La prima dinastia a regnare sul Marocco fu quella degli
almoravidi,
berberi
nomadi
del
Sahara,
che
fondarono
un
impero
che
arrivò
a
estendersi
dal
Sahara
all'Ebro
e
dall'Atlantico
all'Algeria.
Intorno
all'anno
1000,
da
un
accampamento
nel
versante
settentrionale
del
nascente
impero,
si
sviluppò
Marrakech,
la
splendida
capitale
del
regno
di
Yusuf
Ibn
Tachfin.
Ai
piedi
della
catena
montuosa
dell'Atlante,
circondata
da
un
immenso
palmeto,
cinta
da
poderose
mura,
Marrakech
giustifica
il
suo
ingresso
(1985)
nel
novero
dei
luoghi
del
patrimonio
dell'umanità
per
la
sua
testimonianza
artistica
e
insieme
storica
di
una
cultura
mediorientale
complessa
e
raffinata,
in
cui
l'elemento
berbero
si
è
arricchito
con
le
influenze
dell'Africa
nera,
costituendosi
in
una
civiltà
divenuta
luogo
letterario,
luogo
simbolo
di
un
medio-oriente
che
ha
saputo
stimolare
fin
dall'antichità
l'immaginario
occidentale.
Un
fascino
costruito
su
edifici
come
le
rovine
della
casba
di
Abu
Bakr,
della
moschea
di
Ibn
Tachfin
e
del
palazzo
di
Ali
Ibn
Yusuf,
ultime
tracce
della
dinastia
almoravide
capitolata
nel
1147
di
fronte
alla
spinta
di
un
nuovo
movimento
di
intransigenza
religiosa,
quello
degli
almohadi.
Sotto
la
nuova
dinastia
si
ispessirono
i
rapporti
con
la
Spagna
meridionale
e
frutto
di
questa
acculturazione
fu
la
moschea
della
Koutoubia
(o
Qutubiyya),
il
cui
minareto
gemello
e
coevo
della
Giralda
di
Siviglia,
divenne
il
simbolo
della
capitale
e
una
delle
prime
testimonianze
di
un
dialogo
artistico
praticamente
senza
soluzione
di
continuità.
Sotto
questa
dinastia,
inoltre,
le
mura
furono
ampliate
e
fu
costruita
una
vasta
casba
fortificata
che
comprendeva
tutte
le
strutture
tipiche
di
una
città
indipendente.
Nel
1269
la
capitale
fu
spostata
a
Fes
a
opera
della
nuova
dinastia
dominante,
quella
dei
benimerini.
Questo
periodo
di
decadenza
tuttavia
favorì
comunque
la
costruzione
di
edifici
importanti
come
la
masadra
di
Ibn
Yusuf.

Una nuova fioritura artistica fu favorita dall'ascesa dei
principi
sadiani
che
nel
1510
ricostituirono
Marrakech
capitale
di
un
regno
nuovamente
unificato.
In
questo
periodo
si
sviluppa
un'architettura
che
fonderà
quei
paradigmi
estetici
dell'arte
islamica
declinati
in
costruzioni
come
le
tombe
sadiane
e
il
palazzo
el-Badi,
o
ancora
nella
ricostruzione
della
moschea
e
della
madrasa
di
Ibn
Yusuf,
o
la
moschea
e
madrasa
di
Sidi
bel
Abbes
es
Sebti,
edifici
che
costituiscono
le
testimonianze
più
vive
ed
eccezionali
di
un
periodo
aureo
della
storia
della
capitale
che
si
protrarrà
fino
al
1659.
La
dinastia
tuttora
regnate
in
Marocco
è
quella
degli
alawiti
che
trasferì
la
capitale
a
Meknès.
Ma
Marrakech
continuò
a
rimanere
un
luogo
privilegiato
della
benevolenza
dei
sovrani
e
si
arricchì
di
palazzi
e
residenze
private
di
personaggi
importanti
della
corte,
e
il
palazzo
della
Bahia
ne
costituisce
uno
degli
esempi
migliori.
Giardini
come
quello
dell'Aguedal
e
parchi,
come
quelli
della
Mènara,
offrono
luoghi
di
ascetica
contemplazione,
e
sono
il
risultato
di
parametri
costruttivi
che
obbediscono
ad
antichi
canoni
prevedendo
portici,
chiostri
e
laghi
artificiali
caricati
di
valenze
simboliche
in
riferimento
al
Giardino
delle
Delizie
dove
Maometto
fu
condotto
dall'arcangelo
Gabriele.
La
cinta
muraria
di
Marrakech,
costruita
nel
XII
sec.
e
poi
più
volte
danneggiata
e
ricostruita,
si
sviluppa
per
circa
15
chilometri,
con
mura
rossastre
spesse
due
metri,
possenti
bastioni
di
epoca
e
stili
diversi,
e
numerose
porte
monumentali
tra
le
quali
spicca,
per
la
sua
magnificenza,
la
Bab
Aguenaou
che
risale
all'epoca
degli
Almoravidi
e
dà
accesso
al
quartiere
della
kasbah.

La
bellezza
di
Marrakech
deriva
soprattutto
dall'aspetto
«esotico»
del
paesaggio,
sottolineato
dall'ocra
delle
costruzioni,
che
ricorda
un
po'
le
oasi
sudanesi;
i
palmeti
si
stagliano
sulle
falde
dell'Alto
Atlante,
le
cui
cime,
d'inverno,
sono
ammantate
di
neve.
La
parte
araba
della
città
rende
ancor
più
suggestivo
questo
paesaggio:
l'allineamento
del
complesso
delle
fortificazioni,
interrotto
da
bastioni,
il
purissimo
profilo
del
minareto
della
moschea
al-Kutubyya,
l'eleganza
delle
colonne
di
marmo
e
degli
arabeschi
delle
tombe
sadiane
costituiscono
i
tratti
principali
della
medina.
La
città
nuova,
il
Guéliz,
dalla
struttura
urbanistica
più
consueta,
si
armonizza
tuttavia
con
la
città
antica.
Cerniera
tra
le
due
città,
la
piazza
Djama'al-Fanà
è
perennemente
occupata
da
una
folla
raccolta
attorno
a
cantastorie,
saltimbanchi
e
funamboli,
acrobati
e
incantatori
di
serpenti;
non
molto
distante,
nei
souk,
si
trovano
le
botteghe
degli
antiquari
e
degli
artigiani
(produzione
di
tappeti).
Marrakech rappresenta anche uno dei
luoghi dove l'arte
islamica
ha
caratterizzato
più
potentemente
il
suo
corso.
Per
l'Islam
la
città
è
il
luogo
fondamentale
ove
risiedono
le
strutture
del
potere,
e
le
strutture
architettoniche
di
cui
si
dota
sono
poche
ed
estremamente
funzionali.
La
prima
in
assoluto
è
la
moschea,
di
cui
Marrakech
offre
splendida
testimonianza
nelle
varie
soluzioni
adottate
dalle
dinastie
dominanti.

La
moschea
nelle
numerose
tipologie
si
caratterizza
come
un
recinto
con
portico
su
tre
lati,
più
profondo
quello
che
da
la
direzione
della
Mecca.
La
sala
destinata
alla
preghiera
si
sviluppa
in
larghezza,
più
che
in
lunghezza, questo per permettere al maggior numero di
fedeli
possibile
la
preghiera
fronteggiando
il
muro
che
indica
la
Mecca.
Un
altro
elemento
costitutivo
è
il
minareto,
una
struttura
assimilabile
al
campanile
cristiano
e
con
analoga
funzione
da
cui
il
muezzin
chiama
i
fedeli
alla
preghiera.
Un
elemento
spesso
presente
è
l'hammam
(bagno)
necessario
al
rituale
della
purificazione.
Tipica
è
la
madrasa
(scuola),
istituzione
nella
quale
vengono
insegnati
i
fondamenti
del
Corano
per
la
formazione
dei
dotti
in
questioni
teologiche
e
giuridiche.
All'architettura
non
religiosa
appartengono
i
suq
e
i
bazar,
i
mercati
che
hanno
costituito
un
ruolo
fondamentale
nel
tessuto
insediativo
islamico,
cuore
della
medina,
il
centro
storico
della
città.
Quanto
alle
forme
di
un'arte
essenzialmente
decorativa,
l'iconografia
principale
dell'Islam
è
la
stessa
scrittura araba. Dalla iconoclastia musulmana che condanna
gli
idoli
e
il
loro
culto,
l'arte
del
divino
ha
trovato
una
propria
via
d'espressione
nell'invenzione
di
una
scrittura
dotata
di
una
propria
valenza
estetica,
ottenuta
attraverso
un'elaborazione
delle
forme
risultato
di
un
rigoroso
studio
delle
relazioni
geometriche.
Un
ruolo
fondamentale
è
destinato
proprio
all'ornato
geometrico
che
si
sviluppa
su
un
repertorio
che
si
basa
sulle
figure
piane
e
sulla
loro
integrazione
in
linee
armoniche.
Un'armonia
che
viene
recuperata,
con
un
repertorio
questa
volta
vegetale,
dall'arabesco,
che
tecnicamente
si
caratterizza
in
un
motivo
floreale
astratto.
I
SUQ
E
LA
MEDINA
ALTA
La zona a nord della piazza
Jema‘a
al-Fnaa
è
occupata
dai
suq:
mercati
coperti
che
si
articolano
su
numerose
viuzze
e
piazzette,
ciascuna
delle
quali
è
dedicata
ad
attività
specifiche:
venditori
di
pelli,
lana,
calderai,
gioiellieri,
tintori
etc.
I
souk
si
stendono
fino
alla
Moschea
di
Ben
Youssef
ed
alla
vicina
medersa
omonima.
La medersa di Ben Youssef
(madrasa
Ibn
Yūsuf)
è
aperta
al
pubblico
ed
è
particolarmente
interessante:
si
svolge
attorno
ad
una
corte
centrale
e
la
costruzione
comprende
numerose
stanzette
per
gli
studenti
che
vi
abitavano
e
vi
studiavano
il
Corano.
La
costruzione
risale
al
XIV
secolo
e
venne
fondata
dal
sultano
Abū
al-Hasan,
della
dinastia
dei
Merinidi,
e
venne
quasi
completamente
ricostruita
durante
il
periodo
sa'dide.
Il cortile centrale è
contornato
su
due
lati
da
gallerie,
sopra
le
quali
si
aprono
le
finestre
delle
cellette
degli
studenti.
Sul
lato
di
fondo
si
trova
la
sala
della
preghiera,
riccamente
decorata
da
stucchi
ed
intagli.
Artistiche
decorazioni
ed
intagli
su
pannelli
di
legno
di
cedro
sono
visibili
tutto
attorno
al
cortile
e
sopra
le
gallerie.
Alcuni dettagli della medersa
ricordano
l'Alhambra
di
Granada
e
pare
che
architetti
spagnoli,
musulmani,
parteciparono
alla
costruzione.
JAMA'A
EL-FNA
È la piazza attorno alla
quale
si
sviluppa
la
città
vecchia
e
potrebbe
essere
considerata
il
centro
vitale
(e
assolutamente
caratteristico)
di
Marrakech.
Al
centro
della
medina,
confina
a
nord
con
il
quartiere
dei
suq
e
ad
est
con
la
Kasbah,
mentre
da
sud-ovest
è
dominata
dalla
moschea
della
Kutubiyya.
Non è nota l'origine di
questa
piazza
né,
con
certezza,
l'origine
del
nome
che
potrebbe
significare
l'assemblea
del
defunto'"
come
pure
la
"'moschea
del
nulla
(jama‘a
significa
sia
moschea
sia
assemblea).
In
realtà
entrambe
queste
differenti
etimologie
sono
plausibili:
se
da
un
lato
la
piazza
faceva
parte
di
un
progetto
sa‘dide
(mai
concluso)
relativo
all'edificazione
di
una
moschea,
dall'altro
nei
secoli
passati
la
piazza
fu
sede
di
esecuzioni
capitali.
Ci
si
può
sedere
all'alba
sulla
terrazza
di
un
caffè,
sorseggiando
un
tè
alla
menta,
e
fino
a
notte
inoltrata
lo
spettacolo
di
gente
e
colori
che
anima
la
Jemaa
el-
Fna
non
sarà
mai
lo
stesso.
Di
mattina
e
pomeriggio
è
sede
di
un
vasto
mercato
all'aperto,
con
bancarelle
che
vendono
le
merci
più
svariate
(dalle
stoffe
ai
datteri,
alle
spremute
d'arancia,
alle
uova
di
struzzo
etc.)
e
da
"professionisti"
dediti
alle
attività
più
svariate:
le
decorazioni
con
l'henne,
i
cavadenti,
suonatori,
incantatori
di
serpenti
etc.
La
piazza
al
centro
della
medina
di
Marrakech
è
il
cuore
pulsante
della
vita
dei
suoi
abitanti,
che
la
affollano
avvolti
nelle
loro
tuniche
bianche:
fin
dal
mattino
venditori
di
acqua
si
muovono
tra
le
bancarelle
di
frutta
secca
e
succo
d'arancia,
agghingati
con
costumi
colorati
e
preannunciati
dal
suono
dei
campanacci,
mentre
incantatori
di
serpenti
e
addestratori
di
scimmie
divertono
i
turisti
con
i
loro
numeri.
Quando
il
sole
inizia
a
calare,
le
ombre
si
allungano
e
una
sfumatura
dorata
impregna
i
muri
della
piazza,
che
allora
si
trasforma.
Fanno
la
loro
comparsa
decine
di
"cucine
all'aperto"
che
offrono
cibi
diversi
a
prezzi
bassissimi:
spiedini
di
carne
e
scodelle
di
zuppa,
tajine
e
couscous.
E'
forse
il
momento
migliore
per
immergersi
in
questa
folla
multicolore,
assaporando
i
profumi
e
i
sapori
del
Marocco.
Presto
l'aria
si
satura
dei
fumi
dei
grill,
mentre
nel
buio
si
accendono
a
una
a
una
le
lampadine:
in
questa
atmosfera
suggestiva,
dominata
dal
minareto
illuminato
della
Koutoubia,
raccontastorie
e
musicisti
gnaoua
fanno
rivivere
tradizioni
millenarie.

L'ARTE
A
MARRAKESH
Fondata
dagli
Almoravidi,
la
città
di
Marrakech
conserva
le
vestigia
della
loro
prima
fortezza,
risalente
al
1062,
sul
sito
in
cui
verrà
edificata
più
tardi
la
moschea
al-Kutubyya.
Della
dominazione
almoravide
non
rimangono
altre
testimonianze
significative;
in
particolare,
gli
Almohadi
hanno
distrutto
le
numerose
moschee
erette
in
questa
prima
epoca.
Le
fondazioni
della
moschea
almoravide
di
'Alì
ibn
Yùsuf
sono
state
così
rimaneggiate
nel
corso
dei
secoli
(rifacimenti
durante
il
XVI,
XVIII
e
XIX
secolo).
Dell'epoca
almohade
è
sopravvissuta
la
moschea
dei
Librai,
in
arabo
al-Kutubyya,
una
delle
più
belle
realizzazioni
architettoniche
dell'islam.
All'interno,
il
suo
oratorio
comprende
diciassette
navate,
disposte
otto
per
parte
rispetto
alla
navata
centrale,
la
più
larga,
che
si
innestano
su
di
una
campata
trasversale
che
costeggia
il
muro
di
fondo.
Nel
punto
di
raccordo
tra
la
navata
centrale
e
la
campata,
secondo
lo
schema
della
Grande
moschea
di
Kairouan,
una
cupola
a
stalattiti
sormonta
il
mihràb
e
la
magnifica
cattedra
(minbar)
a
intarsio;
altre
quattro
cupole,
spaziate
tra
loro,
sormontano
la
campata.
Il
celebre
minareto,
sormontato
da
una
lanterna
decorata,
è
stato
portato
a
termine
nel
1195.
Alto
69
m,
è
sobriamente
decorato
di
fughe
d'archi,
un
tempo
ravvivate
da
pitture,
e
da
una
cornice
di
ceramiche.
La
stretta
proporzione
tra
la
larghezza
e
l'altezza
del
minareto
della
moschea
conferisce
una
perfetta
armonia
a
questo
capolavoro
dell'arte
ispano-moresca
che
fu
preso
a
modello
per
la
Giralda
di
Siviglia.

Il
mito
narra
che
i
tre
globi
di
rame
dorato
che
coronano
la
cupola,
siano
stati
ricavati
dalla
fusione
dei
gioielli
della
moglie
di
Yacoub-el-Mansour,
che
portò
a
termine
la
costruzione
della
torre
intrapresa
dal
sultano
Abd
el-Moumen.
Un’altra
leggenda
sulle
sfere
vuole
che
siano
sorvegliate
da
geni,
e
che
gravi
sventure
si
abbattano
su
chi
cerchi
di
trafugarle.
Una
prima
Moschea,
eretta
dopo
il
1147,
venne
poi
distrutta
perché
il
suo
orientamento
verso
la
Mecca
non
era
corretto.
Le
fondamenta
della
prima
moschea
sono
visibili
ancora
oggi.
La
costruzione
dell'attuale
moschea,
edificata
secondo
le
direttive
di
Abd
el-Moumen
fu
terminata
nello
stesso
anno
di
costruzione,
il
1158,
per
volere
di
Yacoub
el-Mansour.
Questa
splendida
opera
d'arte
è
suddivisa
in
sedici
navate
e
una
navata
mediana
più
larga.
Qui
la
lussuosa
ornamentazione
almoravide
e
il
decoro
di
ispirazione
Andalusa,
esaltano
la
sobrietà
e
purezza
delle
linee.
Le
undici
cupole
a
stalattiti,
i
capitelli
e
le
strutture
modanate
rendono
la
Koutoubia
uno
dei
modelli
meglio
realizzati
dell’arte
almohade.
Un'altra
costruzione
del
periodo
almohade,
meno
vasto
e
di
minor
pretese,
dovette
all'epoca
eguagliare,
se
non
addirittura
superare,
la
moschea
Kutubyya,
ma
venne
trasformato,
soprattutto
durante
la
metà
del
XVIII
secolo
e
nel
XIX:
si
tratta
della
moschea
della
Casbah,
detta
anche
moschea
di
al-Mansùr,
il
cui
minareto,
riccamente
decorato
di
ceramiche
verdi,
conserva
l'aspetto
originario.
A
questo
periodo
risale
ciò
che
rimane
della
cinta
muraria
di
12
Km.
che
circonda
la
Medina,
con
la
famosa
porta
di
Bàb
Agnàù
(XII
secolo),
imponente
quanto
le
monumentali
porte
di
Rabat,
Meknès
e
Fèz.
Alla
dinastia
marinide
risale
il
santuario
di
Sidi
Mùlày
al
Qsùr
e
il
bel
minareto
della
moschea
di
ibn
Sàtih
(1331).
Con
l'avvento
della
dinastia
dei
Sadiani
la
città
ritrova
il
suo
antico
splendore.
La
madrasa
di
ibn
Yusuf
(1564-65)
é
il
solo
esempio
conosciuto
di
università
sadiana:
di
vaste
dimensioni,
comprende
un
ampio
cortile,
uno
spazioso
oratorio
e
una
moltitudine
di
celle
che
circondano
sette
piccoli
patii.
La
moschea
di
Bàb
Dukkàla
(1557-58),
a
sette
navate,
fu
concepita
nell'intento
di
rispettare
le
tradizioni
architettoniche
marinidi,
ma
arricchendola
con
un
numero
superiore
di
campate,
pari
a
dieci.
Non
rimangono
vestigia
del
palazzo
al-Badì
(XVI
secolo),
ricco
di
marmi
e
d'oro,
la
cui
costruzione
impegnò
un
gran
numero
di
operai
per
una
quindicina
d'anni,
ma
se
ne
può
intuire
la
ricchezza
e
l'imponenza
osservando
le
immense
residenze
(Bahia,
Dar
al-Makhzen),
la
cui
costruzione
risale
soprattutto
al
XIX
secolo,
che
abbelliscono
ancora
Marrakech
e
a
cui
conferiscono
un
fascino
particolare.

LE
TOMBE
SA'DIDI
E
LA
MEDINA
BASSA
Questa zona comprende l'area a
sud
di
Jema‘a
al-Fnaa,
delimitata
ad
est
dalle
mura
ed
estendendosi
ad
ovest
fino
a
comprendere
il
Mella
(un
tempo
il
ghetto
ebreo),
ad
ovest
della
Dār
al-Makhzen
(il
Palazzo
Reale).
Entrando dalla porta detta Bāb
Agnau,
l'unica
rimasta
risalente
alla
dinastia
almohade,
si
incontra
la
moschea
della
Kasbah,
risalente
al
medesimo
periodo
della
Kutubiyya.
Il
minareto
di
questa
moschea
è
stato
restaurato
negli
anni
'60
sulla
base
del
minareto
originale
e
presso
la
moschea
si
apre
uno
stretto
passaggio
che
conduce
alle
Tombe
Sa‘didi.
Le Tombe Sa‘didi formano un
complesso
funerario
le
cui
strutture
furono
fatte
costruire
dal
Sultano
Ahmad
al-Mansūr.
Eccettuati
alcuni
sepolcri
antecedenti
il
periodo
sa‘dide,
la
maggior
parte
di
essi
risale
al
1557
e,
pertanto,
le
tombe
sono
pressoché
contemporanee
alla
Medersa
Ben
Youssef.
Questo
complesso
venne
"riscoperto"
solo
nel
1917,
in
condizioni
di
totale
abbandono.
Restaurate,
sono
divenute
uno
dei
(pochi)
monumenti
veramente
notevoli
di
Marrakech,
sovraccariche
di
decorazioni
in
stucco
e
piastrelle
zellij.
Probabilmente le tombe si
salvarono
dalle
distruzioni
e
dai
saccheggi
di
Mulay
Ismā‘īl
poiché
erano
accessibili
unicamente
dalla
moschea
della
Kasbah
attraverso
un
passaggio
nascosto.
Le Tombe comprendono
essenzialmente
due
grandiosi
mausolei,
dove
si
trovano
le
tombe
di
al-Mansūr
e
dei
suoi
figli,
di
sua
madre
Lalla
Messaūda
e
di
Mohammed
al-Shaykh,
il
fondatore
della
dinastia
sa‘dide.
Nell'oratorio
si
trovano
invece
numerosi
sepolcri
di
altri
principi
sa‘didi
e
la
tomba
di
Mulay
Yazīd.
In questo complesso furono
inoltre
tumulate
diverse
autorità
di
Marrakech
fino
al
1792,
terminando
con
la
sepoltura
del
sultano
Mulay
Yazīd,
per
un
totale
di
oltre
cento
sepolture
(66
delle
quali
all'interno
dei
mausolei).
A sud della moschea e delle
Tombe
Sa‘didi
si
estende
la
Kasbah:
l'antica
cittadella,
costituita
da
un
caratteristico
intrico
di
stradine
e
di
abitazioni
private.
Ad ovest delle Tombe Sa‘didi
si
trova
il
complesso
del
Palazzo
Reale,
che
termina
a
nord
con
i
resti
del
Palazzo
al-Badi.
Del
Palazzo
al-Badi
non
rimangono
altro
che
rovine
che,
tuttavia,
danno
un'idea
della
grandiosità
del
palazzo:
con
cortili
lunghi
130
m
(e
larghi
quasi
altrettanto)
ed
una
piscina
di
circa
90
m,
un
tempo
ricco
di
decorazioni
zellij
delle
quali
rimangono
solo
tracce.
Alle spalle del Palazzo reale
si
stende
il
Mellah,
l'antico
ghetto
ebreo
risalente
al
1558.
Questo
quartiere
nel
XVI
secolo
era
letteralmente
una
città
nella
città,
con
suq,
giardini
e
sinagoghe.
Al
giorno
d'oggi
è
popolato
quasi
esclusivamente
da
musulmani,
essendo
la
maggior
parte
degli
ebrei
trasferitasi
a
Casablanca
od
in
Francia
od
Israele.

I
GIARDINI
DI
MARRAKECH
L'orgoglio
e
la
gioia
di
Marrakech
sono
i
giardini,
curati
con
una
passione
che
ha
ormai
una
tradizione
secolare
risalente
al
tempo
degli
Almoravidi.
La
verità
è
che
oggi
forse
non
ci
sarebbe
neanche
una
palma
a
Marrakech
se
questi
sovrani
non
avessero
cominciato
a
piantarne.
Da
allora
i
parchi
si
sono
moltiplicati
e
nessuno
qui
trova
straordinario
che
un
giardino,
al
pari
di
un
edificio,
possa
vantare
un'origine
antica.
E'
il
caso
ad
esempio
dell'Agdal,
parola
che
significa
appunto
giardino,
creato
nel
XII
sec.
dall'almohade
Abd
el-Moumen.
Più
piccolo
e
raccolto
è
il
giardino
della
Menara,
il
cui
padiglione
circondato
da
cipressi
pare
che
fosse
il
luogo
di
incontro
del
sultano
con
le
sue
favorite.
Per
quanto
riguarda
il
famoso
palmeto
di
Marrakech,
che
occupa
una
superficie
di
13.000
ettari,
esso
conta
da
solo
almeno
centomila
alberi.
Il
sistema
più
rapido
per
visitarlo
consiste
nel
farci
un
giro
in
macchina.
Più
suggestiva
è
la
classica
passeggiata
in
carrozzella,
magari
preceduta
da
un
giro
dei
bastioni
e
delle
porte
monumentali
in
stile
ispano
moresco.
A
nord
est
del
Gueliz,
sono
situati
i
giardini
Majorelle.
Creati
negli
anni
Venti
dal
pittore
francese
Jacques
Majorelle,
unici
nel
suo
genere,
questi
giardini
ospitano
bougainvillee,
alberi
di
cocco,
banani,
palme,
come
pure
piante
esotiche
e
rare,
alcune
delle
quali
hanno
strane
sembianze
dall'aspetto
minaccioso.

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