All'estremo
sud
est
del
paese,
dove
cominciano
le
uniche
montagne
del
Senegal,
si
trovano
alcune
delle
etnie
più
primitive
del
Senegal
(Bassari,
Fula,
Bedik),
isolate
dal
resto
del
paese
anche
per
i
pessimi
collegamenti
stradali.
Questo
isolamento
ha
consentito
loro
di
mantenere
intatto
lo
stile
di
vita
tradizionale
che
è
stato
identificato
dall'Unesco
come
patrimonio
dell'umanità.
Nei
villaggi
di
Etouar,
Salemata,
Dindefelo,
Iwol,
Ethiolo,
alcuni
raggiungibili
solo
a
piedi,
si
viene
a
conoscenza
delle
abitudini
e
tradizioni
di
queste
popolazioni,
che
mantengono
anche
una
sorta
di
autarchia
economica,
cercando
di
produrre
da
se
tutto
cio’
che
consumano,
anche
se
ultimamente
hanno
cominciato
a
cedere
al
fascino
della
globalizzazione:
occhiali
da
sole,
ciabatte
di
plastica,
altri
oggetti
occidentali
integrano
i
costumi
tribali
dei
giorni
di
festa.
Nella
foresta
immobile,
fra
caldo
e
roccia
spaccata,
hanno
trovato
rifugio
i
Bassari,
in
foreste
ricche
di
selvaggina,
in
una
delle
regioni
più
bagnate
del
Senegal.
Le
piogge
torrenziali
subentrano
alle
folate
bollenti
del
vento,
stendendo
allora
un
mantello
di
smeraldo
sulle
colline
frastagliate.
Minuscole
capanne
dai
grossi
muri
di
pietra
scura,
coperte
con
un
tetto
di
paglia
appuntito,
come
un'acconciatura,
sono
disseminate
sotto
i
grandi
alberi.
Ethiolo,
Oubadji,
Ebarakh,
Sibikiling:
villaggi
invisibili
che
si
fondono
col
paesaggio.
Mimetismo
dei
villaggi
e
discrezione
degli
uomini
che
rifiutano
ogni
tipo
di
assimilazione.
Probabilmente
i
periodi
bui
della
storia
hanno
loro
insegnato
le
virtù
della
prudenza.
Cacciatori-raccoglitori,
i
Bassari
sarebbero
imparentati
alla
prestigiosa
famiglia
Bantou
del
Sudafrica,
i
cui
costumi,
aspetto
e
modo
di
vivere
assomigliano.
Il
modo
di
vita
arcaico,
primitivo,
vicino
alla
natura,
la
spontaneità
del
loro
rapporto
con
gli
agenti
naturali
ispira
reazioni
di
tipo
diverso,
ambigue
nei
loro
riguardi.
I
popoli
vicini
vedono
i
Bassari
secondo
due
schemi
mentali:
o
come
oggetto
di
curiosità,
una
specie
di
“riserva
umana”,
da
mantenere
intatta,
come
testimonianza
d’un
passato
“primitivo”;
o
come
oggetto
di
disprezzo,
perché
mantengono
un
modo
di
vita
in
riprovevole
disaccordo
con
i
valori
e
gli
schemi
della
“modernità”.
Le
difficoltà
d’accesso
alla
zona
abitata
dai
Bassari
hanno
limitato
nel
passato
gli
effetti
della
colonizzazione.
Tuttavia
essi
hanno
subìto
nei
secoli
la
pressione
culturale
dei
Peul
Futa,
mussulmani
guerrieri.
Ancor
oggi,
nonostante
la
stretta
coesistenza
tra
nuclei
famigliari
(i
Peul
danno
latte
ai
Bassari,
in
cambio
di
arachdi),
questi
ultimi
nutrono
un
sentimento
profondo
di
soggezione
verso
i
primi
che,
da
parte
loro,
continuano
a
disprezzarli.
Nessun
peul
futa
si
siederebbe
alla
stessa
tavola
d’un
Bassari.
Nessun
Bassari
islamizzato
rimane
ad
abitare
con
la
famiglia
d’origine
perché
i
peul,
suoi
“tutori”,
gli
impongono
di
trasferirsi
nel
loro
ambiente.
I
Bassari
continuano
a
praticare
la
“religione
degli
antenati”,
pur
con
modesti,
graduali
cambiamenti
nelle
loro
credenze.
Gli
scambi
si
sono
monetarizzati
e
i
Bassari
hanno
adottato
fucili,
carrucole,
pentole
di
ghisa,
recipienti
di
plastica,
vestiti
fatti
con
stoffe
importate.
Anche
le
abitudini
alimentari
sono
cambiate,
con
l’uso
di
prodotti
d’importazione.
I
Bassari
hanno
conosciuto
la
tecnologia
moderna
e
le
regole
sociali
sono
andate
modificandosi.
La
società
bassari
era
un
tempo
strutturata
in
forme
matriarcali;
poi
s’impose
il
sistema
patriarcale
ma
la
discendenza
ereditaria
matrilineare
fu
conservata.
Oggi
il
sistema
giuridico
dello
Stato
senegalese
li
obbliga
ad
adottare
uno
stato
civile
patrilineare
(cosa
che
l’Islam
non
era
mai
riuscito
a
imporre).
Anche
la
loro
cosmogonia
si
è
aperta
su
orizzonti
più
vasti,
le
genealogie
sacre
hanno
incluso
nuovi
lignaggi
e
certi
feticci,
un
tempo
esclusivi
d’uno
specifico
gruppo
famigliare,
oggi
rispondono
anche
alle
preghiere
di
membri
d’etnie
diverse.
I
Bedik,
questo
piccolo
popolo
vive
nei
villaggi
che
sorgono
fra
i
monti
del
Bandemba,
nel
Senegal
orientale.
Circondati
dai
Malinkes
e
dai
Peul,
sono
stati
i
primi
abitanti
di
questa
regione;
i
loro
villaggi
più
antichi
sono
Iwol
e
Etyowar.
I
Bedik
sono
divisi
in
due
gruppi:
uno
che
fa
capo
a
Iwol,
i
Biwol,
l'altro
a
Etyowar,
I
Banapa.
Influenzati
sin
dal
XIV
secolo
dall'invasione
mandingue,
i
Bedik
portano
nomi
di
clan
malinkes;
da
sempre
cacciatori,
si
occupano
di
agricoltura
solo
per
sopravvivere.
Hanno
resistito
all'islamizzazione.
I
Bedik
sono
in
contatto
con
altre
minoranze
etniche
del
paese
(Bassari,
Koniagui),
parlano
una
lingua
propria
Essi
vivono
in
villaggi
in
altura,
spesso
difficili
da
raggiungere:
Andyels,
Etyowar,
Iwol,
Landini,
Andiel,
I
Bedik
professano
prevalentemente
la
religione
animista
e
credono
nella
resurrezione
dopo
la
morte.
I
loro
riti
hanno
diversi
punti
in
comune
con
quelli
dei
Bassari.
Come
loro,
per
esempio,
sfoggiano
una
serie
di
maschere
vegetali
in
occasione
di
alcuni
rituali.
Sono
stati
soprannominati
(popolo
della
vallata
felice)
in
virtu
delle
numerose
feste
che
celebrano,
come
l'iniziazione
alla
foresta,
al
mondo
degli
spiriti
a
cui
si
ispirano
alcune
maschere,
e
che
generano
la
nascita
di
uomini
nuovi.
Questi
uomini
vengono
iniziati
al
segreto
delle
maschere
che
animano
le
feste
della
stagione
secca
ma
anche
i
lavori
dei
campi
della
stagione
delle
piogge.
Per
le
donne
Bedik
che
usano
portare
una
spina
di
porcospino
infilata
nel
naso
queste
feste
rappresentano
l'occasione
per
ornarsi
ed
acconciarsi
secondo
una
tradizione
di
cui
e
difficile
penetrarne
il
senso.
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