Il monastero ortodosso di Santa
Caterina sorge a 1500 metri di altezza alle
pendici del
Gebel Musa, Monte di Mosè 2285 metri o
monte Sinai, secondo la Bibbia furono consegnate
a Mosè le Tavole della Legge. L'intera area
rappresenta un luogo sacro per le tre principali
religioni monoteiste del mondo: il
cristianesimo, l'islam e l'ebraismo. Il
complesso, fondato nel VI secolo, è il più
antico monastero cristiano ancora utilizzato
nella sua funzione originaria. Le mura e gli
edifici rivestono grande importanza per lo
studio dell'architettura bizantina e ospitano
preziose collezioni di manoscritti e icone
risalenti agli albori dell'era cristiana. Le
selvagge montagne circostanti ospitano numerosi
siti e monumenti archeologici e religiosi e
costituiscono uno scenario di grande
suggestione.
Fondato dall'imperatore Giustiniano
tra il 527 e il 547 d.C. il monastero di Santa
Caterina venne ingrandito a più riprese nei
periodi successivi; la cinta muraria è di
dimensioni e di altezza diverse per la necessità
di adattarla alla conformazione della montagna.
Le mura a sud-ovest sono ancora originali invece
le altre vennero ricostruite dopo che furono
distrutte da un terremoto del 1312.
Nel racconto biblico gli Ebrei dopo
50 giorni di marcia tra le montagne ed i deserti
del Sinai, arrivarono al Monte Horeb sulla cui
vetta Mosè ricevette la Tavola della Legge,
"I dieci comandamenti" sui quali sono
fondate le dottrine ebraica e cristiana. Il
monte Horeb chiamato poi Monte di Mosè (Gebel
Musa) divenne la montagna sacra per eccellenza,
luogo di pellegrinaggio e di meditazione per i
primi cristiani.
Nel 330 d.C. Elena, madre
dell'imperatore Costantino, che con il suo
celebre editto del 313 d.C. aveva posto fine
alle persecuzioni garantendo la libertà di
culto, fece costruire una piccola chiesa nel
luogo dove si trovava il Roveto ardente.
Nel 527 d.C. Giustiniano ordinò la
costruzione di un vero e proprio monastero con
una grande basilica, chiamata la "Basilica
della Trasfigurazione", protetta da
un'imponente cinta muraria contro le incursioni
dei beduini, che includeva anche la chiesa
primitiva di Santa Elena.
Tra l'VIII e il IX secolo d.C. i
monaci ritrovarono il corpo di Santa Caterina
che, secondo la tradizione, era stato
trasportato dagli angeli sulla cima del Monte
Caterina. Il corpo della Santa venne collocato
in un sarcofago all'interno della basilica dove
si trova tuttora e così venne chiamato
"Monastero di Santa Caterina".
Nonostante la conquista da parte
degli arabi musulmani del Sinai nel 641 d.C., i
monaci continuarono a vivere nel convento,
salvaguardati da un editto di Maometto che
assicurava loro la sua protezione, provvedimento
che prese anche Napoleone durante la Campagna
d'Egitto.
I monaci che vivono oggi nel
monastero sono solo 15 ed appartengono ad un
ordine monastico che in origine aderiva alla
Chiesa di Roma e nel 1260 fu riconosciuto dal
papa Innocenzo IV, ma due secoli più tardi, nel
1439, all'epoca del Concilio di Firenze, se ne
staccò per seguire la liturgia della Chiesa
Ortodossa d'Oriente.
Essi seguono la regola di San Basilio e adottano
la lingua greca nelle funzioni liturgiche
essendo i monaci stessi in gran maggioranza
greci.
IL MONASTERO
L'attuale monastero sorge sulle
rovine della fortezza costruita nel 530 d.C. da Giustiniano.
L’edificio
più significativo del monastero è la Basilica
della Trasfigurazione,
con un alto campanile a pianta quadrata, diviso
in tre piani. Le sue campane svegliano i monaci
con 33 rintocchi che simboleggiano gli anni di
vita di Cristo.
La
base della basilica si trova 4 m. più in basso
rispetto all'ingresso e vi si accede attraverso
una porta del VI secolo d.C. riccamente
intagliata. La basilica è divisa in tre navate,
a sinistra della navata centrale si trova un pulpito
del 1787 mentre a sinistra è presente una sedia
episcopale con la rappresentazione del
monastero nel XVIII secolo. Nelle navate
laterali sono state aggiunte una serie di
cappelle dedicate a santi della chiesa
ortodossa.
La navata centrale è chiusa verso
l'altare da una bellissima iconostasi lignea del
1612. L'abside è decorato da dei splendidi
mosaici creati nel 565 e perfettamente
conservati.
Nel coro sono custodite le spoglie di Santa Caterina
all'interno di un sepolcro marmoreo. Dietro
l'abside è presente la cappella del roveto
ardente che si trova ancora più in basso della
basilica ed è la parte più antica della
basilica.
Di fronte alla chiesa è presente una
piccola moschea con il minareto separato, è
stata costruita nel XII secolo per i viandanti
mussulmani sopra una locanda del VI secolo.
La parte più antica del monastero è visibile
nella cappella del Roveto Ardente,
costruita nel punto esatto dove comparve a Mosè
il roveto in fiamme, ma sicuramente di notevole
valore e rarità è la sua Biblioteca che
ospita la seconda più vasta collezione (dopo
quella del Vaticano) di manoscritti antichi.
Nel Museo si possono osservare
icone bizantine dal valore inestimabile, porte
meravigliosamente intagliate, bellissimi
affreschi ed altre decorazioni religiose in oro
e pietre preziose.
IL SARCOFAGO DI SANTA CATERINA
Santa Caterina nacque ad Alessandria
d'Egitto nel 296 A.D. e si chiamava Dorotea.
Secondo i documenti, fu educata in una scuola
pagana ove studiò la filosofia, la poesia, la
musica, le matematiche, l'astronomia e la
medicina.
Figlia
di una famiglia pagana e tanto ricca, non le
mancarono i galanti pretendenti, che
regolarmente scartava. Un monaco siriano le parlò
di Gesù Cristo, e si convertì al
Cristianesimo, ricevette con il battesimo anche
il nome di Caterina.
Durante le persecuzioni dei cristiani
- sotto il regno di Massimiliano all'inizio del
IV secolo - testimoniò la sua fede e
pubblicamente rifiutò l'ordine dell'imperatore,
accusandolo di idolatria.
Cinquanta sapienti, venuti dalle quattro parti
dell'impero cercarono in vano di distoglierla e
farle cambiare idea; e fu lei al contrario a
convertirli con la sua fede, i suoi argomenti e
le convinzioni attinti dagli antichi filosofi
greci.
Si convertirono, pertanto, in Gesù
Cristo. Benché sotto la tortura, riuscì a
convertire anche i membri della famiglia
imperiale e quella dell'aristocrazia.
Dopo la sua decapitazione il corpo
sparì, secondo la tradizione, gli angeli lo
trasportarono sulla cima più alta del Sinai che
porta tuttora il suo nome.
Tre secoli più tardi, guidati da un
sogno, dei monaci del monastero (che era già
stato costruito da Giustiniano) trovarono il suo
corpo, lo portarono al monastero e lo deposero
in un sarcofago d'oro. Il profumo che emana
ancor oggi dai suoi resti mortali è un miracolo
perenne.
La storia del martirio di Santa Caterina fu
narrata in Occidente dai tempi delle Crociate e
fu venerata come una grande santa. Ma solo dall'XI
secolo il monastero è conosciuto sotto il nome
del monastero di Santa Caterina.
Nel monastero possiamo vedere il
Sarcofago ricoperto d'oro (172 x 67,5 cm)
offerto dalla principessa russa nel 1860. Il
coperchio In rilievo rappresenta la Santa
ricoperta di gioielli.
L'OSSARIO DEL MONASTERO
Nel giardino del monastero si trova
anche il cimitero con le ossa dei martiri e dei
monaci morti durante secoli. Dapprima i corpi
vengono sepolti nel piccolo cimitero, e dopo un
certo tempo, sono disseppelliti e le ossa
depositate in una sala apposita. Le tombe sono
meno di una decina.
I resti mortali degli arcivescovi
sono depositati in nicchie speciali. L'origine
di questa strana abitudine di preservare gli
scheletri, qui e in altri monasteri, viene da
una parte dalla difficoltà d'incavare delle
tombe nelle rocce (questo spiega l'esiguo numero
di tumulazioni nel piccolo cimitero), dall'altra
parte dal bisogno spirituale di ricordare
costantemente ai monaci che la morte è parte
integrante della vita sulla terra.
Tra i resti dei monaci, si trova lo
scheletro dell'eremita Stefano, morto nel sesto
secolo, racchiuso in una teca apposita e vestito
oggi come allora coi suoi paramenti neri di
monaco, con una croce bianca fatta sul suo
berretto nero.
Tale monaco, visse sulla santa
montagna del Sinai, in un luogo solitario sotto
la cima sacra, vicino alla grotta del profeta
Elia. Egli combatté per il monachesimo per
molti anni e fu un uomo di grande virtù. Così
fu descritto l'eremita del sesto secolo da
Giovanni Climaco.
ICONE DEL ROVETO
Il tema del "Roveto
ardente" non poteva non tentare gli artisti
che lo hanno raffigurato in miniature su libri,
in affreschi su muri di Chiese e Monasteri, e su
icone portatili in legno. Le icone più antiche
si ritrovano nel Convento di Santa Caterina nel
Sinai e risalgono ai secoli XII-XIV. Dal Sinai
il tema si è diffuso nei diversi Paesi di
tradizione ortodossa e in Occidente.
In
Oriente si possono distinguere due tipi
principali: greco il primo, russo e slavo il
secondo. Il tema greco riflette più da vicino
il racconto dell'Esodo. Vi figura sempre Mosè
che su ordine dell'Angelo si toglie i sandali;
di fronte a lui è raffigurato il Roveto che
brucia; in mezzo, o alla sommità, si vede Maria
in busto o a pieno corpo con il Bambino in
grembo: questo tipo iconografico della Madonna
è quello detto della "Platytéra"
[= più vasta dei Cieli]; quando il
Bambino è circondato da un cerchio, il tipo è
quello della Madonna del Segno.
Il tema iconografico è così
descritto da Dionisio da Furnà nel suo manuale
di pittura: "Mosè che porta al pascolo le
pecore vede il Roveto ardente. Mosè che
scioglie i sandali, ci sono pecore intorno e
davanti a lui un Roveto che arde; in
corrispondenza del centro di esso, su nel cielo,
la Madonna col Bambino, ed al suo fianco un
Angelo che guarda verso Mosè; dall'altro lato
del Roveto, di nuovo Mosè ritto, che ha la mano
tesa e con l'altra tiene un bastone".
L'icona, del sec. XII-XIII, si
conserva nel Monastero di Santa Caterina, sul
Sinai. Il suo formato relativamente grande la
destinava a figurare tra le icone dell'iconastasi.
Attualmente si venera nella Cappella detta del
"Roveto ardente", sita dietro l'Altare
della Chiesa principale ed è dedicata
all’Annunciazione. I Pellegrini vi entrano
togliendosi le scarpe. L'Altare è eretto sulle
stesse radici del Roveto.
Su fondo oro si stacca la figura di
Mosé giovane che, con un piede appoggiato sulla
roccia, si sta sciogliendo i sandali davanti al
Roveto che arde con bagliori di fuoco intenso.
La montagna sullo sfondo, riflettendo il fuoco
del Roveto, si confonde con il cielo di un fondo
oro. Anche la figura di Mosé, i suoi capelli, i
suoi abiti originalmente bianchi sono illuminati
dal fuoco intenso del Roveto. L'artista,
proveniente molto probabilmente dalla Capitale
bizantina, ha concentrato l'attenzione
sull'episodio storico della visione, lasciando
allo spettatore di indovinare l'aspetto
dogmatico del mistero dell'Incarnazione.
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