Timgad
Algeria

patrimonio dell'umanità dal 1982  

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Timgad, oggi, è il nome di un misero villaggio di pastori con appena 300 anime, sperduto nella piana desertica a 1100 metri di altitudine, alle pendici dei monti Aurés. A vederlo, nulla lascerebbe supporre che nell'antichità la valle che lo ospita fosse tanto fertile da donare ai suoi abitanti abbondanti messi di grano e ricchi raccolti di olive per la produzione di un olio molto apprezzato a Roma. E quei pastori - o meglio, i loro antenati - erano stati per secoli i custodi del segreto dell'esistenza di Thamugadi, una città romana semisepolta in quel luogo dimenticato dalle sabbie sahariane portate dal vento. Non a torto, dunque, l'antica Timgad è considerata " la Pompei algerina". 

Fu fondata nel 100 d.C. dall'imperatore Traiano con l'intento di ospitarvi i veterani della Legio Tertia Augusta. Per lungo tempo fu il principale avamposto romano in Numidia, una regione che - sebbene conquistata già all'epoca di Cesare - era popolata da nomadi poco inclini ad assimilare usi e costumi dei dominatori. 

Sorta sul classico modello del castrum romano e in origine estesa su 12 ettari di superficie, in pochi decenni arrivò a espandersi su 50 ettari e a trasformarsi da base difensiva popolata da rozzi militari in una città con 20.000 abitanti che ambivano a uno stile di vita raffinato, tipico delle più floride città della provincia romana. 

A Timgad il tradizionale schema urbanistico a scacchiera disposto sui due assi principali del decumano e del cardo presenta una curiosa variante, dato che il secondo si interseca con il primo in corrispondenza del sesto isolato, senza proseguire oltre. All'intersezione corrisponde il cuore della città, costituito da un elegante foro eretto su una piattaforma dal quale, mediante un passaggio colonnato posto in diagonale rispetto agli assi, si arriva al teatro dotato di 4000 posti. Lungo il cardo si allineano le dimore patrizie, tutte precedute da un portico, mentre il decumano, fiancheggiato da colonne, termina a sud nell'arco di Traiano, il più maestoso dei monumenti dell'antica Timgad. 

A poca distanza dall'arco sorgono i resti del mercato, detto "di Sertius", le cui decorazioni sono un evidente richiamo allo sviluppo commerciale e agricolo della città. Era uno spazio coperto, con una piazza sul cui perimetro si allineavano i banchi in pietra delle botteghe. Alcuni sono ancora intatti - così come resta buona parte delle colonne su cui poggiava la copertura - e recano scolpiti i prodotti in vendita. 

Nelle vicinanze si trova anche il basamento con due delle cinque colonne corinzie della facciata del tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva. Iniziati nel dai francesi, gli scavi di Timgad sono lontani dall'essere ultimati. Mancano ancora all'appello costruzioni che non potevano mancare in ogni città romana, come l'anfiteatro e il circo. Sono venuti alla luce, invece, i resti di 14 complessi termali pubblici che, oltre al calidarium, al tepidarium e al frigidarium, comprendono ognuno una sala per massaggi con l'olio d'oliva. Questi edifici, come pure alcune di queste dimore, erano decorati da mosaici che ora sono ospitati, insieme a suppellettili e a stele votive dedicate a Saturno, nel museo annesso al sito.  

Lo sviluppo della città proseguì nel III e nel IV secolo d.C. Accanto ai templi dedicati a divinità romane e locali, si affiancarono presto numerose chiese, segno dell’esistenza di una comunità cristiana numerosa e vitale. Un brusco arresto si ebbe con l’invasione dei vandali, nel 430; poi, con la riconquista della regione da parte dell’imperatore di Costantinopoli, Giustiniano, vi fu un breve risveglio di appena un secolo: la città non sopravvisse all’arrivo degli arabi, il cui intervento tolse spazio alle popolazioni locali e le privò delle possibilità di comunicazione, tagliando le vie marittime, e stroncando definitivamente il fiorente commercio mediterraneo.

Con la fine dell'impero romano, Timgad fu popolata dai bizantini che nel 534 vi eressero una fortezza.

Dell'epoca resta anche una necropoli con 9000 sarcofagi. Avviata verso un inesorabile declino, la città divenne un rifugio dei donatisti, una setta cristiana eretica che trovò largo seguito tra la popolazione di origine numidica. nel VI secolo un incendio, di cui non è nota la causa, la distrusse quasi completamente e duecento anni dopo, quando in Numidia arrivarono gli arabi, di Timgad si era persa la memoria.

L’ARCO DI TRAIANO  

Situato all’estremità ovest del decumano è il monumento meglio conservato della città. Le sue mura si elevano per 12 metri sul terreno e sulla sua facciata, abbellita da due finestre cieche e da quattro colonne corinzie poste su basamenti, si aprono tre passaggi con volte a botte. L'attico che lo sormontava è purtroppo andato distrutto. 

Sul pavimento lastricato, in corrispondenza delle porte, sono ancora visibili i segni lasciati dalle ruote delle bighe. Al momento del ritrovamento, gli fu dato il nome convenzionale di Arco di Traiano, in ragione dell’iscrizione che commemora la fondazione della città per volere di Traiano, ma l’edificio è sicuramente più tardo. Assai probabilmente la sua costruzione risale all’epoca degli Antonini o dei Severi.

IL TEATRO  

Un grande e ben conservato edificio per spettacoli è il Teatro, a pochi passi dal Foro. Edificato nella seconda metà del II secolo d.C., ha tutte le caratteristiche dei più bei teatri romani: l’ampia cavea a gradini per gli spettatori, divisa in due da una balaustra; l’orchestra semicircolare, delimitata dal pulpito della scena; il frontescena, certo in origine lussuoso e purtroppo mal ridotto; dietro la scena, un portico serviva per il disimpegno e le passeggiate all’ombra. In questo edificio si tenevano senz’altro spettacoli di ogni genere, ma anche assemblee pubbliche, data la vicinanza al Foro.

GLI EDIFICI TERMALI

Gli edifici termali a Timgad erano ben quattordici; gli esempi maggiori, le Terme Nord e le Terme Sud, entrambe fuori dalle mura più antiche, non hanno nulla da invidiare alle terme delle grandi città dell’impero. Il complesso Nord, che misura 80 x 65 metri , adotta lo schema delle terme assiali, con ambienti che si ripetono simmetricamente sui due lati; più libera è la sequenza degli ambienti nelle Terme Sud. 

Legato alle acque era del resto anche uno dei maggiori santuari della città, quello della fonte sacra, situato a sud, presso la fortezza bizantina, e coincidente con il bacino dell’aqua Septimiana, l’acquedotto che garantiva l’approvvigionamento idrico della città: solo grazie alla ricchezza d’acqua la città poté vivere e prosperare per tanti secoli.

IL MERCATO DI SERTIUS  

Appena oltrepassato l’Arco si trovava a destra l’area del più grande mercato della città. Offerto ai suoi concittadini da Marcus Plotius Faustus Sertius, cavaliere romano e flamine (sacerdote) perpetuo della provincia, rappresenta un tipico caso di evergetismo locale, molto diffuso nelle province: con quest’opera demagogica il facoltoso personaggio faceva probabilmente campagna elettorale, o comunque s’ingraziava i suoi concittadini. 

Una facciata monumentale immetteva in una grande piazza porticata, terminata sul lato corto opposto da un’esedra colonnata. Ben tre basi portavano statue dello stesso Sertius, e almeno una quella di sua moglie, Cornelia Valentina Tucciana Sertia. Notevole nell’edificio è una serie di archi appoggiati su colonne, fatto inusuale nell’architettura romana.

LA BIBLIOTECA  

All’interno della città traianea si trovavano numerosi edifici d’interesse pubblico. La Biblioteca merita un cenno particolare. Situata lungo il cardo, sopraelevata di alcuni gradini, si presenta come un’esedra semicircolare; lungo i muri, inquadrate da colonne, si aprivano nicchie in cui erano gli scaffali per i rotoli e i codici, questi ultimi già diffusi all’epoca della costruzione, che risale al IV secolo d.C. 

Conosciamo anche il nome del finanziatore, Marco Giulio Quinziano Flavio Rogaziano, che spese ben quattrocentomila sesterzi. Si tratta di una delle rare testimonianze conservate di biblioteche antiche; si ricorderanno quelle del Foro di Traiano a Roma, quella di Efeso e probabilmente anche il cosiddetto tempio di Diana a Nîmes.

IL CAPITOLIUM

Un tempio grandioso è il Capitolium, edificato nella città nuova, non lontano dall’Arco. Stranamente, sembra che a Timgad il Capitolium, il tempio della triade di Giove, Giunone e Minerva, essenziale in una città romana, mancasse nell’impianto primitivo. Si decise in ogni caso di costruirlo più tardi, in proporzioni colossali: il tempio si trova in una corte di 105 per 68 metri, rivestita internamente da portici e preceduta sul lato nord da un altro portico. Il tempio, di cui restano in piedi solo due colonne, aveva sei colonne in facciata e otto sui lati, mentre il lato posteriore si appoggiava al muro di cinta. 

Fuori dell’ordinario erano però le dimensioni delle colonne alte oltre 14 metri; i capitelli da soli sono alti quasi 1,60 metri. Le dimensioni sono quelle dei grandi edifici romani della seconda metà del II secolo d.C., epoca cui appartiene il monumento stesso.

IL FORO  

Entrando in città dal lato nord, si può tuttora percorrere il cardo, perfettamente lastricato con blocchi rettangolari disposti obliquamente e fiancheggiato da colonne, fino all’ingresso del Foro.

 La piazza, un rettangolo lastricato di 50 metri per 43, è circondata interamente da portici; sul lato settentrionale si aprono porte di botteghe e uffici; su quello orientale si apre la scalinata di accesso all’aula della Basilica, l’edificio più grande della zona forense; sul lato occidentale si trova invece un tempietto tetrastilo di piccole dimensioni preceduto non da una scala, ma da una tribuna forse riservata agli oratori che parlavano al popolo di Timgad. 

Qui era anche un ambiente sotterraneo, forse la cassaforte dell’erario pubblico. Non sappiamo a chi fosse dedicato il tempio: forse a Traiano, oppure alla Vittoria. A lato del tempio era la curia, in cui si riuniva il senato cittadino. Fra i due edifici sorgeva un monumento alla Fortuna Augusta, di cui resta la base.