La Escuela
de Mecánica de la Armada (prima Escuela Superior de Mecánica
de la Armada da cui ESMA) conosciuta internazionalmente come ESMA,
era la scuola per la formazione degli ufficiali della Marina
Argentina di Buenos Aires, soprattutto per quanto riguardava
la preparazione tecnica in ingegneria e navigazione.
Passò
tragicamente alla storia per essere, durante la dittatura autodenominatasi Processo
di Riorganizzazione Nazionale (1976-1983), il più grande e attivo centro
di detenzione illegale e tortura delle persone scomode al regime
della giunta (capeggiata prima da Videla, e poi in successione da Viola, Lacoste, Galtieri, Jean e Bignone).
Qui
dentro sono passate più di 5.000 persone: di queste, solo 500 circa
uscirono vive alla fine del Processo di Riorganizzazione Nazionale.
La
ESMA, precedentemente scuola per allievi della marina militare
argentina, cominciò la sua attività di centro di detenzione e tortura
il giorno stesso del colpo di Stato argentino, vale a dire 24 marzo 1976.
Già in quell'occasione vennero imprigionate le prime persone scomode,
sequestrate dalle forze armate.
Dipendeva
direttamente dal capo di stato maggiore della marina Emilio Eduardo
Massera, che lo istituì e lo organizzò come tale. Era affidata alla Gruppo
3.2.2, organo repressivo per la città di Buenos Aires, ed era
diretto dal contrammiraglio Rubén Jacinto Chamorro e dal
capitano Jorge Eduardo Acosta (detto el Tigre). Molti
ufficiali tristemente noti vi svolsero mansioni di carnefice, come il
crudele Alfredo Astiz e Adolfo Scilingo. All'ESMA
operava, in qualità di capellano militare, padre Alberto Ángel
Zanchetta.
Acosta
ed Astiz, insieme ad altri tre ufficiali, Héctor Febres, Jorge
Vanek e Jorge Raúl Vildoza, sono stati condannati il 14 marzo
2007 dalla seconda sezione della Corte di Assise di Roma, per i desaparecidos di
origine italiana, Ángela María Aieta, Giovanni Pergoraro e Susanna
Pegoraro. Trattasi del secondo pronunciamento di un tribunale italiano
nei confronti di militari argentini: già nel 2000, infatti, la stessa
Corte aveva condannato sette imputati per otto casi di italiani
desaparecidos, fra cui quelli della figlia e del nipote di Estela
Barnes de Carlotto, presidente dell'associazione Nonne di Plaza de
Mayo.
Era
diviso in settori, v'erano zone destinate ad ospitare e alloggiare
ufficiali e militari, sale ed uffici dove si decidevano i rapimenti e le
strategie di sequestro, tortura e uccisione. Zone adibite alle torture e
agli interrogatori e zone per la detenzione dei sequestrati.
La Capucha era
una zona angusta e lugubre senza finestre, dove i detenuti rimanevano in
isolamento costantemente incappucciati (da cui il nome: Capucha<encapuchados).
Il Pañol conteneva i beni sottratti ai prigionieri, ed aveva
anche un settore con le donne rapite incinte.
La ESMA
è uno dei simboli della Guerra sporca e delle brutalità
disumane compiute dai militari e dalla giunta argentina tra il 1976 e il
1983. Da essa passarono più di 5.000 detenuti, solo pochi sono
sopravvissuti, più del 90% sono scomparsi (desaparecidos). In questa
fucina di morte, dopo giorni di orribili torture e inumane umiliazioni
(tutte le giovani donne venivano stuprate più volte, anche da più
militari contemporaneamente), i detenuti venivano infine preparati per
le esecuzioni, annunciate come il trasferimento a un carcere normale.
Venivano
loro fatte delle iniezioni per sedarli, spacciate per un vaccino. Alcuni
venivano fucilati e poi cremati, altri venivano caricati su aeroplani
militari e gettati nudi nell'oceano Atlantico al largo del Río
de la Plata. Anche due suore francesi, Léonie Duquet e Alice
Domon, attiviste per il terzo mondo e per i poveri dell'Argentina,
furono rapite mentre erano in chiesa e portate alla ESMA. Lì vennero
torturate e poi furono gettate in mare con uno dei tanti voli della
morte.
Altre
torture includevano:
-
Scariche elettriche ad alto voltaggio, specialmente nelle parti delicate
del corpo (genitali, capezzoli, orecchie, gengive).
-
Ustioni tramite sigarette oppure piccoli lanciafiamme (con fiamme lunghe
circa 30 centimetri).
-
Rottura di alcune ossa del corpo, in genere piedi o mani.
-
Ferimento dei piedi con spille od oggetti appuntiti.
-
Pestaggio a sangue delle vittime (in caso non si volessero lasciare
segni evidenti, venivano utilizzati sacchetti di sabbia).
-
Immersione del viso in escrementi fino al soffocamento.
- I
torturati venivano appesi a testa in giù per un tempo indefinito.
-
Torture eseguite alla vista dei parenti, unite a stupri e pestaggi.
Il 24
marzo del 2004 il presidente Néstor Kirchner e il
sindaco di Buenos Aires Aníbal Ibarra firmarono un
accordo per rendere l'ESMA un museo per la memoria dei crimini della
dittatura, la promozione e la difesa dei diritti umani. La nuova
istituzione, chiamata Espacio para la Memoria y para la Promoción
y Defensa de los Derechos Humanos, comprende anche l'Archivio Nazionale
della Memoria, il Centro Culturale Haroldo Conti, lo Spazio Culturale
Nuestros Hijos, il Museo Malvinas, il canale televisivo Encuentro e il
Museo Sitio de Memoria ESMA. L'inaugurazione fu accompagnata dal
discorso di uno dei tanti figli di desaparecidos nati all'ESMA, Emiliano
Hueravillo:
Mi
chiamo Emiliano Hueravillo, sono nato qui alla ESMA. Qui mia madre,
Mirta Mónica Alonso, mi diede alla luce. Come lei, in tutti i centri di
detenzione della zona sud di Buenos Aires, centinaia di coraggiose donne
diedero alla luce i loro bambini in mezzo ai medici torturatori. A Tutti
i nostri fratelli e sorelle che sono nati qui, e che non sono ancora
ritornati alla propria famiglia come ho potuto fare io: voglio che
sappiano che li stiamo cercando, li stiamo aspettando, vogliamo
raccontargli che le loro madri li amavano, che i loro padri li amavano,
e che appartennero alla parte migliore di una generazione che si mise in
gioco completamente per consegnarci un paese migliore.
Il 19
settembre 2023 il sito di memoria è stato iscritto nella Lista dei
patrimoni dell'umanità dell'UNESCO dalla
quarantacinquesima sessione del Comitato del patrimonio mondiale riunito
a Riad.
L'ESMA
è situata nella zona nord della città di Buenos Aires, nel barrio di Núñez.
La facciata è situata su Avenida del Libertador, 8200.
Il
centro di detenzione clandestina, chiamato in codice Selenio,
occupava il terzo piano, l'attico, la mansarda ed il sottotetto.
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