Il
Vicino Oriente si estende su circa 2000 chilometri quadrati, poco meno
dell'Europa occidentale e, pur essendo un'area relativamente
ristretta, è tuttavia caratterizzato da una varietà accentuata del
rilievo e dei tipi di terreno, delle precipitazioni e del clima, della
vegetazione e dell'abitabilità. Si alternano catene montuose, pianure
alluvionali, tavolati aridi.
Dal regime pluviale mediterraneo si passa
rapidamente al clima steppico del deserto siro-arabico o, altrove, al
clima di montagna. Grandi fiumi, come il Tigri e l'Eufrate,
attraversano zone altrimenti condannate a un'aridità quasi totale.
Zone di alta concentrazione demografica sono a stretto contatto con
zone pressoché disabitate.
La cosiddetta "fertile
mezzaluna", espressione con cui viene identificato il Vicino
Oriente in senso stretto, è rappresentata da un semicerchio di terre
fertili, irrigate, atte all'insediamento agricolo e urbano che va
dalla Palestina alla Siria, alla Mesopotamia, confinando a sud col
deserto siro-arabico e a nord con le alte terre anatoliche, armene e
iraniche. Qui la situazione è ancora più complessa, poiché la
commistione tra le varie zone ecologiche è assai articolata: le alte
terre sono interrotte da bacini vallivi che riproducono in piccolo i
caratteri della fertile mezzaluna, le terre irrigue sono interrotte da
rilievi minori e da frange desertiche, gli stessi tavolati aridi sono
costellati di oasi. 
La discontinuità ambientale che caratterizza il
Vicino Oriente è un dato fondamentale per la comprensione, dal punto
di vista storico, di altrettanti diversi fenomeni sociali. La
frammentazione geografica della regione consente di spiegare la
varietà delle strategie di sviluppo, la mutevolezza degli assetti
politici, i costanti interscambi culturali. In un contesto simile, lo
schema tipo di sviluppo consiste in un nucleo - lo spazio
centrale - che risulta più abitato e civilizzato; nel suo centro
ideale sta la città, circondata da una pianura irrigata e coltivata,
cosparsa di villaggi agricoli. La periferia è costituita dalla fascia
circostante, di steppa o di montagna, scarsamente popolata da pastori,
da fuggiaschi, da briganti e che sfuma progressivamente verso zone
disabitate e utili solo in quanto serbatoi di materie prime.
Ora
dobbiamo immaginare, nel contesto vicino-orientale, una serie di
questi nuclei e periferie che emergono di volta in volta e sono
caratterizzati da interscambi economici, apporti cultuali e politici.
E' in un contesto simile che il sito di Babilonia, nella Mesopotamia,
nasce e si sviluppa. La città fu fondata da nomadi semitici
occidentali, gli Amorrei, ossia da un popolo di pastori stanziati
nella fascia siro-palestinese e alto-mesopotamica, diverso da quello
semitico orientale presente nella bassa Mesopotamia fino al crollo
dell'impero di Ur.
Approfittando
della situazione di crisi, i nomadi amorrei lentamente si inserirono e
si infiltrarono nel territorio di Ur, che fino ad allora era riuscito
a emarginarli, mantenendoli come forza "esterna" grazie a
una politica economica prettamente agricola che era riuscita a
ristrutturare l'attività pastorale in senso sedentario (i pastori
erano divenuti agricoltori) o almeno a inserirla nell'economia
cittadina e ad essa subordinarla tramite il controllo dell'allevamento
e della relativa produzione da parte di una amministrazione
centralizzata.
Il
grande impero Persiano fondato da Ciro II e consolidato da Dario I,
raccolse l'eredità culturale di quello babilonese: al polo
"centrale" della Mesopotamia si aggiunsero i poli della
valle del Nilo, dell'Egeo, della valle dell'Indo, dell'Asia centrale.
L'antica e sacra città di Babilonia era una delle
"capitali" dell'impero insieme a Susa e a Echatana. Dapprima
caratteri della cultura babilonese, poi di quella egiziana e anche
egea, si manifesteranno nell'arte monumentale di Persepoli, capitale
dei fasti imperiali, sottolineando ancora il continuo interscambio di
idee e di manodopera fin nelle più lontane province
dell'impero.
La
profanazione operata da Serse, che aveva distrutto col fuoco l'Acropoli
di Atene, costò cara a Persepoli: Alessandro Magno ne incendiò i
meravigliosi palazzi e così un impero di lingua greca si sostituì a
quello persiano. La cultura persiana non pretese mai di sovrapporsi
alle culture greche o anatoliche delle popolazioni indigene o
immigrate.
L'antica
tradizione del commercio a lunga distanza che attraversava il Vicino
Oriente per vie marittime (Golfo Persico), fluviali (Tigri ed Eufrate)
e terrestri fu perpetuata nel I millennio a.C. dalla ricca città
carovaniera di Petra, sorta anche per ragioni di sicurezza, nel cuore
del deserto giordano, a metà cammino dal Mar Morto e dal Golfo di
Aqaba. La città, capitale del regno dei Nabatei (nomadi venuti dal nord
dell'Arabia) durante il periodo persiano, controllava due grandi piste
carovaniere: una collegava l'Arabia e il Golfo Persico al
Mediterraneo; l'altra, in direzione nord-sud, il Mar Rosso alla Siria.
A seguito dell'occupazione romana e dell'istituzione della provincia
di Arabia, nel 106 a.C., iniziò i l lento declino della città.
Petra
aveva dunque costituito la "porta" d'accesso attraverso cui
l'antico Oriente comunicava con un occidente ormai preponderante.

Dal
punto di vista storico e artistico, l'Asia è una delle aree più
significative e affascinanti della terra. Innumerevoli le vestigia e
ancora aperta la possibilità di fare scoperte eccezionali, come
quella di Lintong nel 1974 che ha portato alla luce un'intera armata
di terracotta, composta da migliaia di guerrieri a grandezza naturale,
raffiguranti l'esercito del primo imperatore della Cina, Qin Shi Huang
del III secolo a.C.
La
civiltà cinese e quella indiana costituiscono i due poli fra cui si
dipana la storia asiatica e, benché la due siano tanto diverse fra
loro, tuttavia, hanno in comune l'esperienza spirituale buddhista che
ha improntato di sé la quasi totalità dei paesi asiatici.
Nato
in India, il buddhismo si è diffuso lungo due rotte principali: a sud
dallo Sri Lanka verso l'Indocina e a nord, seguendo la via della seta,
ha raggiunto la Cina e il Giappone. Le grotte di Ajanta in India, il
Borobudur a Giava, gli zeidi e i templi di Pagan in Birmania,
il Bayon ad Angkor in Cambogia e le grotte di Luoyang in Cina ne
attestano il vigore e la grandezza.
L'architettura
buddhista, iniziata con lo stupa, semplice tumulo funerario
pieno eretto sui resti di cremazione del Buddha, si evolve attraverso
una serie di passaggi che corredano il monumento iniziale di balaustre
e splendidi portali e lo dilatano in mistica montagna di
pellegrinaggio nel Borobudur, fino a trasformarlo in vero e proprio
tempio, con possibilità di fruirne gli spazi interni, nelle
diversificate e maestose soluzioni di Pagan.
Nella
statuaria, Siddhārtha Gautama, detto il "Buddha", prima
evocato soltanto per simboli, compare in seguito in diversi
atteggiamenti, inserendosi in un pantheon sempre più complesso che
arriva a includere anche raffigurazioni femminili. Nelle insuperabili
pitture delle grotte di Ajanta la storia dell'Illuminato e
dell'evoluzione del buddhismo si inserisce nel tessuto quotidiano,
offrendo interessantissime testimonianze della vita
dell'epoca.
Anche
in Cina il grembo della montagna diviene santuario: a Longmen
generazioni di scultori incidono quasi centomila immagini del Buddha e
dei Bodhisattva in grotte naturali, anfratti e nicchie, a
testimonianza della devozione locale verso il credo buddhista. Di
quanto si sia fatto complesso ed esoterico il semplice messaggio
salvifico del Buddha nel corso dei secoli, testimonia il misterioso
Bayon che celebra l'ideale del bodhisattva: pur avendo
raggiunto l'illuminazione, questo personaggio rimane nel mondo a
condividere le sofferenze dell'umanità per guidarla al riscatto e
alla liberazione e in esso si identifica il monarca khmer, sua
incarnazione.
Eppure
il Buddhismo, che tanto influenzò l'Asia, non riuscì a sopravvivere
nella sua terra d'origine: l'india, culla dell'induismo - complesso e
globale modo di essere che travalica la semplice definizione di
religione - finì per respingerlo fuori dai propri confini. La cultura
indiana rimase fortemente indù e dai regni del sud, di cui
Mamallipuram è una delle capitali più affascinanti e antiche, partì
una pacifica ondata di induizzazione che investì i paesi
dell'Indocina e trovò nell'Impero Khmer una delle espressioni più
singolari e sublimi.
Angkor,
la capitale del deva-raja, il dio-re, testimonia con i suoi
templi carichi di simbolismo cosmico la forte eredità indù.
Difficile comunque tracciare nette linee di demarcazione fra il mondo
indù e quello buddhista: lo spirito che pervade l'arte asiatica ne
evidenzia più i punti in comune che le divergenze, soprattutto nella
fondamentale concezione del luogo di culto come rappresentazione
microcosmica dell'universo e come centro di convergenza di forze
divine. L'architetto-sacerdote, depositario della scienza
tradizionale, attua la trasmutazione del profano in sacro e il devoto,
che sa decodificare dietro agli elementi formali che costituiscono la
costruzione i profondi significati simbolici, attinge la conoscenza
suprema e realizza la propria palingenesi.

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