Taormina
(Messina)

   

Duomo San Nicola

Sull'area dell'attuale tempio sorgevano le vestigia di una precedente basilica medievale dedicata a San Nicola di Bari verosimilmente già edificata su preesistente luogo di culto pagano. In questo frangente temporale la primitiva cattedrale di Taormina sotto il titolo della «Vergine Assunta» è la costruzione identificabile nell'ex chiesa di San Francesco di Paola e convento dell'Ordine dei minimi ubicata nella parte meridionale del borgo in prossimità dell'attuale "Porta Catania".

Il titolo di cattedrale è attribuito per via dell'importanza della città di Taormina ricoperto in ambito ecclesiastico come sede vescovile, la consacrazione a San Nicola di Bari è tipica di un uso in vigore per via del culto introdotto dall'Ordine basiliano in epoca bizantina.

La prima cattedrale documentata della diocesi di Taormina è stata la primitiva chiesa di San Francesco di Paola, ove il vescovo Procopio fu ucciso dall'arabo Ibrahim. La recrudescenza dei ripetuti assalti saraceni, le restrizioni culminate nelle limitazioni delle forme di culto cristiano, imposero alla stessa stregua della corte vescovile palermitana rifugiatasi a Monreale, del trasferimento della sede vescovile messinese insediatasi presso l'interna diocesi di Troina - in seguito - la soppressione della diocesi Tauromenitana.

In seguito alla riconquista normanna condotta dagli Altavilla, la città che sino all'epoca bizantina aveva avuto un ruolo preminente per cultura e religione, perde la sede vescovile.

Nel 1078 la diocesi di Taormina è assorbita dalla diocesi di Troina, preferita dal Gran Conte Ruggero per confluire nel volgere di pochi anni nella ripristinata diocesi di Messina con sede nella restaurata cattedrale di San Nicolò all'Arcivescovado di Messina.

Gli usi medievali cittadini sono assimilati con i modelli tipici del feudalesimo e le attività civili e religiose più importanti ruotano attorno al nucleo rappresentato da piazza Duomo. 

La costruzione dell'imponente tempio dall'impianto e caratteristiche proprie della ecclesia munita o chiesa - fortezza, uno dei più antichi e significativi tra i monumenti medioevali di Taormina, risale al XIII secolo con caratteri propri dell'architettura romanico-gotica siciliana, sui resti della chiesa dedicata a San Nicola di Bari, verosimilmente le colonne delle navate provengono dal teatro greco-romano taorminese.

Parziale riedificazione nel corso del XV secolo e l'inizio del XVI secolo con la realizzazione dei portali in stile rinascimentale.

Rimaneggiato nel XVII secolo con la sovrapposizione del portale barocco nel prospetto principale, le serie di mense marmoree addossate alle pareti, la realizzazione delle cappelle nelle absidi laterali.

Tra il 1945 e il 1948 l'architetto napoletano Armando Dillon diresse il restauro della chiesa rimettendo in luce le primitive strutture delle arcate dell'abside della chiesa occultate da stucchi barocchi, ripristinando le coperture a terrazzo sulle navate laterali.

La chiesa è stata elevata alla dignità di basilica minore il 6 febbraio 1980 da Papa Giovanni Paolo II.

La struttura è semplice, a croce latina, con tre navate e tre absidi. La navata centrale è sostenuta da sei colonne di marmo rosa di Taormina con dei capitelli con motivo a foglia e squama di pesce. Si pensa che queste possano provenire dal teatro greco-romano taorminese. Il soffitto è caratterizzato da grandi travi in legno con mensole intagliate con motivi arabi resi in gusto gotico.

Per la severità architettonica della costruzione medievale e gli elementi di fortificazione esterni, la chiesa viene soprannominata "la cattedrale fortezza". La facciata è infatti caratterizzata dalla merlatura a corona mentre sul retro si erge la torre a bastione sulla quale sono state collocate le campane nel 1750.

Di notevole pregio il portale principale restaurato nel 1936 ed il grande rosone centrale d'ispirazione rinascimentale.

La facciata principale ospita il portale inserito fra le due monofore del Quattrocento con arco ogivale, in alto uno dei tre rosoni in pietra di Siracusa tipico dell'arte rinascimentale. Il portale principale nelle componenti d'epoca barocca è delimitato da due colonne scanalate in stile corinzio poggianti su alti plinti, sormontate da architrave con un timpano spezzato, che è ripetuto in proporzione anche sulla lapide dedicatoria intermedia, sopra i capitelli delle colonne fanno capolino le facce di due angeli. Rimodulato nel 1636, per decisione dei Giurati del tempo come, risulta dalla lapide posta sopra, sulla quale si legge la seguente iscrizione: "D.O.M. Divo Nicolao templi Patrono Portam e phario lapide Franciscus Corvaja, Joseph Martianus, Antoninus Romanus, Thomas Corvaja, Urbis patres postere AN. DO. MDCXXXVI".

Questo meraviglioso portale, posto al centro tra due monofore del Quattrocento, è impreziosito dalla presenza di due bellissime colonne scanalate in stile corinzio poste su due alti basi e decorate, sui capitelli, da due volti d’angelo. Gli stipiti, che recano scolpite undici figure per lato, sono quelli originali del portale più antico. Questi ventidue personaggi rappresentano san Paolo (le chiavi), san Pietro (la spada della Fede) il re Davide (la cetra), i quattro evangelisti nei loro caratteristici simboli: il Leone (san Marco), l’Aquila (san Giovanni), il Toro (Luca) e l’Angelo (Matteo). L’identificazione degli altri Santi e Apostoli non è sempre così semplice ed evidente. Le due figure in alto, vale a dire, i due vescovi nell’atto di benedire con mitra e pastorale sono San Nicola, il santo titolare della chiesa e san Pancrazio, il santo patrono della città. le fiancate del Duomo presentano due portali: il portale di sinistra è risalente al periodo del Quattrocento e riporta una raffigurazione di S. Pietro e di S. Paolo con il Cristo benedicente nell’architrave, il portale di destra risale al Cinquecento.

Il portale ovest è ubicato di fronte al Palazzo dei Giurati risalente alla seconda metà XV secolo è di scuola gaginesca, interamente bordato di nera lava. Interessanti appaiono i bassorilievi che propongono i grappoli d'uva del simbolismo cristiano. Sull'architrave in pietra di Taormina, fra San Pietro e San Paolo è raffigurato il Cristo Pantocratore e il timpano con l'arco ogivale, ha decoro con archetti trilobi.

Il portale est si apre ad oriente, del Cinquecento ed è espressione piena del gotico siciliano della prima metà del XVI secolo. L'ogiva polilobata si presenta riccamente strombata come gli stipiti laterali. Gli altri due rosoni si trovano sulle facciate ad est ed ovest della chiesa in corrispondenza dei muri laterali del transetto.

Internamente la cattedrale di Taormina presenta una struttura a croce latina con tre navate e tre absidi, tipica struttura delle architetture medievali. La navata centrale è sostenuta da sei colonne in marmo rosa di Taormina e sono sormontate da capitelli decorati a foglia e a squame di pesce. Percorrendo le navate laterali è possibile ammirare sei piccoli altari. In fondo, nelle tre absidi, si apre in quella centrale l’altare e nelle due laterali, sono state ricavate le due cappelle. A sinistra, la cappella del Sacramento della fine del Seicento e rispettosa dello stile barocco; a destra, la cappella della Madonna delle Grazie, ricostruita nel 1747 con materiale proveniente da una cappella della chiesa di San Pietro fuori le mura. Il soffitto è stato realizzato in legno e decorato con motivi inizialmente arabi e successivamente modificati in gotici. 

Il Duomo di Taormina custodisce opere d’arte di grande pregio risalenti al periodo bizantino, rinascimentale e barocco. Una delle opere più interessanti è il Polittico di Antonello de Saliba, opera del 1504 eseguita dal nipote del grande pittore Antonello da Messina. Il Polittico è composto da cinque tavolette racchiuse in una cornice lignea intarsiata che, molto probabilmente, si potrebbe attribuire al fratello dell’artista Pietro o al padre Giovanni. Nel pannello centrale si trova la Vergine Maria e Gesù fra san Girolamo e San Sebastiano. In alto, al centro, si trova la Deposizione di Cristo e ai lati Sant’Agata e Santa Lucia. Nella cornice sotto in basso, l’Ultima Cena. Il Polittico proviene dall’ex Chiesa di San Sebastiano, oggi ex Chiesa Sant’Agostino.

La bellezza della struttura dal punto di vista artistico ed architettonico ha trasformato questo luogo sacro in una vera e propria opera d’arte a cielo aperto. Il duomo di Taormina, elevato al rango di basilica Minore da Papa Giovanni Paolo II il 6 febbraio del 1980, è non solo meta per i turisti ma anche luogo sacro scelto per suggellare l’amore di coppie che scelgono Taormina come cornice romantica per il giorno più importante della propria vita.

Nel 1635, per desiderio degli amministratori del tempo, nella piazza antistante il Duomo fu costruita una fontana realizzata in stile barocco che prende il nome "4 fontane" dalle quattro piccole colonne che si trovano ai quatto angoli del corpo centrale e che sono sormontate da quattro cavallucci marini dalla cui bocca usciva l'acqua che finiva nelle vaschette sottostanti.

In realtà la fontana vera e propria è costituita dal corpo centrale, formata da due vasche, la più piccola delle quali sul bordo esterno porta incisi i nomi degli amministratori della città che ne ordinarono la costruzione: Vincenzo Spuches - Vincenzo Cacopardo - Geronimo Mena - Cesare Cipolla. Al centro della stessa vasca un piedistallo sorregge una Centauressa con in testa la corona  che nella mano destra stringe lo scettro e nella mano sinistra il globo.

Porta Catania e Porta Messina 

Porta Catania delimita la parte Sud del Corso Umberto I, fa parte della seconda cinta muraria e la sua costruzione risale al 1440, data che risulta incisa nell'edicola raffigurante lo stemma Aragonese al centro sopra l'arco.

E' detta anche porta del Tocco, perchè nella piazzetta adiacente, in epoca normanna, si tenevano le riunioni pubbliche. L'ora del tocco era la prima ora dopo mezzogiorno, quindi segnalava le ore 13.00.

Porta Messina segna l’ingresso nord del centro storico della città. Da essa si accede al Corso Umberto I°, la via principale di Taormina. Mentre Porta Catania è la porta di accesso del lato sud.

Le due porte di ingresso facevano parte del triplice sistema di fortificazioni che si sviluppava da nord-est, realizzato dagli arabi per difendere la città. 

Tra le due porte si innalza la Porta di Mezzo nota anche come Torre dell’orologio. Porta Messina, inaugurata nel 1808 da Ferdinando IV di Borbone (come riportato nella lapide in cima alla Porta) è conosciuta anche come Porta Ferdinandea proprio in onore al re.

Palazzo dei Duchi di Santo Stefano

Un tempo parte integrante delle mura di fortificazione medievale del borgo siciliano, l’edificio era in origine di proprietà dei De Spuches, nobile famiglia spagnola, duchi di Santo Stefano di Briga, sino a quando nel 1964 venne acquisito dal Comune di Taormina che l’ha successivamente destinato a sede della Fondazione Mazzullo.

Sviluppato su tre livelli, al piano terra della dimora si accede oltrepassando un arco a sesto acuto con decorazioni che alternano il granito di Taormina con la pietra lavica: la sala interna è caratterizzata da quattro volte a crociera con al centro una colonna in granito rosa che la tradizione farebbe provenire direttamente dal celebre teatro greco cittadino. 

La scala che porta al primo piano risale al 1700; prima si accedeva al piano nobile attraverso un sistema piuttosto elaborato e complesso di scale mobili e ponti levatoi passando da una porta ancora oggi visibile sulla facciata. Per raggiungere invece il secondo piano si utilizzava una scala interna ricostruita in legno durante un attento intervento di restauro.

Esternamente Palazzo dei Duchi di Santo Stefano si presenta come una massiccia struttura architettonica con forma squadrata a blocchi nella parte inferiore; le aperture del primo piano sono delle bifore semplici ma eleganti mentre quelle del secondo sono più elaborate per via di archi trilobati. La facciata, su due lati, è inoltre impreziosita da un ricco gioco d’intarsi creato grazie all’alternarsi di tasselli in pietra lavica e in pietra bianca di Siracusa mentre sotto l’arco a sesto acuto si può ammirare uno splendido rosone con all’interno una stella a sei punte. A rendere così prezioso questo monumento, capolavoro dell’arte siciliana, è anche la cornice bicroma a losanghe posta sulla sommità del palazzo.

Su un terreno scosceso di fronte alle facciate nord e est della costruzione si sviluppa il giardino piantumato a alberi e palme: proprio qui si può ancora ammirare un antico pozzo per la raccolta delle acque piovane. Seppur di piccole dimensioni, passeggiare in questo grazioso parco verde che circonda l’edificio nobiliare è piacevole e rilassante e permette di ammirare da un altro punto di vista l’architettura di questo prezioso gioiello siciliano.

Gravemente danneggiato dai bombardamenti del luglio 1943, il Palazzo di Santo Stefano venne ricostruito grazie all’intervento della Sovrintendenza delle Belle Arti di Catania.

Tornato all’antico splendore, è oggi sede della fondazione dedicata a Giuseppe Mazzullo, disegnatore e scultore siciliano scomparso a Taormina nel 1988: le sue opere sono esposte nelle sale dell’edificio e, quelle monumentali, nel giardino che durante la stagione estiva ospita eventi e manifestazioni culturali. Nata nel 1981 grazie ad un accordo fra lo stesso Mazzullo e il sindaco dell’epoca, Nicolò Garipoli, la fondazione si occupa di tutelare e conservare le opere dell’artista.

Castello di Monte Tauro

Il castello di Monte Tauro, ubicato lungo la via rotabile per Castelmola a circa 400 mt. sul livello del mare, si erge sopra un contrafforte calcareo naturale con pareti a strapiombo che sovrastano l’intero centro abitato di Taormina. La fabbrica per la particolare posizione strategica, rivestì sin dall’impianto primigenio un ruolo primario nel contesto delle fortificazioni isolane ed in particolare di quelle a difesa del versante costiero. Inoltre il castello, pur connotandosi come bene di particolare pregio culturale, rappresenta un’importante testimonianza dell’architettura difensiva - militare dei secoli XII e XIII per il versante jonico e ne costituisce un interessante elemento di studio per l’aspetto storico documentario ancora non scientificamente indagato.

Secondo le fonti  il primo impianto risalente al periodo greco precedente alla dominazione araba, faceva parte dei luoghi forti difensivi dagli arabi come riportato dal geografo arabo Edrisi che visitò i luoghi intorno al XII secolo. Nel corso delle varie dominazioni il manufatto subì ampliamenti e ricostruzioni mantenendo inalterata la geometria trapezoidale e lo schema strutturale, costituito da muri continui in muratura di pietrame misto a cocci. 

L’interno oltre alle tracce dei percorsi che conducevano agli spalti delimitanti i muri perimetrali con feritoie e merlature di fattura medievale, presenta una scalinata con struttura a ventaglio di collegamento al grande mastio ove insistono i locali delle vecchie segrete ed una cisterna. 

Dalla sommità di detta struttura si può ammirare l’ampia quinta naturale del versante Jonico delimitata a nord dallo stretto di Messina, a sud dalle pendici dell’Etna e dall’impianto urbano di Catania ed ovest dal sistema montuoso dei Peloritani caratterizzati un insieme di particolari aspetti naturali, naturalisti e paesaggistici di notevole interesse ambientale.

La posizione strategica ha consentito di resistere a numerosi assedi (si ricorda il lungo assedio saraceno durato due anni dal 904 al 906).

Probabilmente la struttura fortilizia è stata ingrandita e modificata nel corso dei secoli, attorno al mastio da cui si diparte la cortina muraria in pietra arenaria e lavica.

Nel periodo normanno, al fine di evitare un lungo assedio, edificarono all'intorno dell'abitato 22 torri lignee. Lo scopo delle strutture provvisorie era quello di controllare e tagliare ogni possibile rifornimento e contatto con l'esterno. Questa strategia costrinse Taormina alla capitolazione pochi mesi dopo l'inizio dell'assedio. 

Nel 1134 l'abitato è sottoposto al monastero di S. Salvatore della Placa. Del 1150 si ha notizia riguardo alla presenza di una fortezza "difendevole" edificata sulla sommità di una rocca, sovrastante l'abitato; anche lo storico della dominazione normanna in Sicilia e Italia meridionale, Ugo Falcando, distingue, infatti, l'abitato fortificato dalla fortezza, sorta su di una rupe sovrastante il paese.

Durante il dominio di Federico II, il castello di Taormina è governato da un castellano. Risale al 1353 una fonte, la quale distingue il castello della "Mola" da quello di Taormina, definito "inferius". Al XV secolo si documentano restauri e modifiche alle mura della fortezza.

Inoltre il castello, pur connotandosi come bene di particolare pregio culturale, rappresenta un’importante testimonianza dell’architettura difensiva - militare dei secoli XII e XIII per il versante jonico e ne costituisce un interessante elemento di studio per l’aspetto storico documentario ancora non scientificamente indagato.

Il progetto trasmesso recentemente al superiore Assessorato ha l’obbiettivo di completare l’intervento di bonifica e di recupero delle strutture murarie dell’intero castello, recuperandone nel contempo la codificazione funzionale-architettonica degli spazi e dei sistemi difensivi con il relativo adeguamento tecnologico ai fini della fruizione e valorizzazione del monumento che, oltre all’inserimento negli itinerari culturali e turistici del compren-sorio Taorminese, può essere utilizzato come contenitore per manifestazione ed attività culturale.

Isola Bella

Sembra una piccola isola a pochi metri dalla costa, anche se in realtà una striscia di sabbia la collega alla terraferma e la trasforma in una piccola penisola. Stiamo parlando di Isola Bella (Isolabella), spettacolare affioramento marino circondato dalla acque color smeraldo del Mar Jonio che bagnano il golfo compreso tra Capo Sant'Andrea e Capo Taormina, sulla costa messinese della Sicilia orientale.

Il barone Wilhelm von Gloeden, noto fotografo tedesco vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX secolo che visse a Taormina per la maggior parte della sua vita e contribuì, con il suo lavoro, a farne conoscere al pubblico le bellezze naturalistiche ed archeologiche, la chiamava "la Perla del Mediterraneo", mentre per i siciliani è semplicemente la "Isula Bedda", ma certo è che Isolabella è uno dei simboli più rappresentativi di Taormina e una delle capitali del turismo siciliano.

La storia di Isolabella ha inizio quando Ferdinando I di Borbone la donò nel 1806 al Comune di Taormina, che, a sua volta, la vendette nel 1890 a Lady Florence Trevelyan, nobildonna inglese che venne esiliata in Sicilia dalla Regina Vittoria in persona perché quest'ultima non apprezzava la relazione intima tra Lady Florence ed il cugino Edoardo VII, futuro re d'Inghilterra.

L'affascinante nobildonna convolò a nozze con il sindaco taorminese Salvatore Cacciola, acquistò l'isolotto su cui costruì una piccola casa ed impiantò essenze esotiche di notevole pregio che, mischiandosi alle specie autoctone, hanno contribuito a creare il suggestivo e spettacolare scenario naturalistico attuale.

Alla morte di Lady Trevelyan e del marito, l'isola visse qualche anno di abbandono finché non fu acquistata nel 1954 dai fratelli Bosurgi, noti imprenditori messinesi impegnati nel settore della trasformazione degli agrumi, che vi costruirono una villa incastonata tra gli scogli ed ebbero il gusto architettonico di mimetizzare i vari padiglioni in cui l'abitazione era articolata armonizzandoli perfettamente con il territorio circostante, riuscendo nell'intento di costruire dei lussuosi volumi urbani, nel complesso è presente anche una piccola piscina perfettamente inserita fra le rocce, senza invadere con prepotenza gli spazi naturalistici di grande pregio che Isolabella può vantare.

È nel 1984, però, dopo il fallimento dell'azienda dei Bosurgi e la conseguente vendita all'asta dei beni di famiglia, che Isolabella viene dichiarata Patrimonio dell'Umanità ed è nel 1990 che viene acquistata dall'Assessorato dei Beni Culturali che ne fa una Riserva Naturale Orientata nel 1998 e la dà in gestione prima al WWF ed in seguito al CUTGANA, il Centro Universitario per la Tutela e la Gestione degli Ambienti Naturali e degli Agroecosistemi, prestigioso centro di ricerca dell'Universita di Catania, che con passione ancora si occupano di mantenere intatto e protetto il territorio d Isolabella e la preziosa sintesi arborea, tra piante esotiche ornamentali e specie spontanee, alcune minacciate da estinzione, che negli anni hanno popolato l'isola rendendola un angolo di paradiso di rara bellezza unico in tutto il panorama nazionale.

Il sito è diventato, infine, Museo Naturalistico Regionale insieme a Villa Caronia, importante complesso urbano situato di fronte ad Isolabella in posizione predominante sul promontorio di Capo Taormina il cui parco è stato segnalato già nel 1970 come giardino botanico dall'Istituto Geografico De Agostini per la presenza di numerose specie arboree di origine sub tropicale e per lo straordinario scenario paesaggistico che propone. Il Museo di Isolabella ricade sotto la direzione del Parco Archeologico di Naxos, da cui dipendono anche il Teatro Greco di Taormina e l'Area Archeologica dei Giardini di Naxos, altri indiscutibili simboli del patrimonio artistico e turistico di questa regione.

Isolabella è raggiungibile a piedi, percorrendo la sottile e suggestiva striscia di sabbia che la collega alla terraferma, che, a seconda delle maree, scompare e compare alla vista dei visitatori, ed il biglietto d'ingresso al Museo, venduto direttamente in loco, consente di poter esplorare l'isolotto, in gruppi di massimo 15 persone, attraverso percorsi appositamente segnalati durante i quali, se si è fortunati, è possibile vedere specie animali che si trovano solo in questo sito, come la lucertola dal petto rosso 0 gli uccelli marini presenti in grande quantità, per la gioia dei birdwatchers più curiosi È possibile, inoltre, visitare la pittoresca casa recentemente restaurata che la famiglia Bosurgi fece costruire negli anni '50, attualmente convertita a museo, ed ammirare come i volumi urbani si integrino perfettamente con la morfologia del luogo, attraverso scalette scavate direttamente nella roccia e la scelta di materiali costruttivi ad hoc che si inseriscono con armonia nello scenario.

Isolabella è, dunque, un museo straordinario che non deve la sua fama alla presenza di capolavori creati dalla mano, seppur sapiente, dell'uomo, ma rappresenta una delle espressioni più autorevoli del genio artistico di cui la Natura è dotata grazie al quale riesce a plasmare autentiche opere d'arte assolutamente unione ed inimitabili.

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Agosto 2019