Un piccolo stato, uno
dei 31 che formano la confederazione messicana, che s'affaccia sull'oceano
Pacifico, stretto tra montagne impervie che nascondono tesori artistici e
naturali, questo è Oaxaca, una delle regioni più belle del Messico, dove
ancora il turismo lascia il posto al viaggio e al contatto vero con la
tradizione messicana, un po' come ancora succede nel vicino stato del Chiapas.
Oaxaca (pronuncia uahàka)
è il nome della capitale dello omonimo stato del Messico. Il suo nome
completo è Oaxaca de Juárez, in onore dell'ex presidente e eroe nazionale
Benito Juárez, che era originario della zona.
La città è
localizzata nella valle di Oaxaca nella Sierra Madre del Sud. Nei pressi della
città si trova l'importante sito archeologico del Monte Albán.
Il suo centro storico è stato
dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Oaxaca
è una città coloniale, a misura d'uomo, cioè di dimensioni percorribili a
piedi e ricca di scorci interessanti e caratteristici. Il cuore cittadino si
impernia sullo Zocalo, la piazza fulcro della vita e delle attività
cittadine, spesso coinvolta in spettacoli di musiche e danze piuttosto
trascinanti. Da segnalare poi la bella cattedrale barocca, il monastero di
Santo Domingo e i mercatini che si trovano lungo le pittoresce strade,
circondate dalle case coloniali dipinte a tinte pastello.
Nell'area dove si
trova l'attuale città di Oaxaca vi sono stati per migliaia di anni
insediamenti zapotechi e mixtechi legati agli importanti centri di Monte Albán
e Mitla. La città coloniale risale al 1532, quando coloni spagnoli al seguito
dei conquistadores di Hernán Cortés richiesero con una petizione dei terreni
alla regina di Spagna.
Cortés tentò di far
allontanare i coloni rivendicando il possesso dell'intera valle di Oaxaca ma
alla popolazione fu garantito un territorio pari ad una lega quadrata nel
quale si sviluppò l'attuale città.
Gli
abitanti di Oaxaca - uno degli stati messicani a più alta percentuale di
popolazione india - affermano di essere discendenti del "popolo delle
nuvole". Un nome dal sapore romantico, che trova una giustificazione nel
fatto che gli Zapotechi, l'antico popolo che per oltre un millennio ebbe il
dominio su quest'area, edificarono la loro città sulla cima di un monte, noto
dall'epoca della conquista spagnola come Monte Alban, a quasi
1400 metri
di altitudine. Fin qui, nulla di strano. Ma la piattaforma di 750 metri per
250 sulla quale sorse la città venne livellata artificialmente, e questo nel
500 a.C, quando un'opera così colossale poteva essere realizzata soltanto con
la forza delle braccia. Inoltre, essendo il monte privo di sorgenti, erano gli
uomini a occuparsi dell'approvvigionamento idrico, trasportando in spalla da
località molto più a valle otri d'acqua, poi conservata in grandi urne di
terracotta. Tanto che l'evidente follia di costruire una città in un luogo
così scomodo può essere giustificata solo dalla volontà degli Zapotechi di
dimostrare il loro dominio sulla natura.
Non
è dato sapere quale fosse il nome della città. Alcuni geroglifici menzionano
un luogo chiamato "Dauyacach" (Montagna delle Pietre Sacre), mentre
i Mixtechi, che la occuparono circa dal 750 d.C, la definirono
"Yucucui" (Montagna Verde).

Monte Albán
è il nome moderno di un importante sito archeologico precolombiano dello
stato messicano di Oaxaca. La zona archeologica si estende su di una bassa
catena montuosa situata al centro della Valle di Oaxaca, dove si uniscono il
suo ramo settentrionale di Etla, quello orientale di Tlacolula e quello
meridionale di Zimatlán/Ocotlán (nota anche come Valle Grande).
La principale zona
civico-cerimoniale del sito di Monte Albán è situata a circa 400 metri dal
fondo valle su di una vasta area livellata artificialmente, ad un'altitudine
di circa 1940 metri sul livello del mare. Oltre a questo nucleo monumentale,
il sito è caratterizzato da diverse centinaia di terrazze artificiali e una
dozzina di raggruppamenti di costruzioni piramidali che ricoprono la sommità
e i fianchi della piccola catena montuosa (Blanton 1978). Le rovine
archeologiche delle vicine colline di Atzompa e El Gallo a nord sono
tradizionalmente considerate parte integrante dell'antica città.
Oltre al fatto di
essere una delle prime città della Mesoamerica, l'importanza di Monte Albán
deriva anche dal suo importante ruolo come centro socio-politico ed economico
della civiltà zapoteca, ruolo che ricoprì per quasi un millennio. Fondata
verso la fine del periodo Formativo Medio attorno al 550 a.C., durante il
periodo Formativo Terminale (ca. 100 a.C. - 200 d.C.) Monte Albán divenne la
capitale di uno stato espansionistico che dominò una parte importante del
territorio di Oaxaca, interagendo diplomaticamente e militarmente con altri
stati mesoamericani quali Teotihuacan a nord. La città gradualmente perse la
sua egemonia politica durante il Classico Tardo (ca. 500-750 d.C.), al termine
del quale risulta essere stata quasi totalmente abbandonata. Una limitata
rioccupazione di alcune zone del sito, il riutilizzo opportunistico di tombe
del periodo classico, e sporadiche visite a fini rituali segnarono la storia
archeologica del luogo durante il postclassico e nel primo periodo coloniale.
Per quanto riguarda il
nome del sito, l'etimologia è incerta. Tra le varie possibilità suggerite
dai ricercatori negli ultimi decenni vi sono una possibile corruzione di un
toponimo Zapoteco "Danibaan" (Collina Sacra), un riferimento
coloniale ad un soldato spagnolo di nome Montalbán, o addirittura ai Colli
Albani del Lazio. L'antico nome Zapoteco della città è ignoto, dal momento
che le più antiche fonti etnostoriche disponibili sono state compilate secoli
dopo l'abbandono della città.

Ben visibili da
qualsiasi luogo della parte centrale della valle di Oaxaca, le rovine del
Monte Albán hanno attratto visitatori ed esploratori fin dall'era coloniale.
Tra gli altri Guillermo Dupaix studiò il sito all'inizio del XIX secolo, J.
M. García ne pubblicò una descrizione nel 1859, e A. F. Bandelier la visitò
e pubblicò un proprio libro nel 1890. Per una prima vera e propria
esplorazione archeologica si deve però attendere il 1902, anno in cui
Leopoldo Batres, Ispettore Generale dei Monumenti del governo messicano sotto
Porfirio Díaz, diede inizio a degli scavi a larga scala alla ricerca di
monumenti. Fu però solo nel 1931 che il sito fu oggetto di scavi sistematici
e scientifici sotto la direzione dell'archeologo messicano Alfonso Caso. Nei
successivi 18 anni Caso ed i colleghi Ignacio Bernal e Jorge Acosta
esplorarono vaste zone del centro monumentale del sito, e molto di quello che
oggi è visibile ai visitatori della zona archeologica venne scavato e
ricostruito in quel periodo. Oltre ad esplorare diverse dozzine di edifici di
carattere residenziale e/o cerimonale e scoprire alcune centinaia di tombe, il
contributo forse più importante che risultò dal lavoro di Caso e dei suoi
colleghi fu la creazione di una cronologia ceramica per il periodo dalla
fondazione del sito (circa 500 a.C.) alla fine del Postclassico nel 1521 d.C.,
cronologia tuttora usata dagli archeologi moderni.
Lo studio del periodo
precedente alla fondazione di Monte Albán fu oggetto di ricerca da parte di
Kent V. Flannery dell'Università del Michigan, il cui "Prehistory and
Human Ecology Project" fu da lui iniziato alla fine degli anni sessanta.
Nei successivi vent'anni il progetto documentò lo sviluppo della complessità
socio-politica della valle dal primo periodo Arcaico (ca. 8000-2000 a.C.) alla
fase Rosario (700-500 a.C.) che precede la fondazione di Monte Albán, dati
essenziali per la comprensione e studio delle origini e sviluppo di
quest'ultimo. In questo contesto, i risultati più significativi del lavoro di
Flannery a Oaxaca derivano dagli scavi effettuati nel sito di San José Mogote
nella Valle di Etla, il ramo settentrionale della Valle di Oaxaca, un progetto
co-diretto con Joyce Marcus della University of Michigan.
Un ulteriore
importante passo nello studio del sito di Monte Albán venne raggiunto con il
progetto "Prehistoric Settlement Patterns in the Valley of Oaxaca"
iniziato da Richard Blanton e da altri colleghi nei primi anni settanta. È
solo con il loro lavoro di mappatura del sito che per la prima volta si estese
lo studio del sito oltre alla zona monumentale centrale esplorata da Caso.
Successive fasi del progetto guidate da Blanton, Gary Feinman, Steve
Kowalewski, Linda Nicholas ed altri estesero la copertura della mappatura a
tutta la Valle di Oaxaca e oltre, producendo un'incredibile quantità di dati
sullo sviluppo dell'intera regione fino alla conquista spagnola.

Riguardo
alla sua evoluzione storica, architettonica e sociale, sono state individuate
cinque fasi. Nella prima (500-200 a.C) Monte Alban assunse il ruolo di
capitale di uno Stato nel quale erano integrati gli insediamenti della valle
sottostante. Nella seconda (200 a.C.- 300 d.C.) assunse l'aspetto monumentale
che conserva tuttora e fu impegnata in campagne militari e in scambi
commerciali con le popolazioni vicine. Durante la terza (300-750) arrivò a
contare 30.000 abitanti e fu in stretta relazione con Teotihuacàn, il più
importante centro della Mesoamerica. Nelle fasi IV e V (750-1520) gli
Zapotechi la abbandonarono, probabilmente in conseguenza della caduta di
Teotihuacàn, e la città fu progressivamente occupata dai Mixtechi, i quali
la utilizzarono come luogo di sepoltura.
Il complesso
cultuale emerge come una nave di pietra dalla vallata, delimitato sul lato
nord e sul lato sud da due alte piramidi e incorniciato da palazzi,
piattaforme e un grande campo per il gioco della pelota, tutti costruiti sul
ciglio del promontorio. Al centro dell’area sacra vi sono numerose strutture
in pietra, tra cui un osservatorio, legato alla compilazione del calendario
zapoteco che contava 260 giorni.
Il centro
cerimoniale ed i palazzi costruiti sul ciglio del promontorio erano
frequentati esclusivamente dai sacerdoti e dai nobili della teocratica società
zapoteca. Di particolare importanza doveva essere l’edificio dei Danzantes
che risale al periodo di Monte Albán III (300-700 d.C. circa) e che venne
chiamato così per la presenza di numerose lastre istoriate con personaggi
nudi che eseguono movimenti di danza. Le figure ricordano nei tratti la
fisionomia olmeca in quanto hanno gli occhi obliqui e chiusi, le labbra
carnose, il cranio deformato e diverse avevano subìto la mutilazione dei
genitali. La loro identità e funzione è oscura: forse si trattava di
prigionieri destinati al sacrificio oppure di eruditi locali legati a riti
oracolari.

Le stele dei
Danzantes sono più di trecento e almeno un terzo delle lastre vennero
riutilizzate nei periodi successivi come materiale di costruzione. Intorno
alle figure compaiono glifi e pittogrammi, nomi e cifre, che testimoniano le
antichissime origini del sistema vigesimale usato nel mondo preispanico. Tale
centro cerimoniale venne costruito sul modello di Teotihuacán - città nella
quale gli Zapotechi avevano fondato un proprio quartiere - ma vi si
svilupparono delle architetture e dei culti propri non privi di influenze
olmeche e maya. Nell’XI sec.
d.C.
giunsero nella regione i Mixtechi che raccolsero l’eredità zapoteca e
diventarono maestri nell’arte della gioielleria e della scultura.
Un tipo diverso di
pietre scolpite sono state rinvenute nell'Edificio J al centro della Piazza
Principale, un edificio caratterizzato da una singolare forma a punta di
freccia e da un orientamento diverso dagli altri edifici della zona
monumentale. Le mura dell'edificio sono adornate da circa 40 pietre scolpite
databili alla fase Monte Albán II, pietre che con molta probabilità indicano
dei specifici nomi di luogo, a volte accompagnati da altri caratteri scolpiti
o da rappresentazioni di teste rovesciate. Alfonso Caso fu il primo ad
identificare in queste pietre un elenco propagandistico di luoghi o città
conquistati e/o controllati dallo stato di Monte Albán. In effetti, alcune
identificazioni dei luoghi elencati sull'Edificio J sono state proposte, e in
almeno un caso scavi archeologici archeologici hanno trovato prove di una
conquista e colonizzazione da parte zapoteca.
Le piramidi
furono costruite secondo la tecnica del "talud-tablero", vale a dire
con pareti oblique intervallate da ripide pareti incorniciate da lastroni, ed
erano coperte di stucco dipinto e adorne di rilievi e sculture. Dei templi che
coronavano la sommità delle piramidi, riservate esclusivamente ai sacerdoti,
non è rimasta traccia. Presso la piattaforma meridionale sono state trovate
numerose stele con immagini di giaguaro e di Cocijo, dio della Pioggia, mentre
nella piattaforma settentrionale si vedono ancora resti di colonne - un
elemento raro nell’architettura delle antichissime culture mesoamericane - e
due camere sepolcrali. Una rampa dava accesso al cosiddetto patio hundido,
una corte infossata tra due piattaforme con al centro un altare: un sistema
cultuale che si trova soltanto in ambiente zapoteco.
Un mistero
circonda l’osservatorio che gli archeologi chiamano Edificio J e che
risale al III sec. d.C.: spostato di 45 gradi rispetto al nord, è stato
costruito a forma di punta di freccia con un corridoio interno e ricoperto di
lastre, di cui alcune recano graffiti e rilievi geometrici e figurativi. Per
la sua particolare ubicazione rispetto alla rigida composizione nord-sud
dell’area sacra, si pensa che l’edificio fosse legato alle osservazioni
astronomiche.

Nel
1932 gli archeologi messicani Alfonso Caso e Ignacio Bernal fecero una
scoperta clamorosa a Monte Albán: riportarono alla luce una sepoltura, la Tomba
7, risalente al periodo mixteco e rimasta inviolata: al suo interno
trovarono un vero e proprio tesoro, maschere e pettorali d’oro, perle,
giade, ossidiane, turchesi, ambre, argenti e cristalli di rocca,
miracolosamente sfuggito alle avide mani dei conquistadores che avevano
distutto e saccheggiato la città alla fine del 1521.
La tomba
risale al periodo zapoteco classico, ma il ricco corredo funerario appartiene
per la maggior parte all’epoca mixteca. La lavorazione dei gioielli con la
tecnica della filigrana e l’incrostazione di turchese è l’arte nella
quale i Mixtechi furono maestri indiscussi e le loro opere erano ammirate e
ambite da tutti i popoli della Mesoamerica.Tali reperti sono oggi al Museo
Archeologico della città di Oaxaca.


Nel centro
cerimoniale e lungo le pendici del promontorio di Monte Albán, in seguito,
sono state scoperte altre duecento tombe, di cui alcune ancora inviolate,
colme di ricchi corredi funerari. Il sepolcro zapoteco è costituito da un
ipogeo - talvolta a forma di croce - con tre ambienti rivestiti da lastre di
pietra ricoperte di stucco e affrescate. Molte tombe venivano scavate sotto il
patio dei palazzi ed erano riservate ad uno o più membri della stessa
famiglia.
All’epoca
del declino della cultura zapoteca, intorno al X secolo, giunsero qui i
Mixtechi, un popolo guerriero con grandi capacità artistiche e artigianali;
la fusione tra l’arte zapoteca e quella mixteca fu in grado di creare opere
splendide. Monte Albán, pur decaduta come capitale politica e amministrativa,
continuò a mantenere il suo ruolo di centro religioso e molte tombe vennero
riutilizzate dai nobili mixtechi.

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