E
ora
percorriamo
la
strada
costiera
lungo
quel
mare
scintillante,
per
affrontare
poi
la
salita
che
ci
condurrà
a
Taormina.
Questa
è
una
strada
a
tornanti
che
si
arrampica
sul
fianco
del
Monte
Tauro
con
ai
bordi
le
ville
immerse
nel
verde
ombroso
dei
palmizi
ed
ornate
dai
colori
brillanti
degli
Hibiscus
e
delle
Boungainvillea.
Ad
ogni
curva
ci
si
presenta
un
panorama
diverso:
l'Etna
minacciosa
ed
incappucciata
dalle
sue
nevi
quasi
perenni,
emette
un
pennacchio
di
fumo
nel
cielo
appena
un
po'
meno
azzurro
del
mare
intorno.
Sulla
strada
ci
si
imbatte
in
interessanti
resti
archeologici;
una
necropoli
musulmana
databile
intorno
al
1000
d.C.
e
consistente
in
"loculi"
o
nicchie
sepolcrali
costruite
una
sull'altra.
Nei
pressi
si
trova
pure
la
piccola
chiesa
di
San
Pietro
e
Paolo
fuori
le
mura,
particolarmente
interessante
perché,
benché
sia
stata
costruita
nel
XIV
secolo,
essa
occupa
lo
stesso
perimetro
di
un
antico
tempio
greco.
Fra
il
1732
ed
il
1742,
Biagio
de
Spuches
duca
di
Santo
Stefano,
condusse
sul
posto
una
campagna
di
scavi
rinvenendo
un
certo
numero
di
interessanti
reperti
archeologici
ivi
compresa
una
splendida
testa
di
Zeus.
Molti
di
questi
reperti
furono
murati
dal
duca
nelle
pareti
del
cortile
del
suo
palazzo,
oggi
l'Hotel
Metropole
di
Taormina.
La
piccola
chiesa
costruita
in
onore
del
Santo
patrono
di
Taormina,
San
Pancrazio,
sarà
la
prima
sosta.
La
Chiesa
di
San
Pancrazio
sorge
sulle
rovine
del
tempio
greco
di
Giove
Serapide.
Tratti
di
muri
della
cella
del
tempio
sono
stati
incorporati
nella
chiesa,
si
vedono
ancora
ben
12
file
di
blocchi
di
pietra
di
Taormina
e
sovrapposti
senza
l’ausilio
di
calce,
mentre
nel
muro
nord
si
vedono
blocchi
superstiti
della
cella
del
tempio.
Oggi,
questi
superstiti
blocchi
di
calcare
taorminese,
fanno
parte
integrante
dei
muri
nord
e
sud
della
Chiesa.
Il
tempio
di
Giove
Serapide,
il
cui
frontone
era
rivolto
ad
oriente,
si
pensa
che
fosse
un
tempio
esastilo,
cioè
con
sei
colonne
sorreggenti
il
frontone,
le
quali
formavano
un
portico
antistante
la
cella
del
tempio,
in
cui
era
custodito
il
simulacro
della
divinità;
questo
tipo
di
tempio
è
chiamato
“in
antis”
dagli
archeologi,
che
vuol
dire
con
una
parte
coperta
davanti.
Nel
cortile
della
chiesa
è
ancora
oggi
visibile
uno
spezzone
di
colonna
di
granito
grigio,
che
venne
alla
luce
durante
i
lavori
di
sistemazione
e
pavimentazione
del
cortile
stesso.

L’architettura
della
chiesa
di
S.
Pancrazio
è
di
stile
barocco
ed
essa
risale
alla
seconda
metà
del
1600,
quando
la
preesistente
più
piccola
fabbrica
fu
ristrutturata
e
la
chiesa
ingrandita,
sia
in
altezza
che
in
lunghezza.
Infatti,
sulla
facciata
sud
che
incorpora
il
muro
della
cella
del
tempio
greco,
sono
ancora
visibili
le
primitive
finestre
che
sono
state
murate,
lasciando
in
loco
davanzali,
stipiti
e
architravi.
La
facciata
principale
della
chiesa
è
rivolta
ad
est
e
mostra
un
monumentale
portale,
a
cui
si
accede
attraverso
una
breve
gradinata
composta
di
quattro
ordini
di
gradini
in
pietra
di
Taormina.
Il
portale
ha
stipiti
ed
architrave
in
pietra
di
Taormina
ed
è
ornato
da
due
colonne
dì
stile
jonico
per
ogni
lato,
le
quali
poggiano
su
alte
basi
ed
i
cui
capitelli
sostengono
un
pesante
architrave,
fatto
di
sporgenze
e
rientranze.
Fra
le
due
colonne
di
destra
c’è
la
statua
S.
Procopio,
rappresentato
con
l’abito
talare
e
con
la
mitria
in
testa,
e
con
il
suo
cuore
nella
mano
destra
alzata,
a
significare
il
tipo
di
martirio
che
egli
subì.
Infatti,
S.
Procopio
era
il
Vescovo
di
Taormina
al
tempo
della
conquista
araba
di
Taormina,
che
cadde
sotto
i
Saraceni
il
1
agosto
902,
ed
il
santo
Prèsule
fu
martirizzato
mediante
l’estirpazione
del
cuore.
Fra
le
due
colonne
di
sinistra
c’è
la
statua
di
un
altro
Santo
Vescovo,
presumibilmente
S.
Massimo,
che
fu
il
successore
di
S.
Pancrazio,
mentre
io
penso
per
logica,
che
sia
la
statua
di
S.
Pancrazio,
essendo
la
chiesa
a
lui
intitolata;
pure
S.
Pancrazio
è
rappresentato
con
l’abito
talare
e
le
insegne
della
sua
dignità
vescovile
cioè
i
e
bastone
pastorale
nella
mano
sinistra,
mentre
la
destra
è
atteggiata
ad
un
gesto
di
protezione.
Questo
portale
barocco
è
fatto
in
ogni
sua
parte
con
i
rinomati
marmi
di
Taormina,
policromi
e
screziati.
Nei
due
lati
della
facciata
ci
sono
due
finte
colonne
poggianti
su
alte
basi,
i
cui
capitelli
sostengono
un
architrave
a
più
rifasci,
sopra
il
quale
la
facciata
termina
imitando
il
frontone
del
tempio
greco,
con
al
centro
una
decorazione
ovale
in
forma
di
corona
o
ghirlanda.
Al
colmo
della
facciata
c’è
una
croce
in
ferro
battuto
decorata
con
raggi
all’incrocio
dei
due
bracci.
La
chiesa
è
preceduta
da
un
ampio
cortile
o
mattonellato
con
mattoni
d’argilla
rossa,
e
recintato
da
dieci
arcate
a
tutto
sesto
in
muratura,
e
alla
base
di
ogni
arcata,
fra
pilastro
e
pilastro,
ci
sono
dei
grandi
blocchi
di
pietra
di
Taormina,
che
fungono
da
rustici
sedili
e
che
certamente
facevano
parte
dell’antico
tempio,
come
è
pure
pensabile
che
anche
il
tempio
greco
fosse
preceduto
da
questa
spianata
antistante,
che
serviva
come
luogo
di
raccolta
dei
pellegrini,
in
attesa
di
entrare
nel
tempio
per
assistere
alle
sacre
cerimonie.
Questa
destinazione
del
cortile
è
durata
fino
ai
nostri
giorni;
infatti,
al
centro
della
spianata
c’è
una
botola
in
pietra
di
Taormina,
in
cui
veniva
fissato
un
palo
di
legno
che
sosteneva
una
grande
tenda
che
serviva
da
ricovero
per
i
fedeli
di
S.
Pancrazio
che
venivano
in
pellegrinaggio
dalla
Calabria
fino
al
1
940,
dopo
di
che
questa
tradizione
scomparve,
in
seguito
agli
eventi
bellici
della
seconda
Guerra
Mondiale.

La
facciata
sud,
che
ha
incorporato
e
conservato
fino
a
noi
il
muro
della
cella
del
tempio
di
Giove
Serapide
mostra
tre
comuni
finestre
che
furono
aperte
nella
facciata
sopraelevata
alla
fine
del
sec.
XVII.
A
sinistra
della
facciata
principale
si
apre
l’ingresso
alla
Sagrestia
preceduta
da
un
piccolo
cortile
adiacente
alla
facciata
nord
in
cui
sono
visibili
altri
blocchi
squadrati
di
calcare
taorminese
dell’alto
muro
della
cella
dell’antico
tempio.
Sopra
la
sagrestia
e
in
posizione
arretrata
rispetto
alla
facciata
principale
della
chiesa
s’innalza
il
campanile,
il
cui
pianterreno
costituisce
la
Sagrestia;
la
sua
parte
mediana
è
costruita
con
blocchi
squadrati
di
pietra
di
Taormina,
con
un
oblò
aperto
in
ognuna
delle
quattro
facciate.
La
parte
superiore
del
campanile
è
decorata
da
quattro
archi
a
tutto
sesto,
uno
per
ogni
lato
con
stipiti,
archi
e
chiavi
d’arco
in
pietra
di
Taormina,
che
costituiscono
le
aperture
a
cielo
aperto
della
camera
campanaria,
in
cui
sono
alloggiate
le
campane.
Infine,
sopra
un
ricco
architrave
quadrato,
s’innalza
una
cupola
decorata
anch’essa
da
quattro
piccole
aperture
ad
arco,
una
per
lato,
e
sopra
di
essa,
che
è
esagona1e,
c’é
una
cupoletta,
pure
esagonale
e
con
quattro
piccole
aperture
ad
arco,
sormontata
da
una
sfera
di
pietra,
in
cui
è
infissa
una
piccola
bandiera
in
ferro
battuto
girevole,.
con
funzione
decorativa
e
di
segnavento,
cioè
che
gira
su
se
stessa,
in
senso
orario
o
antiorario,
a
secondo
del
vento.
Ai
quattro
angoli
della
base
della
cupola
c’é
un
motivo
a
doppia
voluta,
come
una
essa
coricata,
che
è
ripetuto
in
cima
ai
pilastri
del
cancello
in
ferro
battuto
che
immette
nel
cortile
antistante
la
chiesa.
Anche
nella
torre
campanaria
siamo
in
pieno
stile
barocco,
pur
con
la
sobrietà
delle
reminiscenze
dell’arte
classica.
Entrando
in
chiesa,
sopra
il
portale
c’è
il
soppalco
con
l’organo,
dove
prendeva
posto
il
coro
durante
i
solenni
pontificali
con
messa
cantata,
ed
esso
è
recintato
da
una
ringhiera
in
ferro
battuto.
Sul
primo
altare
minore
a
destra
entrando,
c’è
il
quadro
con
tela
ad
olio
che
rappresenta
il
martirio
del
Vescovo
S.
Nicone
e
dei
suoi
99
monaci,
uccisi
nella
contrada
Scimandra,
presso
Castelmola,
durante
le
persecuzioni
contro
i
Cristiani.
S.
Nicone
era
un
sacerdote
napoletano,
che
coi
suoi
99
monaci
era
venuto
a
stabilirsi
presso
il
fiume
Akesines
(Alcantara)
ed
ora
poi
diventato
Vescovo
di
Taormina.
Sul
secondo
altare
minore
a
destra
entrando,
c’è
il
quadro
con
tela
ad
olio
che
rappresenta
S.
Pietro
che
consacra
Vescovo
S.
Massimo,
successore
di
S.
Pancrazio
nella
Diocesi
di
Taormina.
Sul
primo
altare
minore
a
sinistra
entrando,
c’è
il
quadro
con
tela
ad
olio,
che
rappresenta
il
martirio
di
S.
Procopio,
la
cui
statua
è
posta
all’esterno,
a
destra
del
portale,
il
quale
era
il
Vescovo
dì
Taormina
al
momento
della
conquista
della
città
da
parte
dei
Saraceni,
il
cui
capo
lbrahim-ibn-Ahmed
lo
fece
suppliziare
mediante
l’estirpazione
del
cuore,
perché
non
aveva
voluto
abiurare
la
sua
fede
cristiana
e
convertirsi
all’islamismo;
assieme
a
lui
furono
suppliziati
mediante
decapitazione
i
suoi
chierici.
Sul
secondo
altare
minore
a
sinistra
entrando,
c’è
un
grande
Crocifisso
di
cartapesta
o
cartone
romano.
Fra
il
primo
ed
il
secondo
altare
minore
a
destra
entrando,
c’è
un
affresco
raffigurante
il
Vescovo
Teofane
Cerameo
mentre
pronunzia
una
sua
omelia,
di
cui
sono
riprodotti
alcuni
passi;
Teofane
Cerameo
fu
l’ultimo
Vescovo
di
Taormina
nel
sec.
XI,
quando
la
sede
vescovile
fu
abolita
dai
Normanni.
In
cima
alla
grande
arcata
a
tutto
sesto
che
precede
ed
incornicia
l’altare
maggiore
c’è
la
seguente
iscrizione:
“Ego
primus
et
absque
me
non
est
Deus”
cioè
“Io
sono
il
primo
e
sono
l’ultimo,
e
fuori
di
me
non
v’è
Dio”
(Isaia,
44,
6).
Una
bassa
ringhiera
in
ferro
battuto
immette
all’altare
maggiore,
ricco
di
marmi
policromi
di
Taormina,
con
ai
lati
due
colonne
di
stile
jonico,
uguali
alle
quattro
che
adornano
il
portale
esterno.
In
cima
all’altare
ci
sono
Otto
angeli,
quattro
per
lato,
e
al
centro
c’è
il
busto
di
Dio
benedicente
con
la
destra
e
che
s’erge
tra
le
nuvole,
sotto
la
figura
di
Dio
c’è
la
Madonna
col
Bambino.
A
destra
dell’altare
maggiore
c’è
l’affresco
che
rappresenta
il
martirio
di
S.
Pancrazio
per
mano
del
gentile
(pagano)
Arcagano,
durante
un
convito
a
cui
il
Santo
era
stato
invitato,
essendo
assente
dalla
città
il
Prefetto
Bonifacio,
che
S.
Pancrazio
aveva
convertito
al
Cristianesimo.
A
sinistra
dell’altare
maggiore
c’è
l’affresco
raffigurante
lo
sbarco
di
S.
Pancrazio
a
Naxos,
mentre
i
templi
pagani
crollano,
nell’anno
40
d.C.,
sotto
l’impero
di
Caligola
(3741
d.C.),
mentre
il
suo
martirio
avvenne
nell’anno
100,
sotto
l’impero
di
Traiano
(98-117
d.C.).
A
destra
dell’altar
maggiore
c’è
la
sedia
pontificale,
in
forma
di
poltrona
dorata
di
velluto
rosso,
stile
Luigi
XIV;.
dietro
la
sedia
c’è
lo
stendardo
della
Congregazione
di
S.
Pancrazio,
decorato
con
filigrana
d’argento
e
realizzato
nel
1870,
in
cui
è
riprodotto
lo
stemma
della
Confraternita
con
la
mitria
ed
il
bastone
pastorale,
le
insegne
vescovili
di
S.
Pancrazio.
Sopra
e
dietro
l’altar
maggiore
c’è
la
grande
nicchia
in
cui
è
alloggiata
la
statua
di
S.
Pancrazio
Antiocheno,
seduto
sulla
sua
“vara”,
cioè
il
fercolo
o
portantina,
con
cui
viene
solennemente
portato
in
processione
durante
i
festeggiamenti
in
suo
onore
il
9
luglio.
La
statua
di
S.
Pancrazio
è
di
cartapesta
o
cartone
romano,
ed
è
decorata
con
oro
zecchino;
il
Santo,
scuro
in
viso
come
i
Siriaci
o
Siriani,
è
rappresentato
seduto,
con
la
destra
benedicente
e
con
la
sinistra
che
tiene
il
bastone
pastorale.
La
sua
“Vara”
e
rettangolare,
con
sei
colonnine
che
sostengono
sei
archi,
due
per
ogni
lato
lungo
e
uno
per
ogni
lato
corto.
La
Vara,
fatta
con
legno
di
arbanello
e
cipresso
nel
1885
costò
765
lire
senza
l’oro
zecchino
e
ne
fu
costruttore
il
falegname
Nicolò
Cozzo
Il
pavimento
della
chiesa
è
ricco
dei
marmi
policromi
di
Taormina
che
creano
una
bella
scenografia
se
guardato
dall’alto,
come
dal
soppalco
dell’organo
a
canne.
Subito
dopo
il
portale
entrando,
c’è
sul
pavimento
una
grande
lapide
molto
decorata
con
intarsi
dei
variopinti
marmi
di
Taormina
che
formano
ricchi
motivi
floreali,
fra
cui
spicca
per
la
sua
lugubrità
un
teschio
alato,
come
un
pipistrello,
di
marmo
rosa.
Sul
pavimento,
poco
prima
della
balaustrata
in
ferro
battuto
che
immette
all’altare
maggiore,
c’è
una
lapide
molto
decorata
con
intarsi
di
marmi
policromi,
avente
al
centro
uno
stemma
con
due
stelle
divise
da
una
banda
dentellata
e
con
un
fiordaliso
in
basso,
e
con
quattro
teschi
agli
angoli,
su
cui
c’è
la
seguente
iscrizione:
“Pregate
per
me
povero
peccatore
mori
l’anno
1696
a
XIX
Luglio”.
Si
tratta
chiaramente
della
tomba
di
un
nobile,
che
potrebbe
essere
identificato
dallo
stemma
del
suo
Casato
riprodotto
sulla
lapide
tombale.
Sulla
lapide
della
tomba
comune
della
Confraternita
di
S.
Pancrazio
c’è
anche
lo
stemma
di
questa
Congregazione,
rappresentante
una
mitria
e
un
bastone
pastorale,
cioè
le
insegne
della
dignità
vescovile,
essendo
stato
S.
Pancrazio
il
primo
Vescovo
di
Taormina
e
della
Sicilia.
Subito
dopo
la
tomba
della
Confraternita,
al
centro
del
pavimento
c’è
una
grande
stella
in
marmo
verde
scuro,
forse
con
riferimento
alle
parole
della
lapide
“spiritus
astra
petit”,
cioè
“Lo
spirito
sale
alle
stelle.”
Una
mensola
continua
corre
tutt’intorno
lungo
le
pareti
interne
della
chiesa
sotto
il
soffitto,
e
su
questa
mensola-cornicione
sono
sistemati
a
distanza
simmetrica
16
vasi
di
legno
scolpito,
con
funzione
decorativa.
Un
piccolo
lampadario
in
ferro
battuto
e
vetro
di
Murano
scende
dal
soffitto
in
corrispondenza
della
balaustrata
in
ferro
battuto
che
immette
all’altar
maggiore,
quasi
per
una
corrispondenza
fra
due
elementi
della
stessa
natura.

La
Sagrestia,
che
come
abbiamo
detto
occupa
il
pianterreno
della
torre
campanaria.
è
composta
di
due
stanze;
nella
prima
stanza,
a
cui
si
accede
dal
cortile
esterno,
è
custodito
il
quadro
con
tela
ad
olio,
col
ritratto
di
Biagio
de
Spuches,
raffigurato
stante
e
vestito
con
la
toga
di
Presidente
del
Supremo
Tribunale,
e
decorato
con
la
croce
della
sua
alta
carica.
Nella
stessa
stanza
della
Sagrestia
in
cui
si
conserva
il
ritratto
di
Biagio
de
Spuches
e
Corvaja,
nella
parete
opposta
c’è
uno
stemma
di
Taormina,
pittura
su
legno,
con
la
centauressa
che
tiene
in
ogni
mano
una
triplice
torre;
ritorna
anche
qui
la
raffigurazione
barocca
dell’emblema
della
città,
che
anziché
col
centauro,
viene
rappresentato
con
la
centauressa,
forse
per
un
omaggio
al
gentil
sesso,
come
nel
fastigio
della
Fontana
di
piazza
Duomo.
In
questa
stanza
si
conserva
anche
la
vecchia
“Vara”
del
Santo
Patrono,
che
fu
sostituita
con
quella
fatta
dall’artigiano
Nicolò
Cozzo
nel
1885.
Nella
seconda
stanza
della
Sagrestia,
che
è
in
corrispondenza
dell’altar
maggiore
e
a
cui
si
accede
anche
dall’interno
della
chiesa,
c’è
un’artistica
fontana
in
marmo
di
Taormina,
incassata
in
una
nicchia
ad
arco,
con
un
putto
che
sorregge
una
vaschetta
di
marmo
rosso
a
forma
di
conchiglia,
e
con
una
maschera
fontanaria
in
forma
di
stemma
una
testa
di
angelo
funge
da
chiave
dell’arco
che
circonda
la
fontana.
Al
centro
di
questa
seconda
stanza
c’è
una
botola
in
marmo
rosa
di
Taormina.
probabilmente
la
bocca
di
un
antico
pozzo
per
la
raccolta
dell’acqua
piovana.
Gli
uomini,
infatti,
pur
cambiando
usi,
costumi
e
religione,
sogliono
mantenere
le
tradizioni
antiche
e
continuano
a
fare
ciò
che
i
predecessori
facevano.
Poiché
Giove
era
il
più
importante
dio
nella
religione
politeistica
greco-romana,
le
rovine
del
suo
tempio
furono
trasformate
nella
chiesa
di
s.
Pancrazio,
che
è
il
più
importante
Santo
e
il
Protettore
della
città.
Possiamo
congetturare
che
la
prima
chiesa
di
S.
Pancrazio
fu
costruita
sulle
rovine
del
tempio
greco
al
tempo
della
dominazione
bizantina
in
Sicilia,
cioè
fra
il
VI
ed
il
IX
secolo,
dato
che
sembra
che
fino
all’occupazione
araba
di
Taormina,
avvenuta
il
10
agosto
del
902,
esisteva
ancora
nella
chiesa
la
tomba
del
Santo,
sulla
quale
pronunciava
le
sue
omelie
il
Vescovo
Gregorio
Cerameo,
che
visse
nel
sec.
IX,
ed
ora
si
conservano
a
Roma
le
reliquie
del
Santo,
con
la
seguente
iscrizione:
“Die
XI
Aprilis
MDCXXVI,
consecratum
fuit
hoc
altare
in
honorem
S.
Pancratii
Martyris,
in
quo
pariter
inclusum
est
Corpus
S.
Pancratii
Episcopi
et
Martyris”,
si
deve
pensare
che
le
reliquie
del
Patrono
di
Taormina
furono
portate
a
Roma
prima
che
i
Saraceni
s
impossessassero
della
città.
- Palazzo
Corvaja

All'inizio
del
corso
Umberto
I,
la
via
principale
di
Taormina
si
trova
l'incantevole
costruzione
tardo-gotica
del
palazzo
Corvaja.
La
sua
prima
edificazione
si
ebbe
in
epoca
araba
(XI
sec.),
durante
il
quale
fu
costruita
la
prima
torre
del
palazzo
a
forma
di
cubo.
Questo
fu
poi
ampliato
nel
XIV
e
XV
secolo
assumendo
la
conformazione
attuale,
nel
quale
si
può
notare
la
matrice
araba
mischiata
ad
influenze normanne, gotiche, catalane e chiaramontani.
Quando
gli
Arabi
presero
Taormina
ne
consolidarono
le
fortificazioni
e
diedero
alla
città
il
nome
di
"Al-Moezzin".
Ai
margini
del
foro,
ed
al
posto
di
alcune
sue
precedenti
strutture,
essi
costruirono
un
edificio
a
forma
di
cubo:
una
torre
araba.
Sembra
che
questa
torre
avesse
due
piani,
ma
che
solo
sul
secondo
di
questi
si
aprisse
una
bifora
oggi
parzialmente
restaurata.
Nel
1411
il
palazzo
fu
sede
del
Parlamento
siciliano
che
alla
presenza
della Regina
Bianca
di
Navarra,
reggente
del
regno
di
Sicilia
elesse
il Re.
Dalla
fine
del
XV
sec.
e
per
tutta
la
metà
del
XVI,
il
palazzo
divenne
proprietà
di
Rosso
d'Altavilla
e
quindi
dei
Cerami.
Vi
si
trova
anche
scolpito
un
blasone
con
tre
stelle
che
sembra
appartenesse
alla
nobile
famiglia
dei
Termes.
Il
palazzo
venne
poi
abitato
dalla
potente
famiglia
Corvaja,
dal
quale
prese
il
nome,
fino
alla
seconda
guerra
mondiale.
Sulla
facciata
si
possono
ammirare
diverse
incisioni
che
evidenziano
le
scelte
morali
e
religiosi
dei
signori
che
abitarono
il
palazzo:
DEUS
DILIGERE
PRUDENTIA
EST
A
EUM
ADORARI
JUSTITIA (Nel'amare Iddio sta la prudenza, nell'adorarLo la giustizia)
PAR
DOMINUS
E
COELO
SED
MINORI
DOMINO (Una
casa
come
questa
discende
dal
cielo
ma
sotto
un
signore
minore
di
Dio)
NULLIS
IN
ADVERBIS
AB
EO
ABSTAHI
FORTITUDO
EST
NULLIS
ELLECEBRIS
EMOLIRI
TEMPERANTIA
EST
ET
IN
HIS
SUNT
ACTUS
VIRTUTUM (Nel
non
scostarsi
da
Lui
in
ogni
avversità
la
fortezza
In
non
lasciarsi
vincere
dalle
seduzioni
del
piacere
la
temperanza
Ed
in
queste
cose
si
trovano
gli
atti
delle
virtù)
ESTO
MIHI
LOCU
REFUGII (Questo
mi
sia
luogo
di
asilo).
Queste
iscrizioni
si
riferiscono
alle
quattro
virtù
morali
che
debbono
essere
possedute
dal
signore:
Fede,
Giustizia,
Fortezza,
Temperanza.
Si
trovano
sul
lato
sud-est
e
quello
nord-est
del
palazzo.
La
sua
facciata
anteriore,
che
si
affaccia
su
Piazza
Badia,
misura
circa
25
metri
ed
è
divisa
a
metà
da
una
fascia
sulla
quale
è
un'elegante
cornice.
La
fascia
viene
divisa
da
due
liste
di
pietra
nera
incastonati
da
quadrati
bianchi
al
cui
interno
si
trovano
parecchie
iscrizioni.
Sopra
la
fascia
si
trovano
quattro
finestre
bifore
ad
arco
acuto
sostenute
nel
mezzo
da
una
colonnina
sottile.
Ancora
più
in
alto,
nel
terzo
piano,
si
vedono
tre
finestrine
ad
arco
pigiato.
Sul
lato
sud-ovest
si
apre
la
porta
d'ingresso
che
immette
in
un
cortile
dove
si
trova
una
scalinata
che
porta
al
primo
piano
e
quindi
ad
una
saletta
d'ingresso
ed
al
magnifico
grande
salone.
Sul
davanzale
della
scala si
può
notare
un
bassorilievo
con
pannelli
scolpiti
che
rappresentano
la Creazione
di
Eva,
il Peccato
originale e
la Cacciata
dal
Paradiso.
Il
salone
che
si
trova
al
primo
piano
è
illuminato
da
sei
finestre
ed
un
tempo
era
adibito
alle
adunanze.
E'
qui
che
il
parlamento
siciliano
elesse
il
nuovo
Re.
Sulla
parte
sinistra
si
trova
un
salottino
separato
con
pregevoli
affreschi.
Al
centro
è
rappresentato
Daniele
nella
fossa
dei
leoni,
un
uomo
sorretto
da
un
angelo
che
cala
nella
fossa
del
pane
e
del
vino.
Sul
lato
sud-ovest
si
trova
l'affresco
della Madre
dei
Maccabei,
sul
lato
sud-est
quello
di Assuero
ed
Ester
con
patibolo
preparato
da
Aman
per
Mardoche,
mentre
sul
lato
nord-est La
fuga
in
Egitto.
Alla
fine
della
seconda
guerra
mondiale,
il
palazzo
versava
in
condizioni
pietose
ed
era
stato
occupato
da
alcune
famiglie
che
vi
si
erano
stabilite.
Il
primo
sindaco
del
dopoguerra
fece
espropriare
il
palazzo
e
per
tre
anni
si
procedette
al
restauro
completo
ad
opera
dell'architetto
napoletano Armando
Dillon.
Oggi
Palazzo
Corvaja
ospita
il Museo
Siciliano
di
Arte
e
Tradizioni
Popolari ed
anche
l'ufficio
informazioni
turistico.
Chiesa
di
Santa
Caterina
d'Alessandria
Vicino
al
Palazzo
Corvaja,
e
situata
in
parte
sulle
fondamenta
dell'Odeon
ed
in
parte
sul
basamento
di
un
tempio
ellenistico
troviamo
la
chiesa
di
Santa
Caterina.
Ai
religiosi
dell'Ordine
dei
frati
minori
cappuccini
all'arrivo
a
Taormina
verso
la
metà
del XVI
secolo fu
concessa
la
chiesa
di
Santa
Caterina
da
Messina
fuori
le
mura
ove
costruirono
il
loro
convento.
Nel
1559
col
consenso
dell'arcivescovo Pedro
Ruiz
de
Valdevexo è
posta
in
vendita
con
lo
scopo
di
ricavare
proventi
e
finanziare
i
lavori
di
costruzione
del
nuovo
tempio.
La
transazione
è
documentata
il
27
aprile
1610.
La
chiesa
di
Santa
Caterina
"intra-moenia"
fu
costruita
nella
prima
metà
del XVII
secolo in stile
barocco,
edificata
sulle
rovine
di
un
piccolo
teatro
romano,
l'Odeon,
distruggendo
parzialmente
l'orchestra
e
la
scena
che
consisteva
nel
colonnato
meridionale
di
un
ancor
più
primitivo
tempio
greco
dedicato
ad Afrodite.
Chiesa
che
ora
prende
il
nome
dall'antica
famiglia
Di
Nuzzo,
ad
oggi
la
proprietaria
è
Caterina
Di
Nuzzo,
famosa
per
il
suo
alto
tenore
di
vita
Rimasta
chiusa
per
circa
40
anni
in
stato
di
precarietà,
la
chiesa
di
Santa
Caterina
d'Alessandria
è
stata
restaurata
e
riaperta
al
culto
il
25
novembre
del
1977.
Nella
chiesa
c’è
una
statua
in
marmo
di
S.
Caterina
d’Alessandria
che
alla
base
porta
la
data
MCCCCLXXXXIII
(1493);
la
statua
è
piccola
e
tozza,
e
rappresenta
la
Santa
che
tiene
nella
mano
destra
la
palma
del
martirio
e
nella
sinistra
un
libro
aperto,
che
indica
la
sua
condizione
di
nobildonna
colta
e
profonda
in
filosofia.
Oltre
che
la
palma,
la
sua
destra
tiene
la
spada
con
cui
uccide
un
essere
demoniaco
che,
supino
ai
suoi
piedi,
cerca
di
allontanare
dalla
sua
gola
la
lama
della
spada;
certo
questo
dèmone
rappresenta
i
suoi
persecutori,
su
cui
la
Santa
ha
trionfato
dando
testimonianza
della
sua
fede
cristiana.
La
Statua
porta
la
data
del
1493.

Un’altra
statua
della
Santa
è
posta
all’esterno
sulla
facciata,
sopra
il
portale,
in
una
nicchia
con
ai
lati
due
angioletti
sdraiati
lateralmente
sopra
i
monconi
del
frontone
spezzato
che
sovrasta
il
portale:
questa
seconda
statua
di
S.
Caterina
d’Alessandria,
rappresentata
come
l’altra
con
la
spada
nella
mano
destra
e
la
palma
del
martirio
nella
sinistra,
e
con
in
più
una
corona
in
testa,
è
attribuita
allo
scultore
Paolo
Greco
che
la
fece
nel
1705.
Lo
stile
architettonico
della
chiesa
è
chiaramente
barocco,
data
l’epoca
in
cui
fu
costruita,
cioè
il
600,
in
cui
nacque
e
si
affermò
questo
stile.
Un
bel
portale
fatto
con
marmo
rosa
di
Taormina,
sia
negli
stipiti
che
nell’architrave,
si
apre
nella
facciata,
ed
è
ornato
ai
lati
da
due
colonne
con
alte
basi
e
capitelli
di
stile
corinzio
che
sostengono
un
frontone
spezzato,
anche
questi
in
marmo
rosa
di
Taormina.
Sopra
il
portale
c’è
la
statua
della
Santa
Alessandrina
con
i
due
angioletti
ai
lati,
e
ancora
più
in
alto
si
apre
una
finestra
molto
elaborata,
i
cui
stipiti
sono
decorati
da
due
cariatidi
poste
in
cima
ad
essi,
mentre
l’architrave
riproduce
il
frontone
di
un
tempio
greco;
è
questo
un
altro
motivo
di
ispirazione
derivante
dall’esistenza
in
loco
del
tempio
greco,
che
pensiamo
fosse
dedicato
ad
Afrodite
(Venere),
a
causa
delle
conchiglie
che
ornano
la
facciata
della
Sagrestia.
Un
mini
campanile,
incorporato
nella
facciata,
decora
lo
spigolo
alto
a
sinistra
di
essa
e
mostra
una
sola
campana.
A
sinistra
del
portale
principale
si
apre
la
porta
della
sagrestia,
la
cui
bassa
facciata
è
decorata
da
due
finestrelle-oblò
ornate
da
conchiglie
marine,
mentre
altre
due
conchiglie
arricchiscono
l’architrave
della
porta.
In
alto,
questa
bassa
facciata
della
Sagrestia
mostra
un
pannello
a
bassorilievo
raffigurante
due
figure
sotto
una
croce,
ed
il
bassorilievo
è
rovinato
dal
tempo,
per
cui
non
si
capisce
il
significato
della
rappresentazione.
Tutte
le
aperture
di
questa
facciata,
come
pure
il
bassorilievo,
sono
realizzate
in
pietra
di
Siracusa,
che
è
una
dolce
pietra
calcarea
di
color
paglierino
che,
con
l’andar
del
tempo
si
deteriora
sotto
l’azione
degli
agenti
atmosferici.
L'interno
della
chiesa
è
ad
una
sola
navata,
con
soffitto
a
capriata
di
travi
di
legno.
L’altare
maggiore
ha
la
parte
fatto
coi
policromi
marmi
di
Taormina,
mentre
quella
superiore
è
in
legno
intarsiato
e
pitturato,
secondo
la
tradizione
delle
“Pale
d’Altare”,
raffiguranti
Madonne
e
Santi,
ed
è
originale
del
600.
A
destra
e
a
sinistra
dell’altare
maggiore
ci
sono
due
altari
minori,
ognuno
dei
quali
è
adornato
da
due
colonne
a
tortiglione
di
gesso,
che
ripetono
il
motivo
del
frontone
spezzato
del
portale
principale
e
che
mostrano
in
cima
ad
ognuna
un
angioletto
in
posizione
inneggiante.
Anche
l’altar
maggiore
è
decorato
da
due
colonne
a
tortiglione
di
gesso
che
recano
in
cima
i
soliti
angioletti,
che
costituiscono
uno
dei
motivi
decorativi
dell’architettura
di
questa
chiesa
barocca.

Quattro
grandi
quadri
ad
olio
decorano
i
due
altari
minori
e
le
due
pareti
laterali.
Al
di
sotto
del
portale
principale
c’è
una
bella
cripta
che
è
stata
messa
in
luce
durante
il
recente
restauro,
in
cui
anticamente
venivano
sepolti
e
conservati
come
mummie
i
cadaveri
di
persone
importanti,
mentre
un
grande
ossario
fungeva
da
tomba
comune
sotto
il
pavimento
della
chiesa.
Una
brillante
campagna
di
scavi
fu
condotta
proprio
al
di
sotto
del
pavimento
della
Chiesa.
Ed
il
risultato
più
importante
di
questo
lavoro
fu
la
scoperta
delle
sezioni
sovrapposte
di
tre
strade
che
appartengono
a
tre
diversi
periodi
storici.
Lo
strato
inferiore,
fatto
di
pietre
appena
squadrate,
risale
al
periodo
greco;
il
secondo,
è
un
tipico
selciato
romano
perfettamente
levigato;
l'ultimo
e
sovrastante
strato,
è
un
rozzo
acciottolato
medioevale.
Una
volta
ultimati
i
lavori
il
pavimento
della
chiesa
fu
ripristinato,
fatta
eccezione
per
una
piccola
porzione
che
mostra
il
meglio
degli
scavi:
una
finestra
su
quindici
secoli
di
storia!
Dietro
la
Chiesa
c'è
un'altra
sorpresa:
il
secondo
e
più
piccolo
teatro
di
Taormina.
L'Odeon
o
"teatrino
romano".
Alcune
ricerche
storiche
hanno
dimostrato
che
esso
cominciò
ad
essere
usato
contemporaneamente
all'Anfiteatro
romano.
Comunque
sia,
il
"Teatrino"
fu
ideato
esclusivamente
per
la
musica
e
le
rappresentazioni
drammatiche.
Quello
che
oggi
si
può
vedere
sono
i
sedici
ordini
di
gradinate
con
al
di
sopra
i
resti
di
una
sovrastante
galleria
che
doveva
essere
retta
da
pilastri
o
colonne.
Ci
vuol
poco
tuttavia,
ad
immaginarsi
in
perfette
condizioni
questo
elegante
piccolo
edificio
la
cui
scena
poggia
sul
basamento
di
un
antico
tempio
greco
probabilmente
di
epoca
Geroniana
di
cui
possiamo
ancora
vedere
buona
parte
dello
stereobate
costruito
in
marmo
di
Taormina.
Sul
lato
sud
si
trova
un
triplice
ordine
di
gradini
sempre
d'origine
greca
e
nell'angolo
occidentale,
parte
di
una
colonna.
Sono
questi,
insieme
a
pochi
altri
frammenti,
ed
a
parte
del
muro
della
Chiesa
di
San
Pancrazio
ed
alle
fondamenta
del
Teatro
Greco,
gli
ultimi
resti
della
città
ellenica.

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Agosto
2019
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