Patti
(Messina)

 

Patti si trova al centro dell'omonimo golfo che va da capo Milazzo a capo Calavà. È il quinto comune più popoloso della città metropolitana di Messina, dopo il capoluogo e i centri di Barcellona Pozzo di GottoMilazzo e Capo d'Orlando. La città, oltre a essere sede storica di numerose istituzioni, uffici amministrativi e servizi d'interesse pubblico, è anche sede di distretto giudiziario e sede vescovile della diocesi di Patti, una delle più antiche di Sicilia, che comprende i 41 comuni dell'area messinese da Oliveri a Tusa. Il comune di Patti fa parte del Consorzio Intercomunale Tindari-Nebrodi.

L'origine e la storia di Patti sono strettamente legate alla decadenza dell'antica città greco-romana di Tindari, sua frazione e uno dei più importanti siti archeologici e devozionali della Sicilia. La fisionomia del centro abitato si presenta molto sviluppata con un grande centro storico arroccato intorno a due colline, a ridosso alla Cattedrale, la collina più alta e a quello della Sacra Famiglia, una volta castello Aragonese sede della Capitania, quella poco più a nord e più bassa di quota. Il Centro storico è dominato inoltre dal palazzo vescovile, dal seminario e dagli altri palazzi storici. Degrada verso la costa fino al suo borgo marinaro detto Marina di Patti, completamente integrato nel tessuto urbano.

Nel corso dei secoli, la città subì parecchi danni a causa di distruzioni avvenute per opera di conquistatori e di pirati e a causa dei parecchi terremoti che interessarono la Sicilia orientale.    

Le prime notizie storiche che testimoniano l'esistenza della città di Patti risalgono al 1094, quando il gran conte Ruggero I di Sicilia fondava in Patti il monastero benedettino del SS. Salvatore. È sicuro, tuttavia, vista la presenza di varie necropoli e della villa di Patti Marina, di epoca romana, che le origini del centro siano molto più remote; molti studiosi sono concordi nel ritenere che la popolazione di Patti sia stata incrementata dagli esuli di Tindari, che abbandonarono la loro città a seguito di frane ed altri eventi calamitosi. La recente scoperta della necropoli a grotticelle e la presenza di resti di frequentazione, fanno ipotizzare che il primo nucleo abitato sia sorto proprio intorno all'VIII- XV secolo a.C. in quella località. Successivamente, forse a seguito dell'aumento della popolazione o alla mancanza di acqua, gli abitanti si siano progressivamente spostati sulle colline di fronte dando vita all'attuale quartiere Polline da Policne). La presenza di altri reperti di origine Ellenica scoperti sui monti Russo e Perrera, fanno immaginare l'esistenza di un insediamento a guardia di un impianto portuale molto probabilmente in quella che allora era la foce navigabile del Timetus dei Romani. In questo sito le ricostruzioni storiche e gli inasediamenti archeologici nonché le condizioni orografiche e topografiche, fanno immaginare allo localizzazione di Nauloco, località presso la quale nel 36 a.C., Ottaviano sconfisse Pompeo in una celebre battaglia navale.  

Nel 1131 fu eretta la diocesi di Patti e Lipari; solo nel 1399 le due sedi si separeranno dando origine a due diocesi distinte. Il centro si sviluppò ed assunse sempre una maggiore importanza economica ed amministrativa in tutto il territorio messinese, altrimenti non si giustificherebbe la sosta che la salma di Federico II di Svevia, morto in Puglia, fece nella cattedrale di Patti prima di essere seppellito a Palermo.

Il nobile Antonino Natoli, Barone di Messina e familiare di Re Carlo I d'Angiò, marito di Francesca, figlia di Girolamo d'Amato, i cui figli furono Simone e Gerardo Natoli dimorò in Patti fin dalla prima metà del 1300.

Nel 1222 è fondato il convento di San Francesco (la tradizione vuole che fu Sant'Antonio da Padova a posare la prima pietra). Fu una delle 42 città demaniali siciliane, dipendente direttamente dalla corona e non da signori locali, e dei giurati curavano i rapporti tra i cittadini ed il Re; ciò portò all'ottenimento di numerosi privilegi fiscali ed amministrativi.

Nel 1355 Ludovico d'Aragona re di Sicilia affida a Vinciguerra d'Aragona la città in veste di capitano di guerra coadiuvato da]Guerao Gullielm De Sidot e Corrado Spadafora, posizione ricoperta dopo la morte del sovrano, dal mese di dicembre fino al mese di dicembre del 1356. Nel 1359 regnante Federico IV d'Aragona al nobile Vinciguerra d'Aragona risultano assegnati i possedimenti e il castello che fu di Blasco D'Alagona, il castello di Tindaro di Tindari.

Un Antonino Natoli, fu il figlio del Magnifico Gio Matteo di Patti, ovvero Giovanni Matteo Natoli (Ioannem Matteum de Natoli), figlio di Antonino, fu un nobile messinese a cui venne concesso il Cingolo Militare con il titolo di Cavaliere da parte di Carlo V, e venne poi nominato Cavaliere del Sacro Romano Impero, a proprie spese nel 1523 il 4 maggio 1523 armò due galee. per fronteggiare nel mar Adriatico, i nemici che attaccavano il Vaticano, fu ambasciatore a Venezia e partecipò a tutte le battaglie del suo secolo, da Tunisi a La Goletta morendo a S. Angelo.

Antonino Natoli, fu chiamato "il Pattese", nato nel 1539 a Messina da una famiglia dell'alta nobiltà, visse a lungo a Patti ed entrò nel Terzo Ordine Regolare di San Francesco riformato, facendo voto di povertà cambiò il suo nome in Antonino da Piraino ma meglio noto come d"Antonino da Patti", pubblicò il “Viridarium concionatorum", e altre importanti opere, tra cui "La via sicura al cielo". Fu "Visitatore Apostolico" nel 1596 su mandato diretto di Papa Giulio III, da cui fu dichiarato in seguito Venerabile, fu autore di diversi miracoli sui malati e sepolto a Roma in odore di santità. Nel 1544 Patti fu attaccata e saccheggiata dal pirata algerino Ariadeno Barbarossa; gli abitanti, che riuscirono a fuggire nelle campagne circostanti, al loro ritorno trovarono una città incendiata e depredata. Ricostruita con mura più possenti, tornò a ripopolarsi e a crescere rapidamente, anche a seguito dell'istituzione e costruzione del Seminario, voluto dal Concilio di Trento, che rappresentò l'unico centro di formazione culturale superiore per la parte occidentale della Val Demone (attuale provincia di Messina) sino alla fine del XIX secolo.

Patti dal 1812 divenne capoluogo dell'omonimo distretto per tutta la zona dei Nebrodi durante il Regno delle Due Sicilie. Con la nascita del Regno d'Italia assurse a capoluogo di circondario e vennero istituiti il Tribunale, il carcere, la compagnia Carabinieri, il regio Ginnasio e altre scuole ed uffici governativi comprensoriali; vennero costruiti un teatro, un nuovo ospedale e la villa comunale Umberto I. L'economia, molto florida fino alla seconda guerra mondiale, era basata sul settore agricolo, commerciale, sulla pesca e soprattutto sull'industria delle ceramiche, esportate via mare in tutto il mondo occidentale.  

La cittadina è rimasta arroccata sino alla fine dell'Ottocento sulla collina circondata dalle antiche mura; solo allora ha avuto inizio una prima e timida espansione urbana verso le attuali piazza Marconi (anche a seguito dell'apertura della via XX Settembre) e piazza Mario Sciacca, dove vennero realizzati i nuovi cine/teatro e tribunale.

Ma solo nel secondo dopoguerra si è avuto uno sviluppo edilizio incessante con la nascita del quartiere di S. Antonino e di nuovi quartieri, spesso disordinati, nei giardini limitrofi il torrente Montagnareale (corso Matteotti, via Orti), giungendo alla fine degli anni settanta alla fusione tra la parte alta e storica di Patti e la borgata di Marina. Nell'ultimo decennio stanno sorgendo numerosi complessi residenziali a monte della ferrovia in direzione Messina che porteranno all'unione del centro e della stazione ferroviaria con la frazione di Case Nuove Russo (Palasport e stadio, fino agli anni '50 era chiamata semplicemente Case Nuove); nella stessa zona è in costruzione un centro commerciale di notevoli dimensioni mai più realizzato.

Visitare il centro storico

Importante e ricco di monumenti il centro storico, che mantiene intatto il tessuto viario medievale. Sono ancora visibili i resti della terza cinta muraria (XIV secolo), una delle sei porte dello stesso periodo ed una porta della seconda cinta (XI secolo). Numerosi i musei, le chiese e i palazzi, che racchiudono opere d'arte del Serpotta, del Gagini, del Catalano, del Novelli, A. De Saliba, Guglielmo Borremans, Antonio Vanella e di altri ancora.

Nel territorio di Patti si trovano i resti dell'antica Tyndaris (IV secolo a.C.) con il famoso teatro greco; nel centro cittadino quelli della villa romana (III secolo d.C.), con pregevoli mosaici; di una vasta necropoli con tombe a grotticelle in contrada Monte (X-VIII secolo a.C.). In contrada San Cosimo sono stati rinvenuti reperti risalenti al XXII/XX secolo a.C. e due necropoli una del IX secolo con tombe a grotticelle ed un'altra con tombe a cappuccino sul limitrofo monte della vigna. Inoltre è interessata da presenze archeologiche tutta la zona a valle del nuovo ospedale (Acquafico).

Sui monti Russo e Perrera sono stati rinvenuti reperti archeologici scavati nella roccia, manufatti e pavimenti in coccio pesto, riconducibili all'esistenza di una complessa struttura a guardia di un porto. Le indagini geologiche e le ricostruzioni storiche fanno supporre che in quel sito potrebbe essere localizzato il Nauloco, porto costruito dagli esuli di Troia ed utilizzato fino al XVI secolo, presso il quale, nel 36 a.C. Ottaviano sconfisse definitivamente Pompeo.

I restauri nella chiesa di Sant'Ippolito e nella cattedrale hanno permesso di portare al luce resti di chiese forse antecedenti al periodo bizantino.  

Basilica cattedrale San Bartolomeo

La basilica cattedrale di San Bartolomeo sorge accanto al palazzo vescovile e seminario, il prospetto principale si affaccia a Ponente su via Cattedrale ed è la più grande e antica delle chiese di Patti. Il conte Ruggero fonda il monastero del "Santissimo Salvatore" ed erige la chiesa primitiva dedicandola a san Bartolomeo.

Siculi e Ausoni (XIII - XII secolo) occupano una porzione di territorio denominata "Epacten" (Έπακτήν) successivamente soggetta ai GreciRomaniBizantini.

Nell'area i Normanni insediano la fortezza, le cui rovine sono giunte a noi sotto la denominazione di "Castello di Adelasia". All'interno della cinta muraria adiacente al castello, viene fondato il monastero dell'Ordine benedettino del Santissimo Salvatore verosimilmente nel biennio 1082-1083, e della chiesa che porta la data del 6 marzo 1094, costruzione coeva all'edificazione della cattedrale di Santa Lucia di Santa Lucia del Mela

Papa Urbano II durante il processo di ricristianizzazione della Sicilia, approva l'erezione del monastero e dona all'abate Ambrogio le decime che esige nel territorio di Patti. L'arcivescovo di Messina Ugone il 24 settembre 1131, in considerazione dei cospicui tributi assegnati dal Conte Ruggero ai due monasteri di Patti e di Lipari, eseguendo il contenuto della bolla pontificia di Anacleto II, promuove a vescovado i due monasteri, affidandone nell'ottobre dello stesso anno, la cura spirituale e temporale all'abate Giovanni, cui conferisce la dignità vescovile. Il riconoscimento ufficiale della diocesi da parte della Santa Sede avviene nel 1157 fino al 1399, quando il papa Bonifacio IX, considerata l'estensione della Diocesi, la distanza dei luoghi per via del mare che le separa, con il consenso del re Martino I di Sicilia, divide l'episcopato in due diocesi: Lipari e Patti. 

Il vescovo di Patti, abate del monastero del Santissimo Salvatore, oltre ad esercitare l'autorità spirituale, è anche signore e feudatario di larga parte della diocesi, su di essa esercita diritti e doveri propri della sua autorità feudale. Egli, sino alla fine del 1800, è chiamato e ha diritto di fregiarsi dei titoli di gran castellano di Patti, barone di Gioiosa Guardia, principe o dinasta del Santissimo Salvatore e conte di Librizzi.

L'impianto primitivo risale al 1094 per volontà del conte Ruggero del casato d'Altavilla, meglio conosciuto come Ruggero I di Sicilia o conte di Sicilia, padre di Ruggero II di Sicilia, bisnonno materno di Federico II di Svevia o Federico I di Sicilia del casato svevo degli Hohenstaufen.

L'opportunità è colta assieme al fratello Roberto il Guiscardo per redimere una controversia, il pretesto per l'invasione e riappropriazione dell'isola, risiede nella richiesta d'aiuto da parte dell'Emiro di Siracusa, allora in lotta contro l'Emiro di Castrogiovanni, avviando di fatto l'inizio della completa riconquista Normanna della Sicilia sottraendola al dominio arabo.

Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide Cattedrali Normanne in Sicilia, successivamente e ripetutamente rimaneggiate e riedificate per eventi posteriori, prevalentemente di carattere sismico. Tutto ciò è seguente ad un arco temporale che dall'837 agli anni appena precedenti il 1094 vede la città di Patti dominata dagli Arabi, periodo del quale rimangono ancora oggi testimonianze architettoniche. 

Con l'avvento dei Normanni la Cittadella fortificata attraversa tutte le vicende legate alla figura di Adelasia del Vasto, moglie di Ruggero I d'Altavilla e madre di Ruggero II primo Re di Sicilia. La regina alla morte del gran conte e dopo il disastroso matrimonio con Baldovino I di Gerusalemme, si ritira a Patti dove vive gli ultimi anni della sua vita e ivi muore nel 1118. È sepolta nel monastero del Santissimo Salvatore, oggi il monumento sepolcrale di stile rinascimentale è ubicato nella Cappella di Santa Febronia.

Al 1251 è documentata la sosta in cattedrale della salma di Federico II di Svevia, morto in Puglia il 13 dicembre 1250, durante il viaggio di rientro, prima di essere seppellito a Palermo. La salma e il corteo funebre composto dalla Guardia Saracena e sei compagnie di Guardie armate a cavallo approdano a Messina il 13 gennaio 1251 e si fermano alcuni giorni in città.

Come espressione del rinascimento siciliano è documentata una custodia sacramentale, manufatto marmoreo, opera di Antonino Gagini realizzata nel 1538.

All'epoca l'impianto originario ad una sola navata dotato di torre campanaria costruita dal vescovo Gilberto Hisfar nel 1588, è più volte ricostruito in seguito ad eventi sismici che nel corso dei secoli hanno interessato vasti comprensori o province o zone della Sicilia, molte volte estese aree dell'Italia meridionale e per volontà dei vescovi, assume l'attuale forma a croce latina, con navata centrale, transetto e abside, dopo il cataclisma conosciuto come terremoto del Val di Noto del 1693.

Nella giornata dell'11 gennaio del 1693, la Sicilia orientale è interessata da un violento terremoto che distrugge interi paesi, specie nella parte sud-orientale. I morti sono centinaia di migliaia e Patti subisce ingenti danni: colpita la cattedrale e i grandi palazzi nobiliari. Distrutta completamente l'ultima elevazione della torre campanaria caratterizzata dalle aperture a trifore, le tre absidi coeve e identiche a quelle del duomo di Cefalù, la volta e le cappelle laterali. I canonici riuniti per le funzioni si salvano perché l'orologio del campanile a causa della scossa del 9 e le tre della domenica, di cui l'ultima catastrofica, segna l'ora in avanti di mezzora e anticipano l'uscita prima dei crolli.

Altro evento sismico distruttivo documentato il terremoto della Calabria meridionale del 1783.

Della lunga serie di terremoti che hanno interessato il comprensorio della città di Patti si elencano:

- Il sisma del 25 agosto 1613 conosciuto come "terremoto di Naso" che ha interessato l'intera costa settentrionale messinese.

- Il sisma noto come terremoto della Calabria del 27 marzo 1638.

- Dopo il terremoto del Val di Noto del 1693 i lavori di restauro dell'edificio assumono connotazioni e contaminazioni di stile tardo barocco o barocco siciliano come la gran parte delle costruzioni cittadine e in generale siciliane.

- Col sisma conosciuto come terremoto della Calabria meridionale del 1783 tutto il patrimonio artistico del comprensorio, comprese le cittadine di CastrorealeMilazzoSanta Lucia del Mela, il casale di Barcellona e della vicina Pozzo di Gotto, subisce notevoli danni, nell'archivio parrocchiale dell'arcipretura del tempo della chiesa di San Vito per il tragico evento è spesso citata l'espressione di "violenti, continui e distruttivi tremuoti".

- Il sisma del 25 agosto 1786 conosciuto come "terremoto di Oliveri" che ha interessato con crolli l'intera costa settentrionale messinese.

- Il terremoto della Calabria meridionale del 1894.

- La chiesa subisce le offese del terremoto di Messina del 1908.

- Il sisma del 16 aprile 1978 del Golfo di Patti procura altri danni che comportano lavori di consolidamento seguiti da una radicale opera di restauro.

L'attuale campanile alto 30 metri è una ricostruzione risalente al 1578.

PROSPETTO - Il portale centrale in stile gotico è costituito da tre colonne per lato inframezzate da colonnine più esili che reggono capitelli con figure zoomorfe, l'articolato manufatto prospettico in laterizi sorregge un arco acuto con più ordini di strombatura. L'antica decorazione marmorea, superstite ai numerosi eventi sismici, è integrata da sobrie modanature moderne che sostituiscono le parti mancanti lasciando intatto il fasto degli antichi fregi. Ai lati cornici di bifore cieche con capitello intermedio pensile.

Il secondo ordine è contraddistinto da altrettante cornici di bifore cieche con archi a tutto sesto, le monofore esterne includono oculi ciechi. L'edicola interna priva di rivestimento lavico reca un oculo sede della moderna vetrata raffigurante il volto di Cristo. Cornicioni delimitano un terzo ordine con paraste intermedie sormontato da un timpano triangolare.

I due ordini presentano una decorazione lavica che insieme agli inserti di candido marmo delle cornici e del reticolo, creano un finissimo effetto cromatico. A metà strada dalle cave di pietre e materiali lavici, con riferimento alle ricchissime colate laviche delle falde dell'Etna o estratte e importate dalle prospicienti Isole Eolie, la facciata presenta l'utilizzo di conci di lava per scopi decorativi. Peculiarità che accomunano la cattedrale alle costruzioni di matrice bizantino - araba, cube e metochi del circondario, l'utilizzo di conci di pietra lavica denominatore comune alle rifiniture esterne delle absidi del Duomo di Palermo e del Duomo di Monreale, ai castelli di Milazzo e di Santa Lucia del Mela.

Nella controfacciata con conci a vista in corrispondenza dei confessionali sono presenti due nicchie con i resti di primitive sculture.

Nella lunetta superiore è presente un'aquila imperiale con stemma, stucchi festonati che ornano due ovali affrescati con figure di santi.

INGRESSO MERIDIONALE - L'entrata meridionale con portico presenta un portale in stile barocco del 1742. È costituito basamenti con colonne ioniche e capitelli corinzi che incorniciano un arco a tutto sesto e sostengono un massiccio architrave con ricca modanatura sormontato da riccioli con conchiglie. Nella parte interna del timpano aperto è presente lo stemma dei borboni. Sui piedistalli sono presenti delicatissime trine scolpite raffiguranti putti e soggetti fitoformi.

LA PARETE DESTRA NAVATA CENTRALE O MERIDIONALE

- Sulla parete destra della navata centrale sono addossati i seguenti manufatti o incassati in archi a tutto sesto gli altari:

- Prima campata: Iscrizioni marmorea di Nicola Gatto.

- Seconda campata: Varco e iscrizioni marmoree di Pietro GallettiCarlo Mineo e Salvatore Pisano.

- Terza campata: Altare ove costituisce pala d'altare il dipinto dell'"Adorazione dei Pastori" attribuito al pittore fiammingo Guglielmo Borremans del 1725, la presenza di due "galletti" è riferimento al committente il Vescovo Monsignor Pietro Galletti.

- Quarta campata: Ingresso laterale meridionale. Sulla destra dell'elegante portale d'accesso il varco d'accesso ai locali corrispondenti alla terza, seconda e prima campata della navata centrale.

- Quinta campata: altare dedicato al SS. Crocifisso, con un pregevole Crocifisso ligneo del 1500 inserito in un ricchissimo reliquiario del XVIII secolo.

- Sesta campata: Organo del 1758 attribuito ad Annibale Lo Bianco recentemente restaurato e regolarmente funzionante.

LA PARETE SINISTRA NAVATA CENTRALE O SETTENTRIONALE - Sulla parete sinistra della navata centrale sono addossati i seguenti manufatti o incassati in archi a tutto sesto gli altari:

- Prima campata: Iscrizioni e targhe marmoree.

- Seconda campata: Varco e iscrizione marmorea di Ignazio Zambito.

- Terza campata: Altare dedicato alla Vergine con pala d'altare raffigurante "Madonna col Bambino", attribuito ad Antonello da Saliba nipote di Antonello da Messina del 1531.

- Quarta campata: Cappella con altare dedicato al Sacro Cuore di Gesù.

- Quinta campata: Altare dedicato alla Vergine, costituisce pala d'altare una tela del pittore pattese Francesco Nachera del 1848 raffigurante l'Apostolo San Bartolomeo nell'atto di offrire alla Madonna lo strumento del martirio, il coltello e porgere la sua pelle. Alle spalle di San Bartolomeo è ritratto San Benedetto da Norcia con in mano la Regola a ricordo della presenza del Monastero Benedettino fondato dal Conte Ruggero con suo decreto del 6 marzo 1094.

- Sesta campata: Varco.

TRANSETTO - Nel transetto due absidi concepite a trifoglio rispettivamente dedicate al Santissimo Sacramento e a Santa Febronia patrona di Patti, entrambe con ricche decorazioni marmoree.

TRANSETTO DESTRO O PRIMITIVA ABSIDE MERIDIONALE - Parete destra: Varco con accesso locali corrispondenti alle campate sesta e quinta della navata centrale.

- Cappella meridionale o di Santa Febronia: L'altare è in marmi policromi, la sopraelevazione raffigura il frontone di un tempio romano con colonne sormontate da doppio timpano ad arco spezzato sovrapposto e simmetrico, con stemma centrale. All'interno l'edicola con nicchia incorniciata da fastosa decorazione marmorea contenente la statua di Santa Febronia.

- Sul lato sinistro sepolcro della Regina di Sicilia Adelasia del Vasto. Originariamente collocato in una cappella del primitivo Monastero, in seguito migrato in Cattedrale, è custodito il monumento funebre della regina, reggente Adelasia, terza consorte del fondatore Gran Conte Ruggero, il sarcofago risalente al 1557 in stile rinascimentale raffigura in posa dormiente la splendida tribolata sovrana.

Iscrizione sul sarcofago:

«"HIC JACET CORPUS NOBILIS DNE ANDILASIE REGINAE MULIERIS SERENISSIMI DNI ROGERII PRIMI REGIS SICILIE CVIVS ANIMA PER MISERICORDIAM DEI REQUIESCAT IN PACE AMEM MCXVIII"»  

- Artistica mensola su parete momentaneamente vuota.

- Parete sinistra: Nella Cappella con altare si possono ammirare quadri di anonimo della scuola del Caravaggio eseguiti in seguito al soggiorno siciliano di quest'ultimo e quadri attribuiti al pittore palermitano Pietro Novelli.

- Un varco sulla destra dell'altare conduce nei locali della Sagrestia.

TRANSETTO SINISTRO O PRIMITIVA ABSIDE SETTENTIONALE

- Parete destra: Colonnato d'accesso alla cappella del Fonte battesimale. Pila marmorea con cupolino ligneo ottagonale con fregi e rilievi dorati. Alla parete quadro dedicato al Patriarca San Giuseppe e Gesù Fanciullo. Un'epigrafe sulla destra e un "Cristo risorto" completano le pareti laterali.

- Cappella settentrionale o del Santissimo Sacramento: L'altare è in marmi policromi, la sopraelevazione raffigura il frontone di un tempio romano con colonne sormontate da doppio timpano ad arco spezzato sovrapposto e simmetrico, con stemma centrale. All'interno il rilievo di ciborio dalle connotazioni di un tempio su due ordini sormontato da cupola.

- Sulla parete destra incorniciato da lesene il medaglione marmoreo in altorilievo raffigurante Salvatore Pisano.

- Sulla parete sinistra incorniciato da lesene il medaglione marmoreo in altorilievo raffigurante Giacomo Bonanno.

- Parete sinistra: Un fregio a baldacchino con putti sormonta un quadro della Vergine, un busto marmoreo e l'iscrizione di Nicola Gatto.  

ALTARE MAGGIORE - La nicchia posta fra paraste con capitelli corinzi e arricchito da corona con fregio a baldacchino ospita la statua in marmo della "Vergine col Bambino" del 1500, opera del carrarese Antonio Vanella che reca l'incisione autografa "hoc opus fecit M. Ant. Vanelli Paomi", affine alle opere del Rinascimento siciliano e alla rinomata bottega di Domenico e Antonello Gagini. Negli affreschi dei riquadri laterali sono raffigurati rispettivamente San Pietro e San Paolo. Al centro la cattedra vescovile, disposto lungo le pareti laterale del presbiterio, il coro ligneo in stile barocco del XVIII secolo.

Ambone in marmo.

Lampadario centrale dono dei Borboni.

ARCHIVIO "ARCA MAGNA" - Nell'archivio capitolare affidato alla custodia dei canonici denominato "Arca Magna" sono raccolti e custoditi tutti i documenti che testimoniano gli avvenimenti risalenti all'epoca normanna.

Villa romana di Patti

La villa romana di Patti è una residenza extraurbana di epoca romana. Nel corso degli anni settanta due importanti scoperte hanno gettato nuova luce sulla realtà del latifondo tardo romano, consentendo di collocare in una più chiara prospettiva storica anche la grande villa del Casale di Piazza Armerina. Grandioso esempio di villa suburbana rinvenuta lungo lo sviluppo dell'attuale Strada Statale 113, verosimilmente come altri insediamenti coevi, insistente a ridosso del primitivo tracciato della Consolare Valeria sulla tratta viaria Messana - Mylae - Týndaris - Pactae o Pactis - Alesa Arconidea - Cephaloedium - Thermae Himerae - Panormos - Drepanon.  

Le fonti storiche riconducono ad un evento sismico, tra quelli documentati in quel periodo, come causa che in epoca romana determinò un'improvvisa interruzione per probabile distruzione. In epoca romana la costruzione o l'espansione dell'edificio si arrestò, attribuendo l'evento al terremoto di Creta del 365 descritto dallo storico romano Ammiano Marcellino, avvenimento comune alla parziale demolizione della vicina villa romana di San Biagio, e alla devastante frana che determinerà il collasso e conseguente sprofondamento della città di Tindari, e al tramonto della civiltà legata alla fiorente Colonia Tyndaritana ad essa collegata.  

La villa romana di Patti è stata scoperta nel 1973, durante i lavori di costruzione di un tratto d'autostrada, quando due piloni hanno distrutto parte del lato nord della villa a 6 km di distanza da Tindari. Anche se le operazioni di scavo sono tuttora in corso e molti vani attendono di essere scavati fino al livello del pavimento, la configurazione generale della villa è piuttosto chiara.

VILLA - La parte esplorata corrisponde al nucleo centrale della villa, con al centro una corte a peristilio intorno alla quale ruota la zona residenziale della villa. I vani maggiormente rappresentativi, tipici dell'edilizia privata tardoantica, sono costituiti dall'aula absidata, che si apre al centro dell'ala ovest e dal triconco, vero punto focale dell'ala sud, che dal peristilio guarda verso il mare. Il mosaico dell'aula absidata è andato distrutto, nonostante le pavimentazioni del peristilio e quelli del triconco non siano in ottimo stato di conservazione sono comunque distinguibili varie figure tipiche dei mosaici risalenti al periodo storico.

Il mosaico del peristilio consiste in una griglia di pannelli quadrati inseriti in una cornice continua di ghirlande d'alloro arricchite da motivi ornamentali e floreali. Il mosaico del triconco presenta medaglioni circolari e ottagoni dai lati curvilinei includenti protomi animali. Il livello non elevatissimo tanto del disegno quanto della policromia sembrano indicare nel mosaico il prodotto di un'officina siciliana piuttosto che africana. Ulteriori risultati delle indagini di scavo saranno fondamentali per definire con maggior precisione la cronologia della villa che, sorta nel IV secolo, fu distrutta da un violento terremoto intorno al 400.

Successivamente al sisma, in età bizantina, tra VI e VII secolo, i resti della villa furono in parte riabitati, e ristrutturati: a questa fase insediativa appartengono una serie di tombe a fossa in muratura. Sia i corredi sia i materiali ceramici e numismatici dei corrispondenti livelli abitativi consentono di definire un protrarsi dell'abitato almeno sino al X secolo.  

AMBIENTI PRIVATI - Portico esterno (NNW), Ingresso, Giardino porticato, Sala tricora o triclinium, Sala absidata, Ambiente con mosaico della Medusa, Tablinium con mosaico di Bacco.

IMPIANTO TERMALE - Impianti termali (NNE), Sepolture bizantine: manufatti ritrovati nell'area delle terme. I corredi funebri sono esposti nell'antiquarium.  

AMBIENTI DI SERVIZIO - Nucleo residenziale destinato alla servitù

ANTIQUARIUM - Il piccolo antiquarium aperto nel gennaio 2001, offre delle testimonianze di cultura materiale delle varie fasi abitative della villa, soprattutto le diverse classi ceramiche, quali terra sigillata africana e di altre fabbriche, lucerne, ceramica da cucina, ceramica comune di diverse tipologie, anfore, dolii ecc., ma anche terrecotte figurate e, fra le altre classi di manufatti, oreficerie, monete, una tessera da circo a rilievo in bronzo etc. Sono anche esposti manufatti in marmo di particolare pregio dalle decorazioni, soprattutto architettoniche, della villa del IV secolo e di quella precedente: mensole architettoniche, un capitello corinzieggiante, una lastra con figurazione a rilievo (una donna e una Nike che compie una libagione presso un altare), un altorilievo con una figura panneggiata in trono, un torso maschile ecc. L'esposizione è didatticamente arricchita da pannelli con planimetrie delle varie fasi della villa e ricca documentazione fotografica.

Tindari  

È uno dei siti archeologici e devozionali più visitati e celebri della Sicilia. La città di Tindari venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce. Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese. Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas. Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836 nelle mani degli Arabi, dai quali venne distrutta. I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.  

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

Tindari è anche luogo di devozione e pellegrinaggi per via del culto dell'antica Madonna nera che si tramanda da secoli.

Il Santuario di Tindari si trova all'estremità orientale del promontorio, a strapiombo sul mare, in corrispondenza dell'antica acropoli, dove una piccola chiesa era stata costruita sui resti della città abbandonata. La statua della Madonna Nera, scolpita in legno di cedro, vi venne collocata in epoca imprecisata, forse giunta qui dall'Oriente in seguito al fenomeno dell'iconoclastia, nell'VIII-IX secolo. La chiesa, distrutta nel 1544 dai pirati algerini, venne ricostruita tra il 1552 e il 1598 e il santuario venne ampliato dal vescovo Giuseppe Pullano con la costruzione di una nuova chiesa più grande che fu consacrata nel 1979. La festa del santuario si svolge ogni anno tra il 7 e l'8 settembre.

Patti nel XXI secolo

Rinomata località turistica, ha 12 km di costa interamente balneabili formati da sabbie, faraglioni e grotte. Il lungomare di Marina, lungo circa due chilometri, è una piacevole passeggiata all'ombra di palme e pini a ridosso dell'ampia spiaggia, dotata, nel periodo estivo, di numerosi lidi balneari. Patti è famosa anche per le ceramiche sia d'arte, sia d'uso; oltre ad un grande stabilimento esistono numerosi laboratori in cui è possibile acquistare oggetti realizzati da artigiani locali. Patti è sede vescovile con giurisdizione su 41 comuni (da Oliveri a Tusa). 

Ospita il Tribunale ordinario civile e penale e la Procura della Repubblica entrambi a servizio di tutto il comprensorio dei Nebrodi da Falcone a Tusa; una sede staccata dell'università di Messina delle facoltà di Giurisprudenza e Scienze della formazione), l'Istituto di formazione teologica per i laici, sezione della Pontificia Università della Santa Croce e il Seminario vescovile; il commissariato di P.S., il comando di compagnia dei carabinieri, la Tenenza della Guardia di Finanza, l'Agenzia delle entrate; la Delegazione dell'ispettorato regionale dell'agricoltura; la sede distaccata della Capitaneria di porto, un distaccamento dei Vigili del Fuoco; l'INPS; l'INPDAP; il Genio civile; il Servizio turistico regionale (ex Azienda soggiorno e turismo di Patti e Tindari); vari istituti scolastici medi superiori e numerosi altri uffici pubblici. Patti è sede dell'omonimo distretto sanitario e dell'ospedale "Barone Ignazio Romeo", attrezzato nosocomio generale con reparti di alta specializzazione.

Patti Marina

Nato come borgo marinaro in cui erano floride le attività legate alla pesca e alla produzione di ceramiche, grazie alla presenza di molte fornaci sul territorio, la Marina è integrata nel tessuto urbano cittadino. Caratterizzata da un lungomare e ampie spiagge, la zona di Patti Marina è frequentata meta turistica soprattutto nei mesi estivi oltre ad essere fonte di attrazione per i più giovani vista la presenza di numerose attività ricettive, ritrovi e luoghi d'intrattenimento.

Nel territorio comunale è situata la riserva naturale orientata di Marinello, un paradiso per gli amanti delle escursioni tra la macchia mediterranea e i famosi laghetti salmastri. Dal centro storico, ricco di ottocenteschi palazzi signorili, chiese e caratteristici vicoli medioevali, si gode l'armonioso panorama della riviera di ponente del golfo di Patti, mentre dalla frazione Sorrentini (500 s.m.) lo sguardo spazia su tutto il golfo e sui monti fino all'Etna.

Il culto di Santa Febronia di Patti e altre tradizioni religiose

Secondo un'antica tradizione, negli anni tramandata dalla chiesa pattese, esisterebbe una Santa Febronia nativa proprio di Patti, che nulla avrebbe a che vedere la storia della martire Febronia di Nisibis. Alcuni agiografi moderni hanno negato ogni fondamento storico a questa presunta santa omonima originaria di Patti che viene venerata anche a Minori, in provincia di Salerno, con il nome di Trofimena, confermando che in realtà si tratterebbe della santa originaria di Nisibis, in Siria. Ad ogni modo, i pattesi da secoli riconoscono la propria santa protettrice in Santa Febronia, definita "patrona e concittadina". 

La tradizione devozionale, diffusa per via orale, parla della giovinetta Febronia che visse agli inizi del IV secolo d.C. e subì il martirio sotto l'imperatore Diocleziano. Pur appartenendo ad una famiglia agiata di origine pagana, conobbe la fede cristiana e fu battezzata dal vescovo S. Agatone ad una fonte, divenuta poi miracolosa, situata in una località detta per questo “Acqua Santa”. La giovane Febronia, abbandonato il paganesimo, si consacrò a Cristo Gesù facendo voto di verginità e, a causa di questa scelta, dovette subire angherie di ogni genere da parte del padre, che già aveva in serbo per lei altri progetti di vita.

 Per sfuggire infine alla collera paterna si nascose presso le grotte del Mons Iovis, presso l'attuale località di Mongiove. Ma il padre, scopertone il rifugio, la raggiunse e, accecato dall'odio per la fede cristiana, la uccise gettandone il corpo in balia delle onde. Il corpo della martire, trasportato prodigiosamente dal mare, fu rinvenuto da una lavandaia sulla spiaggia di Minori. Da qui la devozione verso la nostra Santa si diffuse rapidamente fra gli abitanti della regione che, per quanto l'abbiano chiamata Trofimena a causa di alterne vicende storiche, ne hanno sempre affermato il legame la cittadina pattese.

A Patti, in un'artistica urna d'argento conservata nella cattedrale di San Bartolomeo, si custodiscono diverse reliquie della santa, donate in più occasioni dai minoresi.

Secondo le cronache cittadine più volte, nel corso dei secoli, i pattesi invocarono l'aiuto e l'intercessione di Santa Febronia; tra queste occasioni si ricordano: la liberazione dalla peste (nel XVI secolo d.C.), la liberazione dalla tirannia di Ascanio Anzalone nel 1656 e la protezione della popolazione in occasione dei violenti terremoti del 1693, 1908 e 1978.

Ogni anno, il 5 luglio, la cittadina pattese onora la sua santa patrona con i festeggiamenti solenni organizzati dalla curia vescovile, dalla parrocchia cattedrale e dall'amministrazione comunale. Santa Febronia, viene ovviamente annoverata tra i santi protettori della Diocesi di Patti.

Manifestazioni

Il Festival di Tindari, uno dei più antichi d'Italia e, chiaramente, della Sicilia, nasce nel 1956, con la riapertura al pubblico, dopo secoli di silenzio scenico, del Teatro Greco Romano di Tindari e la rappresentazione dell'Aiace di Sofocle, per la regia di Michele Stilo.

Negli anni il festival è diventato uno degli eventi più seguiti della stagione estiva siciliana ospitando il meglio del teatro italiano, della musica nazionale e internazionale e aprendosi a collaborazioni con i maggiori teatri italiani di lirica e prosa; a Tindari sono stati ospiti i nomi più prestigiosi del teatro e della musica.

Gli spettacoli a Tindari, che si tengono prevalentemente nei mesi di luglio e agosto, nel tempo hanno assunto sempre più le caratteristiche di un vero e proprio festival, sin dalla prima direzione artistica di Massimo Piparo (1995).

Dal 1996 al 2000 è Paolo Gazzara ad assumere la guida del festival. Nel 2004 la rassegna è stata arricchita da una nuova sezione dedicata al teatro di ricerca.

La rassegna, organizzata dalla Città di Patti e dall'Assessorato Regionale del Turismo, è inserita nel calendario regionale delle manifestazioni e, dal 2012, assume il nome ufficiale di Tindari Festival sotto la direzione artistica di Anna Ricciardi che ha inserito una sezione di musica lirica e la sezione "Palcoscenico Aperto" con la rappresentazione di alcuni spettacoli anche in altri luoghi storico-monumentali della città di Patti.

Nel 2018 si aggiunge anche uno speciale evento, Tyndaris Augustea, riconosciuto nel 2019 come evento di grande richiamo turistico: si tratta di un evento teatrale itinerante che si svolge all'interno del Parco Archeologico di Tindari ed ha come tema conduttore il racconto mitico della Tindari Antica.  

Dal 2010 si svolge annualmente la Notte per la Cultura, manifestazione, classificabile come Notte bianca, che ha l'obiettivo di far conoscere e promuovere il centro storico di Patti organizzando in una serata del mese di agosto visite guidate gratuite per gruppi di visitatori, durante le quali vi è la possibilità di ascoltare la storia dei luoghi attraversati, di visitare luoghi storico-monumentali, mostre e installazioni, allestite per l'occasione, e di assistere a performance artistiche (teatrali, musicali, di danza). La Notte per la Cultura si è caratterizzata per alcuni aspetti sicuramente innovativi; è probabilmente la prima manifestazione in Sicilia a far uso di elementi digitali per migliorare l’esperienza del visitatore; sin dal 2010 è stato utilizzato un QR-Code per far visualizzare sugli smart phone dei visitatori una mappa digitale interattiva dove poter seguire la manifestazione attingendo ad informazioni supplementari costituite da immagini con didascalie, video e, successivamente, dal 2014, con la possibilità per il visitatore di geolocalizzarsi tra i luoghi visitati.

Dal 2014 nel Golfo di Patti si svolge la manifestazione musicale Indiegeno Fest in diverse location: Patti Marina, centro storico di Patti (in alcune edizioni in coincidenza con la Notte per la Cultura), Teatro Greco di Tindari e Riserva di Marinello. Negli anni hanno partecipato diversi artisti del panorama nazionale, tra cui Carmen Consoli, Tosca, Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, Afterhours, Eugenio Finardi, Boosta, Luca Barbarossa, Carl Brave, Franco126, The Zen Circus e Levante. La manifestazione ha vinto due volte il riconoscimento del MEI come miglior festival Italiano nel 2015 e nel 2017.

Altre manifestazioni importanti sono:

- Il Gran carnevale storico Pattese, prima edizione nel 1962, delle cui origini si ha notizia già nel XVI e XVII sec. (Pitrè)

- Tante sono le feste religiose esterne: La festa della Patrona S.Febronia che ricorre l'ultima domenica di luglio; La processione delle varette che si volge il venerdì santo, durante la quale vengono portate a spalla dai giovani della città per le strette vie del centro storico, undici complessi statuari artistici di pregevole fattura in legno . La processione della Madona Annunziata che vede sfilare anche dei bambini (angioletti) e delle bambine (verginelle) carichi d'oro.