Area di Santa Caterina
Egitto

patrimonio dell'umanità dal 1979

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Il monastero ortodosso di Santa Caterina sorge a 1500 metri di altezza alle pendici del  Gebel Musa, Monte di Mosè 2285 metri o monte Sinai, secondo la Bibbia furono consegnate a Mosè le Tavole della Legge. L'intera area rappresenta un luogo sacro per le tre principali religioni monoteiste del mondo: il cristianesimo, l'islam e l'ebraismo. Il complesso, fondato nel VI secolo, è il più antico monastero cristiano ancora utilizzato nella sua funzione originaria. Le mura e gli edifici rivestono grande importanza per lo studio dell'architettura bizantina e ospitano preziose collezioni di mano­scritti e icone risalenti agli albori dell'era cristiana. Le selvagge montagne circostanti ospitano numerosi siti e monumenti archeologici e religiosi e costituiscono uno scenario di grande suggestione.

Fondato dall'imperatore Giustiniano tra il 527 e il 547 d.C. il monastero di Santa Caterina venne ingrandito a più riprese nei periodi successivi; la cinta muraria è di dimensioni e di altezza diverse per la necessità di adattarla alla conformazione della montagna. Le mura a sud-ovest sono ancora originali invece le altre vennero ricostruite dopo che furono distrutte da un terremoto del 1312.

Nel racconto biblico gli Ebrei dopo 50 giorni di marcia tra le montagne ed i deserti del Sinai, arrivarono al Monte Horeb sulla cui vetta Mosè ricevette la Tavola della Legge, "I dieci comandamenti" sui quali sono fondate le dottrine ebraica e cristiana. Il monte Horeb chiamato poi Monte di Mosè (Gebel Musa) divenne la montagna sacra per eccellenza, luogo di pellegrinaggio e di meditazione per i primi cristiani.  

Nel 330 d.C. Elena, madre dell'imperatore Costantino, che con il suo celebre editto del 313 d.C. aveva posto fine alle persecuzioni garantendo la libertà di culto, fece costruire una piccola chiesa nel luogo dove si trovava il Roveto ardente.

Nel 527 d.C. Giustiniano ordinò la costruzione di un vero e proprio monastero con una grande basilica, chiamata la "Basilica della Trasfigurazione", protetta da un'imponente cinta muraria contro le incursioni dei beduini, che includeva anche la chiesa primitiva di Santa Elena.

Tra l'VIII e il IX secolo d.C. i monaci ritrovarono il corpo di Santa Caterina che, secondo la tradizione, era stato trasportato dagli angeli sulla cima del Monte Caterina. Il corpo della Santa venne collocato in un sarcofago all'interno della basilica dove si trova tuttora e così venne chiamato "Monastero di Santa Caterina".

Nonostante la conquista da parte degli arabi musulmani del Sinai nel 641 d.C., i monaci continuarono a vivere nel convento, salvaguardati da un editto di Maometto che assicurava loro la sua protezione, provvedimento che prese anche Napoleone durante la Campagna d'Egitto.

I monaci che vivono oggi nel monastero sono solo 15 ed appartengono ad un ordine monastico che in origine aderiva alla Chiesa di Roma e nel 1260 fu riconosciuto dal papa Innocenzo IV, ma due secoli più tardi, nel 1439, all'epoca del Concilio di Firenze, se ne staccò per seguire la liturgia della Chiesa Ortodossa d'Oriente. Essi seguono la regola di San Basilio e adottano la lingua greca nelle funzioni liturgiche essendo i monaci stessi in gran maggioranza greci.  

IL MONASTERO

L'attuale monastero sorge sulle rovine della fortezza costruita nel 530 d.C. da Giustiniano.

L’edificio più significativo del monastero è la Basilica della Trasfigurazione, con un alto campanile a pianta quadrata, diviso in tre piani. Le sue campane svegliano i monaci con 33 rintocchi che simboleggiano gli anni di vita di Cristo.

La base della basilica si trova 4 m. più in basso rispetto all'ingresso e vi si accede attraverso una porta del VI secolo d.C. riccamente intagliata. La basilica è divisa in tre navate, a sinistra della navata centrale si trova un pulpito del 1787 mentre a sinistra è presente una sedia episcopale con la rappresentazione del monastero nel XVIII secolo. Nelle navate laterali sono state aggiunte una serie di cappelle dedicate a santi della chiesa ortodossa.

La navata centrale è chiusa verso l'altare da una bellissima iconostasi lignea del 1612. L'abside è decorato da dei splendidi mosaici creati nel 565 e perfettamente conservati. 

Nel coro sono custodite le spoglie di Santa Caterina all'interno di un sepolcro marmoreo. Dietro l'abside è presente la cappella del roveto ardente che si trova ancora più in basso della basilica ed è la parte più antica della basilica.

Di fronte alla chiesa è presente una piccola moschea con il minareto separato, è stata costruita nel XII secolo per i viandanti mussulmani sopra una locanda del VI secolo. 

La parte più antica del monastero è visibile nella cappella del Roveto Ardente, costruita nel punto esatto dove comparve a Mosè il roveto in fiamme, ma sicuramente di notevole valore e rarità è la sua Biblioteca che ospita la seconda più vasta collezione (dopo quella del Vaticano) di manoscritti antichi.

Nel Museo si possono osservare icone bizantine dal valore inestimabile, porte meravigliosamente intagliate, bellissimi affreschi ed altre decorazioni religiose in oro e pietre preziose.  

IL SARCOFAGO DI SANTA CATERINA

Santa Caterina nacque ad Alessandria d'Egitto nel 296 A.D. e si chiamava Dorotea. Secondo i documenti, fu educata in una scuola pagana ove studiò la filosofia, la poesia, la musica, le matematiche, l'astronomia e la medicina.

Figlia di una famiglia pagana e tanto ricca, non le mancarono i galanti pretendenti, che regolarmente scartava. Un monaco siriano le parlò di Gesù Cristo, e si convertì al Cristianesimo, ricevette con il battesimo anche il nome di Caterina.

Durante le persecuzioni dei cristiani - sotto il regno di Massimiliano all'inizio del IV secolo - testimoniò la sua fede e pubblicamente rifiutò l'ordine dell'imperatore, accusandolo di idolatria.
Cinquanta sapienti, venuti dalle quattro parti dell'impero cercarono in vano di distoglierla e farle cambiare idea; e fu lei al contrario a convertirli con la sua fede, i suoi argomenti e le convinzioni attinti dagli antichi filosofi greci.

Si convertirono, pertanto, in Gesù Cristo. Benché sotto la tortura, riuscì a convertire anche i membri della famiglia imperiale e quella dell'aristocrazia.

Dopo la sua decapitazione il corpo sparì, secondo la tradizione, gli angeli lo trasportarono sulla cima più alta del Sinai che porta tuttora il suo nome.

Tre secoli più tardi, guidati da un sogno, dei monaci del monastero (che era già stato costruito da Giustiniano) trovarono il suo corpo, lo portarono al monastero e lo deposero in un sarcofago d'oro. Il profumo che emana ancor oggi dai suoi resti mortali è un miracolo perenne.
La storia del martirio di Santa Caterina fu narrata in Occidente dai tempi delle Crociate e fu venerata come una grande santa. Ma solo dall'XI secolo il monastero è conosciuto sotto il nome del monastero di Santa Caterina.

Nel monastero possiamo vedere il Sarcofago ricoperto d'oro (172 x 67,5 cm) offerto dalla principessa russa nel 1860. Il coperchio In rilievo rappresenta la Santa ricoperta di gioielli.

L'OSSARIO DEL MONASTERO

Nel giardino del monastero si trova anche il cimitero con le ossa dei martiri e dei monaci morti durante secoli. Dapprima i corpi vengono sepolti nel piccolo cimitero, e dopo un certo tempo, sono disseppelliti e le ossa depositate in una sala apposita. Le tombe sono meno di una decina.

I resti mortali degli arcivescovi sono depositati in nicchie speciali. L'origine di questa strana abitudine di preservare gli scheletri, qui e in altri monasteri, viene da una parte dalla difficoltà d'incavare delle tombe nelle rocce (questo spiega l'esiguo numero di tumulazioni nel piccolo cimitero), dall'altra parte dal bisogno spirituale di ricordare costantemente ai monaci che la morte è parte integrante della vita sulla terra.

Tra i resti dei monaci, si trova lo scheletro dell'eremita Stefano, morto nel sesto secolo, racchiuso in una teca apposita e vestito oggi come allora coi suoi paramenti neri di monaco, con una croce bianca fatta sul suo berretto nero.

Tale monaco, visse sulla santa montagna del Sinai, in un luogo solitario sotto la cima sacra, vicino alla grotta del profeta Elia. Egli combatté per il monachesimo per molti anni e fu un uomo di grande virtù. Così fu descritto l'eremita del sesto secolo da Giovanni Climaco.

ICONE DEL ROVETO

Il tema del "Roveto ardente" non poteva non tentare gli artisti che lo hanno raffigurato in miniature su libri, in affreschi su muri di Chiese e Monasteri, e su icone portatili in legno. Le icone più antiche si ritrovano nel Convento di Santa Caterina nel Sinai e risalgono ai secoli XII-XIV. Dal Sinai il tema si è diffuso nei diversi Paesi di tradizione ortodossa e in Occidente.

In Oriente si possono distinguere due tipi principali: greco il primo, russo e slavo il secondo. Il tema greco riflette più da vicino il racconto dell'Esodo. Vi figura sempre Mosè che su ordine dell'Angelo si toglie i sandali; di fronte a lui è raffigurato il Roveto che brucia; in mezzo, o alla sommità, si vede Maria in busto o a pieno corpo con il Bambino in grembo: questo tipo iconografico della Madonna è quello detto della "Platytéra" [= più vasta dei Cieli]; quando il Bambino è circondato da un cerchio, il tipo è quello della Madonna del Segno.

Il tema iconografico è così descritto da Dionisio da Furnà nel suo manuale di pittura: "Mosè che porta al pascolo le pecore vede il Roveto ardente. Mosè che scioglie i sandali, ci sono pecore intorno e davanti a lui un Roveto che arde; in corrispondenza del centro di esso, su nel cielo, la Madonna col Bambino, ed al suo fianco un Angelo che guarda verso Mosè; dall'altro lato del Roveto, di nuovo Mosè ritto, che ha la mano tesa e con l'altra tiene un bastone".

L'icona, del sec. XII-XIII, si conserva nel Monastero di Santa Caterina, sul Sinai. Il suo formato relativamente grande la destinava a figurare tra le icone dell'iconastasi. Attualmente si venera nella Cappella detta del "Roveto ardente", sita dietro l'Altare della Chiesa principale ed è dedicata all’Annunciazione. I Pellegrini vi entrano togliendosi le scarpe. L'Altare è eretto sulle stesse radici del Roveto.

Su fondo oro si stacca la figura di Mosé giovane che, con un piede appoggiato sulla roccia, si sta sciogliendo i sandali davanti al Roveto che arde con bagliori di fuoco intenso. La montagna sullo sfondo, riflettendo il fuoco del Roveto, si confonde con il cielo di un fondo oro. Anche la figura di Mosé, i suoi capelli, i suoi abiti originalmente bianchi sono illuminati dal fuoco intenso del Roveto. L'artista, proveniente molto probabilmente dalla Capitale bizantina, ha concentrato l'attenzione sull'episodio storico della visione, lasciando allo spettatore di indovinare l'aspetto dogmatico del mistero dell'Incarnazione.