Tunisi,
antica
e
moderna
capitale
della
Tunisia,
conserva
ancora
al
proprio
interno
molte
vestigia
architettoniche
islamiche
di
assoluto
rilievo
e
la
medina
che,
grazie
ai
fondi
stanziati
dall’UNESCO
a
partire
dal
1981,
è
una
delle
meglio
conservate
della
zona
mediterranea,
anche
se
è
sufficiente
fare
qualche
passo
al
suo
interno
per
percepire
dissonanza
e
stridore
rispetto
alle
plausibili
aspettative
createsi
in
chi
vi
si
reca
per
respirare
una
certa
atmosfera
di
matrice
araba.
Si
avverte
infatti
fin
da
subito
un
certo
scollamento
fra
l’antico
tessuto
urbano
del
centro,
impreziosito
dalla
mole
della
splendida
Zitouna
(Grande)
Moschea
e
dall’eleganza
dei
palazzi
ottomani,
e
lo
stile
di
vita
dei
tunisini.
Uno
scollamento
socioculturale
che
è
destinato,
col
passare
del
tempo,
ad
inaridire
la
voglia
del
visitatore
di
provare
sensazioni
diverse
rispetto
a
quelle
già
note,
appartenenti
al
mondo
e
alla
cultura
occidentali.
Ancora
oggi
rimaniamo
affascinati
davanti
alla
misteriosa
bellezza
e
tipica
architettura
della
Medina
di
Tunisi,
uno
dei
rari
modelli
di
città
araba
rimasto
intatto.
Non
per
niente
è
stata
iscritta
dall’UNESCO
come
patrimonio
mondiale
dal
1979.
Con
i
suoi
minareti,
cupole
bianche,
sentieri,
zaouia,
medersa,
palazzi,
souk
e
vecchie
abitazioni,
la
Medina
costituisce
una
entità
omogenea
che
testimonia
un
saper-fare
arabo-musulmano
arricchitosi
attraverso
gli
anni
degli
apporti
delle
diversi
popolazioni
che
l’hanno
abitata.
Così
conquistatori
arabi,
berberi
hafsidi,
spagnoli,
turchi
ottomani
e
huseiniti,
andalusi,
oltre
a
cristiani
ed
ebrei,
tutti
hanno
contribuito,
ognuno
a
suo
modo,
a
dotare
il
luogo
delle
sue
più
prestigiose
costruzioni
e
bellezze
architettoniche
ma,
soprattutto,
a
farne
uno
spazio
di
dialogo
e
di
convivenza
tra
le
diverse
religioni.
Certo
la
Medina
non
ha
vissuto
sempre
momenti
gloriosi
nella
sua
storia
poiché
ha
dovuto
subire
parecchi
cambiamenti
che
hanno
danneggiato
la
sua
struttura
senza
però
riuscire
a
modificarne
l’anima.
I
due
esempi
più
significanti,
in
tal
senso,
potrebbero
essere
la
creazione
della
città
"europea"
e
il
suo
sviluppo,
a
scapito
della
Medina,
e
il
forte
movimento
di
esodo
rurale
degli
anni
60
verso
la
città
storica,
disertata
dai
suoi
veri
abitanti
borghesi.
E’
stata
tuttavia
eccezionale
la
sua
capacità
di
adattarsi
al
cambiamento
senza
perdere
il
suo
fascino
storico,
la
sua
profondità
spirituale
e
l’immensità
del
suo
patrimonio.
Ritornare
oggi
sulla
storia
della
Medina
serve
non
solo
a
immergersi
nell’anima
del
luogo
ed
esaltare
la
grandezza
del
suo
passato
ma
anche
a
riflettere
sui
migliori
modi
di
preservarlo
facendolo
rivivere.
Tunisi
non
è
stata
sempre
un
posto
privilegiato
per
regnare
sul
Paese
benché
presentasse
tanti
vantaggi
in
quanto
situata
su
una
collina
e
tra
due
laghi
collegati
direttamente
al
mare.
Infatti
mentre
i
cartaginesi,
e
dopo
di
loro
i
romani,
hanno
preferito
come
posto
strategico
Cartagine,
gli
arabi,
quanto
a
loro,
si
sono
interessati
a
Kairouan,
dal
clima
più
simile
a
quello
della
penisola
araba.
Nonostante
questo,
Tunisi
ha
beneficiato
sempre
di
una
posizione
privilegiata
prima
di
diventare
capitale.
Già
nel
VII
secolo
l’emiro
Hassan
Ibn
Nooman
aveva
fatto
spostare
gli
abitanti
di
Cartagine
verso
Tunisi
predisposta
come
città.
Il
piano
di
origine
della
Medina
era
molto
semplice
e
utilitaristico
in
quanto
organizzato
secondo
i
bisogni
urgenti
delle
truppe
arabe.
La
prima
cosa
da
costruire
furono
delle
mura
solide
per
proteggere
il
campo
militare,
poi
fu
edificata
la
moschea
della
Zitouna
per
i
bisogni
di
culto.
Intorno
alla
moschea
furono
costruiti
poco
a
poco
i
negozi,
le
abitazioni
e
i
quartieri,
separati
tra
di
loro
con
delle
strade
che
proseguivano
sino
alle
mura
della
città
dove
si
trovano
le
porte
che
servivano
anche
come
posti
di
controllo.
Questo
primo
schema
fu
ovviamente
sviluppato
nel
corso
del
tempo
senza
perdere,
per
tanto,
la
sua
originalità.
Infatti
i
quartieri
sono
stati
organizzati
per
comunità
etnica,
le
mura
consolidate
e
i
souk
(magazzini)
ripartiti
secondo
l’attività
economica.
Più
tardi
con
l’avvento
della
dinastia
di
Banou
Khourassan,
che
creò
un
principato
autonomo
a
Tunisi
dopo
l’invasione
del
Paese
da
parte
delle
tribù
di
Banou
Hillal,
la
città
fu
consacrata
capitale
e
furono
costruiti
un
palazzo
e
una
moschea
nella
piazza
attuale
del
Kassar
vicino
a
Bab
Mnara.
Ma
la
vera
consacrazione
avvenne
nel
XII
secolo
con
gli
Hafsidi
quando
Tunisi
divenne
la
capitale
di
uno
stato
indipendente.
Il
loro
regno
fu
caratterizzato
dall’estensione
della
Medina
e
la
costruzione
della
Casbah
composta
dagli
uffici
amministrativi
e
dal
palazzo
reale.
Oltre
che
dalla
Casbah,
la
Medina
fu
arricchita
da
una
serie
di
medersa
(una
sorta
di
pensionato
per
gli
studenti
della
Zitouna),
di
zaouia
(mausoleo)
e
di
nuovi
quartieri
destinati
soprattutto
ad
accogliere
la
nuova
comunità
cristiana
stabilitasi
nella
città.
La
presenza
cristiana
fu
dovuta
a
trattati
commerciali
firmati
fra
il
governo
Hafside
e
gli
stati
europei,
in
particolare
con
Venezia
e
le
altre
repubbliche
italiane,
a
partire
del
XIII
secolo.
Stabilite
prima
negli
fondouk
(albergo),
le
colonie
cristiane
svilupparono
una
forte
attività
commerciale
che
permise
loro
di
creare,
più
tardi,
i
loro
propri
souk,
come
Souk
el
Grana
dei
commercianti
livornesi
e
Souk
delle
Vetrerie
(quella
di
Venezia),
e
i
loro
propri
quartieri,
situati
nella
zona
della
porta
del
mare
“Bab
Bhar”
con
le
loro
chiese
(chiesa
di
via
Jamaa
Zitouna,
chiesa
di
Bab
Cartagenna,
ecc).
Ma
la
comunità
cristiana
non
era
la
sola
comunità
straniera
stabilitasi
all’interno
della
Medina
poiché
molto
prima
di
quell’epoca
una
popolazione
ebrea
si
era
insediata
nella
città
grazie
all’aiuto
di
Mehrez
Bnou
Khalef,
padrone
incontestato
di
Tunisi
durante
la
sua
lotta
contro
i
Fatimidi,
e
che
divenne
poi
Sidi
Mehrez,
un
marabutto
venerato
sia
dai
musulmani
che
dagli
ebrei.
Essi
costruirono
il
loro
quartiere
della
Hara
con
la
Grande
Sinagoga.
Una
tale
convivenza
tra
popoli
di
diverse
religioni
non
sarebbe
stata
possibile
se
non
fosse
regnato
un
clima
di
sicurezza
e
di
tolleranza
che
si
rafforzò
ulteriormente
con
l’arrivo
dei
turchi
ottomani
nel
1574.
I
nuovi
padroni
del
Paese
fecero
appello
alla
popolazione
locale,
nelle
sue
diverse
componenti,
per
rafforzare
il
loro
potere
e
rilanciare
la
loro
nuova
capitale
dopo
l’invasione
degli
spagnoli.
Oltre
ai
cristiani
e
agli
ebrei,
un
nuovo
elemento
venne
ad
arricchire
la
società
tunisina
e
modernizzare
considerevolmente
il
Paese.
Si
trattava
degli
andalusi
espulsi
dalla
Spagna
e
stabilitisi,
in
gran
parte,
nella
Medina.
Essi
parteciparono
alla
costruzione
di
prestigiosi
palazzi,
medersa,
zaouia,
tourba
(costruzione
funeraria),
fondouk,
fontane
pubbliche
e
nuovi
souk,
su
ordine
dei
turchi.
Parallelamente
all’esplosione
urbanistica
e
architettonica
della
città
ci
fu
una
esplosione
demografica
che
condusse
alla
distruzione
delle
mura
che
proteggevano
la
Medina
e
delle
sue
due
periferie
Sud
e
Nord
(Bab
Souika
e
Bab
Jazira).
Cominciava
allora
un
lungo
periodo
di
degrado
per
la
città,
rafforzato
dall’avvento
del
protettorato
francese
e
la
costruzione
di
una
nuova
città
moderna
accanto
a
quella
vecchia
abbandonata,
in
qualche
modo,
alla
sua
sorte.
Con
l’indipendenza
del
Paese
terminò
la
distruzione
totale
delle
mura
della
Medina
e,
parallelamente,
essa
fu
disertata
dai
suoi
abitanti
che
preferirono
spostarsi
in
case
moderne
costruite
sul
modello
europeo.
Nelle
loro
vecchie
abitazioni
venne
a
stabilirsi
invece
una
popolazione
rurale
che
immigrò
massicciamente
verso
Tunisi.
Il
risultato
fu
il
deterioramento
delle
strutture
urbane,
il
degrado
delle
costruzioni
(abitazioni
e
altro)
e
la
decadenza
dell’attività
economica
con
la
scomparsa
di
mestieri
artigianali
(chaouachi,
tintori,
ecc)
sostituiti
da
un
commercio
popolare.
Di
fronte
a
questa
situazione,
si
sono
moltiplicati
i
piani
di
sistemazione
urbanistica
e
di
restauro
in
uno
spirito
che,
pur
proteggendo
la
città
storica
con
le
sue
diverse
componenti,
prendono
in
considerazione
anche
il
preservare
delle
forme
di
vita
economica
e
sociale
degli
abitanti.
In
questo
senso
l’Associazione
di
Salvaguardia
della
Medina
di
Tunisi
e
il
Comune
di
Tunisi
hanno
identificato
tutta
una
strategia
che
stanno
realizzando
in
collaborazione
con
numerosi
enti
finanziatori
internazionali.
Si
tratta
di
progetti
di
restauro
di
monumenti
religiosi
(moschee,
medersa,
zaouia),
palazzi
(Palazzo
Kheïreddine)
e
dei
souk
e
della
loro
finalità
verso
una
nuova
funzione
quando
quella
originale
non
esiste
più
(club
culturali,
gallerie
d’arte,
club
di
informatica,
ecc).
Inoltre
sono
stati
aperti
grandi
cantieri
per
migliorare
l’infrastruttura
di
certi
quartieri
e
ricostruire
le
abitazioni
cadute
in
rovina
come
nel
caso
del
quartiere
della
Hafsia.
Tuttavia
è
necessario
andare
oltre
alla
sola
ricostruzione
del
patrimonio
fisico.
Bisogna
far
rivivere
quello
morale
attraverso
il
rilancio
dei
mestieri
del
passato,
la
creazione
di
eventi
culturali
intorno
alla
memoria
della
città
e
la
promozione
di
un
turismo
culturale
che
faccia
risorgere
l’anima
viva
del
luogo.
Si
tratta
insomma
di
ricreare
l’ambiente
di
una
volta
e
di
ridare
alla
Medina
tutto
il
suo
splendore
di
città
aperta,
accogliente
e
fiera
del
suo
patrimonio
inesauribile.
Una
visita
imperdibile
al
di
fuori
del
centro
è
quella
al
Museo
del
Bardo,
fondato
nel
1888
e
ospitato
nell’omonimo
Palazzo
a
cinque
chilometri
dal
centro
di
Tunisi.
Si
tratta
del
principale
museo
di
arte
musiva
del
Paese,
se
non
dell’intero
bacino
mediterraneo.
Ospita
infatti
una
stupenda
collezione
di
mosaici
provenienti
dai
diversi
siti
archeologici
della
Tunisia,
realizzati
fra
il
II
ed
il
IV
secolo
prevalentemente
come
decoro
delle
sontuose
ville
dei
ricchi
cittadini
romani
dell’Africa.
Tra
l’altro,
il
Palazzo
del
Bardo,
residenza
ufficiale
dei
bey
husseiniti
e
costruito
a
partire
dal
XIII
secolo,
meriterebbe
di
essere
visitato
anche
se
fosse
privo
delle
sue
collezioni.
Fra
le
centinaia
di
reperti
presenti
al
suo
interno,
sono
da
segnalare
le
maschere
puniche
(realizzate
in
terracotta
e
rappresentanti
volti
contratti
in
smorfie
e
risa),
un
altare
completamente
decorato
lungo
i
lati
dedicato
alla
gens
Augusta
e,
fra
i
tanti
mosaici
esposti,
quelli
con
le
raffigurazioni
della
fuga
di
Perseo
ed
Arianna,
del
trionfo
di
Nettuno,
del
trionfo
di
Bacco,
delle
gesta
di
Ulisse,
di
Orfeo
che
incanta
le
bestie
feroci
e
di
Virgilio
fra
le
muse.
Il
Suq,
vale
a
dire
la
zona
del
mercato,
è
notevolmente
suggestiva
per
la
sua
ambientazione,
ma
banale
è
la
mercanzia
e
l’atteggiamento
dei
mercanti.
Il
tutto
infatti
è
esposto
quasi
a
completo
uso
e
consumo
della
peggior
specie
di
turisti,
quelli
della
vacanza
“mordi
e
fuggi”,
liberati
per
l’occasione
per
poche
ore
dalle
navi
o
dai
pulmini
in
transito
e
puntualmente
colti
dalla
irrefrenabile
smania
di
portare
con
sé
a
bordo
del
mezzo
di
turno
un
ricordo,
non
importa
quanto
kitsch,
della
passeggiata
nella
capitale
tunisina.
In
una
affascinante
cornice
di
antichi
mercati
coperti,
dove
la
luce
del
sole
a
stento
riesce
a
filtrare
fra
stuoie
tese
e
angusti
vicoli,
si
susseguono
negozi
di
souvenir
dove
gli
oggetti
artigianali
di
qualità,
sono
messi
in
ombra
da
T-shirt
e
cammelli
di
pezza.
Nemmeno
i
celeberrimi
fez
vengono
più
prodotti
nelle
botteghe
della
medina,
ma
bensì
lavorati
industrialmente
alle
porte
della
città.
Ed
il
mercato
alimentare,
con
tutto
il
suo
corredo
di
spezie
profumate,
è
sempre
più
contratto
nella
sua
estensione,
posto
in
competizione
con
anonimi
discount
sorti
come
funghi
fuori
dalle
mura,
nella
così
detta
Ville
Nouvelle.
Il
mercante,
dal
canto
suo,
abbandonata
del
tutto
l’antica
arte
della
contrattazione,
limitandosi
di
solito
ad
osservare
distratto
il
viavai
delle
persone,
impegnandosi
solo
nel
condividere
una
tazza
di
tè
con
il
vicino
od
il
dirimpettaio.
Si
ha
insomma
la
sensazione
di
ritrovarsi
di
fronte
ad
una
sfarzosa
ed
antica
scatola,
il
cui
contenuto
però
non
è
all’altezza
delle
emozioni
promesse
e
sperate.
- Museo
del
Bardo
Il
centenario
museo
del
Bardo
occupa
una
posto
particolare
nella
vita
culturale
del
paese;
circa
mezzo
milione
di
visitatori
ammira
ogni
anno
le
sue
meraviglie.
Situato
in
un
sobborgo
occidentale
di
Tunisi,
il
Bardo
fu
per
più
di
un
secolo
il
centro
del
potere
del
bey.
Il
museo
è
allestito
in
uno
degli
antichi
palazzi
costruiti
dal
bey
M'Hammed
(1855-1959)
e
in
seguito
abbandonato
per
altre
residenze.
Inaugurato
il
7
maggio
1888,
prese
il
nome
di
museo
Alaoui
dal
nome
del
sovrano
dell'epoca
Ali
Bey
(1882-1902).
Con
l'indipendenza
del
1956,
divenne
il
museo
nazionale
col
nome
ufficiale
di
"Museo
Nazionale
del
Bardo".
Il
visitatore
resterà
meravigliato
dalla
bellezza
dei
magnifici
soffitti
della
maggior
parte
delle
sale
di
questo
museo
che
sono
sia
tappezzati
di
pannelli
di
gesso
finemente
lavorati
e
decorati,
sia
rivestiti
di
legno
scolpito
e
dipinto
con
colori
vivaci.
Il
museo
del
Bardo
traccia
attraverso
le
sue
collezioni
una
grande
parte
della
storia
della
Tunisia,
dalla
preistoria
ai
tempi
moderni.
Resta
tuttavia
il
museo
del
mosaico
per
eccellenza.
Vi
si
trova
certamente
la
più
grande
raccolta
di
mosaici
romani
del
mondo
provenienti
dalle
più
prestigiose
località
della
Tunisia:
Cartagine,
Hadrumetum
(Susa),
Dougga,
Thysdrus
(El
Jem),
Uthina
(Oudna),
Acholla
(Botria),
ecc.
A
ognuno
di
questi
luoghi
è
stata
riservata
una
sala
dove
si
trovano
i
mosaici
più
rappresentativi.
Altre
sale
raggruppano
pavimenti
che
illustrano
uno
stesso
tema:
la
caccia,
i
giochi
dell'anfiteatro,
ecc.
Il
museo
del
Bardo
possiede,
per
esempio,
l'unico
ritratto
del
poeta
latino
Virgilio,
del
II
secolo
d.C.
Proveniente
da
Susa,
questo
mosaico
rappresenta
Virgilio
seduto
che
tiene
sulle
ginocchia
un
rotolo
di
papiro
su
cui
è
scritto
il
verso
8
dell'Eneide.
L'Odissea
di
Omero,
poeta
epico
greco,
e
la
leggenda
di
Ulisse
sono
tra
le
opere
più
celebri
del
mondo.
Su
un
pavimento
di
Dougga,
del
III
secolo
d.C,
Ulisse
è
legato
all'albero
maestro
di
un
battello
per
sfuggire
al
canto
delle
sirene.
I
suoi
compagni,
con
lo
scudo
e
le
orecchie
tappate
con
la
cera,
lo
circondano.
Tre
sirene
su
uno
scoglio
suonano
il
flauto
o
la
lira.
I
mosaici
documentano
fra
l'altro
i
diversi
aspetti
dell'Africa
romana,
così
un
pavimento
proveniente
da
Cartagine
dipinge
la
vita
dell'aristocrazia
africana
del
IV
secolo
d.C.
Si
tratta
anche
in
questo
caso
di
un
documento
unico
dove
si
ammira
nei
minimi
dettagli
il
grande
dominio
di
un
aristocrata
africano,
il
signore
Julius.
Parallelamente
ai
mosaici,
le
sculture
romane
del
museo
impressionano
per
le
loro
proporzioni
e
la
loro
bellezza.
Tra
le
più
belle
si
ammireranno
Apollo,
Esculapio
e
Cerere,
provenienti
da
uno
stesso
tempio
dell'antica
Bulla
Regia.
L'Ercole
di
Thuburbo
Majus,
accompagnato
dai
suoi
attributi,
pelle
di
leone
sulla
testa
e
annodata
sul
petto,
mazza
nella
mano
sinistra,
è
tra
i
più
bei
bezzi
del
museo,
come
quello
che
rappresenta
l'imperatore
Adriano
nelle
sembianze
del
dio
Marte.
Infine
tutti
gli
altri
aspetti
della
civiltà
romana
sono
illustrati
in
diverse
sale
del
museo:
steli
funerarie
e
votive,
sarcofagi,
ceramiche,
vetro,
bronzo,
ecc.
Risalendo
nel
tempo,
la
sala
della
preistoria
presenta
degli
oggetti
di
diverse
civiltà
della
Tunisia
preistorica.
Con
bifacciali,
punte,
selci,
rasiere,
sfilano
le
civiltà
acheuleana,
mousteriana,
ateriana
e
ibero
maurusiana.
La
sala
ospita
anche
un
monumento
unico
nel
suo
genere:
si
tratta
di
un
mucchio
di
bocce
di
pietra,
di
selci
tagliate,
di
ossa
e
di
denti,
ritrovato
in
un
pozzo
artesiano
di
El-Guettar,
vicino
a
Gafsa,
che
costituisce
il
più
vecchio
indizio
pervenuto
ai
nostri
giorni
delle
pratiche
religiose
dell'uomo
di
Neanderthal.
La
sezione
libico-punica
comprende
quattro
piccole
sale
comunicanti
che
raggruppano
testimonianze
eloquenti
sulla
storia
della
Tunisia
fenicio-punica
e
numida.
In
una
delle
sale
in
cui
troneggia
una
figurina
in
terracotta
rappresentante
il
dio
di
origine
fenicia
Baal
Hammon,
che
porta
una
tiara
piumata,
sono
esposte
delle
steli
dedicate
a
questa
divinità
per
nove
secoli.
La
più
arcaica
risale
al
VII
secolo
a.C.
e
porta
la
più
antica
iscrizione
trovata
sul
suolo
cartaginese;
la
più
recente
è
del
II
secolo
d.C.
e,
proveniente
da
Maktar,
l'antica
Mactaris,
dimostra
che
la
distruzione
di
Cartagine
tre
secoli
e
mezzo
prima
(146
a.C.)
non
pose
fine
alla
civiltà
punica.
Le
statue
di
terracotta
esposte
nella
stessa
sala
(una
dea
con
testa
di
leone,
Demetra,
Cora,
Plutone),
provenienti
da
santuari
rurali,
testimoniano
l'importanza
del
culto
della
fecondità
nelle
credenze
delle
popolazioni
africane
dell'antichità.
Le
quattordici
bacheche
delle
due
successive
sale
presentano,
oltre
a
quattordici
temi
differenti,
un
ornato
che
si
ritrova
all'interno
delle
tombe
puniche.
Così
gli
oggetti
-
ceramiche,
bronzi,
avori,
oggetti
di
culto
e
da
toilette
-
sono
esposti
nella
loro
originale
sistemazione,
poiché
provengono
essenzialmente
da
tombe
puniche.
Ogni
bacheca
è
protetta
da
un
amuleto,
che
i
Cartaginesi
superstiziosi,
come
tutti
i
popoli
dell'antichità,
utilizzavano
per
proteggersi
dal
malocchio.
I
pezzi
della
quarta
e
ultima
sala
provengono
per
la
maggior
parte
dai
territori
massili
(N/O
e
centro/O
della
Tunisia)
e
sono
probabilmente
posteriori
alla
caduta
di
Cartagine.
Un'iscrizione
che
commemora
l'edificazione
di
un
tempio
dedicato
al
re
Massinissa,
dieci
anni
dopo
la
sua
morte,
dal
figlio
e
successore
Micipsa,
è
un
documento
unico
nella
storia
del
paese;
è
redatta
in
punico
e
in
libico.
Dei
bassorilievi
rappresentano
gruppi
di
divinità
autoctone
oltre
che
puniche
o
latine.
La
sezione
riservata
al
periodo
mussulmano
dal
medioevo
ai
nostri
giorni
occupa
un'intera
ala
del
museo
che
comprende
un
piccolo
palazzo
con
un
cortile
centrale
ornato
da
una
fontana,
costruito
nel
1831-32,
sotto
il
regno
di
Hussein
Bey
II
Ben
Mahmoud.
Questa
sezione,
rinnovata
in
gran
parte
nel
1987,
comprende
varie
sale,
delle
quali
la
sala
blu
ospita
diversi
tipi
di
oggetti:
ceramiche,
avori,
una
bella
collezione
di
monete,
ma
soprattutto
dei
tessuti
tra
i
quali
un
abito
copto
e
i
famosi
«tiraz»,
tessuti
decorati
da
iscrizioni
appartenuti
a
abiti
di
personaggi
illustri;
questi
tessuti
risalgono
all'epoca
abbaside
(742-1258)
e
fatimida
(909-1170).
Si
ammireranno
senza
dubbio
gli
astrolabi
in
rame
giallo
del
XIV
secolo,
del
1629
e
del
1772;
portano
i
segni
zodiacali
e
il
nome
delle
principali
stelle.
I
quadranti
solari
firmati
sono
del
1778
e
del
1852.
Nel
cortile
del
piccolo
palazzo
si
apre
una
stanza
dove
è
stata
ricostruita
una
sala
di
ricevimento
tradizionale.
Nell'alcova
destra
della
stanza
un
bel
letto
a
baldacchino
dipinto
di
rosso
con
una
decorazione
dorata
in
rilievo,
di
stile
veneziano,
è
stato
forse
realizzato
da
artigiani
locali.
Da
un
lato
e
dall'altro
della
fontana,
in
due
piccole
sale,
sono
esposte
le
incisioni
del
XVI
secolo
che
illustrano
la
campagna
di
Carlo
V,
re
di
Spagna,
in
Tunisia.
Un'iscrizione
spagnola
commemora
la
presa
della
Tunisia
da
parte
di
questo
sovrano
nel
1535.
Prima
di
accedere
alla
sala
consacrata
agli
oggetti
tradizionali
si
può
ammirare
una
bella
collezione
di
armi
(fucili,
tromboni),
strumenti
musicali
a
corde
o
a
percussione
e
soprattutto
un
insieme
di
scrigni
incrostati
di
madreperla
e
avorio.
La
sala
riservata
alla
Tunisia
di
un
tempo,
XIX
secolo
e
inizio
del
XX,
brilla
per
la
presenza
di
molte
importanti
collezioni,
come
quella
degli
oggetti
di
argento
sbalzato;
aspersori,
«qabqab»
(zoccoli
di
legno
ricoperti
di
argento
portati
dalle
spose
di
Tunisi),
un
bastoncino
decorato
a
sbalzo
(utilizzato
dallo
sposo
durante
la
prima
settimana
di
vita
coniugale),
ci
fanno
scoprire
con
nostalgia
un
modo
di
vita
personalizzato
e
lontano
dal
regno
delle
grandi
metropoli.
Dei
costumi,
ma
sopratutto
dei
gioielli
tradizionali
provenienti
da
diversi
luoghi
del
paese
(Sahel,
Cap-Bon,
Gerba,
Tataouine)
mostrano
la
diversità
e
la
ricchezza
del
patrimonio
tunisino.
Infine,
al
pian
terreno,
raggiungibile
con
una
scala
che
sbocca
nella
sala
degli
oggetti
tradizionali,
un
grande
cortile
e
i
passaggi
che
ne
permettono
l'accesso,
sono
interamente
ricoperti
di
piastrelle
in
ceramica.
A
fianco
delle
piastrelle
spagnole,
mediorientali
e
dell'Asia
Minore
figurano
delle
piastrelle
marrochine
che
ricordano
ì
mosaici
romani.
Le
piastrelle
tunisine,
provenienti
dai
laboratori
specializzati
di
Quallaline
del
XIX
secolo,
presentano
una
decorazione
floreale,
talvolta
geometrica,
con
moschee,
animali,
leoni
e
uccelli,
ecc.
A
fianco
dì
queste
varie
sezioni
riservate
a
diversi
periodi
della
storia
della
Tunisia,
vale
la
pena
di
visitare
la
sala
detta
degli
scavi
sottomarini
di
Mahdia.
Si
tratta
dei
vestigi
del
carico
di
una
nave
naufragata
nell'81
a.C.
al
largo
di
Mahdia,
composto
di
bronzi
e
marmi.
Questi
oggetti
potrebbero
provenire
dal
sacco
di
Atene
da
parte
di
Silla
avvenuto
qualche
tempo
prima
del
naufragio.
Un
Eros
androgino,
un
Ermes
oratore,
un
Ermes
di
Dioniso,
dei
candelabri,
sono
gli
oggetti
in
bronzo
più
rappresentativi.
Le
sculture
(testa
di
Pan,
bambino
che
gioca
o
capitelli
istoriati)
risalgono,
come
tutto
l'insieme
al
III-II
sec.
a.C.
Infine
la
sala
del
tesoro,
inaugurata
in
occasione
del
centenarìo
del
museo,
ci
trasporta
in
un
universo
magico
dove
lo
scintillio
dell'oro
evoca
le
ricchezze
dei
Cartaginesi.
In
questa
sala,
unica
nell'Africa
del
Nord,
scopriamo
attraverso
i
gioielli
qualche
divinità
del
pantheon
fenicio-punico.
Due
anelli
rappresentano
Baal
Hammon
e
Melquart,
il
dio
di
Tiro.
Gli
scarabei,
sigilli
incastonati
in
montature
d'oro,
rappresentano
delle
divinità
egiziane,
Iside
e
Bes.
Vicino
a
una
moltitudine
di
orecchini
e
collane,
lo
sguardo
si
sofferma
su
una
serie
dì
piccoli
astucci
d'oro
sormontati
dalla
testa
leonina
della
dea
Bastet;
a
fianco,
vi
erano
arrotolati
i
testi
magici
incisi
su
sottili
nastri
d'oro;
per
premunirsi
contro
ogni
pericolo,
i
Cartaginesi
ricorrevano
alla
magia
della
parola,
ma
anche
a
quella
dell'oro.
Dei
gioielli
del
V
secolo
d.C.
sono
testimoni
della
prosperità
del
paese
in
epoca
vandala.
Questa
sala
copre
dodici
secoli
della
storia
del
paese.
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