Gebel Barkal e siti archeologici della regione di Napata
Sudan

patrimonio dell'umanità dal 2003

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Gebel Barkal o Jabal Barkal o Montagna Pura, è una piccola montagna, alta 98 m., situata a circa 400 chilometri a nord di Khartoum, in Sudan, su una larga ansa del Nilo, nella regione chiamata Nubia. apparentemente fu usata come guado sul Nilo dai mercanti che percorrevano l'importante rotta che attraversava Africa centrale, penisola araba ed Egitto.

La sua sagoma si intravede già da molto lontano quando si è ancora in pieno deserto del Bayuda. Come tutte le cose grandi, incute reverenza fin dalla sua prima apparizione, sarà anche per le notizie che apprendiamo presto sul suo conto: il Jebel Barkal è la “casa” del dio Amon-Ra, il luogo sacro per eccellenza dei nubiani, il centro spirituale del Regno di Kush, bussola nel deserto nubiano e da oltre mille anni suo cuore religioso. Insomma, questa splendida montagna di arenaria rossa è molto più di una semplice montagna. La sua conformazione rivela già una particolarità, la stessa che convinse i sovrani di Kush ad edificare proprio lì sotto il grande tempio di Amon: una piccola colonnina di pietra si stacca spontaneamente dal monolite, assumendo le sembianze dell’Ureo, la decorazione a forma di serpente cara agli Egizi nonché simbolo regale per eccellenza.

Dovunque si volga lo sguardo, con centro nel Jebel Barkal, si trovano testimonianze dell’antica civiltà napatea (750-500 a.C.), quella precedente alla merotica, con capitale Napata localizzata praticamente dove oggi sorge la moderna cittadina di Merowe (da non confondere con l’antica città di Meroe), quasi di fronte al monte sacro. 

Il regno di Napata si estese fino a tutto l’alto Egitto inclusa Tebe e si ricorda soprattutto per la mitica figura del più importante e famoso dei Faraoni neri della XXV Dinastia: Taharqa il Grande. Proprio per la sua importanza l’area archeologica che si estende nella zona del Jebel Barkal è soprannominata la Karnak del sud. 

Ai piedi della montagna, dicevamo, era stato edificato un maestoso tempio dedicato ad Amon, di cui rimangono ancora delle rovine a cominciare da alcuni arieti in granito grigio situati all’ingresso. Verso l’interno, nell’area più vicina alla base della montagna, giace un grande altare in granito grigio che porta rappresentazioni di Amon e il profilo del re Taharqa. 

Sul lato più meridionale, sempre alla base del sacro Jebel (jebel in arabo vuol dire “montagna”), è scavata una camera-santuario dedicata alla dea Hator, introdotta da due splendide colonne i cui capitelli riportano le effigi, perfettamente visibili, del volto della dea. All’interno del santuario si può notare un affresco con una scena di parto: essendo la dea Hator protettrice delle donne e della famiglia oltre ad essere la divinità della danza e della musica, della gioia e della bellezza, si pensa che all’interno di questo santuario venissero le donne a partorire, in un ambiente protetto e isolato da tutti. 

Varcando le soglie di questi templi e di quel che ne rimane, si incontrano i principali soggetti dell’Olimpo egiziano-nubiano, alcuni sono personaggi strani come il dio nano Bes, ad esempio, con le sue gambe storte e il capo sormontato di piume, genio benefico delle famiglie: lo si vede anch’esso nella camera-santuario “del parto”.

Dall’alto della montagna, si ha un colpo d’occhio del perimetro sacro descritto dal grande tempio di Amon, e non solo. Dall’alto del Jebel, dopo una scalata di un quarto d’ora alle prime luci dell’alba, si respira qualcosa che non ha forma né sostanza: il sole che sorge dal Nilo tinge di rosa le sue acque e schiarisce piano piano le sponde invase da palmeti, rende ancora più luminoso il colore del Bayuda, il deserto bianco che circonda la montagna trafitto dalle nuove strade asfaltate che sono state costruite a Karima.

Sulla sinistra, la deliziosa Rest House che ci ha dato alloggio, appare come un’oasi discreta che dona eleganza al Grande Nulla desertico da un lato, e al caos visibile dell’agglomerato cittadino di Karima dall’altro.

Fanno parte dell’area archeologica del Jebel Barkal, le Necropoli di El Kurru e di Nuri, le nostre prossime tappe, intervallate dall’incontro con la gente dei villaggi a El Kurru.

Attorno al 1450 a.C., il faraone egiziano Thutmose III estese il suo impero fino a questa regione e stabilì a Gebel Barkal il confine meridionale. In questo luogo fondò la città di Napata che, circa 300 anni dopo, divenne capitale del regno indipendente di Kush. Un re della 25° dinastia di regnanti nubiani, re Menkheperra (II), ingrandì il tempio dedicato ad Amon e vi eresse una stele di vittoria.

Le rovine che circondano Gebel Barkal comprendono 13 templi e 3 palazzi, descritti per la prima volta da esploratori europei nel 1820, nonostante solo nel 1916 vennero inaugurati i primi scavi archeologici da George Reisner, con una spedizione patrocinata dalla Università di Harvard e dal Museum of Fine Arts di Boston. A partire dagli anni settanta le esplorazioni vennero portate avanti da una squadra dell'Università "La Sapienza" di Roma guidata da Sergio Donadoni, in collaborazione con un altro team del Boston Museum, negli anni ottanta, seguito quest'ultimo da Timothy Kendall. 

I templi più grandi, come quello di Amon, sono tuttora considerati sacri dalla popolazione locale.

Per tutte queste ragioni la montagna, insieme alla città storica di Napata e ad altri siti antichi, venne inserita dall'UNESCO, nel 2003, tra i patrimoni dell'umanità.

Nel 1450 a.C. il faraone Thutmose III estende fin qui il confine meridionale del suo impero e ci fonda la città di Napata che, 300 anni dopo, diventa la capitale del regno indipendente di Kush. In seguito il re nubiano Piye ingrandirà il tempio di Ammone e vi erigerà la sua stele della vittoria.

Le rovine intorno a Jebel (o Gebel) Barkal comprendono almeno 13 templi e 3 palazzi, descritti dagli esploratori europei intorno al 1820, ma solo nel 1916 iniziano gli scavi archeologici dell'americano George Reisner. Dal 1970 gli scavi sono continuati da Sergio Donadoni della Sapienza di Roma assistito dal 1890 da un team del Museo di Boston.

I templi maggiori, come quello di Ammone, sono ancora oggi considerati sacri dalle popolazioni locali e per questo motivo, la montagna, insieme alla città di Napata e altri siti antichi sono considerati Patrimonio dell'Umanità. Il Jebel Barkal è alto 98 metri, ha una cima piatta e fu usato come riferimento dai commercianti dell'importante via fra centro Africa, Arabia ed Egitto come indicatore del punto dove si poteva attraversare facilmente il Nilo.

Tutto il sito è dominato dalla Montagna Pura, in arenaria rossa con pareti a strapiombo, che spicca nel bel mezzo di un paesaggio alquanto pianeggiante solcato solamente dal percorso del Nilo. Un luogo sacro, quindi, per una montagna che da sempre è stata considerata sacra per questa regione della Nubia. A nord della zona spiccano invece le rocce nere della quarta cateratta che restringono l'alveo delle acque del Nilo.

Al contrario, nel sito di El Kurru si trovano le tombe reali più antiche. È visitabile la cella sepolcrale del faraone Piankhi e quella di una regina: tipiche le iscrizioni e gli affreschi a vivaci colori che rispondono ai dettami dell'arte egiziana ancora non influenzata dal gusto nubiano.

Ultimo particolare e di non poco conto, la struttura denominata “Tesoro”. Si trova di fronte al Jebel Barkal nella località di Sanam Abu Dom, vicino l'attuale città di Marawe. Scoperto ai primi del 1900 dall'egittologo inglese di Oxford, Francis Llewellyn Griffith (decifratore dell'Alfabeto meroitico), il Tesoro è stato oggetto di scavi e studi da parte degli archeologi dell'Università di Cassino.

Si tratta di una struttura a base rettangolare da 267 x 68 metri, con 35 stanze da 14 x 21 metri poste intorno a un lungo cortile con un portico che era sostenuto da 112 colonne in arenaria da 80 cm di diametro. Dagli studi si è capito che l'edificio doveva contenere beni di lusso in arrivo con le carovane e da utilizzare anche per scambi commerciali. Il Tesoro fu prima abbandonato e poi distrutto da un incendio.

Attualmente (novembre 2007) è Irene Vincentelli, docente di Storia del Vicino Oriente Antico all'Ateneo di Cassino, la responsabile del Laboratorio di Ricerche Storiche e Archeologiche dell’Antichità e direttore della Missione archeologica in Sudan, con attività di scavo nella necropoli di Hillat el Arab (Jabal Barkal) e di Sanam Abu Dom.

Tutta l'area di Jabal Barkal e le necropoli dei due lati del Nilo costituivano una grande realizzazione architettonica che celebrava la grandezza di Napata. Molti reperti rinvenuti nella regione, figurano oggi nei musei di tutto il mondo. A cominciare dalla statua del sovrano kushita Aspelta (620 - 580 a.C.), in granito, originariamente collocata nel Tempio di Amon e oggi in mostra al Boston Museum of Fine Arts.

Oppure la stele della vittoria fatta erigere dal faraone Thutmosis III nel suo 47º anno di regno, sempre nello stesso Tempio dedicato ad Amon: oggi anche questo frammento si trova al Boston Museum of Fine Arts.