Patti si
trova al centro dell'omonimo golfo che va da capo
Milazzo a capo
Calavà. È il quinto
comune più popoloso della città metropolitana di Messina, dopo il
capoluogo e i centri di Barcellona
Pozzo di Gotto, Milazzo e Capo
d'Orlando. La città,
oltre a essere sede storica di numerose istituzioni, uffici amministrativi e
servizi d'interesse pubblico, è anche sede di distretto giudiziario e sede
vescovile della diocesi
di Patti, una delle più
antiche di Sicilia, che comprende i 41 comuni dell'area messinese da Oliveri a Tusa.
Il comune di Patti fa parte del Consorzio
Intercomunale Tindari-Nebrodi.
L'origine
e la storia di Patti sono strettamente legate alla decadenza dell'antica
città greco-romana di Tindari,
sua frazione e uno dei più importanti siti archeologici e devozionali della
Sicilia. La fisionomia del centro abitato si presenta molto sviluppata con
un grande centro storico arroccato intorno a due colline, a ridosso alla
Cattedrale, la collina più alta e a quello della Sacra Famiglia, una volta
castello Aragonese sede della Capitania, quella poco più a nord e più
bassa di quota. Il Centro storico è dominato inoltre dal palazzo vescovile,
dal seminario e dagli altri palazzi storici. Degrada verso la costa fino al
suo borgo marinaro detto Marina di Patti, completamente integrato nel
tessuto urbano.
Nel
corso dei secoli, la città subì parecchi danni a causa di distruzioni
avvenute per opera di conquistatori e di pirati e a causa dei parecchi
terremoti che interessarono la Sicilia orientale.
Le
prime notizie storiche che testimoniano l'esistenza della città di Patti
risalgono al 1094, quando il gran conte Ruggero
I di Sicilia fondava
in Patti il monastero benedettino del SS. Salvatore. È sicuro, tuttavia,
vista la presenza di varie necropoli e della villa
di Patti Marina, di
epoca romana, che le origini del centro siano molto più remote; molti
studiosi sono concordi nel ritenere che la popolazione di Patti sia stata
incrementata dagli esuli di Tindari,
che abbandonarono la loro città a seguito di frane ed altri eventi
calamitosi. La recente scoperta della necropoli a grotticelle e la presenza
di resti di frequentazione, fanno ipotizzare che il primo nucleo abitato sia
sorto proprio intorno all'VIII- XV secolo a.C. in quella località.
Successivamente, forse a seguito dell'aumento della popolazione o alla
mancanza di acqua, gli abitanti si siano progressivamente spostati sulle
colline di fronte dando vita all'attuale quartiere Polline da Policne). La
presenza di altri reperti di origine Ellenica scoperti sui monti Russo e
Perrera, fanno immaginare l'esistenza di un insediamento a guardia di un
impianto portuale molto probabilmente in quella che allora era la foce
navigabile del Timetus dei Romani. In questo sito le ricostruzioni storiche
e gli inasediamenti archeologici nonché le condizioni orografiche e
topografiche, fanno immaginare allo localizzazione di Nauloco, località
presso la quale nel 36 a.C., Ottaviano sconfisse Pompeo in una celebre
battaglia navale.
Nel
1131 fu eretta la diocesi di Patti e Lipari;
solo nel 1399 le due sedi si separeranno dando origine a due diocesi
distinte. Il centro si sviluppò ed assunse sempre una maggiore importanza
economica ed amministrativa in tutto il territorio messinese, altrimenti non
si giustificherebbe la sosta che la salma di Federico
II di Svevia, morto in Puglia,
fece nella cattedrale di Patti prima di essere seppellito a Palermo.
Il
nobile Antonino Natoli, Barone di Messina e familiare di Re Carlo I d'Angiò,
marito di Francesca, figlia di Girolamo d'Amato, i cui figli furono Simone e
Gerardo Natoli dimorò in Patti fin dalla prima metà del 1300.
Nel
1222 è fondato il convento di San Francesco (la tradizione vuole che fu Sant'Antonio
da Padova a posare la prima pietra). Fu una delle 42 città demaniali siciliane,
dipendente direttamente dalla corona e non da signori locali, e dei giurati
curavano i rapporti tra i cittadini ed il Re; ciò portò all'ottenimento di
numerosi privilegi fiscali ed amministrativi.
Nel 1355 Ludovico
d'Aragona re
di Sicilia affida a Vinciguerra
d'Aragona la città in veste di capitano di guerra coadiuvato da]Guerao
Gullielm De Sidot e Corrado
Spadafora, posizione
ricoperta dopo la morte del sovrano, dal mese di dicembre fino al mese di
dicembre del 1356.
Nel 1359 regnante Federico
IV d'Aragona al nobile Vinciguerra
d'Aragona risultano assegnati i possedimenti e il castello
che fu di Blasco D'Alagona,
il castello di
Tindaro di Tindari.
Un
Antonino Natoli, fu il figlio del Magnifico Gio Matteo di Patti, ovvero Giovanni
Matteo Natoli (Ioannem
Matteum de Natoli), figlio di Antonino,
fu un nobile messinese a cui venne concesso il Cingolo Militare con il
titolo di Cavaliere da parte di Carlo V, e venne poi nominato Cavaliere
del Sacro Romano Impero,
a proprie spese nel 1523 il
4 maggio 1523 armò due galee.
per fronteggiare nel mar
Adriatico, i nemici che
attaccavano il
Vaticano, fu
ambasciatore a Venezia e partecipò a tutte le battaglie del suo secolo, da Tunisi a La Goletta morendo
a S. Angelo.
Antonino
Natoli, fu chiamato "il Pattese", nato nel 1539 a
Messina da una famiglia dell'alta nobiltà, visse a lungo a Patti ed entrò
nel Terzo Ordine
Regolare di San Francesco riformato,
facendo voto di povertà cambiò il suo nome in Antonino da Piraino ma
meglio noto come d"Antonino da Patti", pubblicò il “Viridarium
concionatorum", e altre importanti opere, tra cui "La via sicura
al cielo". Fu "Visitatore Apostolico" nel 1596 su
mandato diretto di Papa
Giulio III, da cui fu
dichiarato in seguito Venerabile,
fu autore di diversi miracoli sui malati e sepolto a Roma in odore di santità.
Nel 1544 Patti fu attaccata e saccheggiata dal pirata algerino Ariadeno
Barbarossa; gli
abitanti, che riuscirono a fuggire nelle campagne circostanti, al loro
ritorno trovarono una città incendiata e depredata. Ricostruita con mura più
possenti, tornò a ripopolarsi e a crescere rapidamente, anche a seguito
dell'istituzione e costruzione del Seminario, voluto dal Concilio
di Trento, che
rappresentò l'unico centro di formazione culturale superiore per la parte
occidentale della Val
Demone (attuale provincia
di Messina) sino alla
fine del XIX
secolo.
Patti
dal 1812 divenne capoluogo dell'omonimo
distretto per tutta
la zona dei Nebrodi durante il Regno
delle Due Sicilie. Con la nascita del Regno
d'Italia assurse a
capoluogo di circondario e
vennero istituiti il Tribunale, il carcere, la compagnia Carabinieri, il
regio Ginnasio e altre scuole ed uffici governativi comprensoriali; vennero
costruiti un teatro, un nuovo ospedale e la villa comunale Umberto I.
L'economia, molto florida fino alla seconda guerra mondiale, era basata sul
settore agricolo, commerciale, sulla pesca e soprattutto sull'industria
delle ceramiche, esportate via mare in tutto il mondo occidentale.
La
cittadina è rimasta arroccata sino alla fine dell'Ottocento sulla collina
circondata dalle antiche mura; solo allora ha avuto inizio una prima e
timida espansione urbana verso le attuali piazza Marconi (anche a seguito
dell'apertura della via XX Settembre) e piazza Mario Sciacca, dove vennero
realizzati i nuovi cine/teatro e tribunale.
Ma
solo nel secondo dopoguerra si
è avuto uno sviluppo edilizio incessante con la nascita del quartiere di S.
Antonino e di nuovi quartieri, spesso disordinati, nei giardini limitrofi il
torrente Montagnareale (corso Matteotti, via Orti), giungendo alla fine
degli anni settanta alla fusione tra la parte alta e storica di Patti e la
borgata di Marina. Nell'ultimo decennio stanno sorgendo numerosi complessi
residenziali a monte della ferrovia in direzione Messina che
porteranno all'unione del centro e della stazione ferroviaria con la
frazione di Case Nuove Russo (Palasport e stadio, fino agli anni '50 era
chiamata semplicemente Case Nuove); nella stessa zona è in costruzione un
centro commerciale di notevoli dimensioni mai più realizzato.
Visitare il
centro storico
Importante
e ricco di monumenti il centro storico, che mantiene intatto il tessuto
viario medievale. Sono ancora visibili i resti della terza cinta muraria (XIV
secolo), una delle sei
porte dello stesso periodo ed una porta della seconda cinta (XI
secolo). Numerosi i
musei, le chiese e i palazzi, che racchiudono opere d'arte del Serpotta,
del Gagini,
del Catalano, del Novelli,
A. De Saliba, Guglielmo Borremans, Antonio Vanella e di altri ancora.
Nel
territorio di Patti si trovano i resti dell'antica Tyndaris (IV
secolo a.C.) con il
famoso teatro greco; nel centro cittadino quelli della villa romana (III
secolo d.C.), con
pregevoli mosaici; di una vasta necropoli con tombe a grotticelle in
contrada Monte (X-VIII secolo a.C.). In contrada San Cosimo sono stati
rinvenuti reperti risalenti al XXII/XX secolo a.C. e due necropoli una del IX
secolo con tombe a
grotticelle ed un'altra con tombe a cappuccino sul limitrofo monte della
vigna. Inoltre è interessata da presenze archeologiche tutta la zona a
valle del nuovo ospedale (Acquafico).
Sui
monti Russo e Perrera sono stati rinvenuti reperti archeologici scavati
nella roccia, manufatti e pavimenti in coccio pesto, riconducibili
all'esistenza di una complessa struttura a guardia di un porto. Le indagini
geologiche e le ricostruzioni storiche fanno supporre che in quel sito
potrebbe essere localizzato il Nauloco, porto costruito dagli esuli di Troia
ed utilizzato fino al XVI secolo, presso il quale, nel 36 a.C. Ottaviano
sconfisse definitivamente Pompeo.
I
restauri nella chiesa di Sant'Ippolito e nella cattedrale hanno permesso di
portare al luce resti di chiese forse antecedenti al periodo bizantino.
Basilica
cattedrale San Bartolomeo
La basilica
cattedrale di San Bartolomeo sorge accanto al palazzo vescovile e
seminario, il prospetto principale si affaccia a Ponente su
via Cattedrale ed è la più grande e antica delle chiese di Patti. Il conte
Ruggero fonda il
monastero del "Santissimo
Salvatore" ed erige
la chiesa primitiva dedicandola a san
Bartolomeo.
Siculi e Ausoni (XIII
- XII secolo) occupano una porzione di territorio denominata
"Epacten" (Έπακτήν)
successivamente soggetta ai Greci, Romani, Bizantini.
Nell'area
i Normanni insediano la fortezza, le cui rovine sono giunte a noi sotto la
denominazione di "Castello di Adelasia". All'interno della cinta
muraria adiacente al castello, viene fondato il monastero dell'Ordine
benedettino del
Santissimo Salvatore verosimilmente nel biennio 1082-1083,
e della chiesa che porta la data del 6 marzo 1094,
costruzione coeva all'edificazione della cattedrale
di Santa Lucia di Santa
Lucia del Mela.
Papa
Urbano II durante
il processo di ricristianizzazione della Sicilia, approva l'erezione del
monastero e dona all'abate Ambrogio le decime che esige nel territorio di
Patti. L'arcivescovo di Messina Ugone il
24 settembre 1131,
in considerazione dei cospicui tributi assegnati dal Conte Ruggero ai due
monasteri di Patti e di Lipari, eseguendo il contenuto della bolla
pontificia di Anacleto
II, promuove a vescovado
i due monasteri, affidandone nell'ottobre dello stesso anno, la cura
spirituale e temporale all'abate Giovanni, cui conferisce la dignità
vescovile. Il riconoscimento ufficiale della diocesi da parte della Santa
Sede avviene nel 1157 fino
al 1399,
quando il papa
Bonifacio IX,
considerata l'estensione della Diocesi, la distanza dei luoghi per via del
mare che le separa, con il consenso del re Martino
I di Sicilia, divide
l'episcopato in due diocesi: Lipari e Patti.
Il
vescovo di Patti, abate del monastero del Santissimo Salvatore, oltre ad
esercitare l'autorità spirituale, è anche signore e feudatario di larga
parte della diocesi, su di essa esercita diritti e doveri propri della sua
autorità feudale. Egli, sino alla fine del 1800,
è chiamato e ha diritto di fregiarsi dei titoli di gran castellano di
Patti, barone di Gioiosa Guardia, principe o dinasta del Santissimo
Salvatore e conte di Librizzi.
L'impianto
primitivo risale al 1094 per
volontà del conte Ruggero del casato d'Altavilla,
meglio conosciuto come Ruggero
I di Sicilia o conte
di Sicilia, padre di Ruggero
II di Sicilia, bisnonno materno di Federico
II di Svevia o Federico I
di Sicilia del casato svevo degli Hohenstaufen.
L'opportunità
è colta assieme al fratello Roberto
il Guiscardo per
redimere una controversia, il pretesto per l'invasione e riappropriazione
dell'isola, risiede nella richiesta d'aiuto da parte dell'Emiro di Siracusa,
allora in lotta contro l'Emiro di Castrogiovanni,
avviando di fatto l'inizio della completa riconquista
Normanna della Sicilia sottraendola
al dominio arabo.
Il
ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per
l'edificazione di una serie di splendide Cattedrali
Normanne in Sicilia,
successivamente e ripetutamente rimaneggiate e riedificate per eventi
posteriori, prevalentemente di carattere sismico. Tutto ciò è seguente ad
un arco temporale che dall'837 agli
anni appena precedenti il 1094 vede
la città di Patti dominata dagli Arabi,
periodo del quale rimangono ancora oggi testimonianze architettoniche.
Con
l'avvento dei Normanni la
Cittadella fortificata attraversa tutte le vicende legate alla figura di Adelasia
del Vasto, moglie di Ruggero
I d'Altavilla e madre di Ruggero
II primo Re di
Sicilia. La regina alla morte del gran conte e dopo il disastroso matrimonio
con Baldovino I di
Gerusalemme, si ritira a
Patti dove vive gli ultimi anni della sua vita e ivi muore nel 1118.
È sepolta nel monastero
del Santissimo Salvatore,
oggi il monumento sepolcrale di stile rinascimentale è ubicato nella Cappella
di Santa Febronia.
Al
1251 è documentata la
sosta in cattedrale della salma di Federico
II di Svevia, morto in Puglia il 13 dicembre 1250,
durante il viaggio di rientro, prima di essere seppellito a Palermo.
La salma e il corteo funebre composto dalla Guardia Saracena e sei compagnie
di Guardie armate a cavallo approdano a Messina il 13 gennaio 1251 e
si fermano alcuni giorni in città.
Come
espressione del rinascimento
siciliano è documentata una custodia sacramentale, manufatto
marmoreo, opera di Antonino
Gagini realizzata
nel 1538.
All'epoca
l'impianto originario ad una sola navata dotato di torre campanaria
costruita dal vescovo Gilberto
Hisfar nel 1588,
è più volte ricostruito in seguito ad eventi
sismici che nel
corso dei secoli hanno interessato vasti comprensori o province o zone della
Sicilia, molte volte estese aree dell'Italia
meridionale e per
volontà dei vescovi, assume l'attuale forma a croce
latina, con navata
centrale, transetto e abside,
dopo il cataclisma conosciuto come terremoto
del Val di Noto del 1693.
Nella
giornata dell'11 gennaio del 1693,
la Sicilia orientale è interessata da un violento terremoto che distrugge
interi paesi, specie nella parte sud-orientale. I morti sono centinaia di
migliaia e Patti subisce ingenti danni: colpita la cattedrale e i grandi
palazzi nobiliari. Distrutta completamente l'ultima elevazione della torre
campanaria caratterizzata dalle aperture a trifore, le tre absidi coeve e
identiche a quelle del duomo
di Cefalù, la volta e
le cappelle laterali. I canonici riuniti per le funzioni si salvano perché
l'orologio del campanile a causa della scossa del 9 e le tre della domenica,
di cui l'ultima catastrofica, segna l'ora in avanti di mezzora e anticipano
l'uscita prima dei crolli.
Altro
evento sismico distruttivo documentato il terremoto
della Calabria meridionale del 1783.
Della
lunga serie di terremoti che
hanno interessato il comprensorio della città di Patti si elencano:
-
Il sisma del 25 agosto 1613 conosciuto
come "terremoto di Naso"
che ha interessato l'intera costa settentrionale messinese.
-
Il sisma noto come terremoto
della Calabria del 27 marzo 1638.
-
Dopo il terremoto
del Val di Noto del 1693 i
lavori di restauro dell'edificio assumono connotazioni e contaminazioni di
stile tardo barocco o barocco
siciliano come la
gran parte delle costruzioni cittadine e in generale siciliane.
-
Col sisma conosciuto come terremoto
della Calabria meridionale del 1783 tutto
il patrimonio artistico del comprensorio, comprese le cittadine di Castroreale, Milazzo, Santa
Lucia del Mela, il
casale di Barcellona e della vicina Pozzo di Gotto, subisce notevoli danni,
nell'archivio parrocchiale dell'arcipretura del tempo della chiesa
di San Vito per il
tragico evento è spesso citata l'espressione di "violenti, continui
e distruttivi tremuoti".
-
Il sisma del 25 agosto 1786 conosciuto
come "terremoto di Oliveri"
che ha interessato con crolli l'intera costa settentrionale messinese.
-
Il terremoto della
Calabria meridionale del 1894.
-
La chiesa subisce le offese del terremoto
di Messina del 1908.
-
Il sisma del 16 aprile 1978 del Golfo
di Patti procura
altri danni che comportano lavori di consolidamento seguiti da una radicale
opera di restauro.
L'attuale campanile alto
30 metri è una ricostruzione risalente al 1578.
PROSPETTO
- Il portale
centrale in stile gotico è costituito da tre colonne per lato inframezzate
da colonnine più esili che reggono capitelli con
figure zoomorfe, l'articolato manufatto prospettico in laterizi sorregge un arco
acuto con più
ordini di strombatura.
L'antica decorazione marmorea, superstite ai numerosi eventi
sismici, è integrata da
sobrie modanature moderne
che sostituiscono le parti mancanti lasciando intatto il fasto degli antichi
fregi. Ai lati cornici di bifore cieche
con capitello intermedio pensile.
Il
secondo ordine è contraddistinto da altrettante cornici di bifore cieche
con archi a tutto sesto, le monofore esterne includono oculi ciechi.
L'edicola interna priva di rivestimento lavico reca un oculo sede della
moderna vetrata raffigurante il volto di Cristo. Cornicioni delimitano
un terzo ordine con paraste intermedie sormontato da un timpano triangolare.
I
due ordini presentano
una decorazione lavica che insieme agli inserti di candido marmo delle
cornici e del reticolo, creano un finissimo effetto cromatico. A metà
strada dalle cave di pietre e materiali lavici, con riferimento alle
ricchissime colate laviche delle falde dell'Etna o
estratte e importate dalle prospicienti Isole
Eolie, la facciata presenta
l'utilizzo di conci di lava per
scopi decorativi. Peculiarità che accomunano la cattedrale alle costruzioni
di matrice bizantino - araba, cube e metochi del
circondario, l'utilizzo di conci di pietra lavica denominatore comune alle
rifiniture esterne delle absidi del Duomo
di Palermo e del Duomo
di Monreale, ai castelli
di Milazzo e di Santa
Lucia del Mela.
Nella controfacciata con
conci a vista in corrispondenza dei confessionali sono
presenti due nicchie con i resti di primitive sculture.
Nella
lunetta superiore è presente un'aquila imperiale con stemma, stucchi
festonati che ornano due ovali affrescati
con figure di santi.
INGRESSO
MERIDIONALE - L'entrata
meridionale con portico presenta
un portale in stile barocco del 1742.
È costituito basamenti con colonne
ioniche e capitelli
corinzi che
incorniciano un arco
a tutto sesto e
sostengono un massiccio architrave con
ricca modanatura sormontato
da riccioli con conchiglie. Nella parte interna del timpano aperto è
presente lo stemma dei borboni.
Sui piedistalli sono presenti delicatissime trine scolpite raffiguranti putti e
soggetti fitoformi.
LA
PARETE DESTRA NAVATA CENTRALE O MERIDIONALE
-
Sulla
parete destra della navata centrale sono addossati i seguenti manufatti o
incassati in archi a tutto sesto gli altari:
-
Prima campata: Iscrizioni marmorea di Nicola
Gatto.
-
Seconda campata: Varco e iscrizioni marmoree di Pietro
Galletti, Carlo
Mineo e Salvatore
Pisano.
-
Terza campata: Altare ove costituisce pala d'altare il dipinto dell'"Adorazione
dei Pastori" attribuito al pittore fiammingo Guglielmo
Borremans del 1725,
la presenza di due "galletti" è riferimento al committente il
Vescovo Monsignor Pietro
Galletti.
-
Quarta campata: Ingresso laterale meridionale. Sulla destra dell'elegante
portale d'accesso il varco d'accesso ai locali corrispondenti alla terza,
seconda e prima campata della navata centrale.
-
Quinta campata: altare dedicato al SS.
Crocifisso, con un
pregevole Crocifisso ligneo del 1500 inserito
in un ricchissimo reliquiario del XVIII
secolo.
-
Sesta campata: Organo del 1758 attribuito
ad Annibale Lo
Bianco recentemente
restaurato e regolarmente funzionante.
LA
PARETE SINISTRA NAVATA CENTRALE O SETTENTRIONALE - Sulla
parete sinistra della navata centrale sono addossati i seguenti manufatti o
incassati in archi a tutto sesto gli altari:
-
Prima campata: Iscrizioni e targhe marmoree.
-
Seconda campata: Varco e iscrizione marmorea di Ignazio
Zambito.
-
Terza campata: Altare dedicato alla Vergine con pala d'altare raffigurante
"Madonna col Bambino", attribuito ad Antonello
da Saliba nipote di Antonello
da Messina del 1531.
-
Quarta campata: Cappella con altare dedicato al Sacro
Cuore di Gesù.
-
Quinta campata: Altare dedicato alla Vergine, costituisce pala d'altare una
tela del pittore pattese Francesco
Nachera del 1848 raffigurante
l'Apostolo San
Bartolomeo nell'atto
di offrire alla Madonna lo strumento del martirio, il coltello e porgere la
sua pelle. Alle spalle di San Bartolomeo è ritratto San
Benedetto da Norcia con in mano la Regola a ricordo della presenza del Monastero
Benedettino fondato dal Conte Ruggero con suo decreto del 6 marzo 1094.
-
Sesta campata: Varco.
TRANSETTO
- Nel transetto due
absidi concepite a trifoglio rispettivamente dedicate al Santissimo
Sacramento e a Santa
Febronia patrona di
Patti, entrambe con ricche decorazioni marmoree.
TRANSETTO
DESTRO O PRIMITIVA ABSIDE MERIDIONALE - Parete
destra: Varco con accesso locali corrispondenti alle campate sesta e quinta
della navata centrale.
-
Cappella meridionale o di Santa
Febronia: L'altare è in
marmi policromi, la sopraelevazione raffigura il frontone di un tempio
romano con colonne sormontate da doppio timpano ad arco spezzato sovrapposto
e simmetrico, con stemma centrale. All'interno l'edicola con
nicchia incorniciata da fastosa decorazione marmorea contenente la statua di Santa
Febronia.
-
Sul lato sinistro sepolcro della Regina di Sicilia Adelasia
del Vasto.
Originariamente collocato in una cappella del primitivo Monastero, in
seguito migrato in Cattedrale, è custodito il monumento funebre della
regina, reggente Adelasia,
terza consorte del fondatore Gran
Conte Ruggero, il
sarcofago risalente al 1557 in
stile rinascimentale raffigura
in posa dormiente la splendida tribolata sovrana.
Iscrizione
sul sarcofago:
«"HIC
JACET CORPUS NOBILIS DNE ANDILASIE REGINAE MULIERIS SERENISSIMI
DNI ROGERII PRIMI REGIS SICILIE CVIVS ANIMA PER MISERICORDIAM DEI
REQUIESCAT IN PACE AMEM MCXVIII"»
-
Artistica mensola su parete momentaneamente vuota.
-
Parete sinistra: Nella Cappella con altare si possono ammirare quadri di
anonimo della scuola del Caravaggio eseguiti
in seguito al soggiorno siciliano di quest'ultimo e quadri attribuiti al
pittore palermitano Pietro
Novelli.
-
Un varco sulla destra dell'altare conduce nei locali della Sagrestia.

TRANSETTO
SINISTRO O PRIMITIVA ABSIDE SETTENTIONALE
-
Parete destra: Colonnato d'accesso alla cappella del Fonte
battesimale. Pila
marmorea con cupolino ligneo ottagonale con fregi e rilievi dorati. Alla
parete quadro dedicato al Patriarca San
Giuseppe e Gesù
Fanciullo. Un'epigrafe sulla destra e un "Cristo
risorto"
completano le pareti laterali.
-
Cappella settentrionale o del Santissimo
Sacramento: L'altare è
in marmi policromi, la sopraelevazione raffigura il frontone di un tempio
romano con colonne sormontate da doppio timpano ad arco spezzato sovrapposto
e simmetrico, con stemma centrale. All'interno il rilievo di ciborio dalle
connotazioni di un tempio su due ordini sormontato da cupola.
-
Sulla parete destra incorniciato da lesene il
medaglione marmoreo in altorilievo raffigurante Salvatore
Pisano.
-
Sulla parete sinistra incorniciato da lesene il medaglione marmoreo in
altorilievo raffigurante Giacomo
Bonanno.
-
Parete sinistra: Un fregio a baldacchino con putti sormonta un quadro della
Vergine, un busto marmoreo e l'iscrizione di Nicola
Gatto.
ALTARE
MAGGIORE - La nicchia posta
fra paraste con capitelli corinzi e arricchito da corona con fregio a baldacchino ospita
la statua in marmo della "Vergine col Bambino" del 1500,
opera del carrarese Antonio
Vanella che reca
l'incisione autografa "hoc opus fecit M. Ant. Vanelli Paomi",
affine alle opere del Rinascimento
siciliano e alla rinomata bottega di Domenico e Antonello
Gagini. Negli affreschi
dei riquadri laterali sono raffigurati rispettivamente San
Pietro e San
Paolo. Al centro la cattedra vescovile,
disposto lungo le pareti laterale del presbiterio,
il coro ligneo in stile barocco del XVIII
secolo.
Ambone in
marmo.
Lampadario centrale
dono dei Borboni.
ARCHIVIO
"ARCA MAGNA" - Nell'archivio
capitolare affidato alla custodia dei canonici denominato "Arca
Magna" sono raccolti e custoditi tutti i documenti che testimoniano gli
avvenimenti risalenti all'epoca
normanna.
Villa
romana di Patti
La villa
romana di Patti è una residenza extraurbana di epoca romana.
Nel corso degli anni settanta due importanti scoperte hanno
gettato nuova luce sulla realtà del latifondo tardo romano, consentendo di
collocare in una più chiara prospettiva storica anche la grande villa
del Casale di Piazza Armerina. Grandioso esempio di villa
suburbana rinvenuta lungo lo sviluppo dell'attuale Strada Statale 113,
verosimilmente come altri insediamenti coevi, insistente a ridosso del
primitivo tracciato della Consolare Valeria sulla tratta viaria Messana - Mylae - Týndaris - Pactae
o Pactis - Alesa
Arconidea - Cephaloedium - Thermae Himerae - Panormos - Drepanon.
Le
fonti storiche riconducono ad un evento sismico, tra quelli documentati
in quel periodo, come causa che in epoca romana determinò un'improvvisa
interruzione per probabile distruzione. In epoca romana la costruzione o
l'espansione dell'edificio si arrestò, attribuendo l'evento al terremoto
di Creta del 365 descritto dallo storico romano Ammiano
Marcellino, avvenimento
comune alla parziale demolizione della vicina villa romana di San
Biagio, e alla devastante frana che determinerà il collasso e conseguente
sprofondamento della città di Tindari, e al tramonto della civiltà
legata alla fiorente Colonia Tyndaritana ad essa collegata.
La villa
romana di Patti è stata scoperta nel 1973, durante i lavori di
costruzione di un tratto d'autostrada, quando due piloni hanno distrutto
parte del lato nord della villa a 6 km di distanza da Tindari.
Anche se le operazioni di scavo sono tuttora in corso e molti vani attendono
di essere scavati fino al livello del pavimento, la configurazione generale
della villa è piuttosto chiara.
VILLA
- La parte
esplorata corrisponde al nucleo centrale della villa, con al centro una corte a peristilio intorno
alla quale ruota la zona residenziale della villa. I vani maggiormente
rappresentativi, tipici dell'edilizia privata tardoantica, sono costituiti
dall'aula absidata, che si apre al centro dell'ala ovest e dal triconco,
vero punto focale dell'ala sud, che dal peristilio guarda verso il
mare. Il mosaico dell'aula absidata è andato distrutto,
nonostante le pavimentazioni del peristilio e quelli del triconco non siano
in ottimo stato di conservazione sono comunque distinguibili varie figure
tipiche dei mosaici risalenti al periodo storico.
Il
mosaico del peristilio consiste in una griglia di pannelli quadrati inseriti
in una cornice continua di ghirlande d'alloro arricchite da motivi
ornamentali e floreali. Il mosaico del triconco presenta medaglioni
circolari e ottagoni dai lati curvilinei includenti protomi
animali. Il livello non elevatissimo tanto del disegno quanto della policromia sembrano
indicare nel mosaico il prodotto di un'officina siciliana piuttosto
che africana. Ulteriori risultati delle indagini di scavo saranno
fondamentali per definire con maggior precisione la cronologia della villa
che, sorta nel IV secolo, fu distrutta da un violento terremoto intorno
al 400.
Successivamente
al sisma, in età bizantina, tra VI e VII secolo, i resti della villa furono
in parte riabitati, e ristrutturati: a questa fase insediativa appartengono
una serie di tombe a fossa in muratura. Sia i corredi sia i materiali
ceramici e numismatici dei corrispondenti livelli abitativi consentono di
definire un protrarsi dell'abitato almeno sino al X secolo.
AMBIENTI
PRIVATI - Portico esterno (NNW), Ingresso, Giardino
porticato, Sala tricora o triclinium,
Sala absidata, Ambiente
con mosaico della Medusa, Tablinium con mosaico di
Bacco.
IMPIANTO
TERMALE - Impianti termali (NNE), Sepolture
bizantine: manufatti ritrovati nell'area delle terme. I corredi funebri sono
esposti nell'antiquarium.
AMBIENTI
DI SERVIZIO - Nucleo residenziale destinato alla servitù
ANTIQUARIUM
- Il piccolo antiquarium aperto
nel gennaio 2001, offre delle testimonianze di cultura materiale delle varie
fasi abitative della villa, soprattutto le diverse classi ceramiche, quali
terra sigillata africana e di altre fabbriche, lucerne, ceramica da cucina,
ceramica comune di diverse tipologie, anfore, dolii ecc., ma anche
terrecotte figurate e, fra le altre classi di manufatti, oreficerie, monete,
una tessera da circo a rilievo in bronzo etc. Sono anche esposti manufatti
in marmo di particolare pregio dalle decorazioni, soprattutto
architettoniche, della villa del IV secolo e di quella precedente: mensole
architettoniche, un capitello corinzieggiante, una lastra con figurazione a
rilievo (una donna e una Nike che compie una libagione presso un altare), un
altorilievo con una figura panneggiata in trono, un torso maschile ecc.
L'esposizione è didatticamente arricchita da pannelli con planimetrie delle
varie fasi della villa e ricca documentazione fotografica.
Tindari
È
uno dei siti archeologici e devozionali più visitati e celebri della
Sicilia. La città di Tindari venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396
a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla
guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum
(Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta
e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.
Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa,
fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la
battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo
Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese. Con Siracusa passò in
seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da
Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta
Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come
nobilissima civitas. Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande
frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti Sede
vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836 nelle
mani degli Arabi, dai quali venne distrutta. I resti della città antica si
trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo
scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano
costituiti.
I
primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964
dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998
dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati
rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo
locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.
L'impianto
urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città,
presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre
decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione
sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad
angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in
pendenza (larghezza 3 m). Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello
superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una
estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici
dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale,
nella zona più elevata, occupata dal Santuario della Madonna Nera, doveva
trovarsi l'acropoli.
Tindari
è anche luogo di devozione e pellegrinaggi per via del culto dell'antica
Madonna nera che si tramanda da secoli.
Il
Santuario di Tindari si trova all'estremità orientale del promontorio, a
strapiombo sul mare, in corrispondenza dell'antica acropoli, dove una
piccola chiesa era stata costruita sui resti della città abbandonata. La
statua della Madonna Nera, scolpita in legno di cedro, vi venne collocata in
epoca imprecisata, forse giunta qui dall'Oriente in seguito al fenomeno
dell'iconoclastia, nell'VIII-IX secolo. La chiesa, distrutta nel 1544 dai
pirati algerini, venne ricostruita tra il 1552 e il 1598 e il santuario
venne ampliato dal vescovo Giuseppe Pullano con la costruzione di una nuova
chiesa più grande che fu consacrata nel 1979. La festa del santuario si
svolge ogni anno tra il 7 e l'8 settembre.
Patti
nel XXI secolo
Rinomata
località turistica, ha 12 km di costa interamente balneabili formati
da sabbie, faraglioni e grotte. Il lungomare di Marina, lungo circa due
chilometri, è una piacevole passeggiata all'ombra di palme e pini a ridosso
dell'ampia spiaggia, dotata, nel periodo estivo, di numerosi lidi balneari.
Patti è famosa anche per le ceramiche sia d'arte, sia d'uso; oltre ad un
grande stabilimento esistono numerosi laboratori in cui è possibile
acquistare oggetti realizzati da artigiani locali. Patti è sede
vescovile con giurisdizione su 41 comuni (da Oliveri a Tusa).
Ospita
il Tribunale ordinario civile e penale e la Procura della
Repubblica entrambi a servizio di tutto il comprensorio dei Nebrodi da Falcone a Tusa;
una sede staccata dell'università di Messina delle facoltà di
Giurisprudenza e Scienze della formazione), l'Istituto di formazione
teologica per i laici, sezione della Pontificia Università della Santa
Croce e il Seminario vescovile; il commissariato di P.S., il
comando di compagnia dei carabinieri, la Tenenza della Guardia di
Finanza, l'Agenzia delle entrate; la Delegazione dell'ispettorato regionale
dell'agricoltura; la sede distaccata della Capitaneria di porto, un
distaccamento dei Vigili del Fuoco; l'INPS; l'INPDAP; il Genio civile; il
Servizio turistico regionale (ex Azienda soggiorno e turismo di Patti e
Tindari); vari istituti scolastici medi superiori e numerosi altri uffici
pubblici. Patti è sede dell'omonimo distretto sanitario e dell'ospedale
"Barone Ignazio Romeo", attrezzato nosocomio generale con reparti
di alta specializzazione.
Patti
Marina
Nato
come borgo marinaro in cui erano floride le attività legate alla pesca e
alla produzione di ceramiche, grazie alla presenza di molte fornaci sul
territorio, la Marina è integrata nel tessuto urbano cittadino.
Caratterizzata da un lungomare e ampie spiagge, la zona di Patti Marina è
frequentata meta turistica soprattutto nei mesi estivi oltre ad essere fonte
di attrazione per i più giovani vista la presenza di numerose attività
ricettive, ritrovi e luoghi d'intrattenimento.
Nel
territorio comunale è situata la riserva naturale orientata di Marinello,
un paradiso per gli amanti delle escursioni tra la macchia mediterranea e i
famosi laghetti salmastri. Dal centro storico, ricco di ottocenteschi
palazzi signorili, chiese e caratteristici vicoli medioevali, si gode
l'armonioso panorama della riviera di ponente del golfo di Patti, mentre
dalla frazione Sorrentini (500 s.m.) lo sguardo spazia su tutto il golfo e
sui monti fino all'Etna.
Il
culto di Santa Febronia di Patti e altre tradizioni religiose
Secondo
un'antica tradizione, negli anni tramandata dalla chiesa pattese,
esisterebbe una Santa Febronia nativa proprio di Patti, che nulla avrebbe a
che vedere la storia della martire Febronia di Nisibis. Alcuni
agiografi moderni hanno negato ogni fondamento storico a questa presunta
santa omonima originaria di Patti che viene venerata anche a Minori, in
provincia di Salerno, con il nome di Trofimena, confermando che in realtà
si tratterebbe della santa originaria di Nisibis, in Siria. Ad
ogni modo, i pattesi da secoli riconoscono la propria santa protettrice in
Santa Febronia, definita "patrona e concittadina".
La
tradizione devozionale, diffusa per via orale, parla della giovinetta
Febronia che visse agli inizi del IV secolo d.C. e subì il
martirio sotto l'imperatore Diocleziano. Pur appartenendo ad una
famiglia agiata di origine pagana, conobbe la fede cristiana e fu battezzata
dal vescovo S. Agatone ad una fonte, divenuta poi miracolosa, situata in una
località detta per questo “Acqua Santa”. La giovane Febronia,
abbandonato il paganesimo, si consacrò a Cristo Gesù facendo voto di
verginità e, a causa di questa scelta, dovette subire angherie di ogni
genere da parte del padre, che già aveva in serbo per lei altri progetti di
vita.
Per
sfuggire infine alla collera paterna si nascose presso le grotte del Mons
Iovis, presso l'attuale località di Mongiove. Ma il padre, scopertone
il rifugio, la raggiunse e, accecato dall'odio per la fede cristiana, la
uccise gettandone il corpo in balia delle onde. Il corpo della martire,
trasportato prodigiosamente dal mare, fu rinvenuto da una lavandaia sulla
spiaggia di Minori. Da qui la devozione verso la nostra Santa si
diffuse rapidamente fra gli abitanti della regione che, per quanto l'abbiano
chiamata Trofimena a causa di alterne vicende storiche, ne hanno
sempre affermato il legame la cittadina pattese.
A
Patti, in un'artistica urna d'argento conservata nella cattedrale di San
Bartolomeo, si custodiscono diverse reliquie della santa, donate in più
occasioni dai minoresi.
Secondo
le cronache cittadine più volte, nel corso dei secoli, i pattesi invocarono
l'aiuto e l'intercessione di Santa Febronia; tra queste occasioni si
ricordano: la liberazione dalla peste (nel XVI secolo d.C.), la liberazione
dalla tirannia di Ascanio Anzalone nel 1656 e la protezione della
popolazione in occasione dei violenti terremoti del 1693, 1908 e 1978.
Ogni
anno, il 5 luglio, la cittadina pattese onora la sua santa patrona con i
festeggiamenti solenni organizzati dalla curia vescovile, dalla parrocchia
cattedrale e dall'amministrazione comunale. Santa Febronia, viene ovviamente
annoverata tra i santi protettori della Diocesi di Patti.
Manifestazioni
Il Festival
di Tindari, uno dei
più antichi d'Italia e, chiaramente, della Sicilia, nasce nel 1956,
con la riapertura al pubblico, dopo secoli di silenzio scenico, del Teatro
Greco Romano di Tindari e la rappresentazione dell'Aiace di Sofocle,
per la regia di Michele Stilo.
Negli
anni il festival è diventato uno degli eventi più seguiti della stagione
estiva siciliana ospitando il meglio del teatro italiano, della musica
nazionale e internazionale e aprendosi a collaborazioni con i maggiori
teatri italiani di lirica e prosa; a Tindari sono stati ospiti i
nomi più prestigiosi del teatro e della musica.
Gli
spettacoli a Tindari, che si tengono prevalentemente nei mesi di luglio
e agosto, nel tempo hanno assunto sempre più le caratteristiche di un vero
e proprio festival, sin dalla prima direzione artistica di Massimo
Piparo (1995).
Dal 1996 al 2000 è Paolo
Gazzara ad assumere la guida del festival. Nel 2004 la
rassegna è stata arricchita da una nuova sezione dedicata al teatro di
ricerca.
La
rassegna, organizzata dalla Città di Patti e dall'Assessorato Regionale del
Turismo, è inserita nel calendario regionale delle manifestazioni e, dal 2012,
assume il nome ufficiale di Tindari Festival sotto la
direzione artistica di Anna Ricciardi che ha inserito una sezione
di musica lirica e la sezione "Palcoscenico Aperto" con la
rappresentazione di alcuni spettacoli anche in altri luoghi
storico-monumentali della città di Patti.
Nel 2018 si
aggiunge anche uno speciale evento, Tyndaris Augustea, riconosciuto nel 2019 come
evento di grande richiamo turistico: si tratta di un evento teatrale
itinerante che si svolge all'interno del Parco Archeologico di Tindari ed
ha come tema conduttore il racconto mitico della Tindari Antica.
Dal 2010 si
svolge annualmente la Notte per la Cultura, manifestazione,
classificabile come Notte bianca, che ha l'obiettivo di far conoscere e
promuovere il centro storico di Patti organizzando in una serata del mese di
agosto visite guidate gratuite per gruppi di visitatori, durante le quali vi
è la possibilità di ascoltare la storia dei luoghi attraversati, di
visitare luoghi storico-monumentali, mostre e installazioni, allestite per
l'occasione, e di assistere a performance artistiche (teatrali, musicali, di
danza). La Notte per la Cultura si è caratterizzata per alcuni aspetti
sicuramente innovativi; è probabilmente la prima manifestazione in Sicilia a
far uso di elementi digitali per migliorare l’esperienza del visitatore;
sin dal 2010 è stato utilizzato un QR-Code per far visualizzare
sugli smart phone dei visitatori una mappa digitale interattiva dove
poter seguire la manifestazione attingendo ad informazioni supplementari
costituite da immagini con didascalie, video e, successivamente, dal 2014,
con la possibilità per il visitatore di geolocalizzarsi tra i
luoghi visitati.
Dal
2014 nel Golfo di Patti si svolge la manifestazione musicale Indiegeno
Fest in diverse location: Patti Marina, centro storico di Patti (in
alcune edizioni in coincidenza con la Notte per la Cultura), Teatro
Greco di Tindari e Riserva di Marinello. Negli anni hanno partecipato
diversi artisti del panorama nazionale, tra cui Carmen Consoli, Tosca, Daniele
Silvestri, Niccolò Fabi, Afterhours, Eugenio Finardi, Boosta, Luca
Barbarossa, Carl Brave, Franco126, The Zen Circus e Levante.
La manifestazione ha vinto due volte il riconoscimento del MEI come miglior
festival Italiano nel 2015 e nel 2017.
Altre
manifestazioni importanti sono:
-
Il Gran carnevale storico Pattese, prima edizione nel 1962, delle cui
origini si ha notizia già nel XVI e XVII sec. (Pitrè)
-
Tante sono le feste religiose esterne: La festa della Patrona S.Febronia che
ricorre l'ultima domenica di luglio; La processione delle varette che si
volge il venerdì santo, durante la quale vengono portate a spalla dai
giovani della città per le strette vie del centro storico, undici complessi
statuari artistici di pregevole fattura in legno . La processione della
Madona Annunziata che vede sfilare anche dei bambini (angioletti) e delle
bambine (verginelle) carichi d'oro.
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