Centro storico di Oaxaca 
e sito archeologico di Monte Alban
Messico

patrimonio dell'umanità dal 1987 

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Un piccolo stato, uno dei 31 che formano la confederazione messicana, che s'affaccia sull'oceano Pacifico, stretto tra montagne impervie che nascondono tesori artistici e naturali, questo è Oaxaca, una delle regioni più belle del Messico, dove ancora il turismo lascia il posto al viaggio e al contatto vero con la tradizione messicana, un po' come ancora succede nel vicino stato del Chiapas. 

Oaxaca (pronuncia uahàka) è il nome della capitale dello omonimo stato del Messico. Il suo nome completo è Oaxaca de Juárez, in onore dell'ex presidente e eroe nazionale Benito Juárez, che era originario della zona.

La città è localizzata nella valle di Oaxaca nella Sierra Madre del Sud. Nei pressi della città si trova l'importante sito archeologico del Monte Albán. Il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Oaxaca è una città coloniale, a misura d'uomo, cioè di dimensioni percorribili a piedi e ricca di scorci interessanti e caratteristici. Il cuore cittadino si impernia sullo Zocalo, la piazza fulcro della vita e delle attività cittadine, spesso coinvolta in spettacoli di musiche e danze piuttosto trascinanti. Da segnalare poi la bella cattedrale barocca, il monastero di Santo Domingo e i mercatini che si trovano lungo le pittoresce strade, circondate dalle case coloniali dipinte a tinte pastello.

Nell'area dove si trova l'attuale città di Oaxaca vi sono stati per migliaia di anni insediamenti zapotechi e mixtechi legati agli importanti centri di Monte Albán e Mitla. La città coloniale risale al 1532, quando coloni spagnoli al seguito dei conquistadores di Hernán Cortés richiesero con una petizione dei terreni alla regina di Spagna.

Cortés tentò di far allontanare i coloni rivendicando il possesso dell'intera valle di Oaxaca ma alla popolazione fu garantito un territorio pari ad una lega quadrata nel quale si sviluppò l'attuale città.

Gli abitanti di Oaxaca - uno degli stati messicani a più alta percentuale di popolazione india - affermano di essere discendenti del "popolo delle nuvole". Un nome dal sapore romantico, che trova una giustificazione nel fatto che gli Zapotechi, l'antico popolo che per oltre un millennio ebbe il dominio su quest'area, edificarono la loro città sulla cima di un monte, noto dall'epoca della conquista spagnola come Monte Alban, a quasi 1400 metri di altitudine. Fin qui, nulla di strano. Ma la piattaforma di 750 metri per 250 sulla quale sorse la città venne livellata artificialmente, e questo nel 500 a.C, quando un'opera così colossale poteva essere realizzata soltanto con la forza delle braccia. Inoltre, essendo il monte privo di sorgenti, erano gli uomini a occuparsi dell'approvvigionamento idrico, trasportando in spalla da località molto più a valle otri d'acqua, poi conservata in grandi urne di terracotta. Tanto che l'evidente follia di costruire una città in un luogo così scomodo può essere giustificata solo dalla volontà degli Zapotechi di dimostrare il loro dominio sulla natura. 

Non è dato sapere quale fosse il nome della città. Alcuni geroglifici menzionano un luogo chiamato "Dauyacach" (Montagna delle Pietre Sacre), mentre i Mixtechi, che la occuparono circa dal 750 d.C, la definirono "Yucucui" (Montagna Verde). 

Monte Albán è il nome moderno di un importante sito archeologico precolombiano dello stato messicano di Oaxaca. La zona archeologica si estende su di una bassa catena montuosa situata al centro della Valle di Oaxaca, dove si uniscono il suo ramo settentrionale di Etla, quello orientale di Tlacolula e quello meridionale di Zimatlán/Ocotlán (nota anche come Valle Grande). 

La principale zona civico-cerimoniale del sito di Monte Albán è situata a circa 400 metri dal fondo valle su di una vasta area livellata artificialmente, ad un'altitudine di circa 1940 metri sul livello del mare. Oltre a questo nucleo monumentale, il sito è caratterizzato da diverse centinaia di terrazze artificiali e una dozzina di raggruppamenti di costruzioni piramidali che ricoprono la sommità e i fianchi della piccola catena montuosa (Blanton 1978). Le rovine archeologiche delle vicine colline di Atzompa e El Gallo a nord sono tradizionalmente considerate parte integrante dell'antica città.

Oltre al fatto di essere una delle prime città della Mesoamerica, l'importanza di Monte Albán deriva anche dal suo importante ruolo come centro socio-politico ed economico della civiltà zapoteca, ruolo che ricoprì per quasi un millennio. Fondata verso la fine del periodo Formativo Medio attorno al 550 a.C., durante il periodo Formativo Terminale (ca. 100 a.C. - 200 d.C.) Monte Albán divenne la capitale di uno stato espansionistico che dominò una parte importante del territorio di Oaxaca, interagendo diplomaticamente e militarmente con altri stati mesoamericani quali Teotihuacan a nord. La città gradualmente perse la sua egemonia politica durante il Classico Tardo (ca. 500-750 d.C.), al termine del quale risulta essere stata quasi totalmente abbandonata. Una limitata rioccupazione di alcune zone del sito, il riutilizzo opportunistico di tombe del periodo classico, e sporadiche visite a fini rituali segnarono la storia archeologica del luogo durante il postclassico e nel primo periodo coloniale.

Per quanto riguarda il nome del sito, l'etimologia è incerta. Tra le varie possibilità suggerite dai ricercatori negli ultimi decenni vi sono una possibile corruzione di un toponimo Zapoteco "Danibaan" (Collina Sacra), un riferimento coloniale ad un soldato spagnolo di nome Montalbán, o addirittura ai Colli Albani del Lazio. L'antico nome Zapoteco della città è ignoto, dal momento che le più antiche fonti etnostoriche disponibili sono state compilate secoli dopo l'abbandono della città.

Ben visibili da qualsiasi luogo della parte centrale della valle di Oaxaca, le rovine del Monte Albán hanno attratto visitatori ed esploratori fin dall'era coloniale. Tra gli altri Guillermo Dupaix studiò il sito all'inizio del XIX secolo, J. M. García ne pubblicò una descrizione nel 1859, e A. F. Bandelier la visitò e pubblicò un proprio libro nel 1890. Per una prima vera e propria esplorazione archeologica si deve però attendere il 1902, anno in cui Leopoldo Batres, Ispettore Generale dei Monumenti del governo messicano sotto Porfirio Díaz, diede inizio a degli scavi a larga scala alla ricerca di monumenti. Fu però solo nel 1931 che il sito fu oggetto di scavi sistematici e scientifici sotto la direzione dell'archeologo messicano Alfonso Caso. Nei successivi 18 anni Caso ed i colleghi Ignacio Bernal e Jorge Acosta esplorarono vaste zone del centro monumentale del sito, e molto di quello che oggi è visibile ai visitatori della zona archeologica venne scavato e ricostruito in quel periodo. Oltre ad esplorare diverse dozzine di edifici di carattere residenziale e/o cerimonale e scoprire alcune centinaia di tombe, il contributo forse più importante che risultò dal lavoro di Caso e dei suoi colleghi fu la creazione di una cronologia ceramica per il periodo dalla fondazione del sito (circa 500 a.C.) alla fine del Postclassico nel 1521 d.C., cronologia tuttora usata dagli archeologi moderni.

Lo studio del periodo precedente alla fondazione di Monte Albán fu oggetto di ricerca da parte di Kent V. Flannery dell'Università del Michigan, il cui "Prehistory and Human Ecology Project" fu da lui iniziato alla fine degli anni sessanta. Nei successivi vent'anni il progetto documentò lo sviluppo della complessità socio-politica della valle dal primo periodo Arcaico (ca. 8000-2000 a.C.) alla fase Rosario (700-500 a.C.) che precede la fondazione di Monte Albán, dati essenziali per la comprensione e studio delle origini e sviluppo di quest'ultimo. In questo contesto, i risultati più significativi del lavoro di Flannery a Oaxaca derivano dagli scavi effettuati nel sito di San José Mogote nella Valle di Etla, il ramo settentrionale della Valle di Oaxaca, un progetto co-diretto con Joyce Marcus della University of Michigan.

Un ulteriore importante passo nello studio del sito di Monte Albán venne raggiunto con il progetto "Prehistoric Settlement Patterns in the Valley of Oaxaca" iniziato da Richard Blanton e da altri colleghi nei primi anni settanta. È solo con il loro lavoro di mappatura del sito che per la prima volta si estese lo studio del sito oltre alla zona monumentale centrale esplorata da Caso. Successive fasi del progetto guidate da Blanton, Gary Feinman, Steve Kowalewski, Linda Nicholas ed altri estesero la copertura della mappatura a tutta la Valle di Oaxaca e oltre, producendo un'incredibile quantità di dati sullo sviluppo dell'intera regione fino alla conquista spagnola.

Riguardo alla sua evoluzione storica, architettonica e sociale, sono state individuate cinque fasi. Nella prima (500-200 a.C) Monte Alban assunse il ruolo di capitale di uno Stato nel quale erano integrati gli insediamenti della valle sottostante. Nella seconda (200 a.C.- 300 d.C.) assunse l'aspetto monumentale che conserva tuttora e fu impegnata in campagne militari e in scambi commerciali con le popolazioni vicine. Durante la terza (300-750) arrivò a contare 30.000 abitanti e fu in stretta relazione con Teotihuacàn, il più importante centro della Mesoamerica. Nelle fasi IV e V (750-1520) gli Zapotechi la abbandonarono, probabilmente in conseguenza della caduta di Teotihuacàn, e la città fu progressivamente occupata dai Mixtechi, i quali la utilizzarono come luogo di sepoltura.  

Il complesso cultuale emerge come una nave di pietra dalla vallata, delimitato sul lato nord e sul lato sud da due alte piramidi e incorniciato da palazzi, piattaforme e un grande campo per il gioco della pelota, tutti costruiti sul ciglio del promontorio. Al centro dell’area sacra vi sono numerose strutture in pietra, tra cui un osservatorio, legato alla compilazione del calendario zapoteco che contava 260 giorni.

Il centro cerimoniale ed i palazzi costruiti sul ciglio del promontorio erano frequentati esclusivamente dai sacerdoti e dai nobili della teocratica società zapoteca. Di particolare importanza doveva essere l’edificio dei Danzantes che risale al periodo di Monte Albán III (300-700 d.C. circa) e che venne chiamato così per la presenza di numerose lastre istoriate con personaggi nudi che eseguono movimenti di danza. Le figure ricordano nei tratti la fisionomia olmeca in quanto hanno gli occhi obliqui e chiusi, le labbra carnose, il cranio deformato e diverse avevano subìto la mutilazione dei genitali. La loro identità e funzione è oscura: forse si trattava di prigionieri destinati al sacrificio oppure di eruditi locali legati a riti oracolari. 

Le stele dei Danzantes sono più di trecento e almeno un terzo delle lastre vennero riutilizzate nei periodi successivi come materiale di costruzione. Intorno alle figure compaiono glifi e pittogrammi, nomi e cifre, che testimoniano le antichissime origini del sistema vigesimale usato nel mondo preispanico. Tale centro cerimoniale venne costruito sul modello di Teotihuacán - città nella quale gli Zapotechi avevano fondato un proprio quartiere - ma vi si svilupparono delle architetture e dei culti propri non privi di influenze olmeche e maya. Nell’XI sec. d.C. giunsero nella regione i Mixtechi che raccolsero l’eredità zapoteca e diventarono maestri nell’arte della gioielleria e della scultura. 

Un tipo diverso di pietre scolpite sono state rinvenute nell'Edificio J al centro della Piazza Principale, un edificio caratterizzato da una singolare forma a punta di freccia e da un orientamento diverso dagli altri edifici della zona monumentale. Le mura dell'edificio sono adornate da circa 40 pietre scolpite databili alla fase Monte Albán II, pietre che con molta probabilità indicano dei specifici nomi di luogo, a volte accompagnati da altri caratteri scolpiti o da rappresentazioni di teste rovesciate. Alfonso Caso fu il primo ad identificare in queste pietre un elenco propagandistico di luoghi o città conquistati e/o controllati dallo stato di Monte Albán. In effetti, alcune identificazioni dei luoghi elencati sull'Edificio J sono state proposte, e in almeno un caso scavi archeologici archeologici hanno trovato prove di una conquista e colonizzazione da parte zapoteca.

Le piramidi furono costruite secondo la tecnica del "talud-tablero", vale a dire con pareti oblique intervallate da ripide pareti incorniciate da lastroni, ed erano coperte di stucco dipinto e adorne di rilievi e sculture. Dei templi che coronavano la sommità delle piramidi, riservate esclusivamente ai sacerdoti, non è rimasta traccia. Presso la piattaforma meridionale sono state trovate numerose stele con immagini di giaguaro e di Cocijo, dio della Pioggia, mentre nella piattaforma settentrionale si vedono ancora resti di colonne - un elemento raro nell’architettura delle antichissime culture mesoamericane - e due camere sepolcrali. Una rampa dava accesso al cosiddetto patio hundido, una corte infossata tra due piattaforme con al centro un altare: un sistema cultuale che si trova soltanto in ambiente zapoteco.

Un mistero circonda l’osservatorio che gli archeologi chiamano Edificio J e che risale al III sec. d.C.: spostato di 45 gradi rispetto al nord, è stato costruito a forma di punta di freccia con un corridoio interno e ricoperto di lastre, di cui alcune recano graffiti e rilievi geometrici e figurativi. Per la sua particolare ubicazione rispetto alla rigida composizione nord-sud dell’area sacra, si pensa che l’edificio fosse legato alle osservazioni astronomiche.

Nel 1932 gli archeologi messicani Alfonso Caso e Ignacio Bernal fecero una scoperta clamorosa a Monte Albán: riportarono alla luce una sepoltura, la Tomba 7, risalente al periodo mixteco e rimasta inviolata: al suo interno trovarono un vero e proprio tesoro, maschere e pettorali d’oro, perle, giade, ossidiane, turchesi, ambre, argenti e cristalli di rocca, miracolosamente sfuggito alle avide mani dei conquistadores che avevano distutto e saccheggiato la città alla fine del 1521. 

La tomba risale al periodo zapoteco classico, ma il ricco corredo funerario appartiene per la maggior parte all’epoca mixteca. La lavorazione dei gioielli con la tecnica della filigrana e l’incrostazione di turchese è l’arte nella quale i Mixtechi furono maestri indiscussi e le loro opere erano ammirate e ambite da tutti i popoli della Mesoamerica.Tali reperti sono oggi al Museo Archeologico della città di Oaxaca.

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Nel centro cerimoniale e lungo le pendici del promontorio di Monte Albán, in seguito, sono state scoperte altre duecento tombe, di cui alcune ancora inviolate, colme di ricchi corredi funerari. Il sepolcro zapoteco è costituito da un ipogeo - talvolta a forma di croce - con tre ambienti rivestiti da lastre di pietra ricoperte di stucco e affrescate. Molte tombe venivano scavate sotto il patio dei palazzi ed erano riservate ad uno o più membri della stessa famiglia. 

All’epoca del declino della cultura zapoteca, intorno al X secolo, giunsero qui i Mixtechi, un popolo guerriero con grandi capacità artistiche e artigianali; la fusione tra l’arte zapoteca e quella mixteca fu in grado di creare opere splendide. Monte Albán, pur decaduta come capitale politica e amministrativa, continuò a mantenere il suo ruolo di centro religioso e molte tombe vennero riutilizzate dai nobili mixtechi.