La genesi del Regno Ashanti risale a molti secoli
prima
dell'epoca
in
cui
esso
fece
il
suo
ingresso
ufficiale
negli
annali
della
storia
africana.
Tra
i
secoli
XI
e
XII
gli
Akan,
formati
da
molti
gruppi
etnici
tra
cui
i
più
numerosi
erano
i
Fanti
e
gli
Ashanti,
si
installarono
a
occidente
dell'attuale
Lago
Volta,
sottomettendo
le
tribù
locali,
adottandone
la
lingua
e
formando
piccoli
regni
che
prosperarono
grazie
al
commercio.
Da
quel
momento
in
poi
gli
Ashanti
si
organizzarono
sempre
più
solidamente
fino
a
dar
vita
a
una
confederazione
retta
da
una
rigida
gerarchia
politica
e
militare
sottoposta
al
controllo
di
un
capo
supremo
(ashantehene).
Dal
XV
secolo
l'attività
mercantile
di
questa
popolazione
si
orientò
verso
gli
stanziamenti
europei
della
costa,
ai
quali
venivano
offerti
oro,
avorio
e
pelli
in
cambio
di
armi,
sale
e
tessuti
preziosi.
La leggenda del trono d'oro
Alla fine del XVII secolo la confederazione
ashanti,
sotto
il
comando
del
re
Osai
Tutù,
riuscì
a
sconfiggere
l'aggressivo
Stato
di
Denkera
che
voleva
invadere
la
regione.
Il
sacerdote
Okomfo
Anokye,
consigliere
di
Osai
Tutù,
vide
in
questa
vittoria
il
simbolo
dell'unione
e
della
vitalità
del
popolo
degli
Ashanti.
Secondo
la
tradizione,
durante
una
riunione
dei
capi
alleati
Okomfo
invocò
gli
dei,
i
quali
fecero
scendere
dal
cielo
un
trono
d'oro
che
si
posò
sulle
ginocchia
di
Osai
Tutù,
sancendo
così
la
sua
autorità
come
primo
ashantehene.
Questa
leggenda
simboleggia
l'evoluzione
dagli
elementari
vincoli
tribali
a
un
livello
organizzativo
più
complesso:
un
vero
Stato
i
cui
governanti
sono
investiti
del
potere
per
diritto
divino
e
incarnano
questo
stesso
diritto
nel
possesso
del
trono
d'oro.
Nasce così il Regno Ashanti, che i successori di
Osai
Tutù
portarono
al
massimo
splendore
durante
il
XVIII
secolo,
grazie
a
una
fiorente
economia
basata
sul
commercio
dell'oro
e,
soprattutto,
degli
schiavi,
"merce"
allora
molto
apprezzata
negli
insediamenti
portoghesi,
olandesi
e
inglesi
della
costa.
La
situazione
cambiò
drasticamente
nel
secolo
successivo,
quando
le
potenze
europee
abolirono
la
schiavitù,
trasformando
la
loro
politica
di
relazioni
commerciali
con
gli
Stati
africani
in
aperta
colonizzazione.
Da
quel
momento
gli
Inglesi,
che
si
erano
impossessati
di
tutti
gli
insediamenti
costieri,
iniziarono
a
favorire
i
dissensi
interni
del
Regno
Ashanti,
riuscendo
infine
a
rovesciare
l'ultimo
ashantehene,
che
terminò
i
suoi
giorni
deportato
alle
Seychelles.
Nel
corso
di
questa
guerra
la
capitale
ashanti,
Rumasi,
fu
rasa
al
suolo
così
come
la
maggior
parte
degli
altri
villaggi
del
regno.
case per gli spiriti
Le vestigia dell'architettura ashanti
sopravvissute
al
disastro
e
alla
successiva
decadenza
si
riducono
ad
alcuni
edifici
situati
in
dodici
villaggi
nella
regione
attorno
a
Rumasi,
antiche
residenze
dei
capi
locali
trasformate
in
mausolei
e
santuari
animisti.
Nella
maggior
parte
dei
casi
non
superano
i
cento
anni
d'età,
sebbene
si
rifacciano
a
una
tradizione
artistica
molto
più
remota.
I
materiali
impiegati
sono
semplici
e
deperibili,
il
che
spiega
la
difficoltà
dei
lavori
di
conservazione:
legno,
muri
in
mattoni
crudi
rinforzati
con
canne
di
bambù
e
intonacati
con
argilla,
tetti
in
paglia
di
miglio.
L'organizzazione
dello
spazio
segue
in
tutti
gli
edifici
un
modello
molto
simile,
con
quattro
corpi
edificati
intorno
a
un
cortile
centrale.
Due
di
questi
corpi,
di
livello
più
elevato,
servono
da
palcoscenico
ai
suonatori
e
ai
cantanti
che
intervengono
alle
cerimonie
religiose;
un
terzo
è
adibito
a
cucina,
mentre
l'ultimo
costituisce
il
santuario
propriamente
detto.
I
muri
sono
decorati
con
affreschi
e
sculture
che
rappresentano
il
miglior
esempio
di
arte
ashanti.
Gli
affreschi
riproducono
gli
stessi
modelli
geometrici
che
si
utilizzano
ancora
oggi
in
Ghana
per
stampare
i
celebri
tessuti
adinkra.
Sono
rappresentate
figure
simboliche
tratte
da
detti
e
sentenze
popolari.
La
scultura
comprende
altorilievi
inseriti
nei
muri
e
placche
di
terracotta,
con
motivi
geometrici
o
figure
di
animali
stilizzate,
usate
per
gli
zoccoli
nella
parte
inferiore
dei
muri
o
per
incorniciare
le
porte
interne.

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