Teatro
Greco
Siracusa
avrà
il
primo,
ma
per
la
bellezza
dello
scenario
e
la
maestosità
del
panorama,
il
Teatro
Greco
di
Taormina
è
senz'altro
il
più
splendido.
Benché
sia
chiamato
"greco",
la
maggior
parte
dei
suoi
resti
sono
romani.
Esistono
comunque,
svariati
indizi
sull'esistenza
di
un
teatro
a
Taormina
come
pure
di
un
ginnasio,
già
duecento
anni
circa
prima
di
Cristo.
Un
ulteriore
prova
dell'esistenza
di
un
teatro
greco
si
trova
nelle
fondamenta
della
"scena",
dove
enormi
blocchi
di
pietra
sono
sormontati
dalla
muratura
romana
in
terra
cotta.
I
resti
di
un
edificio
che
doveva
essere
un
tempietto
od
un
altare,
situati
fra
il
teatro
ed
il
suo
piccolo
museo,
rappresentano
un'altra
traccia
della
preesistenza
ellenica.
Come
molta
della
storia
archeologica
di
Taormina
quella
del
Teatro
greco
è
una
storia
di
cambiamenti,
saccheggi
ed
alterazioni.
Oltre
alle
radicali
trasformazioni
a
cui
i
Romani
sottoposero
il
teatro
intorno
al
primo
secolo
d.C.,
esso
subì
ulteriori
modifiche
durante
la
dominazione
araba.
Durante
il
medioevo
uno
dei
"parascenia"
fu
convertito
in
"palazzo"
e
destinato
alla
famiglia
Termes,
trasferitasi
in
Sicilia
al
seguito
della
prima
moglie
di
Federico
di
Svevia.
Fino
al
XVIII
secolo,
il
Teatro
fu
usato
come
cava
di
marmo,
per
costruire
gli
edifici
più
importanti
di
Taormina,
come
ad
esempio
la
Cattedrale
ed
il
Palazzo
dei
duchi
di
Santo
Stefano.
Fortunatamente
una
più
profonda
comprensione
delle
tradizioni
del
Teatro
Greco,
ne
ha
arrestato
il
degrado.
Un
intelligente
lavoro
di
restauro
è
stato
poi
condotto
negli
ultimi
anni,
cosicché
ora,
esso
prospera
come
incomparabile
palcoscenico
per
concerti
e
balletti.
L'auditorium
del
Teatro
Greco
ha
i
suoi
posti
a
sedere
disposti
su
nove
sezioni
che,
formano
il
semicerchio
della
"cavea".
Ogni
sezione
era
divisa
da
una
rampa
di
scale
che
giungeva
fino
in
cima.
I
posti
originali
sono
solo
quelli
che
ancora
oggi,
appaiono
scavati
nella
roccia.
Secondo
il
costume
greco,
alcuni
posti
erano
riservati
ai
nobili,
come
testimoniano
alcune
iscrizioni.
Sfortunatamente
i
gradini
originali
furono
distrutti
e
quelli
che
oggi
si
vedono
sono
ricostruzioni.
Anche
lo
spazio
occupato
dall'"Orchestra",
un
altro
semicerchio,
fu
ampliato
dai
romani
che,
rimossero
gli
ultimi
sei
ordini
di
posti
allo
scopo
di
costruire
un
corridoio
coperto
da
una
volta
ai
piedi
della
"cavea".
Alle
due
estremità
del
corridoio
furono
praticate
delle
aperture
per
consentire
agli
animali
feroci
di
accedere
all'"orchestra"
che,
da
quel
momento
in
poi
fu
usata
come
una
vera
e
propria
"arena".
Di
fronte
all'"Orchestra"
ed
la
"cavea",
si
trovano
i
resti
della
"scena"
romana;
su
ciascun
lato
di
questa
essi
sostituirono
ai
"parascenia"
greci
due
grandi
edifici
squadrati,
allo
scopo
di
alloggiare
gli
ingombranti
arredi
scenici
che,
i
romani
usavano
per
rendere
più
spettacolari
le
loro
produzioni.
Sulla
destra
troviamo
la
"scala
regia":
uno
scalone
intagliato
nella
roccia
che
conduce
alla
"cavea".
In
cima
alla
"cavea",
troviamo
i
resti
di
una
doppia
galleria
i
cui
muri
interni
recano
delle
aperture
in
corrispondenza
delle
otto
rampe
di
scale
che
dividono
le
nove
sezioni
della
"cavea".
Sembra
che
le
nicchie
a
lato
di
ciascuna
apertura,
servissero
per
ospitarvi
delle
statue.
La
seconda
e
più esterna galleria, era una specie di portico coperto da un
soffitto
a
volta
e
sorretto
da
45
colonne
costruite
in
mattoni.
Qualunque
offesa
il
Teatro
possa
aver
sofferto,
è
pur
vero
che
il
panorama
che
vi
si
gode
è
letteralmente
impossibile
da
descrivere.
Goethe
lo
definì:
"il
più
bel
panorama
del
mondo".
Chiunque
sia
interessato
al
passato
di
Taormina,
si
sentirà
deliziato
da
una
visita
al
piccolo
museo
costruito
proprio
in
cima
al
teatro
stesso.
Qui
troverà
resti
di
sarcofaghi
ed
iscrizioni
tombali.
Il
Centauro,
emblema
di
Taormina,
si
accompagna
ad
altri
pezzi
di
scultura
in
terracotta.
Il
posto
reca
con
sé
una
lieve
nota
surrealista
con
i
suoi
torsi
di
giovinetti,
la
testa
di
una
donna
posta
guancia
a
guancia
con
i
frammenti
di
un
pavimento
a
mosaico,
bronzi
e
resti
di
sculture
in
marmo.

Neumachie
e
i
vicoli
di
Taormina
Le
Naumachie
si
raggiungono
percorrendo
uno
dei
tanti
vicoli
che
si
aprono
sul
corso
Umberto.
Ciò
che
vediamo
oggi
è
solo
il
muro
di
contenimento
di
quell'opera
ciclopica,
esso
ha
una
lunghezza
di
113
metri
ed
un'altezza
di
14.
Frammezzato
da
18
larghe
nicchie
ed
altrettanti
piccoli
absidi
ai
quali
si
alternano
irregolarmente
alcune
nicchie
rettangolari
di
gran
lunga
più
piccole.
Per
la
sua
intera
larghezza
è
sormontato
dalle
case
di
questa
parte
della
Città.
La
gente
del
posto,
memore
dei
giochi
romani,
chiama
questo
luogo
"Naumachie"
che
vuole
dire
"battaglie
navali".
Ogni
vicolo
conserva
inalterate
le
tracce
della
"vecchia"
Taormina
dove
le
case
riversano
all'esterno
i
loro
balconcini
colmi
dei
colori
dei
gerani
in
fiore
contro
muri
biancheggianti,
e
dove
diseguali
scalini
portano
a
vicoli
tortuosi
ed
in
stradine
dove
i
Taorminesi
conducono
le
loro
vite
lontano
dagli
occhi
dei
turisti.
Non
è
raro
qui,
all'ora
di
pranzo,
che
il
curioso
visitatore
sia
tentato
da
deliziosi
odori
di
cibi
sparsi
nell'aria
insieme
all'aroma
di
spezie
ed
erbe
aromatiche.
Esplorare
questi
vicoli
può
rivelarsi
una
piacevole
sorpresa:
vi
si
aprono
infatti
numerose
botteghe
di
tutti
i
generi,
nonché
ristorantini
e
taverne
dove
il
calore
locale
non
delude
mai.
Fare
una
passeggiata
sul
corso
Umberto
vuole
dire
trovarsi
coinvolti
in
una
costante
sensazione
di
movimento.
Qui
ci
sono
bar,
negozi,
botteghe
di
barbiere
all'interno
delle
quali,
s'intravedono
i
clienti
con
le
facce
insaponate.
C'è
gente
di
tutte
le
parti
del
mondo
affacciata
alla
balaustra
della
piazza
Sant'Agostino
a
godersi
la
veduta.
Oltre
le
vallate
l'Etna
sparge
fiamme
nel
cielo,
le
stelle
cominciano
a
brillare
imitate
dalle
lampare
giù
nella
baia,
e
cerchi
di
rondini
nell'aria
della
sera,
mentre,
ancor
prima
di
lasciarlo,
t'assale
la
nostalgia
per
questo
posto.
Verso
le
cinque
del
pomeriggio,Taormina
si
scrolla
di
dosso
le
ore
della
siesta
e
riprende
a
vivere.
Uniamoci
allora
ai
Taorminesi
mentre
fanno
la
loro
"Passiata"
ovvero
la
passeggiata
serale.
Essi
vanno
su
e
giù
per
il
corso
Umberto
e
spesso
sostano
sulla
piazza
Sant'Agostino.
Di
fronte
a
noi
la
"porta
di
mezzo",
che
costruita
intorno
al
XII
secolo
poggia
su
fondamenta
greco-romane.

Torre
dell'Orologio
Insieme
alla
terza
cinta
muraria,
i
cui
resti
sono
ancora
oggi
visibili
sul
lato
destro
fino
al
castello,
delimitava
la
parte
della
città
definita
'borgo
quattrocentesco'.
Utilizzando
un
basamento
esistente
di
una
antica
costruzione
muraria
difensiva,
risalente
all'epoca
dell'origine
della
città,
intorno
al
IV
secolo
a.C.,
la
Torre
fu
costruita
nel
XII
secolo,
ma
durante
l'invasione
delle
truppe
francesi
di
Luigi
XIV
nel
1676
fu
rasa
al
suolo.
Nel
1679,
per
volere
dei
taorminesi,
la
Torre
fu
ricostruita
ed
in
quell’occasione
fu
collocato,
sul
lato
della
piazza IX
aprile,
anche
il
grande
orologio
che
la
caratterizza
ulteriormente.
Da
allora
si
usa
identificarla
come
Torre
dell'Orologio
e
non
più
Torre
di
Mezzo.
Le
campane
della
Torre
vengono
suonate
a
festa il
giorno
dell'elezione
del
sindaco
ed
in
occasione
della
processione
nel
giorno
della
festa
del
Patrono
San
Pancrazio
che
ricorre
il
9
luglio.

Chiesa
di
San
Giuseppe
La
chiesa
di
San
Giuseppe
troneggia
maestosa
in
piazza
IX
Aprile,
accanto
alla
torre
dell’orologio,
in
cui
si
apriva
la
porta
della
terza
cinta
muraria
ancora
esistente.
La
chiesa,
costruita
nella
seconda
metà
del
1600,
è
di
chiaro
stile
barocco,
e
la
cosa
più
bella
di
essa
è
rappresentata
dalla
sua
facciata,
che
domina
la
piazza
antistante.
Una
maestosa
scala
a
doppia
a
doppia
rampa
immette
sul
Sagrato
della
chiesa,
e
sia
le
scale
che
il
pianerottolo
antistante
la
chiesa
sono
recintati
con
una
magnifica
balaustra
in
pietra
di
Siracusa
lavorata.
Questa
è
l’unica
scala
monumentale
a
doppia
rampa
che
si
ammira
a
Taormina,
ed
essa,
assieme
alla
facciata
della
chiesa
crea
una
scenografia
di
piena
epoca
barocca
che
fa
rivivere
il
passato.
La
facciata,
a
doppio
spiovente
secondo
lo
stile
barocco,
presenta
un
grande
portale
centrale
che
immette
nella
chiesa,
e
due
piccoli
portali
laterali,
di
cui
quello
di
destra
immette
nella
Sagrestia
e
quello
di
sinistra
immette
in
un
locale
ricreativo
che
spesso
viene
usato
per
mostre
di
pittura.
Il
monumentale
portale
principale
è
fatto
con
marmi
di
Taormina,
bianco
negli
stipiti
ed
nell'architrave,
grigio
e
rosa
nelle
altri
parti
decorative;
ai
lati
ci
sono
due
colonne
con
capitelli
di
stile
jonico,
poggianti
su
alte
basi
come
quelle
del
portale
principale
della
Basilica
Cattedrale.
Sopra
il
portale
un
semiarco
spezzato,
con
al
centro
uno
stemma
con
l'iscrizione:
“Faciat
vobiscum
Dominus
misericordiam,
sicut
fedistis
cum
mortui
(Abbia
il
Signore
per
voi
quella
misericordia
che
voi
avete
avuto
per
i
morti).
Ancora
sopra
il
semiarco
del
portale
principale
c’è
un
teschio
con
tibie
incrociate,
che
fa
bella
mostra
di
sé
in
una
edicola
con
stipiti
e
semiarco
marmorei.
In
alto,
in
una
nicchia,
una
grande
statua
marmorea
di
Cristo
Re,
con
la
mano
destra
alzata
e
benedicente
e
con
la
sinistra
che
regge
una
grande
Croce;
ai
suoi
piedi
c’è
la
scritta:
“Christus
regnat”.
In
cima
alla
facciata,
un
altro
teschio
con
tibie
incrociate
sorride
soddisfatto
della
sua
posizione
altolocata
ed
è
sovrastato
da
una
piccola
croce
di
ferro.
I
due
spioventi
della
facciata
sono
decorati
da
due
vasi
con
fiamme
e
da
un
busto
di
figura
umana
in
mezzo
alle
fiamme,
mentre
fiamme
sono
simboleggiate
in
cima
all’edicola
che
mostra
il
teschio
sopra
il
portale
principale.
Tutti
questi
simboli
fiammeggianti
sono
dovuti
al
fatto
che
la
chiesa
era
la
sede
della
“Confraternità
delle
anime
del
Purgatorio”,
e
le
fiamme
significano
la
purificazione
delle
anime
del
Purgatorio,
il
cui
etimo
significa
purgarsi,
pulirsi,
mondarsi
e
purificarsi
dei
peccati.

I
due
portali
laterali
seguono
lo
stile
del
portale
principale,
e
sono
fatti
con
pietra
di
Siracusa,
sia
negli
stipiti
che
nell’architrave,
il
quale
è
sovrastato
da
un
semiarco.
Sulla
porta
di
destra
c’è
uno
stemma
con
uccello
e
la
scritta
“Viscer
avis
medicus”
(I
visceri
dell’uccello
sono
il
mio
medico),
mentre
sulla
porta
di
sinistra
c’è
uno
stemma
con
un
uccello
in
mezzo
alle
fiamme
e
la
scritta:
“X
funere
foenus”
(I
funerali
della
Fenicie),
con
cui
si
allude
al
mito
della
Fenicie,
l’uccello
che
secondo
i
poeti
e
i
naturalisti
antichi
viveva
nei
deserti
dell’Arabia,
cibandosi
solo
delle
lacrime
dell’incenso,
e,
dopo
aver
vissuto
per
500
anni,
moriva
per
rinascere
dalle
sue
ceneri:
donde
l’antico
motto
“post
fata
resurgo”
cioè,
“dopo
la
morte
rinasco”.
Questo
stemma
con
l’allegoria
della
Fenicie
ha
in
alto
la
testa
di
un
angelo
alato,
e
in
basso
la
testa
di
un
leone.
Sopra
ognuna
di
queste
porte
laterali
c’è
una
finestrella
con
stipiti
e
semiarco
in
pietra
di
Siracusa.
All’interno,
la
chiesa
è
a
una
sola
navata
con
un
transetto
che
ha
al
suo
centro
una
cupola,
che
ha
nel
mezzo
la
colomba
dello
Spirito
Santo,
mentre
tutt’intorno
c’è
un
affresco
che
rappresenta
San
Giovanni
Bosco
bambino
fra
la
Madonna
e
Gesù.
Le
pareti
della
chiesa,
per
tutta
la
loro
altezza,
sono
decorate
con
stucchi
che
riproducono
motivi
floreali
e
teste
di
angeli
alate,
per
cui
esse
risultano
troppo
cariche
ed
ossessionanti,
secondo
la
simbologia
dell’arte
barocca;
vi
sono
pure
dei
dipinti
che
raffigurano
i
profeti
e
fatti
evangelici.
Sopra
il
portale
principale,
appena
entrati
in
chiesa,
c’è
la
cantoria
(oggi
inattiva)
per
l’organo
e
il
coro.
Sul
pavimento
una
grande
lapide
rettangolare
tutta
intarsiata
con
marmo
bianco
e
nero,
che
reca
al
centro
una
figura
umana
fra
le
fiamme,
il
solito
motivo
allegorico;
si
tratta
dell’apertura
dell’ossario
comune
che
ogni
chiesa
aveva
per
seppellire
i
morti.
Appena
entrati
in
chiesa,
a
destra
in
basso
nel
muro
c’è
una
tomba
con
lapide
epigrafata
con
l'iscrizione:
“Hic
quiescit
in
pace
Christi
Cajetanus
Russotti
qui
pie
decessit
IV
Idus
Jan.
An.
MVIIILXVII,
etatis
sue
LXVI.
Jesualdus
F.
Sacerdos
Ord.
Carm.
Patri
opt.
Desideratissimo
cum
lacrimis
posuit”
(Qui
riposa
nella
pace
di
Cristo
Gaetano
Russotti
che
morì
piamente
il
quarto
giorno
dopo
le
idi
di
Gennaio
dell’anno
1867
a
66
anni
di
età.
Il
sacerdote
Frate
Gesualdo,
dell’Ordine
dei
Carmelitani,
pose
lacrimante
in
onore
dell’ottimo
e
desideratissimo
padre).
L’altare
maggiore
della
chiesa
è
fatto
coi
policromi
marmi
di
Taormina
e
sul
frontale
sotto
il
tabernacolo
c’è
intarsiata
la
figura
della
Madonna
che
si
erge
sopra
le
anime
del
Purgatorio,
rappresentante
come
figure
umane
a
mezzo
busto
in
mezzo
alle
fiamme.
Sopra
il
Tabernacolo,
al
centro
dell’altare,
si
innalza
una
deliziosa
cupoletta
sostenuta
sostenuta
da
sei
colonnine
tutte
in
marmo,
mentre
ai
due
lati
ci
sono
due
angeli
di
gesso
che
tengono
due
candelabri.
Dietro
l’altare,
in
una
nicchia
dell’abside
c’è
la
statua
di
Maria
Ausiliatrice.
Sopra
l’altare
minore
a
destra
c’è
in
una
nicchia
la
statua
di
San
Giovanni
Bosco
con
due
ragazzi,
e
la
scritta:
“Da
mihi
animas”
(Dammi
le
anime);
in
questa
navata
vi
si
trovano
i
seguenti
dipinti:
San
Giovanni
Bosco
ragazzo
che
fa
catechismo,
il
sogno
delle
due
colonne
di
San
Giovanni
Bosco,
una
Croce
da
cui
sgorga
acqua
ed
un
cervo
che
si
disseta
e
una
croce
con
una
colomba
ed
i
suoi
piccoli.
Sopra
l’altare
minore
a
sinistra
in
una
nicchia
c’è
la
statua
di
San
Giuseppe,
e
la
scritta:
“Ite
ad
Joseph”
(Andate
da
Giuseppe);
in
questa
navata
vi
ritrovano
i
seguenti
dipinti:
una
trasfigurazione
di
N.S.G.C.,
la
morte
di
San
Giuseppe,
una
croce
con
agnello
immolato
e
una
croce
con
un
pesce.
I
due
altari
minori
sono
decorati
ai
lati
da
due
colonne
a
tortiglione
di
colore
arancione,
mentre
sopra
l’altare
maggiore
altre
due
colonne
di
stile
jonico
ornano
la
nicchia
dell’abside
in
cui
c’è
la
statua
di
Maria
Ausiliatrice.
Accanto
all’altare
minore
di
San
Giuseppe
c’è
un’altra
nicchia
in
cui
è
custodita
l’urna
di
legno
e
vetro
con
il
simulacro
di
Cristo
morto,
che
viene
portato
solennemente
in
processione
il
Venerdì
Santo.
Due
finestre
illuminano
in
transetto,
cioè
il
braccio
corto
della
pianta
a
croce
latina
della
chiesa,
per
cui
la
cupola
che
divide
il
transetto
e
che
reca
l’affresco
raffigurante
San
Giovanni
Bosco
bambino
fra
la
Madonna
e
Gesù,
mentre
un
branco
di
fiere,
lupi
e
leoni,
minacciano
un
gregge
di
pecorelle
riunite
dietro
la
figura
del
Cristo,
viene
tutta
illuminata
dalla
luce
del
sole,
e
la
colomba
dello
Spirito
Santo,
che
è
al
centro
della
cupola,
sembra
volare
nell’aria
luminosa.
Lungo
le
pareti
laterali
si
trovano
degli
affreschi
con
le
figure
dei
profeti
e
in
alto
a
questi
dei
dipinti
raffiguranti
fatti
evangelici.
Nel
transetto
nelle
pareti
alte
vi
si
trovano:
a
sinistra
un
dipinto
della
morte
di
San
Giuseppe.
Il
pulpito
che
si
trova
alla
base
dell’arcata
che
precede
l’altar
maggiore,
sul
alto
destro,
è
pure
decorato
con
stucchi,
fra
cui
capeggiano
i
busti
di
5
angeli
alati
che
scandiscono
la
forma
esagonale.
Un
grande
lampadario
di
legno
dorato
pende
al
centro
dell’arcata
antistante
l’altare
maggiore.
Accanto
al
pulpito
c’è
una
piccola
statua
di
marmo
di
San
Domenico
Savio,
il
Santo
della
mamme
e
delle
culle,
che
tiene
nella
mano
sinistra
un
carteggio
con
la
scritta:
“la
morte
ma
non
peccati
–
Domenico
Savio
1857”,
mentre
nella
destra
tiene
il
crocefisso
appoggiato
sul
petto.
Nella
Sagrestia
della
chiesa
è
notevole
una
fontana
di
marmo
rosa
di
Taormina
con
testa
fontanaria
e
vaschetta
poste
in
una
nicchia
contornata
da
una
arcata
a
tutto
sesto
pure
in
marmo
rosa
e
grigio-verde
di
Taormina;
in
cima
all’arco
c’è
raffigurata
la
Madonna
con
ai
piedi
le
anime
fra
le
fiamme
del
Purgatorio,
che
è
identifica
a
quella
raffigurata
sul
frontale
dell’altare
maggiore,
per
cui
è
logico
ritenere
che
entrambe
le
composizioni
marmoree
siano
state
realizzate
dallo
stesso
artigiano
marmista.
Sotto
la
figura
della
Madonna
c’è
la
data
1705
intarsiata
in
uno
scudo
marmoreo.
Accanto
alla
chiesa,
sul
lato
destro,
sorge
il
grande
campanile,
la
cui
parte
inferiore
è
quadrata
ed
è
fatta
con
grossi
blocchi
di
pietra
di
Taormina
ben
squadrata;
nella
parte
centrale
si
aprono
4
archi
a
tutto
sesto,
dentro
cui
sono
alloggiate
le
campane,
e
pure
gli
spigoli
di
questa
parte
mediana
sono
in
pietra
di
Taormina
ben
lavorata.
La
cima
del
campanile
è
costituita
da
una
balaustra
che
recinge
un
ballatoio
calpestabile,
dal
cui
centro
si
innalza
una
cupola
a
cuspide
ottagonale,
nella
quale
si
aprono
4
finestrelle
a
cielo
aperto;
nel
cono
terminale
della
cupola
c’è
una
grossa
pietra
di
Taormina
lavorata
a
forma
di
globo
che
una
volta
sosteneva
una
croce
di
ferro.
Un
blocco
di
pietra
di
Taormina
del
basamento
del
campanile,
nello
spigolo
che
si
affaccia
nel
cortile
della
Sagrestia,
reca
scolpita
la
data
1713
sopra
il
solito
teschio
con
tibie
incrociate,
per
cui
è
da
ritenere
che
il
campanile
fu
costruito
in
un
secondo
tempo,
e
ciò
è
dimostrato
anche
dal
fatto
che
esso
è
un
corpo
a
se
stante
e
separato
dalla
chiesa,
a
cui
è
collegato
da
una
passerella
a
cielo
aperto
che
corre
sopra
il
cortile
della
Sagrestia.

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