Medina di Tunisi
Tunisia

patrimonio dell'umanità dal 1979

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Tunisi, antica  e moderna capitale della Tunisia, conserva ancora al proprio interno molte vestigia architettoniche islamiche di assoluto rilievo e la medina che, grazie ai fondi stanziati dall’UNESCO a partire dal 1981, è una delle meglio conservate della zona mediterranea, anche se è sufficiente fare qualche passo al suo interno per percepire dissonanza e stridore rispetto alle plausibili aspettative createsi in chi vi si reca per respirare una certa atmosfera di matrice araba.

Si avverte infatti fin da subito un certo scollamento fra l’antico tessuto urbano del centro, impreziosito dalla mole della splendida Zitouna (Grande) Moschea e dall’eleganza dei palazzi ottomani, e lo stile di vita dei tunisini. Uno scollamento socioculturale che è destinato, col passare del tempo, ad inaridire la voglia del visitatore di provare sensazioni diverse rispetto a quelle già note, appartenenti al mondo e alla cultura occidentali.

Ancora oggi rimaniamo affascinati davanti alla misteriosa bellezza e tipica architettura della Medina di Tunisi, uno dei rari modelli di città araba rimasto intatto.

Non per niente è stata iscritta dall’UNESCO come patrimonio mondiale dal 1979. Con i suoi minareti, cupole bianche, sentieri, zaouia, medersa, palazzi, souk e vecchie abitazioni, la Medina costituisce una entità omogenea che testimonia un saper-fare arabo-musulmano arricchitosi attraverso gli anni degli apporti delle diversi popolazioni che l’hanno abitata. Così conquistatori arabi, berberi hafsidi, spagnoli, turchi ottomani e huseiniti, andalusi, oltre a cristiani ed ebrei, tutti hanno contribuito, ognuno a suo modo, a dotare il luogo delle sue più prestigiose costruzioni e bellezze architettoniche ma, soprattutto, a farne uno spazio di dialogo e di convivenza tra le diverse religioni.

Moschea2.jpg (235203 byte)Certo la Medina non ha vissuto sempre momenti gloriosi nella sua storia poiché ha dovuto subire parecchi cambiamenti che hanno danneggiato la sua struttura senza però riuscire a modificarne l’anima. I due esempi più significanti, in tal senso, potrebbero essere la creazione della città "europea" e il suo sviluppo, a scapito della Medina, e il forte movimento di esodo rurale degli anni 60 verso la città storica, disertata dai suoi veri abitanti borghesi. E’ stata tuttavia eccezionale la sua capacità di adattarsi al cambiamento senza perdere il suo fascino storico, la sua profondità spirituale e l’immensità del suo patrimonio.

Ritornare oggi sulla storia della Medina  serve non solo a immergersi nell’anima del luogo ed esaltare la grandezza del suo passato ma anche a riflettere sui migliori modi di preservarlo facendolo rivivere.

Tunisi non è stata sempre un posto privilegiato per regnare sul Paese benché presentasse tanti vantaggi in quanto situata su una collina e tra due laghi collegati direttamente al mare. Infatti mentre i cartaginesi, e dopo di loro i romani, hanno preferito come posto strategico Cartagine, gli arabi, quanto a loro, si sono interessati a Kairouan, dal clima più simile a quello della penisola araba. 

Nonostante questo, Tunisi ha beneficiato sempre di una posizione privilegiata prima di diventare capitale. Già nel VII secolo l’emiro Hassan Ibn Nooman aveva fatto spostare gli abitanti di Cartagine verso Tunisi predisposta come città. Il piano di origine della Medina era molto semplice e utilitaristico in quanto organizzato secondo i bisogni urgenti delle truppe arabe. La prima cosa da costruire furono delle mura solide per proteggere il campo militare, poi fu edificata la moschea della Zitouna  per i bisogni di culto.

Intorno alla moschea furono costruiti poco a poco i negozi, le abitazioni e i quartieri, separati tra di loro con delle strade che proseguivano sino alle mura della città dove si trovano le porte che servivano anche come posti di controllo. Questo primo schema fu ovviamente sviluppato nel corso del tempo senza perdere, per tanto, la sua originalità. Infatti i quartieri sono stati organizzati per comunità etnica, le mura consolidate e i souk (magazzini) ripartiti secondo l’attività economica. Più tardi con l’avvento della dinastia di Banou Khourassan, che creò un principato autonomo a Tunisi dopo l’invasione del Paese da parte delle tribù di Banou Hillal, la città fu consacrata capitale e furono costruiti un palazzo e una moschea nella piazza attuale del Kassar vicino a Bab Mnara. 

Ma la vera consacrazione avvenne nel XII secolo con gli Hafsidi  quando Tunisi divenne la capitale di uno stato indipendente.

Il loro regno fu caratterizzato dall’estensione  della Medina e la costruzione della Casbah composta dagli uffici amministrativi e dal palazzo reale. Oltre che dalla Casbah, la Medina fu arricchita da una serie di medersa (una sorta di pensionato per gli studenti della Zitouna), di zaouia (mausoleo) e di nuovi quartieri destinati soprattutto ad accogliere la nuova comunità cristiana stabilitasi nella città. 

La presenza cristiana fu dovuta a trattati commerciali firmati fra il governo Hafside e gli stati europei, in particolare con Venezia e le altre repubbliche italiane, a partire del XIII secolo. Stabilite prima negli fondouk (albergo), le colonie cristiane svilupparono una forte attività commerciale che permise loro di creare, più tardi, i loro propri souk, come Souk el Grana dei commercianti livornesi e Souk delle Vetrerie (quella di Venezia), e i loro propri quartieri, situati nella zona della porta del mare “Bab Bhar” con le loro chiese (chiesa di via Jamaa Zitouna, chiesa di Bab Cartagenna, ecc). Medina5.jpg (288787 byte)

Ma la comunità cristiana non era la sola comunità straniera stabilitasi all’interno della Medina  poiché molto prima di quell’epoca una popolazione ebrea si era insediata nella città grazie all’aiuto di Mehrez Bnou Khalef, padrone incontestato di Tunisi durante la sua lotta contro i Fatimidi, e che divenne poi Sidi Mehrez, un marabutto venerato sia dai musulmani che dagli ebrei. Essi costruirono il loro quartiere della Hara con la Grande Sinagoga. Una tale convivenza tra popoli di diverse religioni non sarebbe stata possibile se non fosse regnato un clima di sicurezza e di tolleranza che si rafforzò ulteriormente con l’arrivo dei turchi ottomani nel 1574. I nuovi padroni del Paese fecero appello alla popolazione locale, nelle  sue diverse componenti, per rafforzare il loro potere e rilanciare la loro nuova capitale dopo l’invasione degli spagnoli. 

Oltre ai cristiani e agli ebrei, un nuovo elemento venne ad arricchire la società tunisina e modernizzare considerevolmente il Paese. Si trattava degli andalusi espulsi dalla Spagna e stabilitisi, in gran parte, nella  Medina. Essi parteciparono alla costruzione di prestigiosi palazzi, medersa, zaouia, tourba (costruzione funeraria), fondouk, fontane pubbliche e nuovi souk, su ordine dei turchi.

Parallelamente all’esplosione urbanistica e architettonica della città ci fu una esplosione demografica che condusse alla distruzione delle mura che proteggevano la Medina e delle sue due periferie Sud e Nord (Bab Souika e Bab Jazira). Cominciava allora un lungo periodo di degrado per la città, rafforzato dall’avvento del protettorato francese e la costruzione di una nuova città moderna accanto a quella vecchia abbandonata, in qualche modo, alla sua sorte. 

Con l’indipendenza del Paese terminò la distruzione totale delle mura della Medina e, parallelamente, essa fu disertata dai suoi abitanti che preferirono spostarsi in case moderne costruite sul modello europeo. Nelle loro vecchie abitazioni venne a stabilirsi invece una popolazione rurale che immigrò massicciamente verso Tunisi. Il risultato fu il deterioramento delle strutture urbane, il degrado delle costruzioni (abitazioni e altro) e la decadenza dell’attività economica con la scomparsa di mestieri artigianali (chaouachi, tintori, ecc) sostituiti da un commercio popolare.

Di fronte a questa situazione, si sono moltiplicati i piani di sistemazione urbanistica e di restauro in uno spirito che, pur proteggendo la città storica con le sue diverse componenti, prendono in considerazione anche il preservare delle forme di vita economica e sociale degli abitanti.

In questo senso l’Associazione di Salvaguardia della Medina di Tunisi e il Comune di Tunisi hanno identificato tutta una strategia che stanno realizzando in collaborazione con numerosi enti finanziatori internazionali. Si tratta di progetti di restauro di monumenti religiosi (moschee, medersa, zaouia), palazzi (Palazzo Kheïreddine) e dei souk  e della loro finalità verso una nuova funzione quando quella originale non esiste più (club culturali, gallerie d’arte, club di informatica, ecc). Inoltre sono stati aperti grandi cantieri per migliorare l’infrastruttura di certi quartieri e ricostruire le abitazioni cadute in rovina come nel caso del quartiere della Hafsia. Tuttavia è necessario andare oltre alla sola ricostruzione del patrimonio fisico. Bisogna far rivivere quello morale attraverso il rilancio dei mestieri del passato, la creazione di eventi culturali intorno alla memoria della città e la promozione di un turismo culturale che faccia risorgere l’anima viva del luogo. 

Si tratta insomma di ricreare l’ambiente di una volta e di ridare alla Medina tutto il suo splendore di città aperta, accogliente e fiera del suo patrimonio inesauribile.

Una visita imperdibile al di fuori del centro è quella al Museo del Bardo, fondato nel 1888 e ospitato nell’omonimo Palazzo a cinque chilometri dal centro di Tunisi.  

Si tratta del principale museo di arte musiva del Paese, se non dell’intero bacino mediterraneo. Ospita infatti una stupenda collezione di mosaici provenienti dai diversi siti archeologici della Tunisia, realizzati fra il II ed il IV secolo prevalentemente come decoro delle sontuose ville dei ricchi cittadini romani dell’Africa. Tra l’altro, il Palazzo del Bardo, residenza ufficiale dei bey husseiniti e costruito a partire dal XIII secolo, meriterebbe di essere visitato anche se fosse privo delle sue collezioni.

Fra le centinaia di reperti presenti al suo interno, sono da segnalare le maschere puniche (realizzate in terracotta e rappresentanti volti contratti in smorfie e risa), un altare completamente decorato lungo i lati dedicato alla gens Augusta e, fra i tanti mosaici esposti, quelli con le raffigurazioni della fuga di Perseo ed Arianna, del trionfo di Nettuno, del trionfo di Bacco, delle gesta di Ulisse, di Orfeo che incanta le bestie feroci e di Virgilio fra le muse.

Il Suq, vale a dire la zona del mercato, è notevolmente suggestiva per la sua ambientazione, ma banale è la mercanzia e l’atteggiamento dei mercanti. Il tutto infatti è esposto quasi a completo uso e consumo della peggior specie di turisti, quelli della vacanza “mordi e fuggi”, liberati per l’occasione per poche ore dalle navi o dai pulmini in transito e puntualmente colti dalla irrefrenabile smania di portare con sé a bordo del mezzo di turno un ricordo, non importa quanto kitsch, della passeggiata nella capitale tunisina.

In una affascinante cornice di antichi mercati coperti, dove la luce del sole a stento riesce a filtrare fra stuoie tese e angusti vicoli, si susseguono negozi di souvenir dove gli oggetti artigianali di qualità, sono messi in ombra da T-shirt e cammelli di pezza. Nemmeno i celeberrimi fez vengono più prodotti nelle botteghe della medina, ma bensì lavorati industrialmente alle porte della città. Ed il mercato alimentare, con tutto il suo corredo di spezie profumate, è sempre più contratto nella sua estensione, posto in competizione con anonimi discount sorti come funghi fuori dalle mura, nella così detta Ville Nouvelle.

Il mercante, dal canto suo, abbandonata del tutto l’antica arte della contrattazione, limitandosi di solito ad osservare distratto il viavai delle persone, impegnandosi solo nel condividere una tazza di tè con il vicino od il dirimpettaio. Si ha insomma la sensazione di ritrovarsi di fronte ad una sfarzosa ed antica scatola, il cui contenuto però non è all’altezza delle emozioni promesse e sperate.

Museo del Bardo

Il centenario museo del Bardo occupa una posto particolare nella vita culturale del paese; circa mezzo milione di visitatori ammira ogni anno le sue meraviglie. Situato in un sobborgo occidentale di Tunisi, il Bardo fu per più di un secolo il centro del potere del bey. Il museo è allestito in uno degli antichi palazzi costruiti dal bey M'Hammed (1855-1959) e in seguito abbandonato per altre residenze. Inaugurato il 7 maggio 1888, prese il nome di museo Alaoui dal nome del sovrano dell'epoca Ali Bey (1882-1902). Con l'indipendenza del 1956, divenne il museo nazionale col nome ufficiale di "Museo Nazionale del Bardo".

Il visitatore resterà meravigliato dalla bellezza dei magnifici soffitti della maggior parte delle sale di questo museo che sono sia tappezzati di pannelli di gesso finemente lavorati e decorati, sia rivestiti di legno scolpito e dipinto con colori vivaci.

Il museo del Bardo traccia attraverso le sue collezioni una grande parte della storia della Tunisia, dalla preistoria ai tempi moderni. Resta tuttavia il museo del mosaico per eccellenza. Vi si trova certamente la più grande raccolta di mosaici romani del mondo provenienti dalle più prestigiose località della Tunisia: Cartagine, Hadrumetum (Susa), Dougga, Thysdrus (El Jem), Uthina (Oudna), Acholla (Botria), ecc. A ognuno di questi luoghi è stata riservata una sala dove si trovano i mosaici più rappresentativi. Altre sale raggruppano pavimenti che illustrano uno stesso tema: la caccia, i giochi dell'anfiteatro, ecc. 

Il museo del Bardo possiede, per esempio, l'unico ritratto del poeta latino Virgilio, del II secolo d.C. Proveniente da Susa, questo mosaico rappresenta Virgilio seduto che tiene sulle ginocchia un rotolo di papiro su cui è scritto il verso 8 dell'Eneide.

L'Odissea di Omero, poeta epico greco, e la leggenda di Ulisse sono tra le opere più celebri del mondo. Su un pavi­mento di Dougga, del III secolo d.C, Ulisse è legato all'albero maestro di un battello per sfuggire al canto delle sirene. I suoi compagni, con lo scudo e le orecchie tappate con la cera, lo circondano. Tre sirene su uno scoglio suonano il flauto o la lira.

I mosaici documentano fra l'altro i diversi aspetti dell'Africa romana, così un pavimento proveniente da Cartagine dipinge la vita dell'aristocrazia africana del IV secolo d.C. Si tratta anche in questo caso di un documento unico dove si ammira nei minimi dettagli il grande dominio di un aristocrata africano, il signore Julius.

Parallelamente ai mosaici, le sculture romane del museo impressionano per le loro proporzioni e la loro bellezza. Tra le più belle si ammireranno Apollo, Esculapio e Cerere, provenienti da uno stesso tempio dell'antica Bulla Regia. L'Ercole di Thuburbo Majus, accompagnato dai suoi attributi, pelle di leone sulla testa e annodata sul petto, mazza nella mano sinistra, è tra i più bei bezzi del museo, come quello che rappresenta l'imperatore Adriano nelle sembianze del dio Marte.

Infine tutti gli altri aspetti della civiltà romana sono illustrati in diverse sale del museo: steli funerarie e votive, sarcofagi, ceramiche, vetro, bronzo, ecc. Risalendo nel tempo, la sala della preistoria presenta degli oggetti di diverse civiltà della Tunisia preistorica. Con bifacciali, punte, selci, rasiere, sfilano le civiltà acheuleana, mousteriana, ateriana e ibero maurusiana.

La sala ospita anche un monumento unico nel suo genere: si tratta di un mucchio di bocce di pietra, di selci tagliate, di ossa e di denti, ritrovato in un pozzo artesiano di El-Guettar, vicino a Gafsa, che costituisce il più vecchio indizio pervenuto ai nostri giorni delle pratiche religiose dell'uomo di Neanderthal.

La sezione libico-punica comprende quattro piccole sale comunicanti che raggruppano testimonianze eloquenti sulla storia della Tunisia fenicio-punica e numida. 

In una delle sale in cui troneggia una figurina in terracotta rappresentante il dio di origine fenicia Baal Hammon, che porta una tiara piumata, sono esposte delle steli dedicate a questa divinità per nove secoli. La più arcaica risale al VII secolo a.C. e porta la più antica iscrizione trovata sul suolo cartaginese; la più recente è del II secolo d.C. e, proveniente da Maktar, l'antica Mactaris, dimostra che la distruzione di Cartagine tre secoli e mezzo prima (146 a.C.) non pose fine alla civiltà punica. 

Le statue di terracotta esposte nella stessa sala (una dea con testa di leone, Demetra, Cora, Plutone), provenienti da santuari rurali, testimoniano l'importanza del culto della fecondità nelle credenze delle popolazioni africane dell'antichità. 

Le quattordici bacheche delle due successive sale presentano, oltre a quattordici temi differenti, un ornato che si ritrova all'interno delle tombe puniche. Così gli oggetti - ceramiche, bronzi, avori, oggetti di culto e da toilette - sono esposti nella loro originale sistemazione, poiché provengono essenzialmente da tombe puniche. Ogni bacheca è protetta da un amuleto, che i Cartaginesi superstiziosi, come tutti i popoli dell'antichità, utilizzavano per proteggersi dal malocchio.

I pezzi della quarta e ultima sala provengono per la maggior parte dai territori massili (N/O e centro/O della Tunisia) e sono probabilmente posteriori alla caduta di Cartagine. Un'iscrizione che commemora l'edificazione di un tempio dedicato al re Massinissa, dieci anni dopo la sua morte, dal figlio e successore Micipsa, è un documento unico nella storia del paese; è redatta in punico e in libico. Dei bassorilievi rappresentano gruppi di divinità autoctone oltre che puniche o latine.

La sezione riservata al periodo mussulmano dal medioevo ai nostri giorni occupa un'intera ala del museo che comprende un piccolo palazzo con un cortile centrale ornato da una fontana, costruito nel 1831-32, sotto il regno di Hussein Bey II Ben Mahmoud. Questa sezione, rinnovata in gran parte nel 1987, comprende varie sale, delle quali la sala blu ospita diversi tipi di oggetti: ceramiche, avori, una bella collezione di monete, ma soprattutto dei tessuti tra i quali un abito copto e i famosi «tiraz», tessuti decorati da iscrizioni appartenuti a abiti di personaggi illustri; questi tessuti risalgono all'epoca abbaside (742-1258) e fatimida (909-1170).

Si ammireranno senza dubbio gli astrolabi in rame giallo del XIV secolo, del 1629 e del 1772; portano i segni zodiacali e il nome delle principali stelle. I quadranti solari firmati sono del 1778 e del 1852.

Nel cortile del piccolo palazzo si apre una stanza dove è stata ricostruita una sala di ricevimento tradizionale. Nell'alcova destra della stanza un bel letto a baldacchino dipinto di rosso con una decorazione dorata in rilievo, di stile veneziano, è stato forse realizzato da artigiani locali. Da un lato e dall'altro della fontana, in due piccole sale, sono esposte le incisioni del XVI secolo che illustrano la campagna di Carlo V, re di Spagna, in Tunisia. Un'iscrizione spagnola commemora la presa della Tunisia da parte di questo sovrano nel 1535. 

Prima di accedere alla sala consacrata agli oggetti tradizionali si può ammirare una bella collezione di armi (fucili, tromboni), strumenti musicali a corde o a percussione e soprattutto un insieme di scrigni incrostati di madreperla e avorio.

La sala riservata alla Tunisia di un tempo, XIX secolo e inizio del XX, brilla per la presenza di molte importanti collezioni, come quella degli oggetti di argento sbalzato; aspersori, «qabqab» (zoccoli di legno ricoperti di argento portati dalle spose di Tunisi), un bastoncino decorato a sbalzo (utilizzato dallo sposo durante la prima settimana di vita coniugale), ci fanno scoprire con nostalgia un modo di vita personalizzato e lontano dal regno delle grandi metropoli. Dei costumi, ma sopratutto dei gioielli tradizionali provenienti da diversi luoghi del paese (Sahel, Cap-Bon, Gerba, Tataouine) mostrano la diversità e la ricchezza del patrimonio tunisino. 

Infine, al pian terreno, raggiungibile con una scala che sbocca nella sala degli oggetti tradizionali, un grande cortile e i passaggi che ne permettono l'accesso, sono interamente ricoperti di piastrelle in ceramica. A fianco delle piastrelle spagnole, mediorientali e dell'Asia Minore figurano delle piastrelle marrochine che ricordano ì mosaici romani. Le piastrelle tunisine, provenienti dai laboratori specializzati di Quallaline del XIX secolo, presentano una decorazione floreale, talvolta geometrica, con moschee, animali, leoni e uccelli, ecc.

A fianco dì queste varie sezioni riservate a diversi periodi della storia della Tunisia, vale la pena di visitare la sala detta degli scavi sottomarini di Mahdia. Si tratta dei vestigi del carico di una nave naufragata nell'81 a.C. al largo di Mahdia, composto di bronzi e marmi.

Questi oggetti potrebbero provenire dal sacco di Atene da parte di Silla avvenuto qualche tempo prima del naufragio. Un Eros androgino, un Ermes oratore, un Ermes di Dioniso, dei candelabri, sono gli oggetti in bronzo più rappresentativi. Le sculture (testa di Pan, bambino che gioca o capitelli istoriati) risalgono, come tutto l'insieme al III-II sec. a.C.

Infine la sala del tesoro, inaugurata in occasione del centenarìo del museo, ci trasporta in un universo magico dove lo scintillio dell'oro evoca le ricchezze dei Cartaginesi. In questa sala, unica nell'Africa del Nord, scopriamo attraverso i gioielli qualche divinità del pantheon fenicio-punico. Due anelli rappresentano Baal Hammon e Melquart, il dio di Tiro. Gli scarabei, sigilli incastonati in montature d'oro, rappresentano delle divinità egiziane, Iside e Bes. Vicino a una moltitudine di orecchini e collane, lo sguardo si sofferma su una serie dì piccoli astucci d'oro sormontati dalla testa leonina della dea Bastet; a fianco, vi erano arrotolati i testi magici incisi su sottili nastri d'oro; per premunirsi contro ogni pericolo, i Cartaginesi ricorrevano alla magia della parola, ma anche a quella dell'oro. Dei gioielli del V secolo d.C. sono testimoni della prosperità del paese in epoca vandala. Questa sala copre dodici secoli della storia del paese.