Timbuktu
Mali

patrimonio dell'umanità dal 1988 - sito patrimonio in pericolo

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DAL 2012 SITO PATRIMONIO IN PERICOLO - Minacce di distruzione da parte di gruppi integralisti islamici quali Al-Qaida nel Maghreb islamico, Ansar Dine e Boko Haram. Alcuni monumenti sono stati saccheggiati o distrutti.

Poche città africane sono leggendarie quanto Timbouctou, per molti secoli proibita agli Europei, meta di viaggiatori e pellegrini per i quali la vista delle sue mura e dei suoi minareti, sorgenti dalla sabbia come un miraggio, significava la fine della penosa traversata del deserto. Nonostante i muri delle sue moschee non fossero, come si favoleggiava, ricoperti d'oro, ci fu un tempo in cui il prezioso metallo circolava in abbondanza nella città, dove si mescolavano razze, lingue e religioni diverse. Timbouctou era uno dei più grandi mercati dell'Africa, ma anche uno dei più attivi centri culturali.

Gli imperi del Niger

Quando nacque Timbouctou, verso l'XI secolo, le rotte del Sahara erano nel territorio controllato dai Tuareg. Nessuno conosceva come loro i pozzi, le oasi, i segnali appena percettibili che permettevano di attraversare senza pericolo il deserto. A questo popolo di pastori, guerrieri nomadi e occasionali mercanti, apparteneva la stirpe degli Imakcharen, installati nella regione che si estende tra l'Azaouad e le rive del Niger. Presso il grande fiume essi decisero di fondare un accampamento permanente nel quale immagazzinare le mercanzie troppo voluminose per essere trasportate nei loro continui spostamenti.

L'accampamento si trasformò in villaggio, e questo in una città: Timbouctou. L'ubicazione favorevole, nel punto più settentrionale, e quindi più vicino al deserto, del corso del Niger, la rese un eccellente punto di incontro tra le carovane che attraversavano il Sahara e quelle provenienti dall'Africa centro-meridionale. Timbouctou divenne una delle città più ambite dagli imperi africani che durante il Medioevo prosperavano nella regione. Nel XIV secolo fu annessa all'impero mandingo del Mali da uno dei suoi più grandi sovrani, Kankan Mussa. Sotto il suo governo si rivitalizzarono il commercio transahariano e gli interscambi culturali con il mondo arabo, che segnarono profondamente la città e che diedero il via alla sua crescita economica e culturale, destinata a culminare un secolo dopo sotto l'Impero Songhai.

In questo periodo (XV e XVI secolo) Timbouctou raggiunse il suo massimo splendore, diventando luogo d'incontro per letterati, dottori dell'Islam e artisti provenienti dal mondo intero. Le successive conquiste da parte dei Marocchini (1591), dei Tuareg (1737) e dei Francesi (1894) segnarono la decadenza della città, che conserverà soltanto il ricordo della perduta grandezza e una minima parte delle sue ricchezze architettoniche.  

Mecenati e santi

Tre moschee, diverse dimore, alcune delle quali conservano il ricordo dei savi o degli esploratori che vi abitarono, e una fitta cintura di cimiteri e di tombe di santi che circonda l'area urbana sono tutto ciò che resta di una città che fu celebre per i sontuosi palazzi, gli immensi mercati e un'università coranica che poteva ospitare 25.000 studenti. Un tesoro modesto, ma prezioso, come ultima testimonianza di uno dei grandi centri di diffusione dell'architettura sub­sahariana.

Sotto il governo di Kankan Mussa l'architettura della città ricevette un grande impulso grazie all'architetto Abu Ishak el-Saheli, autore di edifici influenzati dallo stile mudéjar spagnolo e della grande Moschea di Djinguereber, terminata nel 1330. Nel XVI secolo la Moschea fu interamente ricostruita e ampliata dall'imam el-Aqib e acquistò la forma attuale, con tre cortili interni, due minareti e una sala di preghiera con 33 file di colonne.  

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Al periodo mandingo risale anche la Moschea di Sankoré, ristrutturata dall'imam el-Aqib, che volle darle le dimensioni del Santuario della Kaaba. Nel 1952 la facciata orientale fu ricoperta di alhor, una pietra calcarea locale che, come materiale da costruzione, in tempi recenti è stata preferita al mattone crudo.

La terza moschea è legata a una storia curiosa. Fu costruita verso il 1400 e destinata al santo di cui le profezie annunciavano l'imminente venuta. Quarantanni più tardi la predizione si incarnò in un uomo arrivato dal deserto, Sidi Yahya, che fu nominato imam. La moschea oggi ne porta il nome e ne ospita la tomba. L'instancabile el-Aqib si incaricò anche di restaurarla tra il 1577 e il 1578, ma nel 1939 la sua struttura fu deturpata con la trasformazione del minareto in torre merlata.

Oggi, più delle guerre e delle invasioni, il vero pericolo che minaccia Timbouctou è sottile come la sabbia: anno dopo anno, infatti, il deserto avanza verso la città. La situazione è particolarmente grave per la Moschea di Sankoré, la più settentrionale e quindi la più esposta ai venti sahariani carichi di sabbia. Una delle sue porte ne è già stata ricoperta e il vento avrebbe seppellito la Moschea intera se i suoi muri perimetrali non fossero stati periodicamente rialzati.