Nella
regione messicana del Chiapas, non lontano dalla valle del fiume Usumacinta,
si trovano le vestigia di Palenque, uno dei siti archeologici maya più
conosciuti, sebbene in gran parte ancora inesplorato. L'intero complesso
monumentale occupa infatti un'area di circa 16 chilometri quadrati, di cui
solo il centro, chiamato "Gruppo Principale", è stato sottratto
all'abbraccio della foresta tropicale.
Sebbene il
sito fosse già occupato nel I sec. a.C., la città conosce il suo massimo
splendore nel VII sec. d.C., quando il regno è guidato dal sovrano Kin Pakal
(615-683 d.C.) e
poi da suo figlio Chan Bahlum (683-702 d.C.).Fra
tutti i popoli che al momento dell’arrivo degli Spagnoli abitavano la
Mesoamerica, i Maya presentavano senza dubbio il più alto livello di
civilizzazione. Le loro scrupolose osservazioni astronomiche li avevano
portati a definire un calendario e un sistema aritmetico molto più evoluti di
quelli che, in quegli stessi anni, venivano usati nel continente europeo.
I Maya svilupparono anche una
scrittura a base di geroglifici con più di settecento segni, un'arte
originale e raffinata, e tutto ciò nel cuore di quella foresta che oggi
appare così inospitale. Ma fu anche l'unica delle tre grandi civiltà
indigene che i conquistatori non riuscirono a conoscere nel suo massimo
splendore. Nel XVI secolo quasi tutte le città erano già in rovina, divorate
ormai dalla selva. La storia dell'archeologia maya è, in gran parte, una
storia di incontri e di scontri, di malintesi, di vecchie leggende che
diventano realtà, di teorie deliranti alimentate dai molti enigmi di una
cultura ancora da scoprire.
Questo è quanto è avvenuto anche
nel caso della città di Palenque, chiamata così dagli Spagnoli, e che forse
in lingua maya prendeva il nome dal fiume che la attraversava: Otolum, cioè
"case fortificate". Gli studiosi hanno sempre creduto che la civiltà
maya si fosse sviluppata fra il IV e X secolo dell'era cristiana. Le ultime
indagini, tuttavia, hanno fatto retrodatare il suo inizio fino a vari secoli
prima di Cristo, epoca in cui furono costruiti i primi centri cerimoniali
nella zona orientale della penisola dello Yucatàn. Da qui, alimentata da
influenze olmeche che contribuirono con forza a plasmarne la forma definitiva,
la cultura maya si diffuse per tutta la penisola e nelle zone limitrofe,
raggiungendo nella sua espansione la costa del Pacifico, il nord dell'Honduras
e gli Stati messicani di Tabasco e Chiapas.
Il 292 dell'era cristiana viene
considerato dagli storici l'inizio dell'epoca d'oro della civiltà maya, il
Periodo Classico, che durerà fino al X secolo. È la data in cui venne
scolpita a Tikal la prima stele di un'arte caratterizzata proprio dalla
diffusione di questi monumenti; e saranno gli stessi a parlarci di re, di
divinità, di genealogie.
Gli archeologi dividono il Periodo
Classico in due parti, Iniziale e Tardivo, con interposta, nel VI secolo, una
fase di crisi e d'instabilità. In quest'arco di tempo, il mondo maya fu un
mosaico di città-stato che esercitavano il loro dominio su tenitori più o
meno estesi. Pur mantenendo strette relazioni fra di loro, le città non
riuscirono a realizzare un'unità politica, cosa che rende ancor più
sorprendente l'omogeneità rivelata dalla cultura maya in tutta la zona
sottoposta alla sua influenza.
Palenque fu una di queste città. Situata nella valle del
basso Usumacinta, nello Stato messicano del Chiapas, venne fondata tra il III
e il V secolo e conobbe il suo massimo splendore nel corso dell'epoca
Tardo-Classica, tra il 500 e il 700. Alla fine del X secolo venne abbandonata,
come quasi tutti gli altri centri del basso Yucatàn, per ragioni ancora
sconosciute; probabilmente a causa delle migrazioni di popoli di lingua
nahuatl provenienti dal nord del Messico, che sconvolsero la mappa
etnico-politica della Mesoamerica del tempo. Da questo momento ha inizio il
Periodo Postclassico, che si prolungherà fino alla conquista spagnola, quando
l'egemonia passerà alle città del nord dello Yucatàn, Chichén Itzà e
Mayapàn.
Rispetto ad
altre città maya del Periodo Classico, Palenque fu "scoperta" in
tempi relativamente lontani. Nel 1746, infatti, il religioso spagnolo padre
Solis fu inviato dal suo vescovo in un centro rurale del Chiapas, chiamato
Santo Domingo di Palenque; qui il prete si imbatté assai presto in strane
"case di pietra", di cui nessuno sospettava l'esistenza. Da quel
momento, diffusasi la notizia dell'inatteso ritrovamento, ebbe inizio una
lunga serie di esplorazioni e di ricerche da parte di viaggiatori,
avventurieri e autorità politiche.
Nel 1785 il
governatore del Chiapas, don José Estacheria, dopo aver ordinato alcuni
sopralluoghi per verificare l'entità della scoperta, inviò un architetto
italiano, Antonio Bernasconi, affinché tracciasse una pianta del sito e
facesse una stima della sua estensione: costui si rese conto che l'antica città
non era stata distrutta da terremoti o incendi, ma abbandonata dai suoi
abitanti e poi ricoperta dalla vegetazione. Alcuni anni dopo, nel 1789, il re
di Spagna Carlo III inviò il soldato di ventura Antonio del Rio
all'avanscoperta delle misteriose rovine nascoste nella giungle del Chiapas;
questa spedizione può essere considerata l'inizio dell'indagine archeologica
nel mondo precolombiano. In seguito, il successore al trono di Spagna, Carlo
IV, mandò a Palenque, in missione esplorativa, il colonnello Dupaix e il
messicano Luciano Castaneda: tra il 1805 e il 1806 i due viaggiatori
visitarono le rovine e ne disegnarono gli elementi architettonici principali.
Quei disegni furono in seguito pubblicati a Parigi con il titolo di Antiquité
Americaines. Nel corso del XIX secolo, grazie ai viaggi e ai resoconti del
conte di Waldeck prima e, in seguito, degli esploratori Stephens e Catherwood,
l'interesse per le vestigia di Palenque si diffuse negli Stati Uniti e in
Europa.

I
principali monumenti dell'antica città maya sono ricchi di iscrizioni, la cui
recente decifrazione ha consentito di svelare molti misteri concernenti la sua
storia e colore che ne furono protagonisti. i risultati delle indagini
archeologiche mostrano che il sito di Palenque fu occupato a partire dal
periodo Preclassico finale, ossia tra il 150 e il 250 d:C.; tuttavia, l'apogeo
culturale e architettonico della città fu raggiunto nel periodo compreso tra
il 615 e l'800 d.C. A quest'epoca risalgono i maggiori monumenti e i testi
iscritti a carattere storico, nei quali appaiono i nomi e le gesta dei sovrani
che governarono la città.
Rispetto ad altri luoghi adibiti a
cerimonie maya, Palenque risalta per il suo stile del tutto originale,
caratterizzato dall'esaltazione del potere secolare su quello religioso. I
basamenti delle costruzioni sono più bassi, gli edifici stessi presentano più
vani e sono quasi privi di stele. Al loro posto gli interni hanno decorazioni
con bassorilievi in pietra e stucco, che riproducono la genealogia della città
e scene della vita quotidiana. La torre che corona il Palazzo, caso unico in
tutta l'arte maya, e il sepolcro rinvenuto sotto la piramide del Tempio delle
Iscrizioni sono gli elementi più significativi del luogo.
Il
visitatore che desiderasse oggi riscoprire il sito archeologico di Palenque,
vi giunge percorrendo una lunga strada che, partendo dall'area settentrionale
della città, si immette nella piazza principale, considerata il cuore del
centro cerimoniale.
Sul
lato orientale, questo vasto spazio aperto è dominato dall'imponente
complesso monumentale, oggi noto come il "Palazzo". In realtà si tratta di più edifici
che si addossano l’uno all’altro e che furono costruiti in un arco di 120
anni. La struttura più antica, attorno alla quale si sono sviluppate le
successive, sarebbe databile al 600 d.C. circa, anni in cui Palenque era
governata dalla regina Zak Kuk, madre di Pakal.
Il
Palazzo consiste in un'alta piattaforma, che misura 85 metri di lunghezza e 60
di larghezza, sormontata da un complesso di gallerie porticate, sorrette da
soffitti a falsa volta e disposte attorno a tre grandi cortili interni. Sui
pilastri squadrati e sulle falde dei tetti sono visibili tracce dell'originale
decorazione a bassorilievo ricoperta in origine di stucchi policromi.
Tutti gli
edifici si aprono su delle corti interne e sono decorati con scene di
incoronazione o di imprese dei sovrani e ciò fa pensare che l’intero
complesso fosse usato come residenza per la classe dirigente o comunque come
centro amministrativo del potere.
I bassorilievi e gli stucchi del Palazzo sono di
incredibile finezza stilistica e i personaggi sono ritratti realisticamente,
come nella scena in cui Pakal riceve le insegne reali dalla regina-madre. Come
simbolo del potere e della forza di Palenque appaiono numerose
rappresentazioni di schiavi, talvolta anche di alto rango a giudicare dalle
vesti sfarzose.
In un angolo si alza una
torre a pianta quadrata, forse un osservatorio astronomico o un posto di
vedetta, che si eleva su tre piani a volta collegati da due rampe di scale.

Sul
lato sud della piazza, a ridosso di una collina ricoperta da fitta vegetazione
tropicale, si erge il più imponente edificio sacro di Palenque: la Piramide
delle Iscrizioni, che raggiunge i 36 metri di altezza ed è formata da nove
corpi sovrapposti. Il nome trae origine da tre pannelli di pietra, posti
all'interno del tempio sommitale e interamente ricoperti di glifi scolpiti,
che formano una delle più lunghe iscrizioni maya finora rinvenute.
Di
fronte al Palazzo si trova il Tempio delle Iscrizioni, una maestosa piramide a
nove piani. Dalla cima della piramide del Tempio delle Iscrizioni il mondo
sottostante appare lontano: l’immensa gradinata sparisce e lo sguardo spazia
sull’antico territorio di Palenque, dove domina la foresta tropicale, i cui
rami più alti talvolta si aprono per far emergere le cime di altre piramidi.
Il cielo sembra vicino e i sacerdoti maya si sentivano sicuramente a stretto
contatto con le divinità che lo abitavano.
Il
Tempio delle Iscrizioni non è soltanto un luogo sacro, ma la testimonianza in
pietra della dinastia più potente di Palenque. I pilastri della facciata sono
decorati con stucchi che mostrano il re Pakal insieme al Dio K, una divinità
legata alla classe regnante. In origine i rilievi erano dipinti e i colori non
venivano scelti a caso, ma avevano un significato ben preciso: il rosso
serviva per dipingere il corpo umano e le parti umane delle figure
antropomorfe ed era quindi il colore del mondo degli uomini; il giallo veniva
usato per le immagini dei giaguari, delle piante acquatiche e dei serpenti,
tutti simboli dell’Inframondo; il blu era invece il colore del Cielo e in
questa tonalità erano rappresentati gli dei e gli attributi divini del re.

Sulle pareti
interne del Tempio sono scolpiti più di 600 glifi che illustrano quasi 150
anni di storia della città. Grazie a queste immagini l’epigrafista tedesco
Heinrich Berlin riuscì nel 1958 a individuare i cosiddetti glifi
emblematici (glifi che indicano nomi di sovrani o di città come i cartigli
degli antichi egizi) che fecero fare un grande passo avanti per la
decifrazione della scrittura maya.
Nel
1952, l'archeologo messicano Alberto Ruz Lhuillier scoprì una lunga scalinata
coperta da un soffitto a falsa volta che, partendo dalla cella del santuario,
scendeva sino a una cripta sotterranea, celata a un livello di poco più basso
rispetto a quello della piazza antistante la piramide. La stanza segreta, la
cui vista inattesa sbalordì profondamente l'archeologo e i suoi
collaboratori, conteneva un grande sarcofago litico, destinato a custodire i
resti di un personaggio di alto rango: molti anni dopo, in seguito alla
decifrazione dei testi epigrafici maya, fu appurato che le spoglie erano
quelle di re Pakal, che regnò sulla città di Palenque tra il 615 e il 683
d.C., anno della sua morte.
Il
sarcofago era chiuso da una lastra pesante 5,5 tonnellate, decorata da un
complesso bassorilievo: al centro della scena spicca l'immagine del sovrano
defunto, raffigurato mentre cade nello Xibalbà, il regno dei defunti, qui
simbolizzato dal Mostro Terrestre; dietro di lui si erge l'Albero Cosmico - o
Albero della Vita -, le cui estremità sono formate da teste di serpente.
Sull'albero è attorto un serpente bicefalo dalle fauci spalancate, mentre
sulla cima sta un uccello fantastico, anch'esso dai caratteri rettiliformi.
Il
corpo del sovrano era accompagnato da un sontuoso corredo funerario; oltre a
monili e suppellettili, furono rinvenuti i frammenti di una stupenda maschera
di giada che era stata deposta sul volto di Pakal, in seguito ricomposta.
Anche due teste di stucco ritrovate nella camera funeraria, realizzate con
realismo e raffinatezza, hanno tramandato sino ai giorni nostri il ritratto
del più celebre e illuminato sovrano di Palenque.
L'importanza
della scoperta effettuata sotto la Piramide delle Iscrizioni consiste
nell'avere provato che le piramidi maya del Periodo Classico non avevano solo
una funzione templare, ma anche quella di monumenti funerari, destinati ai
personaggi della casta regnante.

Oltre alla celebre Piramide
delle Iscrizioni e al Palazzo, il centro cerimoniale di Palenque comprende
altri complessi architettonici di notevole importanza, quali il Gruppo Nord,
il Tempio del Conte e lo sferisterio, quest'ultimo destinato al gioco rituale
della palla; un ruolo fondamentale è rivestito dal cosiddetto "Gruppo
della Croce", formato da tre edifici templari di dimensioni più modeste
rispetto alla Piramide delle iscrizioni: il Tempio della Croce, il Tempio
della Croce Fogliata e il Tempio del Sole. Eretti tra il 672 e il 692 per
ordine del sovrano Chan Bahlum, "Serpente Giaguaro", figlio e
successore di Pakal, sorgono a ridosso della collina alle spalle del Palazzo.
La
struttura è simile per tutti e tre i templi: su una piattaforma artificiale o
naturale si eleva un edificio a pianta rettangolare sul cui tetto si alza una
cresta, in origine ornata con figure di stucco. Coperti da decorazioni erano
anche gli spioventi del tetto e i pilastri che scandiscono la facciata.
L’interno è diviso in tre stanze e quella centrale custodisce un piccolo
santuario con pannelli a rilievo.
Il
Tempio della Croce, il primo probabilmente ad essere stato costruito, venne
chiamato così perché il grande pannello interno mostra un Albero della Vita
(la ceiba che affonda le radici nell’Inframondo, attraversa il mondo
degli uomini con il suo tronco e arriva al Cielo con i suoi rami) che agli
occhi dei primi scopritori apparve come un Croce. Ai lati dell’Albero si
vede il re Pakal che trasmette al figlio i simboli del potere. Nel
rilievo del Tempio della Croce Fogliata l’Albero della Vita è ornato da
pannocchie di mais, un simbolo di fertilità rafforzato dall’immagine di
Chan Bahlum che si appresta a compiere un auto sacrificio.
Il
Tempio del Sole mostra invece dei giaguari e si pensa quindi che fosse
dedicato ai sacrifici e alla guerra.
Ai
tre Templi erano associate altrettante divinità di cui non si conoscono i
nomi e perciò chiamate "Triade di Palenque". Citati anche nel libro
sacro Popol Vuh, sono dei che rappresentano i diversi aspetti del Sole
e che venivano considerati dai Maya i progenitori delle stirpi reali.
Il Tempio del Sole e quello
della Croce Fogliata contengono alcune interessanti iscrizioni concernenti il
rito dedicatorio compiuto da Chan Bahlum, che non affidò al caso la cerimonia
di consacrazione dei templi, ma scelse il momento in cui ebbe luogo un
singolare fenomeno astronomico. Infatti, durante il primo giorno in cui si
svolsero i rituali, la Luna, Saturno, Giove e Marte si trovavano in
congiunzione tra loro e in una particolare posizione rispetto alla
costellazione dello Scorpione.

Anche a Palenque una
vasta area è destinata al Gioco della Palla (nell'area Maya si sono scoperti
circa quaranta campi di gioco). Erano costruzioni rettangolari a forma di
doppio T circondate da mura: un anello di pietra conficcato perpendicolarmente
su una parete fungeva da porta attraverso la quale doveva passare il pallone.
Venivano chiamati campi di gioco degli dei, perché il gioco era una vera e
propria cerimonia religiosa. Il pallone era formato da una grossa palla di
caucciù, massiccia ma anche molto elastica del peso di tre chilogrammi, la
quale non poteva essere colpita, come ricorda il Codice Mendoza, "se
non con la giuntura della coscia, o del braccio, o del gomito; chiunque la
toccava con la mano o col piede o con qualunque altra parte del corpo perdeva
un punto. Chiunque faceva passare il pallone per il buco, ciò che di rado
accadeva, vinceva la partita".
Il senso profondo del
gioco sta appunto nel suo valore sacrale: rimettere in moto il Sole,
rinnovando ritualmente il gesto dell'Essere supremo che crea il cosmo,
mettendo in moto tempo e spazio. Gli anelli di pietra recavano frequentemente
l'immagine del Sole o simboli celesti sui due lati.
Nel
cosiddetto Tempio XIII, a poca distanza da quello delle Iscrizioni, qualche
anno fa è stata scoperta una sepoltura analoga a quella di Pakal. Oltre a una
serie di oggetti di giada e ossidiana e a vassoi che dovevano contenere il
cibo e le bevande necessarie per i viaggio verso il Xibalba, l'Aldilà dei
Maya, sono stati rinvenuti lo scheletro di un maschio adulto con accanto
quelli di due donne, l'una anziana e l'altra adolescente. Gli archeologi sono
propensi a credere che si tratti della tomba dell'erede di Pakal, Chan-Bahlum.
Anche se si dovrà aspettare ancora per veder pubblicati i risultati dei
complicatissimi esami di laboratorio che dovrebbero ricostruire il DNA dei due
sovrani defunti, dando così la prova definitiva della loro parentela.
Fino a soli trent'anni fa non si
conoscevano né i nomi né le cronologie di questi protagonisti della storia
di Palenque. Nonostante l'estrema lentezza e la complessità dello studio dei
geroglifici, si stanno facendo notevoli progressi nella conoscenza dei Maya, e
come si sono potuti leggere nomi e date, nello stesso modo ci si attende di
poter presto decifrare tutta la storia del popolo dei mille enigmi.
Sebbene Palenque sia oggi una
delle principali mete turistiche del Messico, gran parte del sito archeologico
è ancora da riportare alla luce: ciò lascia dunque presupporre che gli anni
futuri porteranno ancora molte straordinarie scoperte e, di conseguenza, nuovi
interrogativi a cui gli studiosi dovranno cercare di rispondere per meglio
comprendere l'affascinante civiltà maya.

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