Piste di Nazca e Pampas de Jumana
Perù

patrimonio dell'umanità dal 1994
  

Dal 1994 l'Unesco ha inserito le linee e i geoglifi di Nasca e di Pampas de Jumana nella lista del patrimonio dell'umanità. Questa espressione culturale della civiltà preincaica detta di Nasca si estende per circa 450 kmq nel deserto costiero del Perù meridionale tra le odierne città di Nasca e di Palpa, nella pianura alluvionale della Pampa di Nasca tra il rio Ingenio e il rio Grande. Questa zona è caratterizzata da un terreno sabbioso ricoperto da uno strato di materiale detritico alluvionale, una situazione ideale per "incidere la terra", come spiega il termine geoglifo. Essi, infatti, furono ottenuti semplicemente togliendo i sassi e lasciando libero il terreno argilloso, più chiaro, sottostante. 

La tecnica di esecuzione si divide in due varianti: nella prima, probabilmente più antica, il pietrisco veniva spostato all'interno della figura da "disegnare" lasciando sul terreno una sorta di negativo del glifo; nel secondo caso, più frequente, le pietre venivano usate per creare proprio il contorno, formando, in alcuni di casi, dei muretti di 20 cm o anche un metro. Ciò che sorprende oggi, tanto da attribuire quest'opera, da parte di alcuni, ad attività extraterrestre, sono le dimensioni: esse vanno dai 30 ai 300 metri. Nel 1977 Josué Lancho provò empiricamente che una decina di persone utilizzando solo pali di legno e corde e basandosi sul sistema del pantografo, potevano tracciare una linea di 180 metri in meno di mezz'ora.  

I dati cronologici sono davvero scarsi. Le rilevazioni al radiocarbonio offerte da alcuni resti organici rinvenuti nei pressi delle linee evidenziano un arco di tempo che va dal 200 a.C. al 1430 d.C. Nel 1959 Julio C. Tello, eminente esponente dell'archeologia peruviana, rinvenne un vaso ceramico della fase Paracas Caverns, anteriore alla fase Nasca, in relazione a un glifo. Tuttavia la ricerca sui materiali ceramici con­nessi ai geoglifi, raccolti durante le ricognizioni di superficie svolte dallo Smithsonian Institution di Cambridge nel 1969, attribuì per la maggior parte incisioni alla fase culturale Nasca. 

Oggi si preferisce utilizzare una datazione relativa che studia la stratificazione e la sovrapposizione dei disegni, così risulta per esempio che il motivo a spirale di forma circolare, ma anche quadrata o meandriforme, è il più antico, al quale si sono sovrapposti nuovi glifi o, nelle fasi più tarde, al quale si sono integrati nuovi disegni. Questo tipo di studio è supportato dall'analisi iconografica dei reperti di cultura materiale. 

Nella pampa desertica sono presenti gli stessi motivi antropomorfi e zoomorfi utilizzati per decorare la ceramica e i tessuti: ritroviamo il motivo dell'orca marina, lo squalo, il ragno; tutti emblemi collegati al culto dell'acqua e della fertilità, già presenti nelle precedenti culture di Paracas nate sulla costa dell'oceano pacifico.

Successivamente le influenze della cultura andina, che si manifesterà nella cultura Huari e poi di Tihuanaco, introducono gli ornitomorfi, quali il condor, il colibrì, l'airone, rappresentazioni dell'uccello pluvifero, portatore d'acqua e, quindi, di vita. Le sovrapposizioni finali, e quindi più recenti, sono da riferire ai grandi motivi geometrici delle linee, dei rettangoli, triangoli, trapezi, le grandi piazze, los campos barridos, che coprono tutta la pianura.

Chioccola.jpg (341685 byte)  Nazca3.jpg (274753 byte)  Nazca4.jpg (431605 byte)

Proprio queste ultime espressioni furono le prime a essere studiate. Nel 1927 Toribio Mejia Xesspe suppose che il sistema dei geoglifi fosse un insieme di spazi sacri, dove gli antichi indigeni si riunivano per celebrare le loro cerimonie religiose in onore di dei e antenati, collegati da percorsi rituali. Se dalla popolazione locale venivano identificati come caminos incaicos, strade degli inca, per Paul Kosok, professore nordamericano dell'università di Long Island, erano un calendario. 

Nel pomeriggio del 21 giugno 1941, giorno del solstizio d'inverno nell'emisfero sud, Kosok notò che il sole si poneva giusto su una linea, tracciata perciò per indicare questa data importante per il calendario agricolo della popolazione antica. La maggior sostenitrice della teoria del calendario astronomico fu la studiosa in fisica e matematica Maria Reiche, che dedicò tutta la sua vita alla ricerca e alla conservazione delle linee. 

Ancora oggi alcuni punti vengono chiamati "osservatori astronomici" proprio perché, ubicati in aree adiacenti alle zone coltivate e sopraelevati rispetto alla pianura, consentono di osservare il cielo con un sistema di misurazione degli anni solari e lunari. 

Tuttavia l'astrofisico Gerald Hawkins, incaricato dalla National Geographic Society, dimostrò nel 1967 che la maggior parte delle linee non era in connessione con alcun evento astronomico avvenuto dal 5000 a.C. a oggi.

La teoria più condivisa collega i geoglifi e le linee ai culti dell'acqua e della fertilità sia per la loro iconografia sia per la loro struttura. È stato notato che molte linee si connettono realmente alle montagne circostanti ricche d'acqua, come Pilla Kata e il Tunga, mentre altre segnalano i canali sotterranei dove scorre l'acqua che giunge dalla Cordigliera e che, per una particolare conformazione geologica del terreno, sabbia sovrapposta a un fondo di argilla impermeabile, non riesce a risalire se non nelle zone più pianeggianti. 

Una leggenda aymara, la lingua che parlavano i popoli stanziati sulla costa meridionale del Perù e che fu in parte sopraffatta dal quechua dopo la conquista degli inca, racconta che il dio dell'acqua partendo dalla cima delle Ande arrivava fin sulla costa volando e portando con sé questo dono prezioso, dando la vita alla pianura. Così per propiziarsi il dio la popolazione disegnò sulla terra delle grandi figure, soprattutto animali e uomini, in segno di offerta e in modo che il dio le potesse vedere dall'alto. Come sempre il mito trae spunto dalla realtà, poiché ancora oggi le migrazioni del condor dalle zone andine verso la pianura avviene proprio nei periodi umidi.

COME SONO STATE DISEGNATE - Sono molte le ipotesi su come i Nazca abbiamo disegnato le linee, spaziando tra quelle più plausibili a quelle più fantasiose.

Tecnicamente le linee di Nazca sono perfette. Le rette chilometriche sono tracciate con piccolissimi angoli di deviazione. I disegni sono ben proporzionati, soprattutto se pensiamo alle loro dimensioni. Queste linee sono la testimonianza di una grande conoscenza della geometria da parte degli antichi abitanti di questa zona.

L'ipotesi più accreditata e realistica circa la loro costruzione induce a pensare che gli antichi peruviani abbiano dapprima realizzato disegni in scala ridotta che sarebbero stati successivamente riportati (ingranditi) sul terreno con l'aiuto di un opportuno reticolato di corde (in maniera simile a come fece Gutzon Borglum, l'artista che scolpì i volti dei Presidenti statunitensi sul monte Rushmore). Quest'ipotesi sarebbe avvalorata anche dai reperti archeologici rinvenuti da Reindel e Isla durante i loro studi.

Inoltre, non è del tutto esatto il fatto che le linee non si possano osservare da terra: infatti ci sono molte colline e montagne nell'area di Nazca che avrebbero permesso agli artisti di osservare il proprio lavoro in prospettiva. C'è da tener presente anche che, sicuramente, appena disegnate, le linee dovevano essere ben visibili, di colore giallo brillante, come le impronte recenti di pneumatici che passano nella zona.

Va anche ricordato che le linee si sono conservate perfettamente fino ai nostri giorni perché la zona è una delle più secche del mondo.

LE FIGURE - Le figure che si trovano a Nazca, in particolare nella Pampa di San José sono numerose e rappresentano figure di animali, di vegetali, di umani, labirinti e altre figure geometriche.

Quasi tutti i disegni furono creati su superfici piane. Ve ne sono alcuni anche sui lati delle colline, che rappresentano (per la maggior parte) figure umane, alcune delle quali sono incoronate da tre o quattro linee verticali che forse rappresentano le piume di un copricapo cerimoniale (anche alcune mummie peruviane portavano copricapi d'oro e di piume). I disegni sulle colline sono meno nitidi di quelli sulla pianura, forse perché sono stati parzialmente cancellati dal rotolamento delle pietre verso valle.

Sono più di trenta i geoglifi trovati fino ad oggi nella Piana di Nazca. I disegni geometrici (centinaia di linee, triangoli e quadrangoli) sono più numerosi di quelli naturali ed occupano grandi aree.

La profondità dei solchi non eccede mai i 30 cm e alcune sono semplici graffi sulla superficie e possono essere distinte solo quando il sole è basso all'orizzonte.

- L'astronauta: così chiamato per la forma della testa che ricorda per l'appunto il casco di un astronauta, è una delle figure più famose della Piana di Nazca, soprattutto riguardo alle speculazioni fantascientifiche che sono state proposte circa l'origine delle linee. Ovviamente si tratta di una semplice rappresentazione stilizzata di una figura umana. Secondo Maria Reiche si tratta di uno sciamano o di un sacerdote in grado di prevedere il tempo atmosferico.

- L'albero: nei pressi della Carretera Panamericana Sur il grande albero è una delle due figure (l'altra è quella delle mani) visibili dalla "torre mirador", nei pressi della panamericana stessa.

- Le ali (o conghiglie)

- L'alligatore: figura quasi completamente cancellata dai lavori per la costruzione della Panamericana o dall'incuria dei visitatori. Al giorno d'oggi, al posto della figura, si notano solo grandi tracce di pneumatici.

-  Il condor

-  L'iguana

-  Il lama

-  Il cane

-  La lucertola: la lucertola è forse la figura che ha sofferto di più l'incuria dell'uomo: durante i lavori per la costruzione della Carretera Panamericana Sur è stata tagliata a metà dal tracciato della strada e parzialmente cancellata durante i lavori.

-  Le mani: la figura, vicino alla torre "Mirador" (che permette di vederle molto bene), rappresenta due mani, con alcune dita mancanti. Gli antichi popoli della piana credevano che chi nasceva menomato era figlio di un dio del fulmine o del tuono, ritenendoli quindi essere soprannaturali e fortunati, evidentemente legati alle piogge e all'acqua. Pertanto si crede che anche queste figure, come quella della scimmia, non siano state disegnate male, ma siano piuttosto un tentativo di propiziarsi gli dei della pioggia.

-  L'orca mitologica: l'orca è un animale appartenente alla mitologia Nazca e presente anche nella ceramica della civiltà Nazca, dove talvolta veniva rappresentata con una testa umana. È diverso da una normale balena avendo braccia e molteplici pinne sulla schiena. Viene considerato come una metamorfosi del gatto di Nazca che appare rappresentato su molte ceramiche; una metamorfosi che ovviamente ha a che vedere con l'acqua.

- La scimmia: famosissima figura che misura circa 135 m e mostra l'animale con solo nove dita e una coda a forma di spirale. Le popolazioni dell'antico Perù associavano le scimmie all'acqua, in quanto esse abitavnao in zone dove l'elemento è abbondante. Per i Maya le scimmie erano addirittura considerate divinità collegate all'acqua. Il fatto poi di avere nove dita non è un segno di inaccuratezza da parte di chi ha disegnato la scimmia, ma piuttosto un modo per riferirsi ad un animale divino in quanto, al tempo degli Inca, era credenza largamente diffusa associare le persone o animali nate con malformazioni a figli del fulmine e del tuono. La figura della scimmia fu scoperta nel 1954 da Maria Reiche che credeva potesse rappresentare l'Orsa Maggiore.

- Il pappagallo

- Il pellicano: questa figura, posta di fianco ad un trapezoide, mostra un grande passero con il collo a zigzag ed il becco rivolto ad est. Questo gigantesco uccello ha una lunghezza di 300 m e una larghezza di 54 metri. È considerato dagli studiosi della pianura come l'"Annunciatore dell'Inti Raimi" (festa incaica di adorazione del sole), perché se durante le mattine comprese tra il 20 ed il 23 giugno ci si posiziona nella testa e si guardia nella direzione del suo becco, si potrà osservare il sorgere del sole esattamente nel punto segnalato da questa direzione.

- Il colibrì: il colibrì è uno dei geoglifi più famosi della piana di Nazca, soprattutto per le sue proporzioni armoniose. La distanza tra gli estremi delle sue due ali è di 66 metri ed è lungo 94 m. I colibrì erano considerati essere messaggeri degli dei dalle popolazioni della costa settentrionale peruviana e come intermediari tra gli umani ed i condor mitologici nella regione del lago Titicaca. A Puquio, vicino a Nazca erano considerati assistere ai culti rivolti agli dei delle montagne per propiziare la pioggia.

- Il ragno: il ragno è una delle figure più famose della Piana di Nazca e fu la prima figura ad essere scoperta. È ubicato in una fitta rete di linee rette ed è parte del bordo di un enorme trapezoide. Non è scientificamente dimostrata l'appartenenza di questo ragno (peraltro stilizzato) alla famiglia dei Ricinulei, originaria di zone quasi inaccessibili della foresta Amazzonica (1500 km più a nord).

- Il serpente

-  La spirale: già nel 1976, l'archeologo Larrain aveva notato che gli antichi popoli peruviani utilizzavano delle conchiglie di forma spiraleggiante in culti per ottenere acqua; conchiglie nautiloidi erano usate per produrre suoni che richiamassero gli dei della montagna o le nuvole. Pertanto attribuì a questo geoglifo connessioni con il culto dell'acqua. 

- La stella

-  La balena: questa figura è la rappresentazione di una divinità marina. É localizzata all'estremità orientale del complesso archeologico delle linee ed è sovrapposta ad un grande rettangolo.

LA CULTURA NASCA - La cultura preincaica di Nasca prende nome dalla città peruviana nei pressi della quale furono rinvenute tre necropoli che conservavano materiali differenti da quelli studiati fino ad allora dagli archeologi che si occupavano delle civiltà precolombiane nel 1905. Nel corso degli anni ulteriori ricerche portarono a suddividere i materiali ceramici in ben 10 fasi che coprivano un arco di tempo compreso tra il 500 a.C. e il 700 d.C. 

Oggi di questa cultura sono conosciuti soprattutto i giganteschi glifi tracciati nel deserto. Eppure la popolazione che si stanziò nel deserto costiero del Perù meridionale sviluppò un vero e proprio sistema statale. Le testimonianze architettoniche riguardano sia resti di abitazioni collegate ad ambienti per la conservazione degli alimenti, Tambo Viejo, sia centri cerimoniali con annessi zone di produzione della ceramica e dei tessuti, Cahuachi, sia canali di irrigazione, i puquio, che sfruttavano le falde acquifere sotterranee o i corsi dei fiumi a regime torrentizio per rendere coltivabile la maggior parte del territorio desertico. 

Nazca5.jpg (118120 byte)  Nazca7.jpg (288029 byte)  Nazca8.jpg (345756 byte)

Nazca9.jpg (237750 byte)  Nazca10.jpg (255714 byte)  Nazca11.jpg (431605 byte)

La maggior parte della cultura materiale proviene dalle tombe: vasi ceramici, tessuti, oggetti di ornamento. La caratteristica più saliente della ceramica nasca è indubbiamente il colore e l'iconografia di ambito mitico-cerimoniale: rappresentazioni più o meno stilizzate del giaguaro, dell'orca marina, di serpenti, dell'uccello pluvifero sotto forma di condor, airone, colibrì, permettono di ricostruire il pantheon naschense.

Dalle ricerche sembra che la società avesse sviluppato uno stato teocratico dove ogni membro della comunità aveva un proprio ruolo produttivo, che fosse agricolo o artigianale, anche se non è possibile dedurre una divisione in classi con differenziazioni economiche. 

Dato che la cultura nasca non conosce moneta probabilmente il governo era in mano alla classe dei sacerdoti, non per la loro ricchezza, ma perché essendo in contatto con gli dei erano i più adatti a organizzare il sistema statale permettendo alla maggior parte della popolazione di sopravvivere.