Noto
(Siracusa)

 

Porta Reale

La Porta Ferdinandea è l’ingresso della città di Noto. Una sorta di Arco di Trionfo prima di immettersi nel salotto/centro città.

Dapprima si chiamò “Porta Reale” o “Ferdinandea” perché fu fatta costruire dal marchese di Cannicarao a proprie spese nel 1838 in occasione della venuta a Noto di re Ferdinando II di Borbone Sovrano del Regno delle Due Sicilie. Nell’interno del fornice, vi sono due stemmi: quello della città di Noto da un lato e quello della famiglia Cannicarao dall’altro.

La realizzazione è del napoletano Orazio Angelini, di stile neoclassico con  due eleganti lesene e dei capitelli corinzi che ne snelliscono la mole squadrata del monumento sulla cui sommità figurano tre sculture simboliche: la torre, la forza dimostrata dalla città nel corso dei secoli, un levriero o cirneco, comunque un cane, la fedeltà infine al centro un uccello su cui sono state formulate due ipotesi: pellicano, abnegazione, generosità, o cicogna fertilità.

Piazza del Municipio

Il vasto piano della Cattedrale, oggi chiamato Piazza del Municipio, è il centro monumentale della città barocca, in cui sono concentrate le architetture più significative e rappresentative, insieme agli edifici delle nobili famiglie: una sorta di sontuoso "teatro del potere" che nella geometrica e gerarchizzata organizzazione ne esprime scenograficamente i ruoli. 

Attraversata dal Corso Vittorio Emanuele, allinea al centro il Palazzo di Città e la Chiesa Maggiore, in perfetta posizione assiale con la sua scalinata. Ai lati dei questa, due esedre alberate ospitano al centro il Palchetto della Musica e il Monumento ai Caduti, di F. Sortino, eretto nel 1930 al posto della distrutta statua del re Ferdinando di Borbone. 

Ai lati della chiesa sono posti rispettivamente il Palazzo Vescovile e il nobile palazzo Landolina, residenza della più antica e nobile famiglia netina, famosa per avere ospitato regnanti e illustri personalità.

Palazzo Ducezio

Palazzo Ducezio, così denominato in onore di Ducezio, fondatore della città, è la sede del municipio.
Fu progettato dal netino Vincenzo Sinatra nel 1746, ispirandosi ad alcuni palazzi francesi del XVII secolo, ma venne portato a compimento solo nel 1830, e il secondo piano venne costruito nella prima metà del XX secolo dall'architetto Francesco La Grassa.
La facciata, convessa, è caratterizzata da venti arcate sorrette da colonne con capitelli ionici nella sezione inferiore, e da tredici finestroni rettangolari nella sezione superiore. 

All'interno è degna di nota la Sala degli Specchi, salone a pianta ovale, che fu arricchito di stucchi ed ori di stile Luigi XV e di sontuose specchiere alla fine del XIX secolo. All'inizio degli Anni Trenta, in occasione della visita ufficiale di Umberto e Maria Josè di Savoia, Principi di Piemonte, il salone venne restaurato dal pittore Gregorietti. I mobili vennero realizzati dal maestro avolese Sebastiano Dugo, artigiano della Ditta Franza.

Nella volta della sala campeggia "La Fondazione di Neas", affresco neoclassico del pittore Antonio Mazza, realizzato nel 1826 e che raffigura un'allegoria di Ducezio, re dei siculi, al quale un ufficiale del genio mostra il sito di Neas sul monte Alveria. Sito sul quale in età pre-ellenica, sarà riedificata la città fortificata di Noto Antica, per difendersi dall'attacco dei Greci. Nei riquadri laterali vi sono invece iscrizioni che riguardano i fasti della città di Noto ed espressioni tratte da Diodoro Siculo, Littara e Randazzo. Sul lato sinistro v'è anche un telegramma di Garibaldi ai patrioti di Noto del 1860.

La Sala degli Specchi è il salone di rappresentanza della città e continua oggi ad ospitare delegazioni illustri e manifestazioni di pregio, come la firma del protocollo d'intesa tra gli Otto Comuni UNESCO per la creazione del distretto culturale.

Il salone è stato utilizzato per ricevere molti Capi di Stato. Dopo la chiusura negli anni Novanta per restauro, è stato riaperto il 14 luglio del 2001, in occasione della visita della delegazione del Governo Ungherese, per il gemellaggio tra la città e l'Ungheria, per i due poeti Sador Petofi e Giuseppe Cassone, quest'ultimo traduttore italiano del poeta ungherese. In quell'occasione il governo ungherese ha regalato un busto in marmo posto all'entrata del Municipio.

Palazzo Nicolaci di Villadorata

Una famiglia di ordine borghese che proprio nel periodo successivo al terremoto del 1693, che distrusse l'antica città di Noto, si trova nel pieno dell'ascesa sociale con una posizione ragguardevole all'interno della borghesia netina. Si occupa principalmente della gestione delle tonnare di "ritorno" della costa siracusana del fiume Cassibile a Capo Passero. La loro ricchezza viene incrementata con l'acquisto di proprietà terriere.

Nel 1701 la famiglia Nicolaci acquisisce il primo titolo di "Baroni di Gisira e Bonfalà" e con Corradino iniziano i lavori di costruzione del primo palazzo.

Lo stemma della famiglia è il levriero rampante che si appoggia alla colonna.

Alla morte prematura di Corradino, l'erede è il figlio Giacomo, mentre l'amministrazione rimane nelle mani della nonna Eleonora. Giacomo, finiti i suoi studi, completa la formazione con il Gran Tour in Europa soffermandosi in Francia ed in particolare a Montepellier. Ritorna in Sicilia con l'idea di questo Palazzo la cui facciata rappresenta una sintesi di stili dal'500 al '700.

La prima costruzione non è un palazzo, ma alcune abitazioni di un solo piano. Nel 1737 "Giacomo il Gobbo" avvia la costruzione del palazzo che oggi vediamo.

Residenza nobiliare urbana della famiglia Nicolaci e in pieno stile barocco, questo edificio progettato da Rosario Gagliardi conta ben 90 ambienti. L’inizio dei lavori cominciò nel 1720, anche se fu completato, con la partecipazione dell’allievo di Gagliardi, Vincenzo Sinatra, soltanto nel 1765.

L’ala principale di Palazzo Nicolaci è stata acquistata dal Comune di Noto nel 1983 ed è stato completamente recuperato grazie ad una serie di restauri operati Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa, sotto la guida dell’architetto Giovanna Susan. Oltre al necessario consolidamento della struttura, gli interventi sono stati mirati al ripristino degli appartamenti, con il rifacimento dei pavimenti, delle carte da parati, del restauro dei dipinti e affreschi che decoravano tutti gli ambienti del piano nobile.

La facciata è caratterizzata da un ampio portale fiancheggiato da due grandi colonne ioniche e sormontato da una balconata in pieno stile barocco. 

A lati troviamo una sequenza di balconi delle inferriate in ferro ricurvo, sorretti da mensoloni in pietra scolpita con le sembianze di figure grottesche quali sirene, leoni, sfingi, ippogrifi, cavalli alati e angeli. I balconi pare riprendano quelli del Palazzo del Barone di Trezzano a Noto antica.

Un'ala di Palazzo Nicolaci accoglie la Biblioteca Comunale, fondata dal Municipio nel 1817 con la munificenza dei privati, specialmente del principe di Villadorata, ed oramai ricca di migliaia di volumi e di vari manoscritti latini e spagnoli a cui va aggiunta una galleria di ritratti degli nomini illustri di Noto, dono del barone Astuto. 

La Biblioteca non è che uno dei legami che Noto ha con la propria tradizione culturale. Solo per fare un esempio, Ferdinando il Cattolico nel 1503 diede alla città il titolo di Ingegnosissima, per l'erudizione di molti suoi cittadini, ma venne chiamata anche la Celebre e la Dotta.

La costruzione si articola su quattro piani: il pianterreno, il piano “dammusato”, era destinato alle scuderie ed ai magazzini per le scorte di generi alimentari; il primo piano detto “mediastino”, era l’abitazione del barone, Giacomo Nicolaci, committente dell’edificio; il piano superiore era adibito a residenza nobile dei familiari; l’ultimo piano, il sottotetto, era destinato alla servitù.

Attualmente sono visitabili i nove saloni arredati del Piano Nobile,a cui si accede da un elegante scalone ottocentesco di gusto Neoclassico,con stucchi decorati a mono che simulano bene il marmo. Attraverso un corridoio si passa da uno studio e immediatamente si passa alla Sala Del Tè, decorata con delicati motivi orientali fra cui spiccano due intriganti figure cinesi.

Una seconda anticamera lascia accedere ad una sorta di Alcova, mentre dal balcone si gode di una spettacolare vista sulla città e sul Golfo di Noto fino a Capo Passero. 

Si passa quindi al Salone delle Feste decorato con la tecnica del "Trompe I'oeil" simulando una balaustra sovrastata da colonne laterali sulle pareti laterali ed il soffitto realizzato come una sorta di calendario con al centro l'allegoria del Carro di Apollo che insegue l'Aurora,copia  dell'originale romano di Guido Reni.

Attorno, un ampio apparato simbolico decora il resto della volta ed il cornicione. Dal salone delle feste si offre una coinvolgente "enfilade", una successione di saloni finemente arredati con mobili dell'Ottocento, provenienti dalle principali città d'Europa. Ogni salone è arredato in modo da suggerirne le attività e le atmosfere che hanno animato questi spazi fino agli ultimi anni del del Novecento ha abitato queste stanze.

L'infiorata non è una manifestazione religiosa, ma il Saluto alla Primavera. Nel maggio 1980 l'ex Azienda Provinciale del Turismo invitò gli artisti della città laziale di Genzano a realizzare l'Infiorata in via Nicolaci con grande successo di pubblico. In seguito al successo del primo anno la manifestazione è diventata una tradizione della città di Noto e viene realizzata la terza domenica di Maggio di ogni anno. Si tratta di sedici grandi quadri realizzati sulla strada con petali di fiori. Ogni anno l'amministrazione sceglie un tema diverso.

Nel tempo, all'infiorata di via Nicolaci si sono affiancate alcune manifestazioni collaterali fra cui "Corteo barocco", quella che ha riscosso maggior successo, rievocando i fasti delle famiglie che hanno fatto la grandezza di Noto.

Loggia del Mercato

La Loggia del mercato è situata presso la via Rocco Pirri, alle spalle del Palazzo Nicolaci. Essa è ubicata all’interno di un largo spiazzale quadrato.

Qui vi era la sede dell’antico mercato netino della carne e del pesce. Le botteghe dei pescivendoli e dei macellai erano situate dentro dodici piccoli vani coperti da una bella loggia in ferro battuto. La parete posta attorno agli archi risulta elegantemente chiaroscurata con tonalità turchesi e giallo sabbia. Al centro dello spiazzale della Loggia, pavimentato con pietre di fiume, vi è una piccola vasca in pietra bianca iblea.

La Loggia del Mercato appartiene al Comune di Noto, che vi organizza ogni anno mostre artistico – culturali, sagre e degustazioni enogastronomiche, mercatini di natale e piccoli concerti musicali a seconda dell’evento in questione. 

Teatro Vittorio Emanuele

Dopo il terremoto del 9 e 11 gennaio1693 che distrusse la città vecchia di Noto sul Monte Alveria, la città fu ricostruita con velocità impressionante e sul sito nel quale si presenta ora ai visitatori. Dopo la distruzione, la necessità di costruire un teatro rimase nella memoria pubblica.

E' solo all'inizio del Diciannovesimo secolo che il desiderio di spettacoli teatrali spinse i cittadini all'uso di un'ala di Palazzo Ducezio (ora sede dell'Amministrazione).

Comunque, questa soluzione non soddisfò le richieste sempre crescenti dei cittadini, specialmente dopo che Noto fu nominata capitale della provincia di Siracusa nel 1837.

Nel 1851 il crescente gusto per il Teatro indusse il sindaco di quello tempo, il Cav. di Lorenzo ed il Consiglio comunale ad accettare la proposta dell'intendente, Cav. La Rosa a costruire un nuovo teatro civico per potere rispondere agli interessi culturali ed artistici della città e dei suoi abitanti.

Nel 1855 fu formato un comitato di cittadini per raccogliere i fondi necessari alla costruzione del nuovo teatro. Fu acquistata una abitazione (casa Salonia) nella piazza centrale, a spese dei Marchesi di Castelluccio. In seguito fu dato incarico all'ingegnere Francesco Sortino per disegnare il nuovo edificio. Alla sua morte, nel 1863, la direzione dei lavori passò a Francesco Cassone. Nel 1864 la città di Noto s'impegno a continuare l'opera di costruzione, affidando i lavori alla ditta Ruiz di Siracusa.

La costruzione tecnica e meccanica fu affidata ad alcuni cittadini di Noto sotto la guida di Fortunato Queriau, mentre la doratura del teatro fu eseguita dal pittore Santi Ferrara di Messina. La statua di arenaria, rappresentante l'allegoria della Musica, i due trofei musicali, con i quattro treppiedi, situata al centro del vestibolo del teatro è lavoro dello scultore Giuliano Palazzolo, che seguí un disegno per il Cassone; i due pittori Subba e di Stefano decorarono invece il palcoscenico.

Il Teatro Comunale fu intitolato al re Vittorio Emanuele III. Fu inaugurato in una cerimonia solenne nella sera di 4 dicembre 1870. Da allora in poi, artisti famosi come Tina di Lorenzo, Pierantonio Tasca e Eleanore Duse calcarono quel palcoscenico.

Tutti gli anni, la Fondazione Teatro Vittorio Emanale organizza una stagione teatrale all'altezza dei migliori contenitori culturali di tutta l'Italia.

Ha una capacità di 320 posti a sedere che include tre file di palchi, ed una galleria con 80 sedie.

Dati sul restauro - Dal 1870, l'anno dell'apertura del teatro fino a primi anni del Ventesimo secolo, le attività culturali organizzate richiamarono un pubblico sempre in aumento da tutte le parti della Sicilia. In 1921 a seguito di un rapporto sullo stato dell'edificio, l'Amministrazione intervenne subito per consolidare, ripristinare e migliorare il teatro. Si riapriva nel 1923. Da allora in poi e fino a 1960 si registra un leggero calo d'interesse per il teatro, in concomitanza con la fase postbellica. Negli anni 1970 e 1978, però si registra un nuovo interesse per le rappresentazioni teatrali: le stagioni culturali e musicali si organizzano sempre con maggiore frequenza. Dal 1980 il teatro viene usato anche per conferenze, riunioni e convenzioni. Dal 1990 l'edificio fu ristrutturato e adeguato alle normative vigenti e venne riaperto nel 1997.

Dopo il crollo della cupola di cattedrale, il 13 marzo1996, il Teatro Comunale di Noto ha anche il significato simbolo della rinascita della città.

Teatro "Tina Di Lorenzo"  

Fu costruito nella seconda metà dell'XIX secolo su progetti degli ingegneri netini Francesco Cassone e Francesco Sortino. Il prospetto, in stile neoclassico, presenta bassorilievi con motivi musicali e maschere teatrali, nonché le sculture, in arenaria, rappresentanti l'allegoria della Musica, i due trofei musicali con i quattro treppiedi, dello scultore Giuliano Palazzolo. 

L'interno fu invece decorato dai pittori Di Stefano e Stubba. L'amministrazione comunale, nel 2012, lo ha intitolato alla famosa attrice netina Tina Di Lorenzo, precedentemente era noto come Teatro Vittorio Emanuele III. Ha una capacità di 320 posti a sedere che include tre file di palchi, e una galleria con 80 sedie.  

Palazzo Landolina di Sant'Alfano

L’elegante e grande Palazzo Landolina di Sant’Alfano è posto a sinistra della Cattedrale. Fu costruito nel 1730 su commissione di Francesco Landolina, marchese di Sant' Alfano come propria residenza. La famiglia Landolina di origini normanna era presente già a Noto Antica; vi giunse nel 1091 a seguito di Ruggero.

La facciata dell'edificio in stile neoclassico (progettato da Vincenzo Sinatra), si distingue per la sua elegante sobrietà; essa si divide in tre ordini orizzontali sostenuti da pilastri quadrangolari coronati da pregevoli capitelli corinzi. Le finestre e i balconi sono sormontati da eleganti architravi rettangolari. Nella sommità del tetto del palazzo vi è una stele raffigurante lo stemma della famiglia Landolina.

Il palazzo, tra il 1838 e il 1844, ospitò tre volte il Re Ferdinando II di Borbone e la Regina Maria Teresa d’Austria.

All’interno vi troviamo una bella scala trionfale abbellita da statue in marmo. Il salone principale del palazzo è caratterizzato da stupende pareti dorate e da bellissime tele settecentesche e ottocentesche. 

Oggigiorno alcuni locali del Palazzo ospitano il Museo Diocesano della Diocesi di Noto, sito presso la Via Montuoro (posta a destra del palazzo, per informazioni su questo Museo visitate il sito della Diocesi www.diocesinoto.it); e infine un piccolo locale di questo palazzo ospita l’associazione “Società Fedeli Portatori di San Corrado”.

L'esedra, o più comunente piazza Landolina, dove oggi sorge il monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale e dove sono murate le lapidi riportanti i nomi dei caduti della Seconda Guerra Mondiale, nell'ultimo periodo del regno borbonico, ospitava la statua del Re Ferdinando II, opera dello scultore napoletano Tito Angelini.

Palazzo Trigona di Cannicarao

Il Palazzo Trigona di Cannicarao (o più semplicemente “Palazzo Trigona”), considerato come il secondo palazzo barocco più bello della città dopo il Palazzo Nicolaci, ma anche come uno dei più rappresentativi esempi del barocco siciliano, è situato in Via Cavour davanti alla scalinata nota come Via Mariannina Coffa. Era la dimora della potente famiglia Trigona, Marchesi di Cannicarao, un piccolo feudo situato presso Comiso (RG) ma aventi anche possedimenti a Noto presso la Contrada Frammeduca. 

Questo fastoso palazzo è il più grande in stile barocco del centro storico di Noto in contrapposizione col Palazzo Nicolaci di Villadorata (famiglia che rivaleggiava con i Trigona per la supremazia aristocratica sulla città netina), più piccolo ma con decorazioni barocche più fantasiose rispetto a queste del Palazzo Trigona, molto più austero e calibrato, ma ugualmente splendido e unico nel suo genere. Esso venne progettato inizialmente da Rosario Gagliardi, ma venne completato da Vincenzo Sinatra e dai fratelli Paolo e Bernardo Labisi.

La facciata del palazzo, divisa in due ordini orizzontali e in tre corpi (quello centrale e quelli laterali che vanno a formare delle torrette) presenta un’imponente portale arcuato posto in un corpo avanzato delimitato da un doppio ordine di pilastri (due per lato), con capitelli di tipo corinzio arricchiti da formelle in bassorilievo raffiguranti motivi floreali, che sorregge il possente balcone centrale, racchiuso da una pregevole inferriata in ferro battuto, la cui apertura rettangolare (incassata dentro eleganti pilastrini con decorazioni geometriche), sormontata da un timpano spezzato, reca al centro un’aquila con le ali spiegate, simbolo della famiglia Trigona (e della città di Noto). A fianco del portale vi sono sei finestre (tre per lato escluse quelle dei corpi laterali) che si presentano di forma trapezoidale, incassate in un’elegante cornice di pietra bianca, arricchite nella parte superiore da timpani circolari a base aperta e da cartigli posti nella parte inferiore (sotto le finestre più esterne vi sono due portoncini arcuati che conducono a quelli che erano i magazzini sotterranei del palazzo).

Accanto al balcone sull’ordine superiore vi sono 6 balconi di forma trapezoidale sorretti da mensoloni con scanalature e mascheroni grotteschi e racchiusi anch’essi da inferriate bombate elegantissime ad apertura rettangolare incassata dentro una cornice in pietra arricchita nei suoi vertici da ghirlande floreali in bassorilievo e nella sua parte centrale di mezzo da un mascherone scolpito nella parete, posto nel mezzo di una maglia floreale scolpita con la tecnica del bassorilievo, molto elegante dal punto di vista decorativo ed estetico, sormontati da timpani a base chiusa semicircolari (il primo e il terzo) e triangolari (il secondo).

I corpi laterali, come detto prima, formano delle torrette laterali e sono innanzitutto solcati da due pilastroni che dalla parte inferiore dell’edificio si vanno a congiungere con la sommità della facciata, essendo contraddistinti nella sua parte inferiore da finestroni a nicchia arcuata incassati nella parete con doppia apertura (quella inferiore rettangolare, quella superiore arcuata) decorati da cartigli e pennacchi in pietra bianca; di sopra vi sono posti dei balconi simili a quelli posti nella parte centrale della facciata sormontati da timpani triangolari a base chiusa. Qui vi sono poste delle mensole che, facendo ad angolo, sono state collocate per sorreggere altre due aquile (stemma dei Trigona) di cui solo quella posta nella parte destra è visibile poiché l’altra è caduta in frantumi qualche anno fa.

L’ordine superiore è cinto da un terrazzino racchiuso da balaustrini, che sorgono sul frontone merlato (con contrafforti a tronco di prisma, anch’essi merlati), intervallati da blocchi recanti piccoli pinnacoli. Al centro di esso vi è posta la sommità del palazzo, contraddistinta da un corpo a sezione rettangolare delimitato da quattro pilastri (due per lato), al cui centro di un incassamento poligonale vi è una finestrella circolare; sopra vi è sempre la struttura a balaustrini appena descritta. Nella parte alta dei corpi laterali invece vi è un’alta balconata racchiusa sempre dalla medesima inferriata bombata, con apertura rettangolare sormontata da un travone liscio di forma semiarrotondata. Sopra ad entrambi vi è un elegante frontone triangolare delimitato da eleganti pinnacoli a coppa nei suoi vertici.

Nelle facciate laterali del Palazzo Trigona (poste sulle Vie Vincenzo Gioberti e Giovanni XXIII) vi sono posti eleganti balconcini circolari con varie decorazioni (quelli posti in basso su Via Gioberti possiedono un timpano semicircolare merlato a base aperta con conchiglioni posti sopra le aperture, mentre quelli in alto hanno un timpano triangolare a base chiusa) e finestre con travoni semiarrotondati (in tutto 6 balconi e 3 finestre, invece sulla Via Giovanni XXIII vi è solo una fila di questo tipo di balconi e finestre, mentre vi sono finestre e balconi o incassati nella parete o sormontati da travoni). 

L’interno è suddiviso in due parti: la parte destra di proprietà del Comune di Noto e la parte sinistra residenza di Agatina Trigona, Baronessa di Frigintini (RG). Nella parte di proprietà del Comune è stata realizzata una sala conferenze chiamata “Sala Rosario Gagliardi” (in memoria dell’architetto siracusano, ma netino d’adozione) e vari spazi attrezzati ad ospitare mostre artistiche. Dentro Palazzo Trigona vi sono grandi stanze decorate da stucchi policromi d’epoca e soprattutto da affreschi del pittore Antonio Mazza che raffigurano episodi tratti dalla Bibbia. E inoltre si conservano vari mobili settecenteschi e ottocenteschi e strumenti musicali d’epoca tra cui una preziosa un arpa costruita nel periodo settecentesco.

Da ammirare anche il grandioso giardino interno (confinante con quello del Palazzo Vescovile, che prima faceva parte di questo Palazzo e donato alla Curia proprio dai Trigona) recante un loggiato su cui si affaccia una grande veranda incassata dentro un profondo arco, accanto alla quale vi sono finestre e balconate interne decorate da splendide decorazioni barocche (timpani spezzati, accartocciati, bassorilievi di tipo floreale ecc…) che si affacciano su di un bel giardino mediterraneo (talvolta utilizzato per tenere spettacoli musicali o mostre artistiche a seconda dell’evento). Comunque sia è severamente vietato entrare nelle stanze riservate ai residenti del palazzo.

La piazzetta Trigona si caratterizza per la sua originale forma ad esedra e per la presenza di una corona di ficus benjamin, regolarmente sfrondati per assumere la forma squadrata che li contraddistingue. Ma ciò che più identifica questo spazio pubblico è il "Palchetto della musica", una struttura di ferro semicircolare, dotata di sedute e camminamenti concentrici su tre livelli distinti, che in passato ospitava la banda musicale cittadina.

Palazzo del Vescovado

Il Palazzo Vescovile e' situato tra la Cattedrale e la Basilica del SS. Salvatore in una splendida posizione sopraelevata rispetto a Piazza Municipio. Il Palazzo, residenza del Vescovo e degli uffici della Curia della Diocesi di Noto, è stato progettato alla fine del settecento per volere del 3° Vescovo di Noto, Mons. Giuseppe Mario Mirone.

Raggiungibile da una scalinata che parte dalla piazzetta sottostante, si caratterizza per l’elegante stile neoclassico che non stona minimamente con gli altri edifici in stile barocco. La facciata presenta numerosi balconi, un bel portale d’ingresso ai cui lati si trovano altri portoncini e un grande timpano triangolare merlato con lo stemma di Monsignor Mirone.

L’interno presenta due scalinate che conducono ai vari uffici della curia vescovile. E’ possibile visitare questo palazzo previa autorizzazione del Vescovo di Noto.

Palazzo Impellizzeri di San Giacomo

Originari dei regni di Castiglia e di Valenza, gli Impellizzeri furono cavalieri a servizio di Re Martino nel XIV secolo. In Italia si stabilirono dapprima nella Repubblica di Genova e poi anche in Sicilia, sia a Siracusa che a Noto, dove godettero di grande prestigio ponendosi dal XVI secolo in poi tra le principali famiglie nobili. Quando nel 1693 un fortissimo terremoto distrusse Noto, gli Impellizzeri furono fra i maggiori oppositori al trasferimento della Città nel nuovo sito, primo fra tutti il Capitano di Giustizia Antonino Impellizzeri. 

Dopo la controversa risoluzione di cambiare sito alla Città, risoluzione che impegnò per qualche anno i cittadini di Noto, la famiglia si stabilì nella parte alta del colle Meti, il “Pianazzo”, in posizione dominante e nello stesso tempo distaccata, costruendovi un Palazzo nobiliare con la più bella esposizione paesistica; dai balconi si può ammirare tutta la Città sino al mare. 

Palazzo Impellizzeri  fu edificato durante il XVIII secolo, come mostra anche la data sull’ingresso (1752) accanto a due Monasteri, il Monastero di S. Agata da una parte e il Convento di S. Antonio di Padova dall'altra. La pianta rettangolare è frutto di diverse fasi costruttive, per cui attorno ad un nucleo originario furono poi aggiunti vari corpi, sino a raggiungere l’attuale impianto monumentale. 

La facciata del Palazzo abbandona gli elementi barocchi del tempo per accogliere nuovi influssi provenienti dalla Francia, che ricordano da vicino lo stile neoclassico. E’ composta da tre ordini sovrapposti, il più basso è tuscanico con fasce di bugnato e l’ultimo è stato aggiunto posteriormente. La pietra da taglio ricopre le parti più importanti della facciata, che si rivela simbolo del potere e della ricchezza della Famiglia. L’ampio portale di rappresentanza dà accesso al piano nobile tramite una scalinata e all’ingresso sono murate due lapidi recuperate a "Netum", che ricordano le origini dei Baroni Impellizzeri. 

Dispone internamente di oltre sessanta vani distribuiti sui tre ordini e ristrutturati nel tempo. Nella prima stanza del quarto nobile è riportata al centro del soffitto l’arma della Famiglia: d’azzurro, con un pesce d’argento natante in un mare agitato d’azzurro e d’argento. Corona di barone. Attualmente il Palazzo è sede della Sezione d’Archivio di Stato di Noto e un’ala dello stesso è abitata dalla famiglia. E’ possibile visitare i suoi saloni ed altri spazi, ammirarne gli affreschi, gli arredi d’epoca e l’ottima fattura della pavimentazione originale.

Palazzo Rau della Ferla 

Palazzo Rau della Ferla a Noto prende il nome dalla famiglia nobiliare Rau, marchesi del feudo della Ferla a Noto. Di progettazione e costruzione tardo barocca, il palazzo Rau della Ferla è l’unico palazzo nobile costruito davanti alla cattedrale ed è situato dietro palazzo Ducezio che è il palazzo del Comune.  Presenta una facciata ordinata ed elegante, suddivisa in due ordini di aperture, arricchite ed ornate da bassorilievi con motivi floreali; ogni finestrone è sormontato da una grande conchiglia poggiata su foglie d’acanto.

Al piano nobile, cui si accede da un’importante rampa di scala in marmo bianco, è possibile ammirare i saloni con affreschi di scuola francese. All’inizio del ‘900 si aggiungono altre quattro sale prospicienti la piazza del municipio, servite da uno stretto corridoio segreto ad uso della servitù; quest’ultimo collegava le sale con i locali di servizio adiacenti il ronco barone astuto. Ed è proprio su questo vicolo, ma sul piano inferiore, che si affaccia la cappella votiva del palazzo. Il pregevole cortile interno con l’originale pavimentazione a ciottoli di fiume, tipica della Noto del ‘700, ospita magazzini, scuderie, ex sale da gioco e conversazione, collegate tra loro tramite un luminosissimo loggiato ad arcate che dà sulla via Ducezio.

Palazzo Di Lorenzo del Castelluccio

Il Palazzo Castelluccio, appartenente all'epoca ad una delle più antiche famiglie nobili di Noto, fu costruito nel 1782 per il marchese Corrado di Lorenzo del Castelluccio dopo il terremoto del 1693, che distrusse parte della regione. La facciata del Palazzo, in via Cavour, non adotta lo stile barocco tipico della ricostruzione dei principali monumenti storici della città, ma sposa il gusto neoclassico, in voga proprio alla fine del XVIII secolo, gusto che ritroviamo negli affreschi che contribuiscono al decoro degli interni del piano nobile. Dal XVIII alla prima metà del XX secolo, alcune aree del Palazzo furono abitate da diverse influenti famiglie siciliane, che condivisero la Residenza con i Di Lorenzo. Dopo la morte dell'ultimo marchese, Palazzo Di Lorenzo del Castelluccio, fu ereditato dall'Ordine di Malta, che ne mantenne la proprietà per 30 anni circa.

Il cognome "Di Lorenzo" fa riferimento al feudo di San Lorenzo (tra Noto e Pachino), proprietà della famiglia. L'attribuzione di "Marchese del Castelluccio" fa seguito all'acquisizione del feudo di Castelluccio, a pochi km dalla città di Noto. Il successivo legame matrimoniale tra una discendente della famiglia Borgia e un Di Lorenzo, tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX, provocò la scissione della famiglia in due rami: i "Di Lorenzo Borgia del Casale" e i "Di Lorenzo Borgia del Castelluccio", i quali si trasferirono nella residenza di Noto nel 1782.

Il Palazzo presenta una facciata neoclassica, molto simile a quella dei palazzi romani in voga alla fine del XVIII secolo. L'accesso dà sulla corte principale, con bassorilievi in pietra di Noto, mementos degli avi dei Di Lorenzo di Noto Antica, due palme (simbolo di ricchezza) e due scalinate simmetriche che conducono al piano nobile. Le 105 stanze e i 5.000 mq, fanno di Palazzo Di Lorenzo del Castelluccio una delle più grandi residenze nobiliari del Val di Noto. La struttura si estende a più livelli che comprendono le aree riservate alle famiglie, gli alloggi dei domestici e soprattutto, la parte di rappresentanza, il piano nobile, contraddistinto da un'infilata di salotti decorati con magnifici affreschi neoclassici: dal vestibolo d'ingresso alla sala da ballo, dalla sala della musica al salotto cerimonie. L'altra parte del palazzo è la rappresentazione della vita quotidiana di questa grande casa siciliana: le cucine antiche, le cantine, la sala da pranzo del personale, le scuderie ed uno spazio riservato alle carrozze.

Dopo la morte di Corrado Di Lorenzo, ultimo dei marchesi del Castelluccio, nel 1981, il Palazzo fu donato all'Ordine dei Cavalieri di Malta. Dal 2011, un privato ne ha rilevato il possesso e, dopo i lavori di restauro, nel 2018, è stato aperto al pubblico.

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Agosto 2019