Dopo
alcuni tentativi di colonizzazione dagli scarsi risultati, la corona
portoghese organizza una grande spedizione che, alla guida di Tomé de
Souza, fonda il 20 marzo 1549 una città che verrà chiamata São Salvador
de Bahia de Todos os Santos. La città all’inizio ha una vita grama, e
serve principalmente per allontanare il pericolo di occupazione da parte
di altri europei, principalmente dai francesi.
Ma
se le terre attorno a Bahia non posseggono i tanto agognati giacimenti di
minerali preziosi, hanno un ottimo terreno, condizioni climatiche e grandi
spazi adatti alla coltivazione di una canna da cui si ricava lo zucchero.
I portoghesi hanno appreso dai tempi dell’occupazione araba della
Sicilia, la tecnica di produzione di questo prezioso bene e già da tempo
coltivano la canna nelle isole Azzorre e a Madeira.
Lo zucchero per poter
essere prodotto ha bisogno di molta mano d’opera e il piccolo Portogallo
ha una popolazione modesta e poco disponibile a sottoporsi al duro ed
economicamente poco vantaggioso lavoro nelle piantagioni di canna. Né lo
sono in Brasile le popolazioni indigene, gli Indios, che non sopportano le
dure regole del lavoro e sono vittime di periodiche e devastanti epidemie
provocate dalle malattie importate dai portoghesi. Ecco allora che
compaiono i negri dell’Africa, forti e robusti, originari di terre dal
clima simile, facilmente acquistabili come schiavi dall’altra parte
dell’Atlantico. Dall’incontro di questi due fattori nasce la realtà
sociale ed economica che durerà per secoli: la produzione di zucchero in
grandi piantagioni ottenuta con gli schiavi negri. Lo stesso commercio di
schiavi tra il Brasile e l'Africa darà grandi guadagni per quasi quattro
secoli.
Bahia,
divenuta la capitale dell’America portoghese, diventa rapidamente una
grande città, seconda solo a Lisbona. Le ricchezze ottenute con lo
zucchero e la tratta degli schiavi consentono di costruire palazzi
nobiliari, chiese, conventi e collegi, facendo crescere un’intensa vita
economica e culturale. Nasce così l’organizzazione economica e sociale
di tipo coloniale imperniata sui Senhores de engenho. Letteralmente
engenho significa mulino, ma si deve intendere l’insieme delle
piantagioni di canna, dei mulini, delle abitazioni degli schiavi, degli
edifici dove abitano il padrone con la sua famiglia e i suoi collaboratori
(Casa Grande). I “Senhores de engenho” sono i signori di questo
piccolo mondo che creano uno stile di vita fortemente autoritario e
conservatore.

Bahia,
verso la fine del secolo XVI, assiste all’unione per ragioni dinastiche
del Portogallo con la Spagna, degli Asburgo di Filippo II (1580-1640).
L’unione ebbe notevoli
conseguenze per la città. Infatti, se da un lato l’essere entrata a far
parte del grande impero coloniale spagnolo portò ad alcune facilitazioni
economiche e a maggiore possibilità di importazione degli schiavi,
dall’altro espose Bahia agli attacchi di tutti i nemici della Spagna.
Gli
olandesi in grande crescita economica e politica, ma in guerra da lungo
tempo con la Spagna, tenteranno infatti di impadronirsi dei luoghi di
produzione di quello zucchero che acquistano a Lisbona per poi rivenderlo,
con immensi guadagni, in tutta l’Europa settentrionale. Così nel maggio
del 1624, una potente flotta delle Province Unite si presenta di fronte a
Bahia e la occupa dopo alcune scaramucce. Ma la resistenza dei baiani
impedisce agli olandesi di consolidare la loro posizione. Verso la fine
del mese di marzo dell’anno seguente una potente flotta luso-spagnola
arriva e riconquista rapidamente la città. Tra le truppe che combattono
vi sono anche cinquecento napoletani: infatti anche il Regno di Napoli era
sotto la corona spagnola.
Nel 1638 la città subisce un nuovo assalto da parte degli olandesi che
questa volta non riescono ad occuparla difesa come è dal conte di
Bagnoli, un napoletano al servizio degli spagnoli. Nonostante i ripetuti
assalti olandesi, la città vive una grande stagione di sviluppo economico
ed artistico: è in questi anni che viene costruita la stupenda città
coloniale che vediamo ancora oggi. Nel 1640, infine, il Portogallo
riacquista la sua indipendenza dalla Spagna sotto la dinastia dei Braganza.
La
crisi del Portogallo, ormai ridotto a potenza di secondo livello, e la
concorrenza economica di altre colonie, aprono una lunga fase di crisi,
ponendo fine a quello che è stato chiamato il “ciclo dello zucchero”.
Nonostante l’introduzione di altre colture come il cotone e il tabacco,
usato come merce di scambio per acquistare schiavi in Africa, il ruolo di
Bahia nel Brasile portoghese va lentamente ma costantemente decrescendo. A
sud, nel Minas Gerais, vengono scoperte le tanto desiderate miniere
d’oro e di pietre preziose. Questo sposta il centro dell’attenzione
dei portoghesi lontano da Bahia. È per meglio controllare queste nuove e
lucrative attività economiche che nel 1763 la capitale viene spostata a
Rio de Janeiro, accentuando la decadenza dell’economia e della società
baiana.
La
fine del secolo vede giungere le idee dell’illuminismo e della
rivoluzione francese. È il principio dell’uguaglianza di fronte alla
legge a spingere i bianchi poveri, i mulatti, i meticci, i negri liberi e
gli schiavi nella “Conjuração baiana ou dos alfaiates” (la Congiura
baiana o dei sarti): un movimento rivoluzionario dai contenuti fortemente
democratici e popolari che fu una delle più im-portanti manifestazioni
anticoloniali della storia del Brasile.

Sono
le vicende dell’Europa napoleonica a far esplodere una realtà ormai
matura: la proclamazione dell’indipendenza del Brasile e di Bahia. Il re
portoghese Dom João VI era ritornato in Europa, da cui era partito nel
1807 per sfuggire alle armate
napoleoniche. Nel 1821, in seguito ai moti rivoluzionari di Porto aveva
designato il figlio Dom Pedro come reggente del Brasile. L’anno
successivo, il 7 settembre, Dom Pedro dichiara l’indipendenza del paese
dal Portogallo nominandosi Dom Pedro I, Imperatore del Brasile.
L’impero non ha grandi problemi
ad affermare la sua sovranità salvo che a Bahia.
Qui
le truppe portoghesi, sotto la guida di Madeira de Melo, rimangono fedeli
al Portogallo facendo così scoppiare la guerra di indipendenza. Dopo
alterne vicende belliche, i brasiliani riescono a stringere in un duro
assedio Bahia. Il 2 luglio le truppe brasiliane vi entrano dopo che i
portoghesi si sono imbarcati per la madre patria. Questa data è divenuta
la festa per l’Indipendenza dello stato di Bahia.
Uno
degli avvenimenti più significativi di questo periodo è la rivolta del
“Malés”. Con questo termine si indicavano a Bahia gli schiavi di
etnia Haussa e Nagô, in genere islamizzati e quindi con un livello
culturale ben superiore a quello di tutti gli altri schiavi negri
africani. Proprio per il loro maggiore livello culturale avevano dato vita
a vari tentativi di rivolta.
Nel
1835 vi fu quello più serio, quando assalirono Bahia e si scontrarono
direttamente con l’esercito. I combattimenti furono particolarmente duri
e i Malè caddero a centinaia prima di arrendersi. Subito dopo si scatenò
una delle repressioni più dure della storia di Bahia. Quindi, Bahia vive
una breve esperienza di Repubblica indipendente durante la rivolta della
“A Sabinada” 1837-1838. Poi tutto si quieta e nel 1888 si avrà, come
in tutto il paese, l’abolizione della schiavitù.
Bahia
partecipa da protagonista a tutti gli avvenimenti della storia
contemporanea del Brasile: dalla Rivoluzione alla creazione dello
“Estado Novo” del Presidente Getulio Vargas, al forte movimento
popolare che chiedeva, nel 1942, l’entrata in guerra del Brasile contro
le potenze dell’Asse.
Nel
1945 il paese ritorna alla democrazia che dura fino al 1964, quando viene
instaurato un regime militare. I primi anni Ottanta vedono il ritorno
graduale alle libertà civili con l’elezione diretta del governatore
dello Stato e dei sindaci dei Comuni.
Nella
seconda parte del secolo XX Bahia si è caratterizzata per una grande
vivacità culturale. Movimenti come il Cinema Novo, la Bossa Nova e il
Tropicalia hanno profondamente influenzato la cultura di tutto il Brasile.
Sul
piano economico gli anni Sessanta e Settanta hanno visto la creazione
attorno a Bahia di grandi poli industriali come il Centro Industriale di
Aratu e il Polo Petrolchimico di Camaçari. Il nuovo millennio si apre con
uno sviluppo economico del Nordeste e di Bahia doppio di quello del
Brasile, circa il 5,5% o 6% annuo.
“Oro,
argento, oggetti di metallo, ferro, non si vede nulla del genere, ma
questa terra è talmente bella che qui prospera tutto. Il vantaggio
maggiore che si può ottenere da essa è la salvezza degli indigeni. Sarà
questo il seme più importante che farà prosperare qui l’osservanza più
venerabile: la diffusione della santa fede”. Così è scritto sul
rapporto della prima spedizione portoghese in Brasile nell’anno 1500.
Compromessi al posto della conquista, conversione pacifica al posto della
riduzione in schiavitù.
Quando
Tomé de Sousa si avvicina alle coste di Salvador, individua subito
il luogo in cui in seguito avrebbe fondato la capitale dell’impero
coloniale portoghese. De Sousa, primo governatore generale, pensando di
potersi difendere meglio dai nemici con un paio di fortini sul mare,
individua un porto coperto protetto da un’altura scoscesa; in questo
modo anche se olandesi, britannici e francesi li avessero battuti, la città
alta sarebbe stata inespugnabile.
Ma
anche per i portoghesi la salita dal porto è piuttosto faticosa, cosa
avrebbero pagato per avere un ascensore come l'Elevador Lacerda (questo
viene costruito solo nel 1930).
Alla
corona interessa di più creare un centro portuale e commerciale, la città
alta viene destinata alla chiesa. Gesuiti e altri ordini cominciano a
costruire le loro chiese e a salvare le anime degli indigeni, mentre i
loro corpi vengono massacrati nelle piantagioni.
Nel
corso dei secoli, lontana da Roma e da Lisbona, la chiesa sviluppa un
proprio stile nelle colonie anche dal punto di vista architettonico, come
il barocco gesuita americano, evidente nella Chiesa dell’Ordine.
Successivamente diventa cattedrale, sede del vescovo.
I
Gesuiti vengono cacciati dal paese perché mettono in discussione la
divisione delle grandi proprietà terriere e la schiavitù. Senza i
Gesuiti il sistema d’istruzione crolla e gli altri ordini non riescono
subito a colmare questa lacuna.
Così
si cominciano a curare più anime di quante se ne istruiscano; al posto
delle scuole si costruiscono altre chiese. In base a quanto scritto, gli
abitanti di Salvador, vengono qui nelle chiese francescane, ad ammirare
l’oro che contengono e la ricchezza della loro nuova patria, anche se
loro sono molto poveri. Ma gli ordini non sono subito così ricchi, le
loro prime costruzioni sono provvisorie e facilmente si rovinano. Ma già
100 anni dopo, i portoghesi in patria, invidiano le colonie per i loro
costruttori, scalpellini, intagliatori e orafi.
Poiché
la maggior parte degli artisti appartiene all’ordine, alcuni vengono
rimandati in Portogallo dai loro superiori; le chiese in Brasile non
possono essere più belle di quelle in patria.
L’arte
sacra ha reso famosa Salvador, gli ordini non hanno badato a spese: le
piastrelle azulejos vengono spedite dal Portogallo e i blocchi di marmo
per la Chiesa Conventuale dei Carmelitani, vengono dall’Europa.


Quando,
alla fine del XVII secolo, si trova ancora il metallo giallo, il
Portogallo diventa molto ricco; alcune persone cercano di approfittarsene,
tra questi ci sono anche degli ecclesiastici che, attraverso un tunnel
segreto nel Convento Carmelitano, fanno arrivare al porto il metallo
prezioso nascosto dentro statuette sacre. Altri religiosi sono meno avidi
di denaro, ma hanno altri tipi di vizi. Utilizzano la porta solo per
arrivare agli ordini laici in cui uomini e donne vivono insieme, qui si può
trovare il vino e non è neppure vietato giocare a carte. Oggi il tunnel
è stato interrato, anche se sarebbe stato un’interessante attrazione
turistica del convento, che non può più permettersi la manutenzione
delle antiche catacombe.
Salvador
diventa con il tempo una città cattolica, ma all’esterno il compito
principale non viene assolto, cioè la conversione dei nativi. Gli
indigeni non vogliono la nuova civilizzazione, anche perché distrugge i
loro spazi vitali, per questo molti rifiutano il Dio dei bianchi e si
ritirano nell’entroterra dell’Amazzonia. Ma i conquistatori continuano
nella loro missione e, nonostante le proteste della chiesa, i cosiddetti
“baiderantes”, vanno a caccia degli indigeni fino a quando questi
ultimi, armati dai gesuiti, organizzano la loro resistenza.
I
gesuiti vengono cacciati e gli indigeni ulteriormente decimati; per
salvare i nativi dalla decimazione Padre Bartolomé de Las Casas escogita
di far arrivare dei robusti schiavi neri dall’Africa. I neri
costruiscono delle chiese tutte loro, già si vocifera che qui non
celebrino la messa ma i riti della loro religione; gli antichi idoli
africani vengono mascherati da santi e cristiani. Queste sembianze vengono
mantenute anche quando gli appartenenti alla vecchia religione africana, i
Candomblé, costruiscono i loro luoghi di preghiera. Oggi vi si possono
trovare anche molti bianchi.
Candomblé,
la religione dei neri, influenza profondamente la gioia di vivere di
Salvador de Bahia. Ancora oggi i suoi riti sono circondati da un alone di
magia e di occultismo. I grandi appuntamenti di questa religione sono le
feste in onore di alcune divinità; come per magia appaiono gli dei che si
appropriano del corpo delle persone entrate in trance attraverso il ritmo
costante dei tamburi. In una stanza per il riposo prendono le vesti divine
e in questo modo riappaiono.
La
Chiesa della Confraternita Nera si trova a Pelourinho. La piazza della gogna, questo era il
luogo in cui venivano puniti gli schiavi. Un tema ricorrente degli artisti
neri è il Cristo flagellato, raffigurano la sofferenza del Cristo
frustato per ricordare anche la loro. Pelourinho, è il nome usato per
indicare tutto il centro cittadino.
Oggi
Salvador è la città con la percentuale più alta di popolazione nera
dell’America Latina e probabilmente è proprio questo mix a rendere
affascinante Salvador. La grande città vecchia mediterranea con numerose
chiese barocche in cui riecheggia il ritmo africano, ha un sapore
piuttosto decadente.
Nella
Iglesia do Carmo, la campana non chiama più a messa da tanto tempo anche se
ancora oggi i peccatori pentiti salgono la scala in ginocchio.
Molte
abitudini degli schiavi appartengono ancora oggi al bagaglio culturale dei
brasiliani, come ad esempio la capoeira, una sport che nel frattempo hanno
iniziato a praticare anche molti bianchi. Agli schiavi è vietato
praticare qualsiasi allenamento per combattere, temendo che possano
rivoltarsi contro gli sfruttatori, così fanno passare questo sport da
combattimento per una danza.
Agrea
Montserrat, un tempo tanto amata, viene oggi sfruttata per altri scopi;
forse le persone non hanno più bisogno di così tante chiese e di sicuro
questa è una sistemazione migliore delle favelas, simile alle antiche
baracche degli schiavi. Oggi il Forte di Montserrat è un museo e non deve
più proteggere la città dai nemici. Da tempo ormai regna la pace, da
quando Tomé de Souza nell’anno 1549, ha fondato qui la Ciudad de Sao
Salvador de Bahia de Todos os Santos.

Salvador
merita di essere vista e gustata in molti suoi aspetti: nelle
testimonianze architettoniche e artistiche della sua storia, ben
conservate nella città alta e nel famoso quartiere Pelourinho, che
raggruppa uno straordinario insieme di edifici coloniali del XVII e
XVIII secolo (l'UNESCO li considera i meglio conservati delle due
Americhe, tanto da aver inserito la città nell'elenco dei Patrimoni
dell'umanità); il quartiere antico si presenta oggi sapientemente
ristrutturato e costituisce uno dei complessi architettonici in stile
coloniale meglio conservati al mondo. Nei suoi scorci paesaggistici,
ricchi di belle spiagge e di isole tropicali; nella gioiosa atmosfera
delle sue notti musicali e danzanti.
Nella
Cidade Alta, contigua alla Praça da Sé incontrerete il Terreiro
de Jesus (dove ogni domenica si tiene un mercatino artigianale con
bei pizzi fatti a mano, oggetti in pelle e cuoio, dipinti e altri
articoli), con le tre celebri chiese di Salvador: La grande Cattedrale,
il cui altare centrale è lavorato in lamina d'oro, la Chiesa Domenicana
(XVII sec.) e la Chiesa di San Pietro (XVIII sec.).
Nelle
vicinanze, a Praça Anchieta, si trova la Chiesa di San Francesco con
l'annesso monastero dall'affascinante cortile: è una delle chiese
barocche più ricche al mondo ed ospita uno splendido San Pietro ligneo.
Da visitare, nel centro della città, anche il Museo delle Arti Sacre:
sicuramente uno dei preziosi dell'America Latina.
Nella
piazza centrale troverete la casa di Jorge Amado, il museo-biblioteca
dello scrittore brasiliano più amato e celebrato. Nei pressi potete
anche visitare il piccolo Museo da Cidade, dove sono esposte
interessanti opere del folclore afro-brasiliano e della religione
Candomblé.
Da
piazza Pelourinho si può raggiungere la Chiesa di Nossa Senhora do
Rosario dos Pretos, una chiesa realizzata dagli schiavi per gli schiavi,
essendo nel passato a loro preclusa la frequentazione di altre chiese.
Di
sicuro rilievo per importanza storica e costruttiva, sono la Chiesa
Carmelitana e l'annesso convento, realizzati nel 1585. La città Alta è
raggiungibile anche utilizzando L'Elevador Lacerda, un imponente
ascensore realizzato nel 1930 seguendo i canoni estetici dell'Art Deco,
che sale fino a 85 m.

La
Cidade Baixa rappresenta il volto più moderno e commerciale di
Salvador. Qui potrete immergervi nel Mercado Modelo, il mercato
artigianale più famoso della città: uno spazio pittoresco dove, oltre
a contrattare ed acquistare, si può assistere e divertirsi con
spettacoli di musica e Capoeira.
Poco
più in là si incontra la Chiesa di Nossa Senhora da Conceiçao che
ospita, il 18 dicembre di ogni anno, una delle più importanti
processioni religiose della città. Di fronte si notano l'edificio
dell'Ammiragliato ed il forte di São Marcelo, che sembra galleggiare al
centro dell´antico porto. Famose sono le spiagge di Salvador,
soprattutto quelle della costa settentrionale.
Barra,
la spiaggia della città, è nota per il clima di accoglienza e allegria
che i suoi caffè e bar sanno assicurare a tutte le ore. Procedendo
verso nord, s'incontrano numerosi altri lidi, qua e là costeggiati da
alberghi e piantagioni di cocco. A Pituba potete avvistare jangadas e
frotte, le tipiche imbarcazioni a vela dei pescatori realizzate con
tronchi di legno. Piata e Itapoan (in quest'ultima il tramonto è uno
spettacolo da non perdere) vengono considerate le spiagge più belle di
Salvador.
Fuori
città, a 80 km di distanza, si giunge a una delle regioni più belle di
Bahia: Praia do Forte. Qui, su un litorale incontaminato e lungo ben 12
km (ospita, fra l'altro, un importante centro di protezione delle
tartarughe marine), la sabbia è bianca e punteggiata da un'infinità di
palme da cocco.
All'interno
della baia di Salvador, la Bahia de Todos os Santos, si può
raggiungere l'Ilha de Itaparica, splendida isola dal paesaggio
tipicamente tropicale, per trascorrere una giornata rilassante
sorseggiando bevande e degustando fantasiose portate di mare.
