Centro storico Salvador de Bahìa
Brasile

patrimonio dell'umanità dal 1985

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Salvador è la capitale dello Stato di Bahia. Il nome per esteso è São Salvador da Bahia de Todos os Santos ma per i brasiliani è più semplicemente Salvador de Bahia e, specie nel passato, anche solamente Bahia, dicitura, quest'ultima, che è stata poi utilizzata per dare il nome all'intero stato di cui Salvador è la capitale. Salvador è la terza città più popolosa del Brasile, dopo San Paolo e Rio de Janeiro, e la maggiore della regione del Nord-Est. I suoi abitanti sono chiamati soteropolitani, dalla versione greca del nome Salvador (Salvatore), vale a dire Soteropolis, traducibile letteralmente come "città del Salvatore".  

Ai portoghesi è necessario un secolo di sforzi e di tentativi per circumnavigare l’Africa e arrivare all’Oriente da cui provenivano le tanto preziose spezie. Finalmente nel 1498 Vasco de Gama riesce ad approdare a Calicut da cui riporta un carico favoloso di pepe, zenzero, cannella e garofano, la stessa quantità che i mercanti italiani ottenevano in un anno dai porti del Medio Oriente. I portoghesi organizzano subito una nuova squadra navale sotto la guida di Pedro Alvares Cabral e ripartono verso la favolosa India ma devono fare i conti con i capricci dei venti dell’Atlantico che invece di guidarli oltre il Capo di Buona Speranza in Africa, li fanno imbattere ad occidente in una terra sconosciuta che sarà poi chiamata Brasile. 

Una spedizione nell’anno successivo porta i portoghesi a scoprire una grande baia che l’italiano Amerigo Vespucci chiama “Bahia de Todos os Santos”: è infatti il primo di novembre del 1501, giorno dedicato nel calendario cattolico a tutti i santi. Per alcuni decenni i Lusitani trascurano la scoperta, perché qui non vi sono né oro né argento come nelle terre scoperte dagli spagnoli. C’è solamente il Pau-Brazil, un albero utilizzato nella tintura delle stoffe, che per alcuni anni resta la principale risorsa di queste terre. 

Dopo alcuni tentativi di colonizzazione dagli scarsi risultati, la corona portoghese organizza una grande spedizione che, alla guida di Tomé de Souza, fonda il 20 marzo 1549 una città che verrà chiamata São Salvador de Bahia de Todos os Santos. La città all’inizio ha una vita grama, e serve principalmente per allontanare il pericolo di occupazione da parte di altri europei, principalmente dai francesi.

Ma se le terre attorno a Bahia non posseggono i tanto agognati giacimenti di minerali preziosi, hanno un ottimo terreno, condizioni climatiche e grandi spazi adatti alla coltivazione di una canna da cui si ricava lo zucchero. I portoghesi hanno appreso dai tempi dell’occupazione araba della Sicilia, la tecnica di produzione di questo prezioso bene e già da tempo coltivano la canna nelle isole Azzorre e a Madeira. 

Lo zucchero per poter essere prodotto ha bisogno di molta mano d’opera e il piccolo Portogallo ha una popolazione modesta e poco disponibile a sottoporsi al duro ed economicamente poco vantaggioso lavoro nelle piantagioni di canna. Né lo sono in Brasile le popolazioni indigene, gli Indios, che non sopportano le dure regole del lavoro e sono vittime di periodiche e devastanti epidemie provocate dalle malattie importate dai portoghesi. Ecco allora che compaiono i negri dell’Africa, forti e robusti, originari di terre dal clima simile, facilmente acquistabili come schiavi dall’altra parte dell’Atlantico. Dall’incontro di questi due fattori nasce la realtà sociale ed economica che durerà per secoli: la produzione di zucchero in grandi piantagioni ottenuta con gli schiavi negri. Lo stesso commercio di schiavi tra il Brasile e l'Africa darà grandi guadagni per quasi quattro secoli.

Bahia, divenuta la capitale dell’America portoghese, diventa rapidamente una grande città, seconda solo a Lisbona. Le ricchezze ottenute con lo zucchero e la tratta degli schiavi consentono di costruire palazzi nobiliari, chiese, conventi e collegi, facendo crescere un’intensa vita economica e culturale. Nasce così l’organizzazione economica e sociale di tipo coloniale imperniata sui Senhores de engenho. Letteralmente engenho significa mulino, ma si deve intendere l’insieme delle piantagioni di canna, dei mulini, delle abitazioni degli schiavi, degli edifici dove abitano il padrone con la sua famiglia e i suoi collaboratori (Casa Grande). I “Senhores de engenho” sono i signori di questo piccolo mondo che creano uno stile di vita fortemente autoritario e conservatore. 

Bahia, verso la fine del secolo XVI, assiste all’unione per ragioni dinastiche del Portogallo con la Spagna, degli Asburgo di Filippo II (1580-1640). L’unione ebbe notevoli conseguenze per la città. Infatti, se da un lato l’essere entrata a far parte del grande impero coloniale spagnolo portò ad alcune facilitazioni economiche e a maggiore possibilità di importazione degli schiavi, dall’altro espose Bahia agli attacchi di tutti i nemici della Spagna.

Gli olandesi in grande crescita economica e politica, ma in guerra da lungo tempo con la Spagna, tenteranno infatti di impadronirsi dei luoghi di produzione di quello zucchero che acquistano a Lisbona per poi rivenderlo, con immensi guadagni, in tutta l’Europa settentrionale. Così nel maggio del 1624, una potente flotta delle Province Unite si presenta di fronte a Bahia e la occupa dopo alcune scaramucce. Ma la resistenza dei baiani impedisce agli olandesi di consolidare la loro posizione. Verso la fine del mese di marzo dell’anno seguente una potente flotta luso-spagnola arriva e riconquista rapidamente la città. Tra le truppe che combattono vi sono anche cinquecento napoletani: infatti anche il Regno di Napoli era sotto la corona spagnola.

Nel 1638 la città subisce un nuovo assalto da parte degli olandesi che questa volta non riescono ad occuparla difesa come è dal conte di Bagnoli, un napoletano al servizio degli spagnoli. Nonostante i ripetuti assalti olandesi, la città vive una grande stagione di sviluppo economico ed artistico: è in questi anni che viene costruita la stupenda città coloniale che vediamo ancora oggi. Nel 1640, infine, il Portogallo riacquista la sua indipendenza dalla Spagna sotto la dinastia dei Braganza. 

La crisi del Portogallo, ormai ridotto a potenza di secondo livello, e la concorrenza economica di altre colonie, aprono una lunga fase di crisi, ponendo fine a quello che è stato chiamato il “ciclo dello zucchero”. Nonostante l’introduzione di altre colture come il cotone e il tabacco, usato come merce di scambio per acquistare schiavi in Africa, il ruolo di Bahia nel Brasile portoghese va lentamente ma costantemente decrescendo. A sud, nel Minas Gerais, vengono scoperte le tanto desiderate miniere d’oro e di pietre preziose. Questo sposta il centro dell’attenzione dei portoghesi lontano da Bahia. È per meglio controllare queste nuove e lucrative attività economiche che nel 1763 la capitale viene spostata a Rio de Janeiro, accentuando la decadenza dell’economia e della società baiana.

La fine del secolo vede giungere le idee dell’illuminismo e della rivoluzione francese. È il principio dell’uguaglianza di fronte alla legge a spingere i bianchi poveri, i mulatti, i meticci, i negri liberi e gli schiavi nella “Conjuração baiana ou dos alfaiates” (la Congiura baiana o dei sarti): un movimento rivoluzionario dai contenuti fortemente democratici e popolari che fu una delle più im-portanti manifestazioni anticoloniali della storia del Brasile. 

Sono le vicende dell’Europa napoleonica a far esplodere una realtà ormai matura: la proclamazione dell’indipendenza del Brasile e di Bahia. Il re portoghese Dom João VI era ritornato in Europa, da cui era partito nel 1807 per sfuggire alle armate napoleoniche. Nel 1821, in seguito ai moti rivoluzionari di Porto aveva designato il figlio Dom Pedro come reggente del Brasile. L’anno successivo, il 7 settembre, Dom Pedro dichiara l’indipendenza del paese dal Portogallo nominandosi Dom Pedro I, Imperatore del Brasile. L’impero non ha grandi problemi ad affermare la sua sovranità salvo che a Bahia.

Qui le truppe portoghesi, sotto la guida di Madeira de Melo, rimangono fedeli al Portogallo facendo così scoppiare la guerra di indipendenza. Dopo alterne vicende belliche, i brasiliani riescono a stringere in un duro assedio Bahia. Il 2 luglio le truppe brasiliane vi entrano dopo che i portoghesi si sono imbarcati per la madre patria. Questa data è divenuta la festa per l’Indipendenza dello stato di Bahia.

Uno degli avvenimenti più significativi di questo periodo è la rivolta del “Malés”. Con questo termine si indicavano a Bahia gli schiavi di etnia Haussa e Nagô, in genere islamizzati e quindi con un livello culturale ben superiore a quello di tutti gli altri schiavi negri africani. Proprio per il loro maggiore livello culturale avevano dato vita a vari tentativi di rivolta. 

Nel 1835 vi fu quello più serio, quando assalirono Bahia e si scontrarono direttamente con l’esercito. I combattimenti furono particolarmente duri e i Malè caddero a centinaia prima di arrendersi. Subito dopo si scatenò una delle repressioni più dure della storia di Bahia. Quindi, Bahia vive una breve esperienza di Repubblica indipendente durante la rivolta della “A Sabinada” 1837-1838. Poi tutto si quieta e nel 1888 si avrà, come in tutto il paese, l’abolizione della schiavitù.

Bahia partecipa da protagonista a tutti gli avvenimenti della storia contemporanea del Brasile: dalla Rivoluzione alla creazione dello “Estado Novo” del Presidente Getulio Vargas, al forte movimento popolare che chiedeva, nel 1942, l’entrata in guerra del Brasile contro le potenze dell’Asse.

Nel 1945 il paese ritorna alla democrazia che dura fino al 1964, quando viene instaurato un regime militare. I primi anni Ottanta vedono il ritorno graduale alle libertà civili con l’elezione diretta del governatore dello Stato e dei sindaci dei Comuni.

Nella seconda parte del secolo XX Bahia si è caratterizzata per una grande vivacità culturale. Movimenti come il Cinema Novo, la Bossa Nova e il Tropicalia hanno profondamente influenzato la cultura di tutto il Brasile.

Sul piano economico gli anni Sessanta e Settanta hanno visto la creazione attorno a Bahia di grandi poli industriali come il Centro Industriale di Aratu e il Polo Petrolchimico di Camaçari. Il nuovo millennio si apre con uno sviluppo economico del Nordeste e di Bahia doppio di quello del Brasile, circa il 5,5% o 6% annuo. 

La città delle mille chiese

“Oro, argento, oggetti di metallo, ferro, non si vede nulla del genere, ma questa terra è talmente bella che qui prospera tutto. Il vantaggio maggiore che si può ottenere da essa è la salvezza degli indigeni. Sarà questo il seme più importante che farà prosperare qui l’osservanza più venerabile: la diffusione della santa fede”. Così è scritto sul rapporto della prima spedizione portoghese in Brasile nell’anno 1500. Compromessi al posto della conquista, conversione pacifica al posto della riduzione in schiavitù.

Quando Tomé de Sousa si avvicina alle coste di Salvador, individua subito il luogo in cui in seguito avrebbe fondato la capitale dell’impero coloniale portoghese. De Sousa, primo governatore generale, pensando di potersi difendere meglio dai nemici con un paio di fortini sul mare, individua un porto coperto protetto da un’altura scoscesa; in questo modo anche se olandesi, britannici e francesi li avessero battuti, la città alta sarebbe stata inespugnabile.

Ma anche per i portoghesi la salita dal porto è piuttosto faticosa, cosa avrebbero pagato per avere un ascensore come l'Elevador Lacerda (questo viene costruito solo nel 1930).

Alla corona interessa di più creare un centro portuale e commerciale, la città alta viene destinata alla chiesa. Gesuiti e altri ordini cominciano a costruire le loro chiese e a salvare le anime degli indigeni, mentre i loro corpi vengono massacrati nelle piantagioni.

Nel corso dei secoli, lontana da Roma e da Lisbona, la chiesa sviluppa un proprio stile nelle colonie anche dal punto di vista architettonico, come il barocco gesuita americano, evidente nella Chiesa dell’Ordine. Successivamente diventa cattedrale, sede del vescovo.

I Gesuiti vengono cacciati dal paese perché mettono in discussione la divisione delle grandi proprietà terriere e la schiavitù. Senza i Gesuiti il sistema d’istruzione crolla e gli altri ordini non riescono subito a colmare questa lacuna.  

Così si cominciano a curare più anime di quante se ne istruiscano; al posto delle scuole si costruiscono altre chiese. In base a quanto scritto, gli abitanti di Salvador, vengono qui nelle chiese francescane, ad ammirare l’oro che contengono e la ricchezza della loro nuova patria, anche se loro sono molto poveri. Ma gli ordini non sono subito così ricchi, le loro prime costruzioni sono provvisorie e facilmente si rovinano. Ma già 100 anni dopo, i portoghesi in patria, invidiano le colonie per i loro costruttori, scalpellini, intagliatori e orafi.

Poiché la maggior parte degli artisti appartiene all’ordine, alcuni vengono rimandati in Portogallo dai loro superiori; le chiese in Brasile non possono essere più belle di quelle in patria. L’arte sacra ha reso famosa Salvador, gli ordini non hanno badato a spese: le piastrelle azulejos vengono spedite dal Portogallo e i blocchi di marmo per la Chiesa Conventuale dei Carmelitani, vengono dall’Europa. 

Salvador9.jpg (276777 byte)Salvador10.jpg (448471 byte)Salvador11.jpg (309008 byte)Quando, alla fine del XVII secolo, si trova ancora il metallo giallo, il Portogallo diventa molto ricco; alcune persone cercano di approfittarsene, tra questi ci sono anche degli ecclesiastici che, attraverso un tunnel segreto nel Convento Carmelitano, fanno arrivare al porto il metallo prezioso nascosto dentro statuette sacre. Altri religiosi sono meno avidi di denaro, ma hanno altri tipi di vizi. Utilizzano la porta solo per arrivare agli ordini laici in cui uomini e donne vivono insieme, qui si può trovare il vino e non è neppure vietato giocare a carte. Oggi il tunnel è stato interrato, anche se sarebbe stato un’interessante attrazione turistica del convento, che non può più permettersi la manutenzione delle antiche catacombe.

Salvador diventa con il tempo una città cattolica, ma all’esterno il compito principale non viene assolto, cioè la conversione dei nativi. Gli indigeni non vogliono la nuova civilizzazione, anche perché distrugge i loro spazi vitali, per questo molti rifiutano il Dio dei bianchi e si ritirano nell’entroterra dell’Amazzonia. Ma i conquistatori continuano nella loro missione e, nonostante le proteste della chiesa, i cosiddetti “baiderantes”, vanno a caccia degli indigeni fino a quando questi ultimi, armati dai gesuiti, organizzano la loro resistenza.

I gesuiti vengono cacciati e gli indigeni ulteriormente decimati; per salvare i nativi dalla decimazione Padre Bartolomé de Las Casas escogita di far arrivare dei robusti schiavi neri dall’Africa. I neri costruiscono delle chiese tutte loro, già si vocifera che qui non celebrino la messa ma i riti della loro religione; gli antichi idoli africani vengono mascherati da santi e cristiani. Queste sembianze vengono mantenute anche quando gli appartenenti alla vecchia religione africana, i Candomblé, costruiscono i loro luoghi di preghiera. Oggi vi si possono trovare anche molti bianchi.

Candomblé, la religione dei neri, influenza profondamente la gioia di vivere di Salvador de Bahia. Ancora oggi i suoi riti sono circondati da un alone di magia e di occultismo. I grandi appuntamenti di questa religione sono le feste in onore di alcune divinità; come per magia appaiono gli dei che si appropriano del corpo delle persone entrate in trance attraverso il ritmo costante dei tamburi. In una stanza per il riposo prendono le vesti divine e in questo modo riappaiono.  

La Chiesa della Confraternita Nera si trova a Pelourinho. La piazza della gogna, questo era il luogo in cui venivano puniti gli schiavi. Un tema ricorrente degli artisti neri è il Cristo flagellato, raffigurano la sofferenza del Cristo frustato per ricordare anche la loro. Pelourinho, è il nome usato per indicare tutto il centro cittadino.

Oggi Salvador è la città con la percentuale più alta di popolazione nera dell’America Latina e probabilmente è proprio questo mix a rendere affascinante Salvador. La grande città vecchia mediterranea con numerose chiese barocche in cui riecheggia il ritmo africano, ha un sapore piuttosto decadente.

Nella Iglesia do Carmo, la campana non chiama più a messa da tanto tempo anche se ancora oggi i peccatori pentiti salgono la scala in ginocchio.

Molte abitudini degli schiavi appartengono ancora oggi al bagaglio culturale dei brasiliani, come ad esempio la capoeira, una sport che nel frattempo hanno iniziato a praticare anche molti bianchi. Agli schiavi è vietato praticare qualsiasi allenamento per combattere, temendo che possano rivoltarsi contro gli sfruttatori, così fanno passare questo sport da combattimento per una danza.

Agrea Montserrat, un tempo tanto amata, viene oggi sfruttata per altri scopi; forse le persone non hanno più bisogno di così tante chiese e di sicuro questa è una sistemazione migliore delle favelas, simile alle antiche baracche degli schiavi. Oggi il Forte di Montserrat è un museo e non deve più proteggere la città dai nemici. Da tempo ormai regna la pace, da quando Tomé de Souza nell’anno 1549, ha fondato qui la Ciudad de Sao Salvador de Bahia de Todos os Santos.

Salvador merita di essere vista e gustata in molti suoi aspetti: nelle testimonianze architettoniche e artistiche della sua storia, ben conservate nella città alta e nel famoso quartiere Pelourinho, che raggruppa uno straordinario insieme di edifici coloniali del XVII e XVIII secolo (l'UNESCO li considera i meglio conservati delle due Americhe, tanto da aver inserito la città nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità); il quartiere antico si presenta oggi sapientemente ristrutturato e costituisce uno dei complessi architettonici in stile coloniale meglio conservati al mondo. Nei suoi scorci paesaggistici, ricchi di belle spiagge e di isole tropicali; nella gioiosa atmosfera delle sue notti musicali e danzanti.

Nella Cidade Alta, contigua alla Praça da Sé incontrerete il Terreiro de Jesus (dove ogni domenica si tiene un mercatino artigianale con bei pizzi fatti a mano, oggetti in pelle e cuoio, dipinti e altri articoli), con le tre celebri chiese di Salvador: La grande Cattedrale, il cui altare centrale è lavorato in lamina d'oro, la Chiesa Domenicana (XVII sec.) e la Chiesa di San Pietro (XVIII sec.).  

Nelle vicinanze, a Praça Anchieta, si trova la Chiesa di San Francesco con l'annesso monastero dall'affascinante cortile: è una delle chiese barocche più ricche al mondo ed ospita uno splendido San Pietro ligneo. Da visitare, nel centro della città, anche il Museo delle Arti Sacre: sicuramente uno dei preziosi dell'America Latina.

Nella piazza centrale troverete la casa di Jorge Amado, il museo-biblioteca dello scrittore brasiliano più amato e celebrato. Nei pressi potete anche visitare il piccolo Museo da Cidade, dove sono esposte interessanti opere del folclore afro-brasiliano e della religione Candomblé.

Da piazza Pelourinho si può raggiungere la Chiesa di Nossa Senhora do Rosario dos Pretos, una chiesa realizzata dagli schiavi per gli schiavi, essendo nel passato a loro preclusa la frequentazione di altre chiese.

Di sicuro rilievo per importanza storica e costruttiva, sono la Chiesa Carmelitana e l'annesso convento, realizzati nel 1585. La città Alta è raggiungibile anche utilizzando L'Elevador Lacerda, un imponente ascensore realizzato nel 1930 seguendo i canoni estetici dell'Art Deco, che sale fino a 85 m.  

Salvador5.jpg (228252 byte)  Salvador6.jpg (212572 byte)  Salvador7.jpg (249810 byte)  Salvador12.jpg (236582 byte)  Salvador13.jpg (218924 byte)  ElevadorLacerda2.jpg (105400 byte)  SaoMarceloFort.jpg (244626 byte)

La Cidade Baixa rappresenta il volto più moderno e commerciale di Salvador. Qui potrete immergervi nel Mercado Modelo, il mercato artigianale più famoso della città: uno spazio pittoresco dove, oltre a contrattare ed acquistare, si può assistere e divertirsi con spettacoli di musica e Capoeira.

Poco più in là si incontra la Chiesa di Nossa Senhora da Conceiçao che ospita, il 18 dicembre di ogni anno, una delle più importanti processioni religiose della città. Di fronte si notano l'edificio dell'Ammiragliato ed il forte di São Marcelo, che sembra galleggiare al centro dell´antico porto. Famose sono le spiagge di Salvador, soprattutto quelle della costa settentrionale. 

Barra, la spiaggia della città, è nota per il clima di accoglienza e allegria che i suoi caffè e bar sanno assicurare a tutte le ore. Procedendo verso nord, s'incontrano numerosi altri lidi, qua e là costeggiati da alberghi e piantagioni di cocco. A Pituba potete avvistare jangadas e frotte, le tipiche imbarcazioni a vela dei pescatori realizzate con tronchi di legno. Piata e Itapoan (in quest'ultima il tramonto è uno spettacolo da non perdere) vengono considerate le spiagge più belle di Salvador.

Fuori città, a 80 km di distanza, si giunge a una delle regioni più belle di Bahia: Praia do Forte. Qui, su un litorale incontaminato e lungo ben 12 km (ospita, fra l'altro, un importante centro di protezione delle tartarughe marine), la sabbia è bianca e punteggiata da un'infinità di palme da cocco.

All'interno della baia di Salvador, la Bahia de Todos os Santos, si può raggiungere l'Ilha de Itaparica, splendida isola dal paesaggio tipicamente tropicale, per trascorrere una giornata rilassante sorseggiando bevande e degustando fantasiose portate di mare.