Il sito
pre-angkoriano di Sambor
Prei Kuk è localizzato circa 25 km a nord della città di Kampong
Thom. Fu abitato probabilmente già in età
neolitica. A partire dal VII
secolo d.C. vi sorse una città chiamata Iśanapura,
che fu una delle capitali del regno
di Chenla, e furono edificati i templi attualmente visitabili.
Sambor
Prei Kuk sorge nella valle dello Stung Sen, fiume che scorre parallelo
al Mekong e
si immette nel Tonlé
Sap. In un'area di circa 1 km di lato sono localizzati tre
complessi principali di edifici religiosi (classificati come Nord,
Centrale e Sud da Henri
Parmentier nel 1927), recintati ed orientati
approssimativamente ad est, ma nell'area circostante, vasta alcuni
chilometri quadrati e in gran parte ricoperta dalla giungla, sono stati
finora individuati i resti di più di un centinaio di templi e santuari
minori.
Circa
la metà delle costruzioni sono in piedi, quantomeno parzialmente e in
condizioni di conservazione spesso pessime, a causa del clima, della
vegetazione e del materiale di costruzione utilizzato, mentre gli altri
sono crollati e spesso seppelliti nel terreno.
La
nascita della città è correlata ai primi regnanti "storici"
di Chenla,
i due fratelli o cugini Bhavarman e Mahendravarman (o
Citrasena), provenienti da una zona poco a sud dei monti
Dângrêk. Il primo avrebbe regnato nel corso dell'ultima parte
del VI secolo sulla porzione orientale dei domini paterni, da una
capitale poco distante da Sambor Prei Kuk chiamata Bhavapura.
Il secondo sulla parte occidentale, da una località sconosciuta.
Durante il loro regno le iscrizioni attestano l'assoggettamento di nuovi
territori tra i fiumi Mekong e Chao
Phraya, a sud e a nord dei monti Dangrek. Alla morte di Bhavarman
alla fine del VI secolo, Mahendravarman avrebbe acquisito anche il
dominio della parte orientale e regnato da Sambor Prei Kuk.
Attorno
al 616 gli successe Isananavarman
I, che regnò per circa 20 anni. A Sambor Prei Kuk sono state
ritrovate un gran numero di iscrizioni a lui riferite, una in
particolare si riferisce al luogo stesso come Iśanapuri, per cui si
ritiene che il sito coincida con Iśanapura, che da lui prese il nome
(pura in sanscrito significa
città), una delle capitali del regno di Chenla.
Sembra
che la città vera e propria sorgesse un paio di chilometri ad ovest del
complesso principale di templi, racchiusa da una doppia recinzione ed un
fossato.
Seguì
il regno di Bhavarman
II, di cui si hanno poche notizie, poi attorno al 655-657 d.C.
quello di Jayavarman
I, considerato tradizionalmente l'ultimo re di Chenla, che pare
costituire un momento di frattura nella continuità dinastica e non è
correlabile ai sovrani precedenti.
Dalla
recente attività storiografica di riesame delle testimonianze
epigrafiche è emersa l'ipotesi che il passaggio dei poteri non sia
stato particolarmente violento e ne seguì un lungo (e inusuale, per la
storia cambogiana) periodo di stabilità politico, testimoniato anche
dall'ascendenza al trono della figlia di Jayavarman I, Jayadevi, nonché
di effettiva centralizzazione del potere.
Dalle
iscrizioni appare un re-guerriero e durante il suo regno avvenne
un'espansione territoriale e lo spostamento della capitale da Isanapura,
anche se non è chiaro dove, forse Banteay
Prey Nokor, che più tardi fu una delle capitali del primo
sovrano ankgoriano Jayavarman
II.
Isanapura
nei secoli successivi conobbe un certo declino, ma fu comunque un centro
importante anche in epoca angkoriana e vi furono costruiti dei templi
ancora nel X secolo. Come molte altre città, cadde nell'abbandono nel XV
secolo, per venire riscoperta dagli studiosi occidentali agli
inizi del Novecento.
Le
vestigia di Sambor attirarono l'attenzione degli studiosi francesi che
percorsero la Cambogia in lungo e in largo alla fine del XIX
secolo, con l'intento quantomeno parzialmente pratico di
raccogliere informazioni per il governo coloniale, come Étienne
Aymonier. Il primo esteso studio sul campo fu eseguito da Henri
Parmentier, che classificò 72 edifici.
Negli
anni novanta, dopo la fine delle travagliate vicende cambogiane del
dopoguerra, l'attività archeologica è ripresa. Nel 1997 è stato
effettuato un censimento delle vestigia architettoniche, condotto da
Michel Tranet e Uong Von e finanziato dalla Toyota Foundation.
Nel
1998 ha iniziato ad operare sul sito l'Università
di Waseda, che nel 2001 in collaborazione con il Ministero della
Cultura e delle Belle Arti cambogiano ha costituito il Sambor Prei
Kuk Conservation Project. Il progetto è intervenuto anche in iniziative
collaterali per attivare ricadute economiche favorevoli del nascente
flusso turistico della zona sulla popolazione.
Il
complesso Nord è quello più vicino all'attuale strada di accesso, da
cui è visibile. È conosciuto anche con il nome locale di Prasat
Sambor e comprende probabilmente gli edifici più antichi, ma anche
edifici e iscrizioni del X secolo, in piena epoca angkoriana. È
dedicato a Gambhireśvara, l'imperscrutabile incarnazione di Śiva come
dio delle montagne.
La
torre centrale quadrata, denominata N1 nella classificazione di
Parmentier, ha la singolarità di presentare quattro uscite,
caratteristica praticamente unica nelle torri in mattoni khmer.
Complesso
Centrale è probabilmente il gruppo meno antico dei tre e viene datato
alla fine del VII secolo. Ad oggi è visibile, in cattive condizioni,
solo la torre centrale, un massiccio edificio in mattoni di 8 m per
6 m su un basamento rialzato, con una porta vera a nord e tre porte
cieche nelle altre direzioni. Deve il suo nome moderno di Prasat
Thao (Tempio dei Leoni) alle due poderose statue di leoni ruggenti,
restaurate, che fiancheggiano la breve scalinata che risale il
basamento. Era circondato da una doppia recinzione.
Il
complesso Sud è considerato il più antico e viene attribuito a Iśanavarman
I stesso. È racchiuso da una doppia recinzione, la più interna delle
quali portava decorazioni a medaglione scolpite sui mattoni che la
componevano, ancora visibili su alcune sezioni non crollate. Aveva
entrate ad est e ad ovest.
Il
santuario principale è il meglio conservato del gruppo, ha pianta
rettangolare e la parte superiore si chiude al solito a tronco di
piramide.
L'unica
porta vera è rivolta ad est e la sua struttura è in arenaria, mentre
la camera interna misura ben 9,05 m per 5,21 m. Secondo le
iscrizioni ospitava una statua di Shiva in oro, che fronteggiava quella
in argento di Nandi,
in tempi antichi situata sotto un baldacchino di arenaria monolitica
finemente scolpita nella torre che lo fronteggia a est, crollata nel
2008.
L'esterno
del tempio S1 è decorato con i cosiddetti "palazzi volanti",
come quello degli altri santuari minori del gruppo a pianta ottagonale.
Ce ne sono cinque nella recinzione interna e altri otto in quella
esterna.
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