Taormina
(Messina)

   

Sull'origine di Taormina (Tauromenion, Tauromenium) molte sono le notizie, ma incerte per documentazione e poco attendibili.

Diodoro Siculo nel XIV libro attesta che i Siculi abitavano la rocca di Taormina, vivendo di agricoltura e di allevamenti di bestiame, già prima dello sbarco dei greci di Calcide Eubea nella baia di Taormina (753 a.C.), dove alle foci del fiume Alcantara, fondarono Naxos (odierna Giardini Naxos), la prima colonia greca di Sicilia. Dionisio di Siracusa ,di origine dorica,ed alleato di Sparta nella guerra contro Atene, tollerò per un po' la presenza degli Ionici di Calcide Eubea a Naxos,alleati di Atene, ma poi mosse contro di essi che andarono ad occupare la parte a valle del Monte Tauro in, cui vivevano i Siculi insieme ad altri jonici che si erano precedentemente lì insediati da Naxos. Ma negli anni della XCVI Olimpiade (396 a.C.)i nassioti in massa, minacciati da Dionisio, tiranno di Siracusa, si trasferirono a Tauromenion, spinti da Imilcone, condottiero dei Cartaginesi, alleato degli jonici contro i dorici, perché il colle era da considerarsi fortificato per natura.

Volendo il tiranno di Siracusa riprendersi con violenza il territorio dei Tauromenitani, essi risposero che apparteneva loro di diritto, poiché i propri antenati greci ne avevano già preso possesso prima di loro stessi, scacciando gli abitatori locali.Afferma Vito Amico che la suddetta versione sulle origini di Taormina fornita da Diodoro è contraddetta nel 16° libro, quando sostiene che Andromaco, dopo l'eccidio di Naxos del 403 a.C., radunati i superstiti li convince ad attestarsi nel 358 a.C. sulle pendici del vicino colle "dalla forma di toro", e di conseguenza il nascente abitato prese il nome di Tauromenion, toponimo composto da Toro e dalla forma greca menein, che significa rimanere.

Mentre le notizie fornite da Cluverio concordano con la seconda versione di Diodoro, Strabone narra che Taormina abbia avuto origine dai Zanclei e dai Nassi. Ciò chiarirebbe in qualche modo l'affermazione di Plinio il quale afferma che Taormina in origine si chiamava Naxos.

Testimone Diodoro Siculo, Taormina, governata saggiamente da Andromaco, progredisce, risplendendo in opulenza e in potenza. Nel 345 Timoleone da Corinto, sbarca e raggiunge Tauromenium, per chiedere l'appoggio militare al fine di sostenere la libertà dei Siracusani.

Più tardi troviamo Taormina sotto il dominio del tiranno siracusano Agatocle, che ordina l'eccidio di molti uomini illustri della città e manda in esilio lo stesso Timeo, figlio di Andromaco. Anni dopo soggiace a Tindarione e quindi a Gerone, anch'essi tiranni Siracusani.

Taormina rimane sotto Siracusa fino a quando Roma, nel 212 a.C., non dichiara tutta la Sicilia provincia Romana. I suoi abitanti sono considerati alleati dei Romani e Cicerone, nella seconda orazione contro Verre, accenna che la Città è una delle tre Civitates foederataee la nomina "Civis Notabilis " erroneamente tramandato ,poi, come "Urbs notabilis". In conseguenza di ciò non tocca ai suoi abitanti pagare decime o armare navi e marinai in caso di necessità. Nel corso della guerra servile (134 – 132 a.C.) Tauromenium è occupata dagli schiavi insorti, che la scelgono come caposaldo sicuro. Stretti d'assedio da Pompilio, resistono a lungo sopportando anche la fame e cedendo soltanto quando uno dei loro capi, Serapione, tradendo i compagni, lascia prendere la roccaforte.

Nel 36 a.C. nel corso della guerra fra Sesto Pompeo ed Ottaviano, le truppe di quest'ultimo sbarcano a Naxos per riprendere la città a Sesto Pompeo che l'ha in precedenza occupata. Per ripopolare Tauromenium, dopo i danni della guerra subita, ma anche per presidiarla Ottaviano, divenuto Augusto, nel 21 a.C. invia una colonia di Romani, a lui fedeli, e nel contempo ne espelle gli abitanti a lui contrari.

Strabone parla di Tauromenion come di una piccola città, inferiore a Messina e a Catania. Plinio e Tolomeo ne ricordano le condizioni di colonia romana.

Epoca greca - Nell’VIII secolo a. C. i naviganti greci evitavano di approdare sulle coste della Sicilia, perché temevano di scontrarsi con i Siculi, considerati crudeli e pericolosi. Sembra, tuttavia, che il navigante ateniese Theokles, naufragato sulle coste orientali della Sicilia, poté constatare il clima favorevole e la fertilità della terra. Rientrato in Atene, preparò una spedizione di Dori, Joni, Calcidesi e ritornò nell'isola. Questo, almeno, è il racconto dello storico greco Eforo, trasmesso dal geografo Strabone. Anche prescindendo dalla veridicità di tale episodio, è certo che i Greci, impediti ad espandersi verso i potenti imperi dell'Asia Minore, furono obbligati a cercare l’espansione coloniale in Sicilia e successivamente nell'Italia meridionale, forti anche della loro progredita arte navale.

Nel 735 a.C. gruppi di coloni greci, unitamente ad Achei del Peloponneso settentrionale, a Dori e Calcidesi, approdarono sulle coste orientali della Sicilia. Poiché molti provenivano dall'isola di Naxos dell'Egeo, è probabile che la prima colonia fondata abbia avuto il nome di Naxos. Chiamarono, altresì, Monte Tauro la rocciosa altura che sovrasta la pianura, trovandola simile a quelle dei monti del Tauro dell'Asia Minore. I Siculi, che abitavano in quella pianura, furono costretti a ritirarsi sul monte. La prova dell'esistenza dei Siculi sul Monte Tauro è data dalla necropoli di Cocolonazzo di Castelmola, scoperta nel 1919. 

Mentre la colonizzazione greca in un primo tempo era contenuta entro certe zone del litorale, con Dionisio il Vecchio (432-367 a. C.), tiranno di Siracusa, fu spinta in tutta la Sicilia. Le mire espansionistiche portarono Dionisio a combattere con i Siculi e con i Cartaginesi, che occupavano la Sicilia occidentale. Il Monte Tauro, per la posizione naturale occupata, costituiva un forte ostacolo a questo progetto colonialistico. Le truppe di Dionisio, infatti, dirette a Messina ed ancora oltre a Reggio, Crotone, Metaponto, Sibari, si trovarono impedito il passaggio dai Siculi, che presidiavano il Monte. Non riuscendo ad ottenere pacificamente il possesso della roccaforte, il tiranno cercò di occuparla con la forza. 

Nel 403 a.C. assediò Naxos e con la complicità di un traditore, certo Prokles, riuscì a conquistarla. La città, che per più di tre secoli, esattamente per 332 anni, si era sviluppata pacificamente con l'agricoltura, la pastorizia ed il commercio, fu incendiata e distrutta. Lo storico Pausania (II sec. d.C.) riferisce che la distruzione di Naxos fu così totale che, al suo tempo, non esistevano più nemmeno le rovine.  

Dopo la conquista di Naxos, Dionisio cinse d'assedio il Monte. In una notte senza luna, imperversando una tormenta di neve e di vento, le sue truppe, inerpicandosi per i dirupi del Monte, riuscirono ad impossessarsi dell'acropoli, situata dove sorge il Teatro greco. Ma i Siculi, destati dalle grida di allarme delle vedette, accorsero in massa e riuscirono a ricacciare giù i Siracusani. Dionisio, sconfitto, tolse l'assedio e tornò a Siracusa. Tuttavia, in forza di un trattato stipulato con i Cartaginesi qualche tempo dopo, esattamente nel 392 a.C., potè ottenere lo stesso il possesso del Monte. Andromaco, padre del famoso storico Timeo, che assunse il governo della città, è ritenuto il fondatore di Tauromenium.

La città, posta su un’altura a 205 m. s.l.m, era di fatto una località inespugnabile, soprattutto perché tre lati di essa erano costituiti da burroni spaventosi, che precipitavano direttamente a mare. Nonostante ciò, i Tauromeniti, per una più sicura difesa della polis, aggiunsero muri poderosi sul lato nord e sul lato sud, seguendo il sistema difensivo ellenico, che prevedeva una triplice cortina di muri e due soli punti di accesso alla città. Ancora oggi i muri sono visibili ed esistono le antiche porte della città.

Nel periodo di maggiore splendore, la popolazione di Tauromenium contò 12 mila abitanti. La lingua dominante fu il dialetto dorico. Il primo ordinamento della polis fu elaborato da Andromaco e venne inciso su tavole di marmo. Quattordici di queste tavole sono tuttora custodite nel piccolo Museo del Teatro antico. Il capo della polis era l’Eponimo. Durava in carica un anno e non era rieleggibile. Altri magistrati pubblici erano gli Strateghi, i Ginnasiarchi e i Proagori. Per l’elezione dei magistrati il popolo si riuniva nell’agorà, situata nell'attuale Piazza Badia.

Tauromenium, dovendosi difendere dalle pericolose incursioni dei Mamertini (mercenari allo sbando, in quel tempo al soldo di Siracusa), così chiamati dal dio Mamerte, affidò il comando militare ad un patriota ellenico di nome Tindarione per la durata di dieci anni. I Mamertini, nel 288 a.C., dopo avere conquistato Messina si spinsero fin sotto le mura della polis di Tauromenium, ma Tindarione riuscì a difenderla e a salvarla. Preoccupato per il pericolo di nuove incursioni di Mamertini e soprattutto per i propositi ostili dei Siracusani, nel 278 Tindarione chiese aiuto a Pirro, re dell'Epiro. Quest’ultimo raggiunse Tauromenium, accolto con entusiasmo dallo stesso Tindarione, ma non riuscì nell'impresa. Agatocle, tiranno di Siracusa, riuscì, infatti, ad assoggettare la città. 

Lo storico Timèo, figlio di Andromaco, fondatore di Tauromenium, che era un oppositore del tiranno, fu esiliato ad Atene, ove visse per 50 anni e morì, nel 261 a.C., alla età di 90 anni. Alla morte di Agatocle, Siracusa fu guidata da Gerone II. Questi riconobbe ai Tauromeniti l’autonomia, ma li assoggettò al pagamento della decima; all'obbligo, cioè, di versare la decima parte della ricchezza prodotta durante l'anno. Questo fu per la polis, comunque, un periodo di splendore e di benessere economico. I Tauromeniti si poterono dedicare alla costruzione del Teatro, delle Naumachie e degli acquedotti.

Si presentava, però, per Tauromenium il pericolo dei Cartaginesi, che dalla Sicilia occidentale cercavano di espandersi nella parte orientale occupata dalle colonie greco-siciliote. Col loro poderoso esercito avevano già devastato e distrutto diverse città, tra le quali Selinunte, Imera, Agrigento, Camerina e Gela. Un più grave pericolo si affacciava, ancora, non solo per Tauromenium, ma per tutta la Sicilia: i Romani. Nel 264 a.C., chiamati in aiuto dai Mamertini di Messina, arrivarono in Sicilia. Siracusa che, alla morte di Gerone II, aveva cessato la politica di alleanza con Roma, venne attaccata e rasa al suolo dall'esercito romano, guidato dal Console Marco Claudio Marcello. La popolazione fu massacrata e trovò la morte anche il grande Archimede.  

Epoca romana - Taormina rimane sotto Siracusa fino a quando Roma, nel 212 a.C., non dichiara tutta la Sicilia provincia romana. I suoi abitanti sono considerati alleati dei Romani e Cicerone, nella seconda orazione contro Verre, accenna che la città è una delle tre "Civitates foederatae" e la nomina "Civis Notabilis". In conseguenza di ciò, non tocca ai suoi abitanti pagare decime o armare navi e marinai in caso di necessità.

Nel corso della guerra servile (134 – 132 a.C.) Tauromenium viene occupata dagli schiavi insorti, che la scelgono come caposaldo sicuro. Stretti d'assedio da Pompilio, resistono a lungo sopportando anche la fame e cedendo soltanto quando uno dei loro capi, Serapione, tradendo i compagni, lascia prendere la roccaforte.

Nel 36 a.C. nel corso della guerra fra Sesto Pompeo ed Ottaviano, le truppe di quest'ultimo sbarcano a Naxos per riprendere la città a Sesto Pompeo che l'aveva in precedenza occupata. Per ripopolare Tauromenium, dopo i danni della guerra subita, ma anche per presidiarla, Ottaviano, divenuto Augusto, nel 21 a.C. invia una colonia di Romani, a lui fedeli, e nel contempo ne espelle gli abitanti a lui contrari.

Secondo una diffusa leggenda, con l'avvento del Cristianesimo, San Pietro destina a Taormina il vescovo Pancrazio, che già prestava la sua opera di conversione nella regione, il quale costruisce la prima chiesetta sulle pendici orientali della città dedicata ai santi Pietro e Paolo apostoli, determinando di fatto con la nomina, la sede del primo vescovato in Sicilia. Peraltro, l'effettiva esistenza di questo personaggio non risulta da alcun documento storico, a parte le leggende: le prime menzioni risalgono a dopo la fine del dominio mussulmano.

Vescovi "prestantissimi per santità di costumi, zelo e dottrina", si succedono fino all'età araba. Poche sono le notizie in questo lasso di tempo, che annovera la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476, l'invasione dei Goti, la presenza dei Bizantini, la conquista araba.

Certo è che Taormina occupa una posizione strategica importante per la tenuta militare del territorio circostante: per 62 anni è l'ultimo lembo di terra dell'Impero romano d'Oriente insieme a Rometta e più volte resiste agli assalti dei saraceni, fino al 906.

Assedio del 904-906 e dominio musulmano - La notte del Natale del 906, dopo un lungo assedio durato due anni, a causa del tradimento di un mercenario messinese, tale Tommaso Balsamo, Taormina fu presa e rasa completamente al suolo. Con la tipica esagerazione di tutte le cronache medievali, i suoi abitanti maschi sarebbero stati tutti decapitati, e tra loro il vescovo di Taormina, San Procopio, la cui testa sarebbe stata portata su un piatto d'argento al capo delle truppe saracene. Di sicuro la strage fu grande, contò tra le vittime anche molte donne e bambini, e fu aggravata dall'indole crudele e dall'instabilità caratteriale di Ibrāhīm II.

Nel 911, però, la componente cristiana della cittadina siciliana riprese il controllo della città, approfittando del traumatico passaggio di potere dell'anno precedente tra la dinastia sunnita aghlabide e quella ismailita sciita dei Fatimidi.

L'Emiro di Palermo, Amad b. al-Qurhub, rimasto fedele alla deposta dinastia aghlabide di Qayrawān, organizzò allora una spedizione per riprendere il controllo di Taormina, inviando nel 913 suo figlio Alī all'assedio della cittadina che, tuttavia, resisté strenuamente, tanto da indurre l'assediante a rinunciare all'impresa.

Nel 919 il nuovo emiro di Palermo, Sālim ibn Rashīd, fedele ai Fatimidi, concedeva una tregua a Taormina e ad altre fortezze della Val Demone. La tregua finì quando Amad ibn al-asan, nel 962, pose Taormina di nuovo sotto un assedio durato per sette mesi, finito con la sua resa nel 963.

Le ragazze più belle furono portate all'Imam fatimide al-Muʿizz, mentre le altre furono rese schiave. I pochi superstiti fuggirono nelle montagne circostanti. La città fu ricostruita nella parte sud, laddove finiva quella greca-romana rasa al suolo dai saraceni, e per circa un secolo, visse nella relativa concordia e tolleranza fra musulmani e cristiani. I musulmani l'abbellirono, adornandola di bei giardini e fontane, e la ribattezzarono con il nome di al-Muʿizziyya, dal laqab del quarto Imam fatimide Maʿadd, detto al-Muʿizz li-Dīn Allāh (reg. 953-975).  

Assedio del 1078 e dominio normanno-svevo - Della città si impossessa il Gran Conte Ruggero, il quale espugnato Castronovo volge alla conquista della Val Demone, cingendo d'assedio la città, attraverso la costruzione di ben ventidue fortezze in legname: tronchi e rami formano un muro insuperabile; nondimeno i saraceni resistono per molto tempo prima di capitolare nel 1078.

Fin dal 1272 un Giovanni Natoli Barone di Sparta, fu governatore di Taormina. Quando la sede vescovile venne trasferita nella città, Taormina divenne Città Demaniale, compresa prima nella Diocesi di Troina e poi in quella di Messina.

Seguono le vicende della Sicilia, sotto gli Svevi e poi sotto gli Aragonesi (1282). Nel 1410 il Parlamento Siciliano, uno dei più antichi d'Europa, svolge a Taormina la sua storica seduta, al Palazzo Corvaja alla presenza della regina Bianca di Navarra, per l'elezione del re di Sicilia, dopo la morte di Martino I detto il giovane. Nel secolo XVI, Filippo IV di Spagna concede alla città il privilegio di appartenere stabilmente alla Corona.

Assedio del 1675 e dominio francese - Nel 1675, in occasione della Rivolta antispagnola di Messina, Taormina rimase fedele alla Corona di Spagna. Per tale motivo venne assediata dai francesi, alleati di Messina che la espugnarono nel settembre del 1676. Gli Orleans, francesi, non la ritenevano una città importante, tanto che per un certo periodo venne posta sotto la giurisdizione militare della vicina Savoca che poco prima si era arresa ai francesi concludendo con questi una vantaggiosa capitolazione.

Ritorno dei Borbone - Sconfitti i francesi, Taormina ritorna sotto gli spagnoli ed il viceré con gli antichi privilegi. In seguito, con l'occupazione delle truppe napoleoniche di Napoli e del Sud e con il trasferimento della Reggia Borbonica a Palermo, re Ferdinando I di Sicilia volle ringraziare Taormina per la sua antica fedeltà ai Borbone contro i francesi. Il Re, in visita ufficiale nella fedele Taormina, in segno di riconoscimento donò al sindaco dell'epoca, Pancrazio Ciprioti, l'Isola Bella.

I Borbone, resero più facile l'accesso alla città, che, sin dai tempi dei romani, avveniva dall'angusta Consolare Valeria che si inerpicava fra le colline, tagliando il promontorio del Catrabico, realizzando così una strada litoranea che congiungeva facilmente Messina a Catania.

Da parte di molte nazioni europee e di famosi scrittori ed artisti (Goethe, Maupassant, Houel ed altri) si manifestò un interesse verso l'amenità del luogo e verso le sue bellezze archeologiche. Taormina da adesso in poi si svilupperà, divenendo luogo di residenza del turismo elitario, inizialmente proveniente soprattutto dall'Inghilterra come Florence Trevelyan (1852-1907), figlia di Edward Spencer Trevelyan (1805-1854) e di Catherine Ann Forster (1815-1877). Dopo un lunghissimo viaggio e di un ritorno in patria, Trevelyan decise di ritornare e di vivere a Taormina che trasformò radicalmente insieme al suo circondario, sposando poi Salvatore Cacciola, professore di chirurgia all'università di Bologna, sindaco di Taormina per oltre un ventennio tra alterne vicende, nonché dapprima Gran Maestro Massone ed infine illuminato teosofista.    

Dal XIX secolo ai giorni nostri - Miss Florence Trevelyan Trevelyan dapprima aiutò i La Floresta ad ampliare gratuitamente il primo albergo di Taormina, l'Hotel Timeo, e in seguito acquistò lo scoglio di S. Stefano, trasformandolo in un paradiso terrestre soprannominato poi Isola Bella durante una discussione tra lei ed il barone tedesco e fotografo omosessuale Wilhelm von Gloeden (1856 - 1931). Comprò 87 lotti di terreno per realizzare tra il 1897 ed il 1898 il Parco che battezzò “Hallington siculo” in onore di Hallington Hall, il piccolo villaggio dove aveva vissuto, a circa due miglia a sud-ovest della città di Louth, nel Lincolnshire. Dopo la sua morte il Parco, al fine di rimanere in mano ai taorminesi e non agli inglesi, fu fatto espropriare da Cesare Acrosso, unico nipote maschio di suo marito Salvatore Cacciola, in combutta con Giovanni Colonna duca di Cesarò, al quale venne intestato con Regio Decreto Legge 528 del 18 febbraio 1923.

Dall'Inghilterra arrivò il re Edoardo VII nel 1906 e nel 1908, dalla Germania personaggi come Johann Wolfgang von Goethe, che citò Taormina nel suo Viaggio in Italia (Italienische Reise), il fotografo barone Wilhelm von Gloeden, il pittore Otto Geleng, Friedrich Nietzsche, dal 1882, che qui scrisse Così parlò Zarathustra, Richard Wagner, lo Zar Nicola I, il Kaiser Guglielmo II di Germania col cugino lo Zar Nicola II, la Zarina Aleksandra Fëdorovna Romanova nipote della regina Vittoria in quanto figlia di Alice d'Inghilterra con gli amici, Ignazio Florio e Franca Florio, "la stella d'Italia" come la chiamava il Kaiser ed amica della Trevelyan, Gabriele D'Annunzio, Gustav Klimt, Sigmund Freud, Edmondo De Amicis, il granduca Paolo di Russia, il principe Jusupov Feliks con la principessa Irina, l'arciduca Mihail Pavlopic fratello dello Zar Nicola II e banchieri, magnati, aristocratici di tutto il mondo.

Ben presto Taormina divenne famosa in tutto il mondo, sia per le sue bellezze paesaggistiche, per i suoi panorami, per i suoi colori, per i quadri dell'Etna innevato e fumante che declina sino al mare turchese e che fecero il giro del mondo, ma anche per la sua permissività, per la sua "trasgressione", per i suoi "dotti cenacoli", per il "mito d'Arcadia", per la sua sfrenata "dolce vita".

Lo scrittore catanese Massimo Simili descrive un periodo in cui non passava giorno che a Taormina non accadesse qualcosa di "folle" grazie ai suoi estrosi e famosi frequentatori. Ciò che era permesso a Taormina creava scandalo persino nella "internazionale" Capri dove, per esempio, l'armiere tedesco Krupp aveva cercato, senza riuscirvi, di ricreare i "cenacoli taorminesi" in cui efebi locali ed ancelle erano al centro delle "scene". Krupp a Capri fu travolto dallo scandalo e pochi giorni dopo si tolse la vita per la vergogna a Brema.

Sorsero molti alberghi tutti gestiti da famiglie taorminesi. Il paese di pescatori e contadini e di benestanti borghesi si trasformò dunque in una cittadina di commercianti, albergatori, costruttori. Durante la seconda guerra mondiale fu sede del Comando tedesco della Wehrmacht, per cui il 9 luglio del 1943, giorno del patrono San Pancrazio vescovo, Taormina subì due devastanti bombardamenti degli aerei alleati che distrussero parte della zona sud e persino un'ala del famoso albergo San Domenico, in cui era in corso una riunione dell'alto comando tedesco.  

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Agosto 2019