Gebel Barkal o Jabal Barkal o Montagna Pura, è una piccola montagna, alta
98
m., situata a circa
400
chilometri
a
nord
di
Khartoum,
in
Sudan,
su
una
larga
ansa
del
Nilo,
nella
regione
chiamata
Nubia.
apparentemente
fu
usata
come
guado
sul
Nilo
dai
mercanti
che
percorrevano
l'importante
rotta
che
attraversava
Africa
centrale,
penisola
araba
ed
Egitto.
La
sua
sagoma
si
intravede
già
da
molto
lontano
quando
si
è
ancora
in
pieno
deserto
del
Bayuda.
Come
tutte
le
cose
grandi,
incute
reverenza
fin
dalla
sua
prima
apparizione,
sarà
anche
per
le
notizie
che
apprendiamo
presto
sul
suo
conto:
il
Jebel
Barkal
è
la
“casa”
del
dio
Amon-Ra,
il
luogo
sacro
per
eccellenza
dei
nubiani,
il
centro
spirituale
del
Regno
di
Kush,
bussola
nel
deserto
nubiano
e
da
oltre
mille
anni
suo
cuore
religioso.
Insomma,
questa
splendida
montagna
di
arenaria
rossa
è
molto
più
di
una
semplice
montagna.
La
sua
conformazione
rivela
già
una
particolarità,
la
stessa
che
convinse
i
sovrani
di
Kush
ad
edificare
proprio
lì
sotto
il
grande
tempio
di
Amon:
una
piccola
colonnina
di
pietra
si
stacca
spontaneamente
dal
monolite,
assumendo
le
sembianze
dell’Ureo,
la
decorazione
a
forma
di
serpente
cara
agli
Egizi
nonché
simbolo
regale
per
eccellenza.
Dovunque
si
volga
lo
sguardo,
con
centro
nel
Jebel
Barkal,
si
trovano
testimonianze
dell’antica
civiltà
napatea
(750-500
a.C.),
quella
precedente
alla
merotica,
con
capitale
Napata
localizzata
praticamente
dove
oggi
sorge
la
moderna
cittadina
di
Merowe
(da
non
confondere
con
l’antica
città
di
Meroe),
quasi
di
fronte
al
monte
sacro.
Il
regno
di
Napata
si
estese
fino
a
tutto
l’alto
Egitto
inclusa
Tebe
e
si
ricorda
soprattutto
per
la
mitica
figura
del
più
importante
e
famoso
dei
Faraoni
neri
della
XXV
Dinastia:
Taharqa
il
Grande.
Proprio
per
la
sua
importanza
l’area
archeologica
che
si
estende
nella
zona
del
Jebel
Barkal
è
soprannominata
la
Karnak
del
sud.
Ai
piedi
della
montagna,
dicevamo,
era
stato
edificato
un
maestoso
tempio
dedicato
ad
Amon,
di
cui
rimangono
ancora
delle
rovine
a
cominciare
da
alcuni
arieti
in
granito
grigio
situati
all’ingresso.
Verso
l’interno,
nell’area
più
vicina
alla
base
della
montagna,
giace
un
grande
altare
in
granito
grigio
che
porta
rappresentazioni
di
Amon
e
il
profilo
del
re
Taharqa.

Sul
lato
più
meridionale,
sempre
alla
base
del
sacro
Jebel
(jebel
in
arabo
vuol
dire
“montagna”),
è
scavata
una
camera-santuario
dedicata
alla
dea
Hator,
introdotta
da
due
splendide
colonne
i
cui
capitelli
riportano
le
effigi,
perfettamente
visibili,
del
volto
della
dea.
All’interno
del
santuario
si
può
notare
un
affresco
con
una
scena
di
parto:
essendo
la
dea
Hator
protettrice
delle
donne
e
della
famiglia
oltre
ad
essere
la
divinità
della
danza
e
della
musica,
della
gioia
e
della
bellezza,
si
pensa
che
all’interno
di
questo
santuario
venissero
le
donne
a
partorire,
in
un
ambiente
protetto
e
isolato
da
tutti.
Varcando
le
soglie
di
questi
templi
e
di
quel
che
ne
rimane,
si
incontrano
i
principali
soggetti
dell’Olimpo
egiziano-nubiano,
alcuni
sono
personaggi
strani
come
il
dio
nano
Bes,
ad
esempio,
con
le
sue
gambe
storte
e
il
capo
sormontato
di
piume,
genio
benefico
delle
famiglie:
lo
si
vede
anch’esso
nella
camera-santuario
“del
parto”.
Dall’alto
della
montagna,
si
ha
un
colpo
d’occhio
del
perimetro
sacro
descritto
dal
grande
tempio
di
Amon,
e
non
solo.
Dall’alto
del
Jebel,
dopo
una
scalata
di
un
quarto
d’ora
alle
prime
luci
dell’alba,
si
respira
qualcosa
che
non
ha
forma
né
sostanza:
il
sole
che
sorge
dal
Nilo
tinge
di
rosa
le
sue
acque
e
schiarisce
piano
piano
le
sponde
invase
da
palmeti,
rende
ancora
più
luminoso
il
colore
del
Bayuda,
il
deserto
bianco
che
circonda
la
montagna
trafitto
dalle
nuove
strade
asfaltate
che
sono
state
costruite
a
Karima.
Sulla
sinistra,
la
deliziosa
Rest
House
che
ci
ha
dato
alloggio,
appare
come
un’oasi
discreta
che
dona
eleganza
al
Grande
Nulla
desertico
da
un
lato,
e
al
caos
visibile
dell’agglomerato
cittadino
di
Karima
dall’altro.
Fanno
parte
dell’area
archeologica
del
Jebel
Barkal,
le
Necropoli
di
El
Kurru
e
di
Nuri,
le
nostre
prossime
tappe,
intervallate
dall’incontro
con
la
gente
dei
villaggi
a
El
Kurru.

Attorno al 1450
a.C.,
il
faraone
egiziano
Thutmose
III
estese
il
suo
impero
fino
a
questa
regione
e stabilì a Gebel Barkal il
confine
meridionale.
In
questo
luogo
fondò
la
città
di
Napata
che,
circa
300
anni
dopo,
divenne
capitale
del
regno
indipendente
di
Kush.
Un
re
della
25°
dinastia
di
regnanti
nubiani,
re
Menkheperra
(II),
ingrandì
il
tempio
dedicato
ad
Amon
e
vi
eresse
una
stele
di
vittoria.
Le rovine che circondano Gebel
Barkal
comprendono
13
templi
e
3
palazzi,
descritti
per
la
prima
volta da esploratori europei nel
1820,
nonostante
solo
nel
1916
vennero inaugurati i primi scavi
archeologici da George
Reisner, con una
spedizione
patrocinata
dalla
Università
di
Harvard
e
dal
Museum
of
Fine
Arts
di
Boston.
A
partire
dagli
anni
settanta
le
esplorazioni
vennero
portate
avanti
da
una
squadra
dell'Università
"La
Sapienza"
di
Roma
guidata
da
Sergio
Donadoni,
in
collaborazione
con
un
altro
team
del
Boston
Museum,
negli
anni
ottanta,
seguito
quest'ultimo
da
Timothy
Kendall.
I templi più grandi, come
quello
di
Amon,
sono
tuttora
considerati
sacri
dalla
popolazione
locale.
Per tutte queste ragioni la
montagna,
insieme
alla
città
storica
di
Napata
e
ad
altri
siti
antichi,
venne
inserita
dall'UNESCO,
nel
2003,
tra
i
patrimoni
dell'umanità.
Nel
1450
a.C.
il
faraone
Thutmose
III
estende
fin
qui
il
confine
meridionale
del
suo
impero
e
ci
fonda
la
città
di
Napata
che,
300
anni
dopo,
diventa
la
capitale
del
regno
indipendente
di
Kush.
In
seguito
il
re
nubiano
Piye
ingrandirà
il
tempio
di
Ammone
e
vi
erigerà
la
sua
stele
della
vittoria.
Le
rovine
intorno
a
Jebel
(o
Gebel)
Barkal
comprendono
almeno
13
templi
e
3
palazzi,
descritti
dagli
esploratori
europei
intorno
al
1820,
ma
solo
nel
1916
iniziano
gli
scavi
archeologici
dell'americano
George
Reisner.
Dal
1970
gli
scavi
sono
continuati
da
Sergio
Donadoni
della
Sapienza
di
Roma
assistito
dal
1890
da
un
team
del
Museo
di
Boston.
I
templi
maggiori,
come
quello
di
Ammone,
sono
ancora
oggi
considerati
sacri
dalle
popolazioni
locali
e
per
questo
motivo,
la
montagna,
insieme
alla
città
di
Napata
e
altri
siti
antichi
sono
considerati
Patrimonio
dell'Umanità.
Il
Jebel
Barkal
è
alto
98
metri,
ha
una
cima
piatta
e
fu
usato
come
riferimento
dai
commercianti
dell'importante
via
fra
centro
Africa,
Arabia
ed
Egitto
come
indicatore
del
punto
dove
si
poteva
attraversare
facilmente
il
Nilo.
Tutto
il
sito
è
dominato
dalla
Montagna
Pura,
in
arenaria
rossa
con
pareti
a
strapiombo,
che
spicca
nel
bel
mezzo
di
un
paesaggio
alquanto
pianeggiante
solcato
solamente
dal
percorso
del
Nilo.
Un
luogo
sacro,
quindi,
per
una
montagna
che
da
sempre
è
stata
considerata
sacra
per
questa
regione
della
Nubia.
A
nord
della
zona
spiccano
invece
le
rocce
nere
della
quarta
cateratta
che
restringono
l'alveo
delle
acque
del
Nilo.
Al
contrario,
nel
sito
di
El
Kurru
si
trovano
le
tombe
reali
più
antiche.
È
visitabile
la
cella
sepolcrale
del
faraone
Piankhi
e
quella
di
una
regina:
tipiche
le
iscrizioni
e
gli
affreschi
a
vivaci
colori
che
rispondono
ai
dettami
dell'arte
egiziana
ancora
non
influenzata
dal
gusto
nubiano.

Ultimo
particolare
e
di
non
poco
conto,
la
struttura
denominata
“Tesoro”.
Si
trova
di
fronte
al
Jebel
Barkal
nella
località
di
Sanam
Abu
Dom,
vicino
l'attuale
città
di
Marawe.
Scoperto
ai
primi
del
1900
dall'egittologo
inglese
di
Oxford,
Francis
Llewellyn
Griffith
(decifratore
dell'Alfabeto
meroitico),
il
Tesoro
è
stato
oggetto
di
scavi
e
studi
da
parte
degli
archeologi
dell'Università
di
Cassino.
Si
tratta
di
una
struttura
a
base
rettangolare
da
267
x
68
metri,
con
35
stanze
da
14
x
21
metri
poste
intorno
a
un
lungo
cortile
con
un
portico
che
era
sostenuto
da
112
colonne
in
arenaria
da
80
cm
di
diametro.
Dagli
studi
si
è
capito
che
l'edificio
doveva
contenere
beni
di
lusso
in
arrivo
con
le
carovane
e
da
utilizzare
anche
per
scambi
commerciali.
Il
Tesoro
fu
prima
abbandonato
e
poi
distrutto
da
un
incendio.
Attualmente
(novembre
2007)
è
Irene
Vincentelli,
docente
di
Storia
del
Vicino
Oriente
Antico
all'Ateneo
di
Cassino,
la
responsabile
del
Laboratorio
di
Ricerche
Storiche
e
Archeologiche
dell’Antichità
e
direttore
della
Missione
archeologica
in
Sudan,
con
attività
di
scavo
nella
necropoli
di
Hillat
el
Arab
(Jabal
Barkal)
e
di
Sanam
Abu
Dom.
Tutta
l'area
di
Jabal
Barkal
e
le
necropoli
dei
due
lati
del
Nilo
costituivano
una
grande
realizzazione
architettonica
che
celebrava
la
grandezza
di
Napata.
Molti
reperti
rinvenuti
nella
regione,
figurano
oggi
nei
musei
di
tutto
il
mondo.
A
cominciare
dalla
statua
del
sovrano
kushita
Aspelta
(620
-
580
a.C.),
in
granito,
originariamente
collocata
nel
Tempio
di
Amon
e
oggi
in
mostra
al
Boston
Museum
of
Fine
Arts.
Oppure
la
stele
della
vittoria
fatta
erigere
dal
faraone
Thutmosis
III
nel
suo
47º
anno
di
regno,
sempre
nello
stesso
Tempio
dedicato
ad
Amon:
oggi
anche
questo
frammento
si
trova
al
Boston
Museum
of
Fine
Arts.
 
 
|