Tipasa
Algeria

patrimonio dell'umanità dal 1982

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Tipasa è una città algerina situata sulla costa del Mar Mediterraneo, capitale della provincia di Tipasa.

Tipasa fu fondata dai Fenici. L'imperatore Claudio la trasformò in colonia militare, dopodiché divenne un municipium. L'antica città romana venne costruita su tre colline che dominavano il mare. Delle case, molte delle quali erano state costruite sulla collina centrale, non resta alcuna traccia. Restano invece le rovine di 3 chiese (la basilica di Alessandro, la Grande Basilica e la basilica di Santa Salsa), due cimiteri, le terme, un teatro, un anfiteatro ed un ninfeo.

Benché l'importanza di Tipasa dal punto di vista commerciale fosse notevole, essa fu pressoché nulla dal punto di vista delle arti. Il Cristianesimo venne introdotto fin dai primi secoli, e nel III secolo la città fu sede vescovile. Nonostante ciò gran parte della popolazione continuò a credere nel paganesimo, fino a che, secondo la leggenda, una ragazza cristiana di nome Salsa gettò la testa di un idolo a forma di serpente nel mare, gesto che provocò la sua lapidazione da parte della popolazione infuriata. Il suo corpo, poi, miracolosamente restituito dal mare, venne sepolto sulla collina sopra il porto, in una piccola cappella su cui successivamente venne eretta la basilica di Santa Salsa. Il martirio di Santa Salsa avvenne nel IV secolo.

Nel 484 il re dei Vandali Unerico mandò a Tipasa un vescovo ariano, al che gran parte della popolazione emigrò in Spagna; molti di coloro che rimasero vennero crudelmente perseguitati. Dal VI secolo la città scompare dalla storia e, anche se non è chiaro se il suo declino sia stato causato dagli Arabi, sembra che essi non abbiano avuto nessun insediamento nel luogo ove si trovava Tipasa.

Salendo sulla cima  del promontorio Sidi Said (in passato Santa Salsa) si trova una vasta necropoli cristiana che è una delle più belle necropoli cristiane del mondo. La necropoli è una distesa di sarcofagi di varie epoche dal secondo al quinto secolo dell’era cristiana che si addensano attorno ai resti di una basilica dedicata appunto a Santa Salsa e che sono semplici parallelepipedi in pietra con rari ornamenti e simboli religiosi. L’antica chiesa, che probabilmente risale al V secolo e della quale rimangono ben visibili le mura dell’abside e la navata centrale con le due laterali, fu costruita per ampliare una cappella preesistente più piccola, l’originale, eretta in memoria della Santa e risalente alla prima metà del III secolo.
Santa Salsa era una giovanetta di quattordici anni, di fede cristiana che in un mondo ancora per lo più pagano, osò ribellarsi ai suoi concittadini gettando dall’alta costa nel mare sottostante la statua di un mitico dragone in bronzo da loro adorato. Essa fu lapidata e gettata dalla rupe nel mare ed il suo corpo fu ritrovato da un navigante, Saturninus, che lo riportò a terra sulla collina ove fu costruita una piccola cappella che sarebbe diventata poi la chiesa di Santa Salsa e per questa sua azione il marinaio fu miracolosamente salvato da una terribile tempesta.

Scendendo il promontorio si raggiunge la cinta muraria che risale al 175 e circonda tutta l’area compresa fra i promontori di Sidi Said e di Ras Knissia. Passato il villaggio attuale che certamente copre una parte dell’antica Tipasa, si trova un area, detta “ Parco Archeologico”; nessuna definizione potrebbe essere più appropriata poiché un vero parco si apre agli occhi del visitatore con una grande ricchezza di vegetazione naturalmente ordinata, di ulivi, di pini marittimi e di eucalipti, fra macchie di lentischi e di artemisia che fanno da sfondo e da scenario ai monumenti e agli edifici di un insieme urbano assai complesso, nel quale si confondono epoche e culture diverse dal periodo romano, ellenistico e cristiano bizantino.

Sul lato opposto della città, verso occidente, si ritrova la cinta muraria romana contro la quale fu costruita nel IV secolo una grande chiesa che porta il nome di “Grande Basilica”. Di essa non rimane molto: la pianta ben visibile con una navata centrale segnata dalle basi di colonne sormontate da capitelli corinzi, e tre navate per parte che racchiudono una superficie di circa 60x40 metri. Il piano del pavimento conserva ancora tracce di mosaici. 

Sul fianco sinistro hanno resistito al tempo alcune arcate in parte restaurate e sul fondo una grande abside costruita quasi a picco sul mare e sostenuta da grossi contrafforti in mattoni. Probabilmente proprio nell’epoca della costruzione di questa opera, Tipasa raggiunse il suo massimo sviluppo quando il potere dell’impero romano nella provincia mauritana cominciava a sgretolarsi. Si pensa che la popolazione della città avesse raggiunto in quel tempo i ventimila abitanti, valore notevole per quell’epoca. Da quel momento inizierà la sua decadenza. I Vandali e i Bizantini contribuiranno alla sua fine. I suoi monumenti più importanti furono fonte di materiale da costruzione per le popolazioni vicine ed il loro smantellamento progressivo continuò fino al sesto e settimo.

Nel periodo di tempo che decorre dal IV al III secolo oltre la chiesa di Santa Salsa fuori le mura e la Grande Basilica, furono costruite altre importanti opere cristiane quali la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, la chiesa del vescovo Alessandro e la Basilica “Giudiziaria” il cui curioso nome proviene da un uso precedente della stessa opera come tribunale, luogo di amministrazione della giustizia.

Nel corso del primo secolo l’imperatore Claudio, successore di Caligola, aveva concesso a Tipasa il diritto di usare uno statuto municipale romano e l’uso del diritto latino (jus latii). Un secolo dopo Tipasa divenne colonia romana e dal quel momento l’aspetto della città cambiò totalmente. 

Nel 147 fu costruita la grande cinta muraria e la distribuzione urbanistica assunse un nuovo aspetto con un nuovo impianto della. Dalla grande porta monumentale aperta verso Cesarea, con le due torri rotonde a difesa inizia il decumano in direzione del porto e subito a sinistra il grande teatro, a destra il Ninfeo e nel fondo ai due lati due costruzioni templari. Del grande teatro si sono salvate dalla distruzione tre sole fila di gradoni ed il terreno sul quale si appoggia la struttura è stato abilmente sfruttato dai costruttori.

Dalla porta Cesarea inizia il Decumanus Maximus che scende fin quasi al porto verso i resti dei due templi e verso il grande anfiteatro ormai spogliato di tutte i suoi decori architettonici. Scendendo verso il mare si incontra la “villa degli affreschi” cosiddetta appunto per gli affreschi dei quali però restano solo poche tracce, una grande casa privata con numerose stanze: un solarium, un triclinium, una grande sala da pranzo e molte camere e piccoli bagni. La grande casa si affaccia su di un piccolo golfo formato dai due promontori su uno dei quali c’è il foro, il centro della vita pubblica della città.

Come in tutte le città romane le terme sono le costruzioni più notevoli dal punto di vista dimensionale. Le grandi terme si presentano con grosse muraglie in mattoni che si elevano con archi e contrafforti anche di dieci metri in altezza dal loro suolo che le alluvioni avevano sollevato nel tempo di molti metri.