La "Città dei re",
che
Francisco
Pizarro
fondò
nel
1535
con
l'idea
di
farne
una
grande
capitale,
nel
XVII
e
XVIII
secolo
conobbe,
quale
centro
nevralgico
dei
ricchi
territori
del
vicereame
del
Perù,
un
immenso
splendore.
Minacciata
dai
continui
terremoti
e
dallo
smisurato
sviluppo
demografico
degli
ultimi
decenni,
ha
saputo
comunque
conservare
alcune
splendide
testimonianze
della
grandezza
del
passato,
che
costituiscono
uno
dei
complessi
più
rappresentativi
dell'arte
coloniale
americana.
Dopo la conquista
dell'impero
incaico,
Francisco
Pizarro
stabilì
a
Cuzco
la
capitale
della
nuova
colonia
per
poter
sfruttare
il
prestigio
della
città
e
rendere
più
facile
l'accentazione,
da
parte
della
popolazione
indigena,
del
cambio
di
potere.
Ma
ben
presto
divenne
evidente
che
la
sua
posizione
geografica,
sulle
montagne
e
lontano
dal
mare,
rendeva
incredibilmente
difficili
i
necessari
collegamenti
con
la
madrepatria,
al
punto
da
costringere
gli
spagnoli
a
individuare
una
nuova
ubicazione
dove
spostare
la
capitale.
Il luogo scelto fu una pianura vicino al fiume Rimac, a dieci chilometri
dalla
costa,
precauzione
obbligata
per
prevenire
possibili
attacchi
da
parte
dei
pirati.
Da
tempi
remoti
i
quechua
avevano
adorato
in
quel
luogo
Pachacamac,
il
dio
della
Terra.
Dal
suo
famoso
oracolo
deriva
il
nome
del
fiume
-
rimac,
che
in
quechua
significa
"colui
che
parla"
-,
che
ben
presto
divenne
anche
quello
della
città,
sebbene
l'uso
l'avesse
corrotto
in
Lima.
Il 18 gennaio 1535 ebbe luogo la fondazione solenne, secondo un rituale
preciso
ispirato
all'antica
tradizione
castigliana
di
"appropriazione"
di
un
territorio,
che
i
conquistatori
avevano
adottato
per
questi
casi.
Il
fondatore,
dopo
avere
estirpato
dell'erba,
la
sparpagliava
intorno
a
sé
come
simbolo
di
dominio
e
successivamente
conficcava
nel
terreno
un
palo,
che
rappresentava
la
gogna,
simbolo
del
potere
secolare,
e
una
croce
in
legno
nel
luogo
dove
sarebbe
stata
edificata
la
chiesa.


Francisco Pizarro fu incaricato di compiere questo rituale sulle sponde
del
fiume
Rimac,
dando
al
luogo
il
nome,
presto
dimenticato,
di
Ciudad
de
los
Reyes.
Sei anni dopo sarebbe stato assassinato in questa stessa città, il cui
perimetro
aveva
tracciato
con
la
punta
della
spada,
poi
sepolta
nella
cattedrale
dove
aveva
posto
la
prima
pietra.
Pizarro non arrivò a conoscere il periodo di maggiore splendore della
città,
che
ebbe
inizio
nel
1542
con
la
nomina
a
capitale
del
vicereame
del
Perù.
Poco
dopo
si
scoprirono
sulle
Ande
le
ricche
miniere
di
argento
e
di
mercurio,
i
cui
prodotti
passavano
obbligatoriamente
per
Lima
per
essere
imbarcati,
diretti
alla
madrepatria,
nel
porto
di
El
Callao.
Questo commercio arricchì rapidamente la città, che diventò famosa nei
secoli
XVII
e
XVIII
per
il
lusso
che
ostentavano
le
classi
ricche
e
che
non
fu
eguagliato
da
nessun
altro
centro
sudamericano:
per
ricevere
i
viceré,
si
giunse
a
lastricare
le
strade
con
sbarre
di
argento
massiccio.

Il porto di Lima ebbe, inoltre, il monopolio del commercio tra l'Europa e
l'America
Meridionale
fino
al
XVIII
secolo,
epoca
nella
quale
la
sua
importanza
incominciò
a
diminuire
per
l'istituzione
dei
vicereami
di
Nueva
Granada
(1718)
e
del
Rio
de
la
Piata
(1776).
L'ubicazione di Lima, nonostante tutto, era tutt'altro che felice. La
fascia
costiera
del
Perù,
una
delle
zone
più
aride
del
pianeta,
con
una
scarsissima
piovosità
nonostante
garuà,
la
persistente
pioggerellina
che
caratterizza
il
clima
della
capitale
per
diversi
mesi
all'anno,
è
inoltre
soggetta
a
frequenti
terremoti.
Tre
grandi
sismi
rasero
al
suolo
la
città
nel
corso
della
sua
storia,
nel
1656,
nel
1746
e
nel
1940,
e
molti
altri
l'hanno
danneggiata
più
o
meno
seriamente,
dome
conseguenza,
non
rimane
in
pratica
nessuna
testimonianza
della
prima
città
fondata
da
Pizarro.
La
maggior
parte
del
centro
storico
di
Lima
risale
al
XVII
e
XVIII
secolo,
epoca
in
cui
gli
architetti
locali
avevano
già
imparato
a
utilizzare
diverse
soluzioni
architettoniche
antisismiche.
Le
costruzioni
non
molto
alte,
l'utilizzo
diffuso
di
materiali
flessibili
come
il
legno
e
i
mattoni,
e
soprattutto
la
sostituzione
delle
volte
di
pietra
con
coperture
di
quìncha,
un
miscuglio
di
canne
e
argilla
intonacato
con
gesso
che
si
prestava
con
facilità
alla
realizzazione
di
modanature
e
di
altri
elementi
decorativi
tipici
del
Barocco,
fecero
sì
che
la
maggior
parte
degli
edifici
resistesse
bene
anche
al
terribile
terremoto
del
1746.
Tali caratteristiche hanno inoltre contribuito a conferire alla città un
aspetto
particolare,
la
cui
peculiarità
è
costituita
dai
grandi
balconi,
chiusi
da
verande
di
legno
in
stile
mudéjar,
sulle
facciate
delle
residenze
e
dei
palazzi.


Oltre agli attacchi dei pirati, i terremoti furono il principale problema
che
dovette
affrontare
la
Lima
coloniale.
Attualmente
la
siccità
propria
della
regione
si
è
fatta
sentire
con
più
forza,
acutizzando
i
problemi
di
inquinamento
e
di
fornitura
d'acqua,
cioè
le
priorità
più
urgenti
di
questa
città
che
conta
più
di
cinque
milioni
di
abitanti.
Non era facile, in simili condizioni, conservare non solo gli edifici, ma
anche
gli
spazi
urbani,
che
si
rifanno
ancora,
in
buona
parte,
all'armonioso
assetto
della
città
di
Pizarro.
Il
suo
centro
nevralgico
continua
a
essere
la
Plaza
de
Armas,
anche
se
non
tutti
i
suoi
edifici
appartengono
al
periodo
coloniale.
La
cattedrale
è
in
uno
splendido
stile
barocco
della
metà
del
XVII
secolo,
sebbene
le
torri,
distrutte
dal
terremoto
del
1746,
fossero
state
ricostruite
in
stile
neoclassico.
Anche la Casa del Oidor, dall'enorme balcone d'angolo dipinto di verde, è
del
XVII
secolo.
Il
resto
degli
edifici
della
piazza
sono
costruzioni
contemporanee
sostitutive
degli
antichi
centri
di
potere
coloniali,
come
il
palazzo
Arcivescovile,
opera
neocoloniale
degli
anni
Venti,
il
palazzo
del
Governo,
che
occupa
il
terreno
della
vecchia
Casa
di
Pizarro,
o
il
palazzo
Municipale,
costruito
nello
stesso
luogo
che,
da
sempre,
ha
occupato
il
consiglio
comunale
di
Lima.
Come in ogni colonizzazione in America, gli ordini religiosi ebbero un
importante
ruolo
anche
nella
storia
di
Lima.
Pizarro
durante
la
conquista
del
Perù
si
fece
accompagnare
dai
Francescani,
concedendo
loro,
al
momento
della
fondazione
della
città,
quattro
isolati
per
il
convento,
la
più
estesa
superficie
che
sia
mai
stata
destinata
a
un
insediamento
religioso
nel
Nuovo
Mondo.

Nacque così il grande complesso conventuale di San Francisco, il cui
attuale
edificio
risale
alla
ricostruzione
eseguita
dal
portoghese
Constammo
de
Vasconcelos
dopo
il
terremoto
del
1656.
Tre chiese, cinque chiostri e numerose costruzioni ausiliari davano forma,
nel
suo
momento
di
massimo
splendore,
a
questo
impressionante
complesso
architettonico
che,
grazie
alla
superba
architettura
della
chiesa
principale
e
alla
notevole
collezione
di
opere
d'arte,
è
il
più
importante
esempio
dell'arte
coloniale
di
Lima,
sebbene
l'apertura
del
viale
Abancay,
nell'anno
1940,
gli
abbia
fatto
perdere
insieme
ad
alcune
dimore
uno
dei
chiostri.
Dopo i Francescani, molti
altri
ordini
si
stabilirono
nella
città,
entrando
in
concorrenza
per
lo
splendore
delle
loro
chiese
e
dei
loro
monasteri.
Si stabilirono tutti lungo la riva sinistra del Rimac, primo nucleo della
città,
tranne
il
convento
de
Los
Descalzos,
fondato
nel
XVI
secolo
e
ricostruito
in
stile
neoclassico,
che
occupa
il
centro
di
un
bel
quartiere
residenziale
con
ampi
viali
sulla
riva
destra
del
fiume.
Contemporaneo a quello di San Francisco è il complesso conventuale di
Santo
Domingo,
la
cui
chiesa
è
un
popolare
luogo
di
venerazione,
perché
nella
cripta
sono
custodite
le
spoglie
di
santa
Rosa
da
Lima
e
di
San
Martin
de
Porres,
e
si
distingue,
inoltre,
per
lo
splendido
campanile
rococò.
