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Cueva de las Manos (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una
caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 chilometri
a sud della città di Perito Moreno, all'interno dei confini del Parco
Nazionale Perito Moreno che comprende altri siti di importanza
archeologica e paleontologica.
All'inizio
del XIX secolo, quando i primi coloni europei arrivarono a popolare la
Patagonia, quella terra all'estremità meridionale del mondo era abitata
da comunità nomadi di aborigeni Tehuelche. L'impatto, per loro, fu
fatale. Chi era sopravvissuto ai massacri non resse alle campagne di
civilizzazione forzata. Chi era rimasto indenne alle malattie europee si
era autodistrutto con l'alcool.
Del
resto, si erano visti sottrarre il mondo che avevano posseduto per oltre
10.000 anni. I loro antenati erano quegli uomini primitivi che, subito
dopo l'ultima glaciazione - tra la fine del Pleistocene e l'inizio
dell'Olocene - avevano raggiunto la Terra del Fuoco e la Patagonia da
nord, attraverso lo stretto di Bering. Divisi in due gruppi, si erano
stabiliti rispettivamente nelle isole e sulla terraferma, dove i primi
praticavano la pesca e la raccolta dei molluschi, mentre i secondi
traevano sostentamento dalla caccia. E così fu fino all'avvento della
civiltà europea.
Cacciatori-raccoglitori
per millenni, i Tehuelche della terraferma avevano dunque
"regalato" agli europei un territorio vastissimo, primordiale,
che a prima vista non recava tracce di presenza umana. I loro spiriti
ancestrali "vivevano" nelle grotte, luoghi sacri celati nei
canyon più inaccessibili, che solo un'insaziabile curiosità avrebbe
spinto a violare. A essere animato da quel sentimento fu il perito delle
frontiere Francisco Pascasio Moreno, un nome che diventerà famoso,
perché a lui verrà intitolato il più affascinante fenomeno naturale
della Patagonia, il ghiacciaio Perito Moreno. Nel 1877 descrisse, per
primo, le pitture rupestri che aveva scoperto negli anfratti rocciosi
lungo le rive dei fiumi e nelle aree intorno al Lago Argentino.
Tra
queste, le più straordinarie si trovano nella Cueva de las Manos, una
grotta nel canyon del Rio Pinturas. Qui, in uno spazio relativamente
ridotto - la grotta ha una superficie di circa 24 metri per 15 e
un'altezza di 10 metri in corrispondenza dell'ingresso - sono racchiuse
oltre 890 pitture rupestri.
Le
immagini delle mani sono spesso in negativo, e oltre a queste ci sono
scene di caccia, esseri umani, lama, nandù, felini ed altri animali,
nonché figure geometriche e rappresentazioni del sole. Dipinti simili,
anche se in numero minore, sono presenti anche nelle caverne
circostanti. Sul soffitto si trovano puntini rossi, ottenuti
probabilmente da quelle popolazioni immergendo nell'inchiostro le bolas
e tirandole successivamente verso l'alto. I colori usati per dipingere
le scene variano dal rosso (ottenuto dall'ematite) al bianco, nero e
giallo.
La
maggior parte delle mani sono sinistre, il che suggerisce che i
"pittori" tenessero gli strumenti che spruzzavano l'inchiostro
con la destra. Le dimensioni delle mani sembrano quelle di un bambino di
13 anni ma, considerando che probabilmente esse sono più piccole di
quanto non fossero in realtà, si pensa che le mani appartenessero a
persone di qualche anno più vecchie: in questo caso potremmo trovarci
di fronte ad un rito, lasciare l'impronta della propria mano sul muro
della caverna (probabilmente sacra) poteva significare il passaggio
dall'età infantile all'età matura.

Oltre
alle immagini delle mani, vi sono rappresentate figure geometriche e
dinamiche scene di caccia di gruppo al guanaco (Lama guanicoe),
l'animale la cui carne era alla base della dieta dei Tehuelche, così
come dei loro antenati.
Soltanto verso la metà del
Novecento, tuttavia, si è potuto affermare che le pitture della Cueva
de las Manos risalgono alla preistoria. In seguito, i paleoetnologi
argentini vi hanno eseguito rilievi al radiocarbonio, individuando
sequenze stratigrafiche che hanno permesso di suddividere la preistoria
della Patagonia in sei distinti periodi - o livelli culturali - occorsi
tra i 13.000 e i 2.500 anni fa.
Lo studio diaffrattrometrico
dei diversi strati dei pigmenti utilizzati per le pitture ha fornito
inoltre informazioni sulle modalità di preparazione dei colori. I
pigmenti erano composti da gesso mescolato di volta in volta con argille
il cui diverso contenuto di ossidi ferrosi incideva sulla colorazione,
con polvere di carbone o di manganese. Il colore così ottenuto veniva
calcinato sul fuoco in modo da renderlo aderente alla roccia.
Ma, se sono stati svelati con
certezza la datazione e il processo tecnico delle pitture della Cueva de
las Manos, resta incerto il motivo per cui gli antenati preistorici dei
Tehuelche vollero lasciare l'impronta delle loro mani sulla roccia. Si
pensa a un rito iniziatico e la spiegazione più affascinante è legata
al profondo significato simbolico della mano nell'evoluzione della
specie umana. Con la mano, che permette di forgiare utensili e di
consolidare il potere sulle cose e sugli animali, l'uomo ha
"preso" per la prima volta coscienza di sé.

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