri del complesso
fortificato, in uso fino alla fine del XIX secolo e gli inizi del XX.
Esse avevano un accesso secondario nell’angolo nord-est del rilievo, oggi
inaccessibile perché coperto dalla vegetazione infestante e dal parziale
crollo della scala.
La
parte residenziale suddivisa in pianterreno e primo piano conserva solo
parzialmente l’aspetto originario. Il primo piano del versante occidentale
è meglio conservato, perché mantiene le belle bifore databili al XIII/XV
sec. d.C. e il grande salone con pavimento ligneo. La parte meridionale è
l’unica realmente abitabile, perché casa di abitazione fino a qualche
decennio fa. Oggi è sede di una importante enoteca regionale alla quale si
accede per mezzo di un terzo ingresso ricavato lungo il lato sud del
castello. Questo accesso è composto da un’angusta scala in muratura, il
cui scopo era quello di separare del tutto la parte abitativa più recente
dal resto del castello.
Nell’angolo
sud-est della prima piattaforma rocciosa, poco oltre la parte residenziale
di meridione si osserva la presenza di un edificio sacro, oggi fortemente
rimaneggiato. La piccola chiesa conserva comunque i tratti originari. Essa
è orientata correttamente est-ovest, con abside rivolta ad oriente. Oggetto
di recenti restauri, la muratura rimane ancora sotto una spessa coltre
d’intonaco, mentre l’abside ad ogiva lascia presumere che un tempo fosse
interamente affrescato sia il catino, sia la conca. Il pavimento ha
restituito una sepoltura privilegiata scavata su roccia e di forma
antropomorfa. Si presume una datazione bizantina, tra l’VIII e il X sec.
d.C., grazie ai confronti tipologici possibili con altri esempi siciliani e
mediterranei, il più vicino dei quali si trova presso il vicino monastero
del S. Salvatore della Placa, ove è possibile osservare, limitrofa ai resti
della chiesetta bizantina, un’altra tomba antropomorfa. Alla piccola
cappella si addossa nel lato nord, proprio ai piedi del dado marnoso, un
ulteriore vano ad uso di ripostiglio. Sempre ad oriente, poco oltre la
chiesetta, insiste un ampio piazzale sul quale si osservano labili tracce di
creste murarie afferenti, un tempo, a vani abitativi oggi scomparsi.
E’
importante ricordare come l’intero complesso fortificato abbia subito
ingenti danni durante i terremoti del 1693 e 1908. La parte orientale della
grande piattaforma rocciosa ospita un secondo “dado” marnoso,
accessibile solo artificialmente attraverso una scalinata un tempo scavata
nella roccia, ai giorni nostri, purtroppo, sostituita con una in cemento.
Sulla sommità si osserva la presenza del “Castelluccio”, una
fortificazione a pianta irregolare, che si adatta con grande maestria alla
natura del luogo, sfruttandone perfettamente la sua inaccessibilità.
Attualmente l’origine di tale struttura è avvolta nel mistero. I resti
murari ancora presenti offrono una tecnica edilizia composta da conci di
medie dimensioni (circa 40 per 30 cm.) perfettamente squadrati, ricavati
dalla pietra calcarea locale e legati fra loro da una malta di buona qualità.
Che l’edificio fosse ben più di una piccola torre lo si può capire non
solo dalla presenza, all’interno delle mura, di un invaso per l’acqua,
ma anche dai resti ormai labili di fortificazioni esterne, edificate al fine
di proteggere l’intero bastione di roccia, a sua volta spianato, almeno in
parte, artificialmente . Secondo alcuni studiosi, il “Castelluccio”
per tecnica edilizia risulterebbe paragonabile alla vicina torre “Cannizzo”,
costruita ai margini meridionali dell’abitato e databile con grande
approssimazione tra XIII e XV sec. d.C. Non è però da escludere che il
“Castelluccio” sia ben più antico e sia legato alle prime fasi
abitative di Castiglione, tra X e XI sec. d.C.
U'Cannizzu

U Cannizzu è
dislocato proprio in uno dei siti più incantevoli del paese, coronato dalle
grotte sottostanti e dal borgo dietro di esso. La torre è fatta di arenaria
ed è leggermente più larga alla base ed è alta circa sei metri per un
diametro di tre. La sua origine risale tra il XII e
il XIV secolo e
si trovava fuori le mura di cinta della città e fu la prima roccaforte ad
essere espugnata da Federico III re di Sicilia, quando nel 1301 riconquistò
il feudo, togliendolo a Ruggiero di Lauria. Essa, molto probabilmente,
faceva parte di una fortificazione più complessa, detta Cittadella, ed era
sicuramente un posto vedetta. Da quella posizione si domina, infatti,
l'intera alta valle dell'Alcantara. Il destino volle che fu colpita da un
fulmine e divisa a metà, Oggi resta la cicatrice di cemento costruita per
non far crollare la struttura.
Torre U
Cannizzu è uno dei simboli della città sicula ed è recentemente
stato restaurato per conservarlo dai segni del tempo che minacciavano il suo
stato di buona conservazione. Esso è dislocato in uno dei posti più
belli del paese, dove una parete a strapiombo frammezzata da stretti
passaggi tra blocchi di arenaria si staglia in mezzo ad un terriccio
fertile che garantisce una grande crescita di ulivi, fichi d’india ed
altri alberi da frutta che donano all’intera location un aspetto
paradisiaco.
Edificata
in modo circolare, il monumento venne posto in uno dei più bei posti
di Castiglione ed è alto circa sei metri con raggio di tre
metri circa. La struttura, edificata con blocchi di arenaria squadrati,
è posta su un’altura con un lato che si affaccia a precipizio sulla vallata dell’Alcantara.
Oggi su di
essa è facilmente visibile un restauro fatto con cemento, a causa
di un fulmine che la separò in due parti.
Chiesa
dei Santi
Pietro e Paolo

Mostra
come elemento originario della sua costruzione la parte absidale e il
poderoso torrione in conci di lava e arenaria locale che, con la sua fascia
di archetti pensili tubolari e di formelle floreali disordinatamente sparse
sulle pareti, ci testimoniano il tempo della sua costruzione che va dal
periodo normanno al primo dell’età sveva, sebbene una lapide, ormai
scomparsa e dettagli storici locali, portava la data 1105. Molti
benefattori si sono prodigati nel corso dei secoli per arricchire la Matrice
di oggetti preziosi, arredi sacri, paramenti ed opere d’arte.
Entrando
dalla porta principale balzano subito agli occhi quattro tele di grandi
dimensioni, poste sugli altari laterali. La prima raffigura
l’episodio evangelico della Madre di Zebedeo che chiede a Gesù di far
sedere nel Regno dei Cieli i propri figli, Giacomo e Giovanni, uno alla sua
destra e l’altro alla sua sinistra; la seconda la Conversione di San Paolo
dipinta nel 1917 da Paolo Leonardi; la terza il vescovo San Biagio; la
quarta l’Immacolata.
Nei
due bracci di destra e di sinistra sono le cappelle del SS. Crocifisso
scolpito in un unico pezzo d’arancio nel XVII secolo, la seconda del fatto
che vi si conserva il Cristo nelle mistiche specie in un dorato tabernacolo,
sovrastato da una espressiva figura del Redentore.
Sopra
l’arcata della navata centrale invece nel 1951 è stato realizzato da un
grande affresco da G. Licata e F. Contraffatto, che raffigura Gesù Cristo
nell’atto di consegnare le chiavi a San Pietro, mentre gli apostoli tra
cui San Paolo, gli fanno cerchi. Infine sono da ricordare, oltre al
fonte battesimale dovuto all’arciprete Gioeni, i pregevoli ritratti dagli
arcipreti e dei sacerdoti più illustri di Castiglione, collocati in
sacrestia al di sopra di un pregevole mobile settecentesco, e la meridiana,
unica esistente nella valle dell’Alcantara, costruita dall’astronomo
Palermitano Temistocle Zona nel 1882.

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