Lalibela
è
oggi
una
piccola
ed
ospitale
città
situata
nel
centro
dell'Etiopia
ad
un'altitudine
di
2700
m
s.l.m. Grazie alla sua posizione
mimetica,
circa
800
anni
fa,
al
riparo
da
occhi
indiscreti
e
mani
predatrici
di
ospiti
indesiderati,
un
nobile
Re
e
gli
uomini
del
Medioevo
etiopico,
cristiani
asserragliati
sull'altipiano
inespugnabile,
circondato
da
popoli
musulmani,
realizzarono
l'ottava
meraviglia
del
mondo:
11
chiese
rupestri
costruite
"al
rovescio",
cioè
non
all'aria
aperta,
puntate
verso
il
cielo,
ma
intagliate
interamente
in
profondità
nel
tufo
vulcanico
rosato
e
collegate
tra
loro
tramite
un
intreccio
sotterraneo
di
corridoi,
grotte
e
cunicoli.
La
creazione
di
questo
capolavoro
si
deve
al
mitico
Re
Lalibela.
Fino ad otto secoli fa
questo
villaggio
del
Wollo,
oggi
chiamato
appunto
Lalibela,
era
conosciuto
come
Roha,
la
capitale
rurale
del
regno
degli
Zagwe,
dinastia
che
governava
i
popoli
di
origine
cuscita,
gli
eredi
dell'impero
di
Axum
(uno
dei
più
antichi
regni
africani,
leggendario
dominio
della
regina
di
Saba),
che
si
convertirono
al
cristianesimo
dopo
il
300.
Nella
seconda
metà
del
XII
secolo,
a
Roha,
nella
casa
reale
nacque
un
bambino.
La leggenda narra che, un
giorno,
la
madre
lo
trovò
disteso
felicemente
nella
culla,
circondato
da
uno
sciame
di
api.
Rievocando
un'antica
credenza
etiope,
secondo
la
quale
gli
animali
preannunciano
l'avvento
di
personaggi
importanti,
a
quella
visione
la
madre
gridò:
"Le
api
sanno
che
questo
bambino
diventerà
Re".
Perciò
chiamò
suo
figlio
Lalibela,
che
significa
"le
api
riconoscono
la
sua
sovranità".
Il
fratello
maggiore
di
Lalibela,
Harbay,
erede
al
trono,
fu
contrariato
da
questa
notizia
e
nutrì
un
forte
sentimento
di
gelosia.
Col
passare
degli
anni
cominciò
a
temere
per
la
sicurezza
del
suo
trono
e
decise
di
eliminare
il
rivale
somministrandogli
del
veleno
che
gettò
il
giovane
principe
in
un
letargo
mortale.

Durante
i
tre
giorni
di
incoscienza,
Lalibela
fu
trasportato
dagli
angeli
in
paradiso,
dove
Dio
gli
ordinò
di
ritornare
a
Roha
e
costruire
chiese
in
suo
onore.
Dio
stesso
gli
indicò
come
disegnare
quelle
chiese,
dove
edificarle
e
come
decorarle.
Dopo
il
ritorno
di
Lalibela
fra
i
mortali,
il
fratello
maggiore
gli
chiese
perdono
e
abdicò
in
suo
favore.
Il
giovane
Re
riunì
muratori,
falegnami
e
attrezzature;
stabilì
i
salari
e
acquistò
il
terreno
necessario
per
le
costruzioni.
Le
chiese
furono
terminate
con
sorprendente
rapidità
perché
di
giorno
lavoravano
gli
operai
e
di
notte
gli
angeli.
Lasciando la leggenda e
sfogliando
ciò
che
resta
delle
cronache
medioevali
di
questo
Paese
del
Corno
d'Africa,
troviamo
un'annotazione
che
riporta
l'arrivo
di
oltre
500
operai,
provenienti
da
Alessandria
d'Egitto,
alla
corte
di
Lalibela,
per
costruire,
o
meglio
scavare
11
chiese
rupestri,
i
più
grandi
monumenti
monolitici
di
tutta
l'Africa.
Gli architetti del
cristianesimo
copto
costruirono
la
loro
"Città
Santa"
fra
i
canyon
e
le
montagne
dell'Etiopia.
Scolpirono
e
svuotarono
montagne,
traforarono
colline,
intagliarono
tunnel
e
passaggi
sotterranei,
innalzarono
una
città
invisibile
e
cattedrali
di
roccia
che
sorgevano
direttamente
dal
macigno
e
le
allacciarono
ad
un
groviglio
di
gallerie.
Separarono,
come
fosse
una
conchiglia,
i
versanti
di
una
montagna
e
chiamarono
Giordano
il
piccolo
corso
d'acqua
che
scorre
nella
valle.
Tutte le chiese vennero
lavorate
sia
all'esterno:
porte,
finestre
e
fregi,
sia
all'interno:
sale,
archi,
colonne,
secondo
uno
stile
che
mostra
chiare
influenze
axsumite.
Diverse
chiese
hanno
il
tetto
a
livello
del
terreno
e
alcune
sono
affrescate.
Quattro
chiese
sorgono
direttamente
dalla
roccia,
saldate
alla
montagna
dal
pavimento,
massi
immensi
scolpiti
e
svuotati.

Le undici chiese monolitiche di Lalibela formano
un
unico
complesso
costituito
da
due
gruppi
principali,
di
cinque
chiese
ciascuno,
e
da
una
chiesa
isolata,
e
rappresentano,
con
il
villaggio
che
le
circonda,
una
testimonianza
di
eccezionale
valore
storico-artistico.
Il primo gruppo comprende le chiese di Biet
Medhani
Alem
(che
significa
Casa
del
Salvatore
del
Mondo),
con
il
suo
portico
esterno
su
pilastri
quadrati,
Biet
Mariam
(Casa
di
Maria),
con
bassorilievi
raffiguranti
scene
di
caccia,
Biet
Mascal
(Casa
della
Croce),
Biet
Denagel
(Casa
delle
Vergini)
e
Biet
Golghota
Mikael
(Casa
di
Michele
del
Golgota),
la
cui
facciata
è
ornata
di
splendidi
bassorilievi
che
ritraggono
la
Deposizione
di
Cristo
e
Scene
di
santi.
Il secondo gruppo annovera i templi di Biet
Ammanuel
(Casa
di
Emanuele),
caratterizzato
da
un
motivo
esterno
a
fasce
e
teste
di
travi,
Biet
Cheddus
Mercoreos
(Casa
di
San
Mercoreo),
Biet
Abba
Libanos
(Casa
di
Abba
Libanos),
Biet
Gabriel
Raphael
(Casa
di
Gabriele
Raffaele)
e
Biet
Lehem
(Casa
del
Pane
Benedetto).
Una chiesa, Bet Abba Libanos,
è
allacciata
alla
roccia
solo
dal
soffitto,
altre
due
sono
fuse
con
le
colline
da
una
o
più
pareti.

Si narra che, quando il Re
Lalibela
ebbe
quasi
terminato
la
costruzione
delle
chiese,
fu
severamente
rimproverato
da
San
Giorgio,
che
gli
si
presentò
completo
di
armatura
sul
suo
cavallo
bianco,
per
non
averne
costruita
una
dedicata
a
lui.
Immediatamente
Lalibela
promise
al
santo
che
avrebbe
scavato
la
più
bella
chiesa
per
lui.
Sempre
secondo
la
leggenda,
San
Giorgio
sorvegliò
l'esecuzione
dei
lavori
di
persona,
come
dimostrerebbe
l'impronta
dello
zoccolo
del
suo
cavallo
ben
impressa
nello
scivolo-tunnel
che
conduce
alla
chiesa
e
che
i
monaci,
ancora
oggi,
mostrano
ai
visitatori.
Isolata dalle altre, la
bellissima
chiesa
Bet
Giorgis
(San
Giorgio),
forse
la
più
elegante
di
tutte
le
costruzioni
di
Lalibela,
si
trova
in
un
profondo
affossamento,
le
sue
pareti
sono
perpendicolari
e
formano
un
perfetto
monolite
a
forma
di
croce
greca
incassato
per
13
metri
nella
roccia
e
collegato
all'esterno
da
un
lungo
tunnel.
Solitaria,
distante
dai
due
complessi
di
basiliche
rupestri,
ai
confini
del
villaggio
di
Lalibela,
è
invisibile
fino
a
quando
non
si
arriva
ad
un
passo
dalla
voragine
che
la
nasconde.

L'unica chiesa affrescata è
quella
di
Bet
Maryam
(casa
di
Maria)
dedicata
alla
Madonna.
È
la
più
amata,
non
solo
dai
sacerdoti
di
Lalibela,
ma
anche
dalla
moltitudine
di
pellegrini
che
si
riversa
sul
sagrato
nei
giorni
di
festa.
Anche
il
Re
Lalibela
preferiva
questa
chiesa
alle
altre
e
vi
faceva
celebrare
la
messa
quotidiana.
Sulla
parete
orientale
del
sagrato,
di
fronte
all'entrata
principale,
è
ancora
visibile
un
palco
della
famiglia
reale
di
Lalibela.
Dalla chiesa di Bet Maryam
una
galleria
conduce
alla
grotta
della
Trinità,
luogo
sacro
e
inaccessibile,
dove
sono
custoditi
i
resti
mortali
del
Re-fondatore
della
città
rupestre;
accanto
a
lui
ci
sarebbe
la
tomba
vuota
di
Cristo,
ma
è
impossibile
saperne
di
più,
i
monaci-guardiani
ne
sbarrano
l'accesso.
I TUCUL
L'architettura delle case d'abitazione che sorgono
nella
zona
è
basata
sulla
struttura
del
tucul,
caratteristico
dei
popoli
rurali
delle
regioni
etiopiche
settentrionali.
Si
tratta
di
una
costruzione
cilindrica
di
dimensioni
variabili,
con
le
pareti
realizzate
in
pietra
a
secco
e
il
tetto
in
semplice
paglia.
La
tipologia
più
complessa
-
che
tuttavia
è
meno
diffusa
-
presenta
più
di
un
piano
e
una
struttura
interna
ad
anelli
concentrici
che
formano
corridoi
anulari
usati
anche
come
magazzini,
stanze
o
stalle.
Lo
spazio
centrale,
a
pianta
circolare
come
il
tetto
conico,
spesso
è
diviso
in
due
metà.
Talvolta
viene
aggiunto
un
porticato
esterno
circolare
sopra
il
quale
è
appoggiato
il
tetto.
Nel corso dei secoli le undici chiese rupestri e i
tucul
presenti
nei
dintorni
di
Lalibela
sono
stati
seriamente
danneggiati
da
terremoti
e
saccheggi
e
attualmente
mostrano
segni
di
un
deterioramento
più
o
meno
evidente.
Un ulteriore problema deriva dal sistema di
drenaggio
delle
chiese,
che
è
stato
in
gran
parte
ostruito
da
depositi
di
terriccio.
Ciò
favorisce
il
periodico
accumulo
di
acqua
e,
di
conseguenza,
la
crescita
di
alberelli,
licheni
e
altri
piccoli
vegetali
le
cui
radici
penetrano
nella
roccia,
degradandola
e
aprendo
pericolose
crepe
e
fessure.

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