DAL
2012
SITO
PATRIMONIO
IN
PERICOLO
-
Minacce
di
distruzione
da
parte
di
gruppi
integralisti
islamici
quali
Al-Qaida
nel
Maghreb
islamico,
Ansar
Dine
e
Boko
Haram.
Alcuni
monumenti
sono
stati
saccheggiati
o
distrutti.
Poche città africane sono leggendarie quanto
Timbouctou,
per
molti
secoli
proibita
agli
Europei,
meta
di
viaggiatori
e
pellegrini
per
i
quali
la
vista
delle
sue
mura
e
dei
suoi
minareti,
sorgenti
dalla
sabbia
come
un
miraggio,
significava
la
fine
della
penosa
traversata
del
deserto.
Nonostante
i
muri
delle
sue
moschee
non
fossero,
come
si
favoleggiava,
ricoperti
d'oro,
ci
fu
un
tempo
in
cui
il
prezioso
metallo
circolava
in
abbondanza
nella
città,
dove
si
mescolavano
razze,
lingue
e
religioni
diverse.
Timbouctou
era
uno
dei
più
grandi
mercati
dell'Africa,
ma
anche
uno
dei
più
attivi
centri
culturali.
Gli imperi del Niger
Quando nacque Timbouctou, verso l'XI secolo, le
rotte
del
Sahara
erano
nel
territorio
controllato
dai
Tuareg.
Nessuno
conosceva
come
loro
i
pozzi,
le
oasi,
i
segnali
appena
percettibili
che
permettevano
di
attraversare
senza
pericolo
il
deserto.
A
questo
popolo
di
pastori,
guerrieri
nomadi
e
occasionali
mercanti,
apparteneva
la
stirpe
degli
Imakcharen,
installati
nella
regione
che
si
estende
tra
l'Azaouad
e
le
rive
del
Niger.
Presso
il
grande
fiume
essi
decisero
di
fondare
un
accampamento
permanente
nel
quale
immagazzinare
le
mercanzie
troppo
voluminose
per
essere
trasportate
nei
loro
continui
spostamenti.
L'accampamento si trasformò in villaggio, e
questo
in
una
città:
Timbouctou.
L'ubicazione
favorevole,
nel
punto
più
settentrionale,
e
quindi
più
vicino
al
deserto,
del
corso
del
Niger,
la
rese
un
eccellente
punto
di
incontro
tra
le
carovane
che
attraversavano
il
Sahara
e
quelle
provenienti
dall'Africa
centro-meridionale.
Timbouctou
divenne
una
delle
città
più
ambite
dagli
imperi
africani
che
durante
il
Medioevo
prosperavano
nella
regione.
Nel
XIV
secolo
fu
annessa
all'impero
mandingo
del
Mali
da
uno
dei
suoi
più
grandi
sovrani,
Kankan
Mussa.
Sotto
il
suo
governo
si
rivitalizzarono
il
commercio
transahariano
e
gli
interscambi
culturali
con
il
mondo
arabo,
che
segnarono
profondamente
la
città
e
che
diedero
il
via
alla
sua
crescita
economica
e
culturale,
destinata
a
culminare
un
secolo
dopo
sotto
l'Impero
Songhai.
In questo periodo (XV e XVI secolo)
Timbouctou
raggiunse
il
suo
massimo
splendore,
diventando
luogo
d'incontro
per
letterati,
dottori
dell'Islam
e
artisti
provenienti
dal
mondo
intero.
Le
successive
conquiste
da
parte
dei
Marocchini
(1591),
dei
Tuareg
(1737)
e
dei
Francesi
(1894)
segnarono
la
decadenza
della
città,
che
conserverà
soltanto
il
ricordo
della
perduta
grandezza
e
una
minima
parte
delle
sue
ricchezze
architettoniche.
Mecenati e santi
Tre moschee, diverse dimore, alcune delle quali
conservano
il
ricordo
dei
savi
o
degli
esploratori
che
vi
abitarono,
e
una
fitta
cintura
di
cimiteri
e
di
tombe
di
santi
che
circonda
l'area
urbana
sono
tutto
ciò
che
resta
di
una
città
che
fu
celebre
per
i
sontuosi
palazzi,
gli
immensi
mercati
e
un'università
coranica
che
poteva
ospitare
25.000
studenti.
Un
tesoro
modesto,
ma
prezioso,
come
ultima
testimonianza
di
uno
dei
grandi
centri
di
diffusione
dell'architettura
subsahariana.
Sotto il governo di Kankan Mussa l'architettura
della
città
ricevette
un
grande
impulso
grazie
all'architetto
Abu
Ishak
el-Saheli,
autore
di
edifici
influenzati
dallo
stile
mudéjar
spagnolo
e
della
grande
Moschea
di
Djinguereber,
terminata
nel
1330.
Nel
XVI
secolo
la
Moschea
fu
interamente
ricostruita
e
ampliata
dall'imam
el-Aqib
e
acquistò
la
forma
attuale,
con
tre
cortili
interni,
due
minareti
e
una
sala
di
preghiera
con
33
file
di
colonne.
Al periodo mandingo risale anche la Moschea di
Sankoré,
ristrutturata
dall'imam
el-Aqib,
che
volle
darle
le
dimensioni
del
Santuario
della
Kaaba.
Nel
1952
la
facciata
orientale
fu
ricoperta
di
alhor,
una
pietra
calcarea
locale
che,
come
materiale
da
costruzione,
in
tempi
recenti
è
stata
preferita
al
mattone
crudo.
La terza moschea è legata a una storia curiosa.
Fu
costruita
verso
il
1400
e
destinata
al
santo
di
cui
le
profezie
annunciavano
l'imminente
venuta.
Quarantanni
più
tardi
la
predizione
si
incarnò
in
un
uomo
arrivato
dal
deserto,
Sidi
Yahya,
che
fu
nominato
imam.
La
moschea
oggi
ne
porta
il
nome
e
ne
ospita
la
tomba.
L'instancabile
el-Aqib
si
incaricò
anche
di
restaurarla
tra
il
1577
e
il
1578,
ma
nel
1939
la
sua
struttura
fu
deturpata
con
la
trasformazione
del
minareto
in
torre
merlata.
Oggi, più delle guerre e delle invasioni, il vero
pericolo
che
minaccia
Timbouctou
è
sottile
come
la
sabbia:
anno
dopo
anno,
infatti,
il
deserto
avanza
verso
la
città.
La
situazione
è
particolarmente
grave
per
la
Moschea
di
Sankoré,
la
più
settentrionale
e
quindi
la
più
esposta
ai
venti
sahariani
carichi
di
sabbia.
Una
delle
sue
porte
ne
è
già
stata
ricoperta
e
il
vento
avrebbe
seppellito
la
Moschea
intera
se
i
suoi
muri
perimetrali
non
fossero
stati
periodicamente
rialzati.
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