Taormina
(Messina)

   

E ora percorriamo la strada costiera lungo quel mare scintillante, per affrontare poi la salita che ci condurrà a Taormina. Questa è una strada a tornanti che si arrampica sul fianco del Monte Tauro con ai bordi le ville immerse nel verde ombroso dei palmizi ed ornate dai colori brillanti degli Hibiscus e delle Boungainvillea. Ad ogni curva ci si presenta un panorama diverso: l'Etna minacciosa ed incappucciata dalle sue nevi quasi perenni, emette un pennacchio di fumo nel cielo appena un po' meno azzurro del mare intorno.  Sulla strada ci si imbatte in interessanti resti archeologici; una necropoli musulmana databile intorno al 1000 d.C. e consistente in "loculi" o nicchie sepolcrali costruite una sull'altra. Nei pressi si trova pure la piccola chiesa di San Pietro e Paolo fuori le mura, particolarmente interessante perché, benché sia stata costruita nel XIV secolo, essa occupa lo stesso perimetro di un antico tempio greco. Fra il 1732 ed il 1742, Biagio de Spuches duca di Santo Stefano, condusse sul posto una campagna di scavi rinvenendo un certo numero di interessanti reperti archeologici ivi compresa una splendida testa di Zeus. Molti di questi reperti furono murati dal duca nelle pareti del cortile del suo palazzo, oggi l'Hotel Metropole di Taormina.

La piccola chiesa costruita in onore del Santo patrono di Taormina, San Pancrazio, sarà la prima sosta. La Chiesa di San Pancrazio sorge sulle rovine del tempio greco di Giove Serapide. Tratti di muri della cella del tempio sono stati incorporati nella chiesa, si vedono ancora ben 12 file di blocchi di pietra di Taormina e sovrapposti senza l’ausilio di calce, mentre nel muro nord si vedono blocchi superstiti della cella del tempio. Oggi, questi superstiti blocchi di calcare taorminese, fanno parte integrante dei muri nord e sud della Chiesa. Il tempio di Giove Serapide, il cui frontone era rivolto ad oriente, si pensa che fosse un tempio esastilo, cioè con sei colonne sorreggenti il frontone, le quali formavano un portico antistante la cella del tempio, in cui era custodito il simulacro della divinità; questo tipo di tempio è chiamato “in antis” dagli archeologi, che vuol dire con una parte coperta davanti. Nel cortile della chiesa è ancora oggi visibile uno spezzone di colonna di granito grigio, che venne alla luce durante i lavori di sistemazione e pavimentazione del cortile stesso.

L’architettura della chiesa di S. Pancrazio è di stile barocco ed essa risale alla seconda metà del 1600, quando la preesistente più piccola fabbrica fu ristrutturata e la chiesa ingrandita, sia in altezza che in lunghezza. Infatti, sulla facciata sud che incorpora il muro della cella del tempio greco, sono ancora visibili le primitive finestre che sono state murate, lasciando in loco davanzali, stipiti e architravi.

La facciata principale della chiesa è rivolta ad est e mostra un monumentale portale, a cui si accede attraverso una breve gradinata composta di quat­tro ordini di gradini in pietra di Taormina. Il portale ha stipiti ed architrave in pietra di Taormina ed è ornato da due colonne dì stile jonico per ogni lato, le quali poggiano su alte basi ed i cui capitelli sostengono un pesante architrave, fatto di sporgenze e rientranze. Fra le due colonne di destra c’è la statua S. Procopio, rappresentato con l’abito talare e con la mitria in testa, e con il suo cuore nella mano destra alzata, a significare il tipo di martirio che egli subì. Infatti, S. Procopio era il Vescovo di Taormina al tempo della conquista araba di Taormina, che cadde sotto i Saraceni il 1 agosto 902, ed il
santo Prèsule fu martirizzato mediante l’estirpazione del cuore.

Fra le due colonne di sinistra c’è la statua di un altro Santo Vescovo, presumibilmente S. Massimo, che fu il successore di S. Pancrazio, mentre io penso per logica, che sia la statua di S. Pancrazio, essendo la chiesa a lui intitolata; pure S. Pancrazio è rappresentato con l’abito talare e le insegne della sua dignità vescovile cioè i e bastone pastorale nella mano sinistra, mentre la destra è atteggiata ad un gesto di protezione. Questo portale barocco è fatto in ogni sua parte con i rinomati marmi di Taormina, policromi e screziati. 

Nei due lati della facciata ci sono due finte colonne poggianti su alte basi, i cui capitelli sostengono un architrave a più rifasci, sopra il quale la facciata termina imitando il frontone del tempio greco, con al centro una decorazione ovale in forma di corona o ghirlanda. Al colmo della facciata c’è una croce in ferro battuto decorata con raggi all’incrocio dei due bracci.

La chiesa è preceduta da un ampio cortile o mattonellato con mattoni d’argilla rossa, e recintato da dieci arcate a tutto sesto in muratura, e alla base di ogni arcata, fra pilastro e pilastro, ci sono dei grandi blocchi di pietra di Taormina, che fungono da rustici sedili e che certamente facevano parte dell’antico tempio, come è pure pensabile che anche il tempio greco fosse preceduto da questa spianata antistante, che serviva come luogo di raccolta dei pellegrini, in attesa di entrare nel tempio per assistere alle sacre cerimonie. Questa destinazione del cortile è durata fino ai nostri giorni; infatti, al centro della spianata c’è una botola in pietra di Taormina, in cui veniva fissato un palo di legno che sosteneva una grande tenda che serviva da ricovero per i fedeli di S. Pancrazio che venivano in pellegrinaggio dalla Calabria fino al 1 940, dopo di che questa tradizione scomparve, in seguito agli eventi bellici della seconda Guerra Mondiale.

La facciata sud, che ha incorporato e conservato fino a noi il muro della cella del tempio di Giove Serapide mostra tre comuni finestre che furono aperte nella facciata sopraelevata alla fine del sec. XVII. A sinistra della facciata principale si apre l’ingresso alla Sagrestia preceduta da un piccolo cortile adiacente alla facciata nord in cui sono visibili altri blocchi squadrati di calcare taorminese dell’alto muro della cella dell’antico tempio. Sopra la sagrestia e in posizione arretrata rispetto alla facciata principale della chiesa s’innalza il campanile, il cui pianterreno costituisce la Sagrestia; la sua parte mediana è costruita con bloc­chi squadrati di pietra di Taormina, con un oblò aperto in ognuna delle quattro facciate.

La parte superiore del campanile è decorata da quattro archi a tutto sesto, uno per ogni lato con stipiti, archi e chiavi d’arco in pietra di Taormina, che costituiscono le aperture a cielo aperto della camera campanaria, in cui sono alloggiate le campane.

Infine, sopra un ricco architrave quadrato, s’innalza una cupola decorata anch’essa da quattro piccole aperture ad arco, una per lato, e sopra di essa, che è esagona1e, c’é una cupoletta, pure esagonale e con quattro piccole aperture ad arco, sormontata da una sfera di pietra, in cui è infissa una piccola bandiera in ferro battuto girevole,. con funzione decorativa e di segnavento, cioè che gira su se stessa, in senso orario o antiorario, a secondo del vento. Ai quattro angoli della base della cupola c’é un motivo a doppia voluta, come una essa coricata, che è ripetuto in cima ai pilastri del cancello in ferro battuto che immette nel cortile antistante la chiesa. Anche nella torre campanaria siamo in pieno stile barocco, pur con la sobrietà delle reminiscenze dell’arte classica.

Entrando in chiesa, sopra il portale c’è il soppalco con l’organo, dove prendeva posto il coro durante i solenni pontificali con messa cantata, ed esso è recintato da una ringhiera in ferro battuto.

Sul primo altare minore a destra entrando, c’è il quadro con tela ad olio che rappresenta il martirio del Vescovo S. Nicone e dei suoi 99 monaci, uccisi nella contrada Scimandra, presso Castelmola, durante le persecuzioni contro i Cristiani. S. Nicone era un sacerdote napoletano, che coi suoi 99 monaci era venuto a stabilirsi presso il fiume Akesines (Alcantara) ed ora poi diventato Vescovo di Taormina.

Sul secondo altare minore a destra entrando, c’è il quadro con tela ad olio che rappresenta S. Pietro che consacra Vescovo S. Massimo, successore di S. Pancrazio nella Diocesi di Taormina.

Sul primo altare minore a sinistra entrando, c’è il quadro con tela ad olio, che rappresenta il martirio di S. Procopio, la cui statua è posta all’esterno, a destra del portale, il quale era il Vescovo dì Taormina al momento della conquista della città da parte dei Saraceni, il cui capo lbrahim-ibn-Ahmed lo fece suppliziare mediante l’estirpazione del cuore, perché non aveva voluto abiurare la sua fede cristiana e convertirsi all’islamismo; assieme a lui furono suppliziati mediante decapitazione i suoi chierici.

Sul secondo altare minore a sinistra entrando, c’è un grande Crocifisso di cartapesta o cartone romano. Fra il primo ed il secondo altare minore a destra entrando, c’è un affresco raffigurante il Vescovo Teofane Cerameo mentre pronunzia una sua omelia, di cui sono riprodotti alcuni passi; Teofane Cerameo fu l’ultimo Vescovo di Taormina nel sec. XI, quando la sede vescovile fu abolita dai Normanni. In cima alla grande arcata a tutto sesto che precede ed incornicia l’altare maggiore c’è la seguente iscrizione: “Ego primus et absque me non est Deus” cioè “Io sono il primo e sono l’ultimo, e fuori di me non v’è Dio” (Isaia, 44, 6).

Una bassa ringhiera in ferro battuto immette all’altare maggiore, ricco di marmi policromi di Taormina, con ai lati due colonne di stile jonico, uguali alle quattro che adornano il portale esterno. In cima all’altare ci sono Otto ange­li, quattro per lato, e al centro c’è il busto di Dio benedicente con la destra e che s’erge tra le nuvole, sotto la figura di Dio c’è la Madonna col Bambino.

A destra dell’altare maggiore c’è l’affresco che rappresenta il martirio di S. Pancrazio per mano del gentile (pagano) Arcagano, durante un convito a cui il Santo era stato invitato, essendo assente dalla città il Prefetto Bonifacio, che S. Pancrazio aveva convertito al Cristianesimo.

A sinistra dell’altare maggiore c’è l’affresco raffigurante lo sbarco di S. Pancrazio a Naxos, mentre i templi pagani crollano, nell’anno 40 d.C., sotto l’impero di Caligola (3741 d.C.), mentre il suo martirio avvenne nell’anno 100, sotto l’impero di Traiano (98-117 d.C.).

A destra dell’altar maggiore c’è la sedia pontificale, in forma di pol­trona dorata di velluto rosso, stile Luigi XIV;. dietro la sedia c’è lo stendardo della Congregazione di S. Pancrazio, decorato con filigrana d’argento e realizzato nel 1870, in cui è riprodotto lo stemma della Confraternita con la mitria ed il bastone pastorale, le insegne vescovili di S. Pancrazio.

Sopra e dietro l’altar maggiore c’è la grande nicchia in cui è alloggiata la statua di S. Pancrazio Antiocheno, seduto sulla sua “vara”, cioè il fercolo o portantina, con cui vie­ne solennemente portato in processione durante i festeggiamenti in suo onore il 9 luglio. La statua di S. Pancrazio è di cartapesta o cartone romano, ed è decorata con oro zecchino; il Santo, scuro in viso come i Siriaci o Siriani, è rappresentato seduto, con la destra benedicente e con la sinistra che tiene il bastone pastorale. La sua “Vara” e rettangolare, con sei colonnine che sostengono sei archi, due per ogni lato lungo e uno per ogni lato corto. La Vara, fatta con legno di arbanello e cipresso nel 1885 costò 765 lire senza l’oro zecchino e ne fu costruttore il falegname Nicolò Cozzo

Il pavimento della chiesa è ricco dei marmi policromi di Taormina che creano una bella scenografia se guardato dall’alto, come dal soppalco dell’organo a canne.

Subito dopo il portale entrando, c’è sul pavimento una grande lapide molto decorata con intarsi dei variopinti marmi di Taormina che formano ricchi motivi floreali, fra cui spicca per la sua lugubrità un teschio alato, come un pipistrello, di marmo rosa.

Sul pavimento, poco prima della balaustrata in ferro battuto che immette all’altare maggiore, c’è una lapide molto decorata con intarsi di marmi policromi, avente al centro uno stemma con due stelle divise da una banda dentellata e con un fiordaliso in basso, e con quattro teschi agli angoli, su cui c’è la seguente iscrizione: “Pregate per me povero peccatore mori l’anno 1696 a XIX Luglio”. Si tratta chiaramente della tomba di un nobile, che potrebbe essere identificato dallo stemma del suo Casato riprodotto sulla lapide tombale. Sulla lapide della tomba comune della Confraternita di S. Pancrazio c’è anche lo stemma di questa Congregazione, rappresentante una mitria e un bastone pastorale, cioè le insegne della dignità vescovile, essendo stato S. Pancrazio il primo Vescovo di Taormina e della Sicilia.

Subito dopo la tomba della Confraternita, al centro del pavimento c’è una grande stella in marmo verde scuro, forse con riferimento alle parole della lapide “spiritus astra petit”, cioè “Lo spirito sale alle stelle.”

Una mensola continua corre tutt’intorno lungo le pareti interne della chiesa sotto il soffit­to, e su questa mensola-cornicione sono sistemati a distanza simmetrica 16 vasi di legno scolpito, con funzione decorativa. Un piccolo lampadario in ferro battuto e vetro di Murano scende dal soffitto in corrispondenza della balaustrata in ferro battuto che immette all’altar maggiore, quasi per una corrispondenza fra due elementi della stessa natura.

La Sagrestia, che come abbiamo detto occupa il pianterreno della torre campanaria. è composta di due stanze; nella prima stanza, a cui si accede dal cortile esterno, è custodito il quadro con tela ad olio, col ritratto di Biagio de Spuches, raffigurato stante e vestito con la toga di Presidente del Supremo Tribunale, e decorato con la croce della sua alta carica. 

Nella stessa stanza della Sagrestia in cui si conserva il ritratto di Biagio de Spuches e Corvaja, nella parete opposta c’è uno stemma di Taormina, pittura su legno, con la centauressa che tiene in ogni mano una triplice torre; ritorna anche qui la raffigurazione barocca dell’emblema della città, che anziché col centauro, viene rappresentato con la centauressa, forse per un omaggio al gentil sesso, come nel fastigio della Fontana di piaz­za Duomo. In questa stanza si conserva anche la vecchia “Vara” del Santo Patrono, che fu sostituita con quella fatta dall’artigiano Nicolò Cozzo nel 1885.

Nella seconda stanza della Sagrestia, che è in corrispondenza dell’altar maggiore e a cui si accede anche dall’interno della chiesa, c’è un’artistica fontana in marmo di Taormina, incassata in una nicchia ad arco, con un putto che sorregge una vaschetta di marmo rosso a forma di conchiglia, e con una maschera fontanaria in forma di stemma una testa di angelo funge da chiave dell’arco che circonda la fontana. Al centro di questa seconda stanza c’è una botola in marmo rosa di Taormina. probabilmente la bocca di un antico pozzo per la raccolta dell’acqua piovana. Gli uomini, infatti, pur cambiando usi, costumi e religione, sogliono mantenere le tradizioni antiche e continuano a fare ciò che i predecessori facevano.

Poiché Giove era il più importante dio nella religione politeistica greco-romana, le rovine del suo tempio furono trasformate nella chiesa di s. Pancrazio, che è il più importante Santo e il Protettore della città. Possiamo congetturare che la prima chiesa di S. Pancrazio fu costruita sulle rovine del tempio greco al tempo della dominazione bizantina in Sicilia, cioè fra il VI ed il IX secolo, dato che sembra che fino all’occupazione araba di Taormina, avvenuta il 10 agosto del 902, esisteva ancora nella chiesa la tomba del Santo, sulla quale pronunciava le sue omelie il Vescovo Gregorio Cerameo, che visse nel sec. IX, ed ora si conservano a Roma le reliquie del Santo, con la seguente iscrizione: “Die XI Aprilis MDCXXVI, consecratum fuit hoc altare in honorem S. Pancratii Martyris, in quo pariter inclusum est Corpus S. Pancratii Episcopi et Martyris”, si deve pensare che le reliquie del Patrono di Taormina furono portate a Roma prima che i Saraceni s impossessassero della città.

Palazzo Corvaja

All'inizio del corso Umberto I, la via principale di Taormina si trova l'incantevole costruzione tardo-gotica del palazzo Corvaja.

La sua prima edificazione si ebbe in epoca araba (XI sec.), durante il quale fu costruita la prima torre del palazzo a forma di cubo. Questo fu poi ampliato nel XIV e XV secolo assumendo la conformazione attuale, nel quale si può notare la matrice araba mischiata ad influenze normanne, gotiche, catalane e chiaramontani.

Quando gli Arabi presero Taormina ne consolidarono le fortificazioni e diedero alla città il nome di "Al-Moezzin". Ai margini del foro, ed al posto di alcune sue precedenti strutture, essi costruirono un edificio a forma di cubo: una torre araba. Sembra che questa torre avesse due piani, ma che solo sul secondo di questi si aprisse una bifora oggi parzialmente restaurata.

Nel 1411 il palazzo fu sede del Parlamento siciliano che alla presenza della Regina Bianca di Navarra, reggente del regno di Sicilia elesse il Re.

Dalla fine del XV sec. e per tutta la metà del XVI, il palazzo divenne proprietà di Rosso d'Altavilla e quindi dei Cerami. Vi si trova anche scolpito un blasone con tre stelle che sembra appartenesse alla nobile famiglia dei Termes.

Il palazzo venne poi abitato dalla potente famiglia Corvaja, dal quale prese il nome, fino alla seconda guerra mondiale.

Sulla facciata si possono ammirare diverse incisioni che evidenziano le scelte morali e religiosi dei signori che abitarono il palazzo:

DEUS DILIGERE PRUDENTIA EST A EUM ADORARI JUSTITIA (Nel'amare Iddio sta la prudenza, nell'adorarLo la giustizia)

PAR DOMINUS E COELO SED MINORI DOMINO (Una casa come questa discende dal cielo ma sotto un signore minore di Dio)

NULLIS IN ADVERBIS AB EO ABSTAHI FORTITUDO EST NULLIS ELLECEBRIS EMOLIRI TEMPERANTIA EST ET IN HIS SUNT ACTUS VIRTUTUM (Nel non scostarsi da Lui in ogni avversità la fortezza In non lasciarsi vincere dalle seduzioni del piacere la temperanza Ed in queste cose si trovano gli atti delle virtù)

ESTO MIHI LOCU REFUGII (Questo mi sia luogo di asilo).

Queste iscrizioni si riferiscono alle quattro virtù morali che debbono essere possedute dal signore: Fede, Giustizia, Fortezza, Temperanza. Si trovano sul lato sud-est e quello nord-est del palazzo.

La sua facciata anteriore, che si affaccia su Piazza Badia, misura circa 25 metri ed è divisa a metà da una fascia  sulla quale è un'elegante cornice. La fascia viene divisa da due liste di pietra nera incastonati da quadrati bianchi al cui interno si trovano parecchie iscrizioni.

Sopra la fascia si trovano quattro finestre bifore ad arco acuto sostenute nel mezzo da una colonnina sottile. Ancora più in alto, nel terzo piano, si vedono tre finestrine ad arco pigiato.  

Sul lato sud-ovest si apre la porta d'ingresso che immette in un cortile dove si trova una scalinata che porta al primo piano e quindi ad una saletta d'ingresso ed al magnifico grande salone. Sul davanzale della scala si può notare un bassorilievo con pannelli scolpiti che rappresentano la Creazione di Eva, il Peccato originale e la Cacciata dal Paradiso.

Il salone che si trova al primo piano è illuminato da sei finestre ed un tempo era adibito alle adunanze. E' qui che il parlamento siciliano elesse il nuovo Re. Sulla parte sinistra si trova un salottino separato con pregevoli affreschi. Al centro è rappresentato Daniele nella fossa dei leoni, un uomo sorretto da un angelo che cala nella fossa del pane e del vino. Sul lato sud-ovest si trova l'affresco della Madre dei Maccabei, sul lato sud-est quello di Assuero ed Ester con patibolo preparato da Aman per Mardoche, mentre sul lato nord-est La fuga in Egitto.

Alla fine della seconda guerra mondiale, il palazzo versava in condizioni pietose ed era stato occupato da alcune famiglie che vi si erano stabilite. Il primo sindaco del dopoguerra fece espropriare il palazzo e per tre anni si procedette al restauro completo ad opera dell'architetto napoletano Armando Dillon.

Oggi Palazzo Corvaja ospita il Museo Siciliano di Arte e Tradizioni Popolari ed anche l'ufficio informazioni turistico.

Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria

Vicino al Palazzo Corvaja, e situata in parte sulle fondamenta dell'Odeon ed in parte sul basamento di un tempio ellenistico troviamo la chiesa di Santa Caterina. 

Ai religiosi dell'Ordine dei frati minori cappuccini all'arrivo a Taormina verso la metà del XVI secolo fu concessa la chiesa di Santa Caterina da Messina fuori le mura ove costruirono il loro convento. Nel 1559 col consenso dell'arcivescovo Pedro Ruiz de Valdevexo è posta in vendita con lo scopo di ricavare proventi e finanziare i lavori di costruzione del nuovo tempio. La transazione è documentata il 27 aprile 1610.

La chiesa di Santa Caterina "intra-moenia" fu costruita nella prima metà del XVII secolo in stile barocco, edificata sulle rovine di un piccolo teatro romano, l'Odeon, distruggendo parzialmente l'orchestra e la scena che consisteva nel colonnato meridionale di un ancor più primitivo tempio greco dedicato ad Afrodite. Chiesa che ora prende il nome dall'antica famiglia Di Nuzzo, ad oggi la proprietaria è Caterina Di Nuzzo, famosa per il suo alto tenore di vita

Rimasta chiusa per circa 40 anni in stato di precarietà, la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria è stata restaurata e riaperta al culto il 25 novembre del 1977.

Nella chiesa c’è una statua in marmo di S. Caterina d’Alessandria che alla base porta la data MCCCCLXXXXIII (1493); la statua è piccola e tozza, e rappresenta la Santa che tiene nella mano destra la palma del martirio e nella sinistra un libro aperto, che indica la sua condizione di nobildonna colta e profonda in filosofia. Oltre che la palma, la sua destra tiene la spada con cui uccide un essere demoniaco che, supino ai suoi piedi, cerca di allontanare dalla sua gola la lama della spada; certo questo dèmone rappresenta i suoi persecutori, su cui la Santa ha trionfato dando testimonianza della sua fede cristiana. La Statua porta la data del 1493.

Un’altra statua della Santa è posta all’esterno sulla facciata, sopra il portale, in una nicchia con ai lati due angioletti sdraiati lateralmente sopra i monconi del frontone spezzato che sovrasta il portale: questa seconda statua di S. Caterina d’Alessandria, rappresentata come l’altra con la spada nella mano destra e la palma del martirio nella sinistra, e con in più una corona in testa, è attribuita allo scultore Paolo Greco che la fece nel 1705. Lo stile architettonico della chiesa è chiaramente barocco, data l’epoca in cui fu costruita, cioè il 600, in cui nacque e si affermò questo stile.

Un bel portale fatto con marmo rosa di Taormina, sia negli stipiti che nell’architrave, si apre nella facciata, ed è ornato ai lati da due colonne con alte basi e capitelli di stile corinzio che sostengono un frontone spezzato, anche questi in marmo rosa di Taormina. Sopra il portale c’è la statua della Santa Alessandrina con i due angioletti ai lati, e ancora più in alto si apre una finestra molto elaborata, i cui stipiti sono decorati da due cariatidi poste in cima ad essi, mentre l’architrave riproduce il frontone di un tempio greco; è questo un altro motivo di ispirazione derivante dall’esistenza in loco del tempio greco, che pensiamo fosse dedicato ad Afrodite (Venere), a causa delle conchiglie che ornano la facciata della Sagrestia.

Un mini campanile, incorporato nella facciata, decora lo spigolo alto a sinistra di essa e mostra una sola campana.

A sinistra del portale principale si apre la porta della sagrestia, la cui bassa facciata è decorata da due finestrelle-oblò ornate da conchiglie marine, mentre altre due conchiglie arricchiscono l’architrave della porta. In alto, questa bassa facciata della Sagrestia mostra un pannello a bassorilievo raffigurante due figure sotto una croce, ed il bassorilievo è rovinato dal tempo, per cui non si capisce il significato della rappresentazione. Tutte le aperture di questa facciata, come pure il bassorilievo, sono realizzate in pietra di Siracusa, che è una dolce pietra calcarea di color paglierino che, con l’andar del tempo si deteriora sotto l’azione degli agenti atmosferici.

L'interno della chiesa è ad una sola navata, con soffitto a capriata di travi di legno. L’altare maggiore ha la parte fatto coi policromi marmi di Taormina, mentre quella superiore è in legno intarsiato e pitturato, secondo la tradizione delle “Pale d’Altare”, raffiguranti Madonne e Santi, ed è originale del 600. A destra e a sinistra dell’altare maggiore ci sono due altari minori, ognuno dei quali è adornato da due colonne a tortiglione di gesso, che ripetono il motivo del frontone spezzato del portale principale e che mostrano in cima ad ognuna un angioletto in posizione inneggiante. Anche l’altar maggiore è decorato da due colonne a tortiglione di gesso che recano in cima i soliti angioletti, che costituiscono uno dei motivi decorativi dell’architettura di questa chiesa barocca.

Quattro grandi quadri ad olio decorano i due altari minori e le due pareti laterali. Al di sotto del portale principale c’è una bella cripta che è stata messa in luce durante il recente restauro, in cui anticamente venivano sepolti e conservati come mummie i cadaveri di persone importanti, mentre un grande ossario fungeva da tomba comune sotto il pavimento della chiesa.

Una brillante campagna di scavi fu condotta proprio al di sotto del pavimento della Chiesa. Ed il risultato più importante di questo lavoro fu la scoperta delle sezioni sovrapposte di tre strade che appartengono a tre diversi periodi storici. Lo strato inferiore, fatto di pietre appena squadrate, risale al periodo greco; il secondo, è un tipico selciato romano perfettamente levigato; l'ultimo e sovrastante strato, è un rozzo acciottolato medioevale.

Una volta ultimati i lavori il pavimento della chiesa fu ripristinato, fatta eccezione per una piccola porzione che mostra il meglio degli scavi: una finestra su quindici secoli di storia! 

Dietro la Chiesa c'è un'altra sorpresa: il secondo e più piccolo teatro di Taormina. L'Odeon o "teatrino romano". Alcune ricerche storiche hanno dimostrato che esso cominciò ad essere usato contemporaneamente all'Anfiteatro romano. Comunque sia, il "Teatrino" fu ideato esclusivamente per la musica e le rappresentazioni drammatiche. Quello che oggi si può vedere sono i sedici ordini di gradinate con al di sopra i resti di una sovrastante galleria che doveva essere retta da pilastri o colonne. Ci vuol poco tuttavia, ad immaginarsi in perfette condizioni questo elegante piccolo edificio la cui scena poggia sul basamento di un antico tempio greco probabilmente di epoca Geroniana di cui possiamo ancora vedere buona parte dello stereobate costruito in marmo di Taormina. 

Sul lato sud si trova un triplice ordine di gradini sempre d'origine greca e nell'angolo occidentale, parte di una colonna. Sono questi, insieme a pochi altri frammenti, ed a parte del muro della Chiesa di San Pancrazio ed alle fondamenta del Teatro Greco, gli ultimi resti della città ellenica.

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Agosto 2019