Tipasa
è
una
città
algerina
situata
sulla
costa
del
Mar
Mediterraneo,
capitale
della
provincia
di
Tipasa.
Tipasa
fu
fondata
dai
Fenici.
L'imperatore
Claudio
la
trasformò
in
colonia
militare,
dopodiché
divenne
un
municipium.
L'antica
città
romana
venne
costruita
su
tre
colline
che
dominavano
il
mare.
Delle
case,
molte
delle
quali
erano
state
costruite
sulla
collina
centrale,
non
resta
alcuna
traccia.
Restano
invece
le
rovine
di
3
chiese
(la
basilica
di
Alessandro,
la
Grande
Basilica
e
la
basilica
di
Santa
Salsa),
due
cimiteri,
le
terme,
un
teatro,
un
anfiteatro
ed
un
ninfeo.

Benché
l'importanza
di
Tipasa
dal
punto
di
vista
commerciale
fosse
notevole,
essa
fu
pressoché
nulla
dal
punto
di
vista
delle
arti.
Il
Cristianesimo
venne
introdotto
fin
dai
primi
secoli,
e
nel
III
secolo
la
città
fu
sede
vescovile.
Nonostante
ciò
gran
parte
della
popolazione
continuò
a
credere
nel
paganesimo,
fino
a
che,
secondo
la
leggenda,
una
ragazza
cristiana
di
nome
Salsa
gettò
la
testa
di
un
idolo
a
forma
di
serpente
nel
mare,
gesto
che
provocò
la
sua
lapidazione
da
parte
della
popolazione
infuriata.
Il
suo
corpo,
poi,
miracolosamente
restituito
dal
mare,
venne
sepolto
sulla
collina
sopra
il
porto,
in
una
piccola
cappella
su
cui
successivamente
venne
eretta
la
basilica
di
Santa
Salsa.
Il
martirio
di
Santa
Salsa
avvenne
nel
IV
secolo.
Nel
484
il
re
dei
Vandali
Unerico
mandò
a
Tipasa
un
vescovo
ariano,
al
che
gran
parte
della
popolazione
emigrò
in
Spagna;
molti
di
coloro
che
rimasero
vennero
crudelmente
perseguitati.
Dal
VI
secolo
la
città
scompare
dalla
storia
e,
anche
se
non
è
chiaro
se
il
suo
declino
sia
stato
causato
dagli
Arabi,
sembra
che
essi
non
abbiano
avuto
nessun
insediamento
nel
luogo
ove
si
trovava
Tipasa.

Salendo sulla cima del
promontorio
Sidi
Said
(in
passato
Santa
Salsa)
si
trova
una
vasta
necropoli
cristiana
che
è
una
delle
più
belle
necropoli
cristiane
del
mondo.
La
necropoli
è
una
distesa
di
sarcofagi
di
varie
epoche
dal
secondo
al
quinto
secolo
dell’era
cristiana
che
si
addensano
attorno
ai
resti
di
una
basilica
dedicata
appunto
a
Santa
Salsa
e
che
sono
semplici
parallelepipedi
in
pietra
con
rari
ornamenti
e
simboli
religiosi.
L’antica
chiesa,
che
probabilmente
risale
al
V
secolo
e
della
quale
rimangono
ben
visibili
le
mura
dell’abside
e
la
navata
centrale
con
le
due
laterali,
fu
costruita
per
ampliare
una
cappella
preesistente
più
piccola,
l’originale,
eretta
in
memoria
della
Santa
e
risalente
alla
prima
metà
del
III
secolo.
Santa
Salsa
era
una
giovanetta
di
quattordici
anni,
di
fede
cristiana
che
in
un
mondo
ancora
per
lo
più
pagano,
osò
ribellarsi
ai
suoi
concittadini
gettando
dall’alta
costa
nel
mare
sottostante
la
statua
di
un
mitico
dragone
in
bronzo
da
loro
adorato.
Essa
fu
lapidata
e
gettata
dalla
rupe
nel
mare
ed
il
suo
corpo
fu
ritrovato
da
un
navigante,
Saturninus,
che
lo
riportò
a
terra
sulla
collina
ove
fu
costruita
una
piccola
cappella
che
sarebbe
diventata
poi
la
chiesa
di
Santa
Salsa
e
per
questa
sua
azione
il
marinaio
fu
miracolosamente
salvato
da
una
terribile
tempesta.
Scendendo
il
promontorio
si
raggiunge
la
cinta
muraria
che
risale
al
175
e
circonda
tutta
l’area
compresa
fra
i
promontori
di
Sidi
Said
e
di
Ras
Knissia.
Passato
il
villaggio
attuale
che
certamente
copre
una
parte
dell’antica
Tipasa,
si
trova
un
area,
detta
“
Parco
Archeologico”;
nessuna
definizione
potrebbe
essere
più
appropriata
poiché
un
vero
parco
si
apre
agli
occhi
del
visitatore
con
una
grande
ricchezza
di
vegetazione
naturalmente
ordinata,
di
ulivi,
di
pini
marittimi
e
di
eucalipti,
fra
macchie
di
lentischi
e
di
artemisia
che
fanno
da
sfondo
e
da
scenario
ai
monumenti
e
agli
edifici
di
un
insieme
urbano
assai
complesso,
nel
quale
si
confondono
epoche
e
culture
diverse
dal
periodo
romano,
ellenistico
e
cristiano
bizantino.

Sul
lato
opposto
della
città,
verso
occidente,
si
ritrova
la
cinta
muraria
romana
contro
la
quale
fu
costruita
nel
IV
secolo
una
grande
chiesa
che
porta
il
nome
di
“Grande
Basilica”.
Di
essa
non
rimane
molto:
la
pianta
ben
visibile
con
una
navata
centrale
segnata
dalle
basi
di
colonne
sormontate
da
capitelli
corinzi,
e
tre
navate
per
parte
che
racchiudono
una
superficie
di
circa
60x40
metri.
Il
piano
del
pavimento
conserva
ancora
tracce
di
mosaici.
Sul
fianco
sinistro
hanno
resistito
al
tempo
alcune
arcate
in
parte
restaurate
e
sul
fondo
una
grande
abside
costruita
quasi
a
picco
sul
mare
e
sostenuta
da
grossi
contrafforti
in
mattoni.
Probabilmente
proprio
nell’epoca
della
costruzione
di
questa
opera,
Tipasa
raggiunse
il
suo
massimo
sviluppo
quando
il
potere
dell’impero
romano
nella
provincia
mauritana
cominciava
a
sgretolarsi.
Si
pensa
che
la
popolazione
della
città
avesse
raggiunto
in
quel
tempo
i
ventimila
abitanti,
valore
notevole
per
quell’epoca.
Da
quel
momento
inizierà
la
sua
decadenza.
I
Vandali
e
i
Bizantini
contribuiranno
alla
sua
fine.
I
suoi
monumenti
più
importanti
furono
fonte
di
materiale
da
costruzione
per
le
popolazioni
vicine
ed
il
loro
smantellamento
progressivo
continuò
fino
al
sesto
e
settimo.
Nel periodo di tempo che decorre dal
IV
al
III
secolo
oltre
la
chiesa
di
Santa
Salsa
fuori
le
mura
e
la
Grande
Basilica,
furono
costruite
altre
importanti
opere
cristiane
quali
la
Basilica
dei
Santi
Pietro
e
Paolo,
la
chiesa
del
vescovo
Alessandro
e
la
Basilica
“Giudiziaria”
il
cui
curioso
nome
proviene
da
un
uso
precedente
della
stessa
opera
come
tribunale,
luogo
di
amministrazione
della
giustizia.
Nel corso del primo secolo l’imperatore Claudio,
successore
di
Caligola,
aveva
concesso
a
Tipasa
il
diritto
di
usare
uno
statuto
municipale romano e l’uso del diritto latino (jus
latii).
Un
secolo
dopo
Tipasa
divenne
colonia
romana
e
dal
quel
momento
l’aspetto
della
città
cambiò
totalmente.
Nel
147
fu
costruita
la
grande
cinta
muraria
e
la
distribuzione
urbanistica
assunse
un
nuovo
aspetto
con
un
nuovo
impianto
della.
Dalla
grande
porta
monumentale
aperta
verso
Cesarea,
con
le
due
torri
rotonde
a
difesa
inizia
il
decumano
in
direzione
del
porto
e
subito
a
sinistra
il
grande
teatro,
a
destra
il
Ninfeo
e
nel
fondo
ai
due
lati
due
costruzioni
templari.
Del
grande
teatro
si
sono
salvate
dalla
distruzione
tre
sole
fila
di
gradoni
ed
il
terreno
sul
quale
si
appoggia
la
struttura
è
stato
abilmente
sfruttato
dai
costruttori.
Dalla porta Cesarea inizia il
Decumanus
Maximus
che
scende
fin
quasi
al
porto
verso
i
resti
dei
due
templi
e
verso
il
grande
anfiteatro
ormai
spogliato
di
tutte
i
suoi
decori
architettonici.
Scendendo
verso
il
mare
si
incontra
la
“villa
degli
affreschi”
cosiddetta
appunto
per
gli
affreschi
dei
quali
però
restano
solo
poche
tracce,
una
grande
casa
privata
con
numerose
stanze:
un
solarium,
un
triclinium,
una
grande
sala
da
pranzo
e
molte
camere
e
piccoli
bagni.
La
grande
casa
si
affaccia
su
di
un
piccolo
golfo
formato
dai
due
promontori
su
uno
dei
quali
c’è
il
foro,
il
centro
della
vita
pubblica
della
città.
Come in tutte le città romane le
terme
sono
le
costruzioni
più
notevoli
dal
punto
di
vista
dimensionale.
Le
grandi
terme
si
presentano
con
grosse
muraglie
in
mattoni
che
si
elevano
con
archi
e
contrafforti
anche
di
dieci
metri
in
altezza
dal
loro
suolo
che
le
alluvioni
avevano
sollevato
nel
tempo
di
molti
metri.

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