Palazzi imperiali delle dinastie Ming e Qing a Pechino (Città proibita) e Shenyang (Palazzo Mukden)
(Cina)

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1987 - 2004

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La Città Proibita, il maggior complesso politico-religioso di tutta l’architettura cinese, sorse praticamente dal nulla su iniziativa dell’imperatore Yongle, il terzo e più potente sovrano della dinastia Ming.

All’inizio del XV secolo Yongle decise di trasferire la capitale al Nord sia per scongiurare la minaccia rappresentata dai popoli della steppa, sia per creare un nuovo nucleo rituale da cui rifondare la propria dinastia, che allora aveva sede a Nanchino.

Per difendere la nuova capitale, Pechino (nome con cui gli Occidentali chiamano Beijing), fu sufficiente ricostruire con pietra e mattone quella parte della Grande Muraglia che la proteggeva. Per offrire un alloggio sicuro al Figlio del Cielo, invece, fu necessario ricorrere a tecniche che i ritualisti cinesi avevano perfezionato nel corso dei millenni.

Una tradizione millenaria – Quando, circa 3000 anni fa, si diede inizio alla fondazione delle prime città e dei primi palazzi cinesi, lo si fece seguendo alcuni schemi ben determinati: un recinto murato circondava un grande spazio aperto, nel centro del quale, su una piattaforma, si costruivano, allineati secondo una direttrice nord-sud, gli edifici principali.

Il grande spazio interno a questi cortili faceva presagire l’importanza che secoli più tardi i taoisti avrebbero assegnato al “vuoto”, concetto centrale nella loro dottrina.

D'altra parte, l'esatta disposizione da nord a sud degli alti palazzi obbediva a una visione cosmologica del potere che si sarebbe concretizzata mezzo millennio più avanti, negli enunciati di Confucio e dei suoi discepoli, per i quali la società e lo Stato, come anche l'universo, erano rigorosamente organizzati in senso gerarchico. Questi principi dell'architettura cinese erano già chiaramente definiti durante la dinastia Han, contemporanea all'Impero Romano. 

A essi si aggiungeva un altro aspetto molto importante: il frequente ricorso al legno. In Cina infatti la muratura e il mattone venivano utilizzati per la costruzione delle muraglie difensive, delle mura circostanti le costruzioni, di terrazzi e balaustre, di alcuni edifici funerari e di pagode e, in genere, per opere di ingegneria, come i ponti. Gli edifici, invece, venivano eretti utilizzando pilastri e travi di legno. E non perché di legno ve ne fosse in abbondanza (la terra del loess, le fertili pianure dove tanta fortuna ebbero i modelli architettonici cinesi, ne era completamente sprovvista), ma perché questo materiale presentava alcuni vantaggi rispetto alla pietra e alla muratura e inoltre si adattava meglio all'organizzazione socioeconomica dei cinesi: forte e leggero, era trasportabile in modo economico via fiume, era facile da lavorare e, soprattutto, adatto per la produzione di numerosi edifici costruiti in serie. 

L'aspetto negativo di questa scelta architettonica è che le costruzioni in questo materiale sono di gran lunga meno resistenti di quelle fatte in pietra: anche se la lacca con cui si tratta il legno può durare millenni, il fuoco è il loro peggiore nemico. Per questo motivo contrariamente a quanto è avvenuto in Europa, in Cina sono rimasti pochissimi edifici antichi: non esiste niente che abbia l'età del Partenone o del Colosseo, e neppure delle nostre cattedrali. Rimangono solo alcune testimonianze a partire dall'epoca dei Ming, per altro molto rare in quanto dell'architettura cinese non restano rovine e non solo per il fatto che il legno dura di meno: i cinesi non volevano costruzioni eterne. Preferivano, come accade nel secolo XXI, il costante rinnovamento. In tal senso, l'aspetto attuale degli edifici della Città Proibita è frutto delle ricostruzioni e dei cambiamenti intrapresi dagli imperatori saliti sul trono dopo Yongle.

Gli spazi del potere - Gli elementi architettonici ricorrenti negli edifici del XV secolo erano pochi e semplici. In primo luogo c'era una piattaforma che isolava dall'umidità e la cui altezza e complessità dipendevano dall'importanza dell'edificio. Per esempio, le Tre Sale dell'asse centrale della Città Proibita sono situate su una terrazza di marmo a tre piani lunga 230 metri.

Nella piattaforma, su basi di pietra o bronzo, si fissavano, unite alla sommità da travi, le colonne di legno di "nanmu", un albero simile al cedro, molto alto e resistente, che costituiva il materiale preferito per la costruzione dei grandi palazzi. Nella Città Proibita è possibile vedere delle particolarità della tradizione architettonica cinese: travi di dimensioni decrescenti univano colonne anch'esse di dimensioni decrescenti, creando una navata principale che poteva essere ampliata in tutte le direzioni semplicemente aumentando il numero di colonne e di travi, fatte con sezioni di legno di misura standard. La combinazione di colonne e travi di diverse lunghezze consentiva al tetto di avere spioventi curvilinei o diritti.

L'edificio, sostenuto dalle colonne, non aveva pareti portanti né interne né esterne. Infine, gli edifici erano completamente colorati con modelli decorativi già in uso sette secoli prima di Cristo: il podio e le pareti esterne di un solo colore, spesso rosso; le balaustre, di colore naturale, in marmo nel caso di edifici di grande importanza, come quelli della Città Proibita; colonne di un singolo colore, generalmente rosso; mensole e travi, di colori vivaci, con la predominanza dell'azzurro e del verde; tetto di un solo colore, verdazzurro per le costruzioni comuni o i palazzi più piccoli, giallo a partire dall'epoca Ming per le grandi sale imperiali. Fu sempre con i Ming che la tendenza all'orizzontalità divenne assolutamente predominante: soltanto le pagode si elevavano in verticale, contrastando con un mare di case e palazzi di un solo piano.

Tra le prime cronache antiche cinesi, Memorie di uno storico, scritto da Si Ma Qian della dinastia Han ci racconta che come il Dio del Cielo dimorava nel Purpureo Recinto, una costellazione formata di quindici corpi celesti raggruppati intorno alla Stella del Mirto Purpureo, cioè la Stella Polare, così il Figlio del Cielo, cioè l’imperatore doveva dimorare in una città purpurea che doveva essere il centro del mondo terrestre.

In effetti, la parte vecchia di Pechino, o per meglio definire il centro storico di Pechino, costruito all’inizio della dinastia Ming, era ideato secondo tale antica tradizione e composto da 4 città distinte, una dentro l’altra come la Stella del Mirto Purpureo immaginata dall’uomo di allora in modo da confermare la stretta relazione fra il Dio del Cielo e il figlio del Cielo. Durante le due ultime dinastie imperiali Ming (1368 – 1644) e Qing (1644 – 1911), si potevano distinguere una città esterna rettangolare situata nella parte meridionale e una città interna quadrata nella parte settentrionale, all’interno della quale si trovava la città imperiale, che racchiudeva, a sua volta, il vero e proprio Palazzo Imperiale, chiamato appunto la Città Proibita Purporea.

La Città Proibita Purporea era la residenza imperiale delle ultime due dinastie cinesi, nella quale vissero 24 imperatori, di cui 14 Ming e 10 Qing. Era un mondo chiuso e vietato, cui non poteva penetrarvi, nemmeno avvicinarsi nessun suddito e per questo motivo, si chiamava La Città Proibita.  

Una città nuova - Quando, a partire dal XII secolo, i popoli del Nord occuparono parti sempre più vaste della Cina settentrionale, la convergenza su Pechino di tutte le vie di comunicazione che collegavano la Mongolia e la Manciuria con le grandi pianure della Cina del Nord venne decisamente apprezzata.

L'importanza di Pechino, che nel secolo XI era una piccola città mercato, crebbe in concomitanza di ogni nuova invasione: i Kitàn la nominarono loro capitale secondaria e la chiamarono Nanjing ("capitale del Sud") o Yanjing ("capitale di Yan", dal nome di un antico regno della regione).

Gli Jűrchen, fondatori della dinastia Jin, la denominarono Zhongdu ("capitale centrale"), rimodellarono i suoi laghi e al centro eressero il palazzo imperiale con i relativi giardini, devastato poi dai Mongoli.

Nel 1261 Kubilay Khan, il sovrano mongolo, si accampò nelle vicinanze, si innamorò del luogo e decise di stabilirvi la propria capitale, Dadu (la "Gran Capitale", a cui Marco Polo attribuì il nome di Khanbalic, "la città del Khan").

Nel 1368, quando i Ming cacciarono i mongoli, la capitale divenne Nanchino, eretta sulle sponde del fiume Yangzi, diventato cuore economico della Cina. Il fondatore del nuovo Impero, Zhu Yuazhang, volle accanto a sé il suo primogenito e, quando questi morì, preferì a tutti il primogenito di quest'ultimo, senza tenere conto degli altri suoi figli. Il suo quarto figlio, Zhudi, venne mandato nell'antica città di Dadu, ora ribattezzata Beiping ("Pace del Nord") e gli conferì il titolo di principe di Yan. Fu proprio da questo luogo che, poco dopo la morte del padre, Zhudi, il futuro imperatore Yongle, mosse una rivolta contro il nuovo giovane imperatore, suo nipote. Dopo tre anni di guerra e morte e la scomparse del nipote e di molti dei suoi stessi fratelli, si proclamò imperatore della Cina.

Nanchino uscì malmessa dalla guerra e Yongle, forzato anche dagli attacchi dei mongoli nel nord, decise, nel 1406, di trasferire la capitale verso il suo antico feudo, che ribattezzò Pechino, “capitale del Nord”.

La nuova capitale, situata alquanto a sud rispetto a quella dei Mongoli, fu concepita come una serie di rettangoli concentrici. Nel centro si trovava la Città Proibita Purpurea (Zijincheng), il grande centro cerimoniale della nuova Cina, che noi chiamiamo la Città Proibita.

Attorno a essa, separata da un muraglione, si estendeva la Città Imperiale (Huangcheng), circondata a sua volta da mura e in cui, oltre alle residenze di alcuni dei grandi del regno e a diversi templi connessi alla funzione imperiale, come l'Altare della Terra e il Tempio degli Antenati, risiedevano le corporazioni che lavoravano senza sosta alla ricostruzione e alla manutenzione dei palazzi: carpentieri, muratori, pittori, tessitori... Il timore, più che giustificato, dei pericoli causati dal fuoco causò ben presto l'espulsione dei ceramisti fuori dal recinto.

Al di là della Città Imperiale si estendeva, protetta anch'essa da una cinta muraria, la Città Interna (Neicheng), chiamata Città Tartara dopo che i Manciù, conquistata la Cina nel secolo XVII, vi fecero stabilire la loro élite politica e militare.

La nuova Pechino crebbe velocemente e a metà del secolo XVI anche i quartieri a sud della Città Interna elevarono delle mura, creando un nuovo spazio rettangolare: la Città Esterna (Waicheng) o Città Cinese.

Nel 1860, durante la seconda guerra dell'oppio, l'esercito britannico penetrò nella Città proibita e la occupò fino alla fine delle ostilità. Dopo essere stata la residenza di 24 imperatori (14 della Dinastia Ming e 10 della Qing), nel 1912 la Città proibita cessò di essere il centro del potere politico cinese, con l'abdicazione del giovane imperatore Pu Yi. Egli ottenne però di poter continuare a vivere all'interno della "parte interna" della Città proibita con la sua famiglia, mentre la "parte esterna" venne occupata dal governo della Repubblica di Cina e vi venne istituito un museo nel 1914.

Pu Yi restò nella Città proibita fino al 1924, quando Feng Yuxiang prese il controllo di Pechino per mezzo di un colpo di stato, espellendo l'ex imperatore. Poco dopo venne istituito il "museo nazionale del palazzo", in cui erano esposti i numerosissimi tesori raccolti dagli imperatori nei cinque secoli in cui avevano dominato la Cina. Durante la seconda guerra sino-giapponese la sicurezza di tutti questi tesori venne messa in pericolo, quindi si prese la decisione di riportarli nella Città proibita.

Nel 1947, dopo che erano stati spostati in numerosissime località della Cina, Chiang Kai-shek ordinò che tutti i manufatti che si fosse riusciti a trasportare (provenienti sia dalla Città proibita che dal palazzo imperiale di Nanchino) dovevano venire portati sull'isola di Taiwan. Questi oggetti formano il cuore del "museo nazionale del palazzo" di Taipei.  

Oggi la Porta Tiananmen è decorata con un enorme ritratto di Mao Zedong, affiancato da due manifesti. quello di sinistra reca la scritta zhōnghuá rénmín gònghéguó wànsuì, che significa "lunga vita alla Repubblica Popolare Cinese", mentre su quello di destra c'è scritto shìjiè rénmín dà tuánjié wànsuì, cioè "lunga vita alla grande unità delle popolazioni del mondo". Queste frasi hanno un enorme significato simbolico, poiché la frase "lunga vita" era tradizionalmente riservata all'Imperatore della Cina, mentre oggi è utilizzabile anche per la gente comune, esattamente come è successo per la Città proibita.  

La Città proibita si trova immediatamente a nord della Piazza Tiananmen e vi si può accedere attraverso il Tiananmen, cioè la Porta della pace celeste. Intorno ai palazzi imperiali si trova un'amplissima area chiamata "Città imperiale".

La Città proibita è di forma rettangolare, il più grande complesso di palazzi del mondo con i suoi circa 72 ettari . È circondata da un fossato profondo 6 metri e da un muro alto 10 metri . Tutto il complesso è diviso in due parti:

- la "parte esterna", che comprende le zone meridionali e centrali, è centrata su 3 ampie sale che venivano usate per scopi cerimoniali (come per esempio l'incoronazione, le investiture e i matrimoni imperiali). Una di queste 3 sale è la splendida Sala della suprema armonia. Oltre alle sale da cerimonia, qui si trovano la Libreria imperiale e gli archivi.

- la "parte interna", che comprende le zone settentrionali, orientali e occidentali della Città proibita; essa è centrata su altre 3 ampie sale, utilizzate per gli affari giornalieri dello stato. Il palazzo più importante di questa parte, in cui viveva l'imperatore con la famiglia, gli eunuchi e i servi, è il Palazzo della purezza celeste.  

I palazzi della Città proibita sono allineati lungo tre direttrici nord-sud. Quella centrale ospita i palazzi più importanti; nella direttrice orientale si trovano alcuni cortili semi-indipendenti; nella direttrice occidentale si trovano diversi giardini ed edifici religiosi. La maggior parte di questa direttrice non è aperta al pubblico, poiché alcuni edifici sono pericolanti e altri vennero distrutti da un incendio nel 1923 e mai ricostruiti. Nelle sue memorie, Pu Yi si dice convinto che il fuoco sia stato appiccato da alcuni eunuchi che volevano cancellare le prove del trafugamento di alcuni tesori dal Palazzo imperiale.

Le mura che circondano la Città proibita hanno una porta su ogni lato. A sud si trova la "Porta meridiana". A nord si trova la "Porta del volere divino" (la distanza fra queste due porte è di 960 metri ). Le mura sono molto spesse, progettate specificamente per resistere ad attacchi di cannoni. Ai quattro angoli della cinta muraria si trovano 4 torri, che permettevano un'ottima visuale sia all'interno che all'esterno.

Tra la "Porta meridiana" e la "Porta Tiananmen" si trova un'ampia piazza in cui spesso venivano eseguite le punizioni corporali inflitte dall'imperatore. Questa è la stessa piazza in cui Mao Zedong fece il suo celebre discorso sul comunismo.

Tutta la Città proibita è circondata da giardini. Nella parte settentrionale si trova il Giardino imperiale: qui sono ospitate moltissime piante secolari, oltre a numerose specie rare. Gli edifici della parte occidentale sono disposti intorno a due laghi, e servono come quartier generale del Partito comunista cinese.  

I cinesi non amano dare indicazioni usando i concetti di sinistra e destra: preferiscono quelli di est e ovest, quindi gioverebbe girare con una bussola in tasca, ricordando però che quella cinese indica il sud... Tuttavia, lungo gli itinerari della Città Proibita, una serie di simboli vi rammenta continuamente la vostra posizione: basta saperli interpretare. Può essere dunque utile osservare come l'imperatore si incastonava in una vera e propria "pianta cardinale": una volta assiso in trono, egli volgeva il viso verso il fiume dalle acque d'oro (jinshuihe) che i turisti varcano su cinque ponti, a sud, indicato dall'uccello vermiglio; la schiena era invece rivolta al nord, da cui provengono gli influssi negativi. Per questo era dispiegato alle spalle del Figlio del Cielo un grande paravento, e analogamente, alle spalle dell'intera Città Proibita, abbiamo visto come fosse stata innalzata la Collina del Carbone, non a caso a cinque picchi; simbolo austero del settentrione è il carapace della testuggine nera. 

Il lato sinistro dell'imperatore si trovava così rivolto a est, segnalato da un drago blu; sempre a est trovavano la propria sede i dicasteri civili, definiti "dello Sbocciare delle Lettere". A occidente, punto cardinale indicato dalla tigre bianca, erano ubicati i dicasteri militari. Anche l'asse verticale era investito di una precisa simbologia: sul soffitto, sopra la testa dell'imperatore, si sviluppava una volta emisferica a cassettoni, rappresentante la volta celeste, con un drago scolpito al centro. C'è drago e drago: quello imperiale sfodera zampe a cinque artigli ed è giallo oro. Lo schermo dei nove draghi, ad esempio, è un muro di trentun metri, alto sei, con nove draghi di colori diversi su uno sfondo di duecentosettanta mattonelle smaltate a comporre flutti marini sul registro inferiore e nuvole in quello superiore. Se avete un'impressione di déjà vu, avete ragione - oltre a un'ottima memoria: esistono in Cina altri due schermi simili, uno al parco Beihai a Pechino e l'altro a Datong, nello Shaanxi. Questo fu costruito nel 1774, sotto Qianlong.  

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Vale la pena attardare lo sguardo sugli acroteri, le tegole che occupano la posizione più avanzata sul tetto. È una posizione "critica" per molte culture, non soltanto per quella cinese: un punto attraverso cui spiriti nefasti potrebbero insinuarsi nella vita dei residenti. Meglio affidare al ruolo apotropaico di figure mostruose il compito di stornare tali ospiti indesiderati. Per decorare questi acroteri, sin dall'epoca Ming si usa la tecnica sancai (a tre colori), con accorgimenti di produzione rimasti praticamente invariati sino a oggi.

Vuole la leggenda che nel 283 a.C. il crudelissimo principe Min dello Stato di Ji, sconfitto, sia stato appeso a un angolo del tetto del suo palazzo e lì lasciato morire di fame. I sudditi, ancora scottati dalla sua tirannia, collocarono a dileggio, sui tetti delle proprie abitazioni, la sua immagine a cavallo di una gallina, cui poi avrebbero aggiunto un drago mostruoso per non farlo scappare. Solo molto più tardi, in epoca Ming, il corteo sarebbe divenuto più sostanzioso.

Le decorazioni in ceramica smaltata sono in grès: cotto a 1400°C, poi vetrificato, si rivela durissimo, resistente agli attacchi del tempo.

L'ingresso al neiting era limitato non solo per le persone ma anche per le suppellettili. La corte ordinava a specifici forni delle forme di vasi di cui aveva il monopolio, il che garantiva l'irriproducibilità del pezzo: nessun altro nell'Impero di Mezzo avrebbe così potuto vantarsi di maneggiare opere simili a quelle del Figlio del Cielo. Faceva eccezione un genere per cui diversi imperatori Qing, soprattutto il curioso Qianlong, andarono pazzi: si tratta degli orologi meccanici, provenienti soprattutto dalla Sassonia, che affollano in diversi esemplari le collezioni imperiali ancor oggi in bella mostra a palazzo.

Qiancbao e neiting sono nettamente separati da un palazzo-membrana, la porta della Purezza Celeste la cui versione odierna risale al 1655.  

SIMBOLISMO - Il colore reale era il giallo, colore che domina i tetti della Città proibita. In ogni angolo dei tetti si trovano piccole statuette, il cui numero era un chiaro segno del potere della persona che viveva nell'edificio. Il numero 9 era riservato esclusivamente all'Imperatore. Solo un edificio ha 10 statuette ad ogni angolo.  

Circondato da un fossato, l'insieme di palazzi servì come residenza a 24 imperatori. Ci sono 4 porte di accesso, una su ogni lato:

- a sud, Wumen (Porta di Mezzogiorno);
- a nord, Shenwumen (Porta della Grandezza Divina);
- a est, Donghuamen (Porta Fiorita dell'Est);
- a ovest, Xihuamen (Porta Fiorita dell'Ovest).

La Wumen è la porta più grande del Palazzo è una costruzione massiccia, con 2 ali, sormontata da 5 padiglioni, uno al centro, rettangolare, e 4 più piccoli e quadrati, a ogni angolo. Qui l'imperatore presenziava alle cerimonie militari e proclamava il nuovo calendario. Alla fine di ogni battaglia le armate sfilavano davanti a questa porta in presenza dell'imperatore a cui offrivano i loro prigionieri che egli poteva sia condannare che graziare. 

Dall'alto della Porta, in epoca imperiale, gli editti, posti e calati in una scatola di legno dorato venivano consegnati ai funzionari che li ricevevano su di un vassoio e li portavano in processione al Ministero dei Riti dove venivano copiati in migliaia di esemplari e spediti in tutto il Paese. Varcata Wumen, si entra in un ampio cortile dove scorre il Jinshuihe (Ruscello dalle Acque d'Oro). Lo si attraversa mediante 5 ponti di marmo.

Al centro si aprono 3 porte. Queste immettono nel più grande cortile del Palazzo, fiancheggiato a est e a ovest da due ali di costruzioni a un piano, in cui un tempo si trovavano i depositi imperiali. Al centro del cortile, su una terrazza, si trovano le tre grandi sale. L'imperatore accedeva a questa terrazza, seduto su una portantina, da una rampa formata da una grande lastra di marmo bianco su cui è scolpito il drago, la fenice, la perla e le nubi ordinate. I portatori salivano sulla terrazza per mezzo delle 2 scale di marmo porte ai lati della rampa stessa.

Taihedian (Sala dell'Armonia Suprema) - Vi si accede salendo tre scale di marmo di cui quella centrale era riservata all'imperatore. Lo spiazzo antistante questa sala è ornato da 18 bruciaprofumi in bronzo nei quali si bruciava legno di sandalo; ognuno rappresenta una delle 18 province della Cina antica. Un'edicola in pietra contenente una misura per il grano a ovest e a est una meridiana simboleggiano la giustizia e la rettitudine imperiali.
 
 Un drago-tartaruga, animale mitologico, incarna la longevità e l'immortalità. Quattro giade di rame dorato ricoperte da 18 kg d'oro si trovano da una parte e dall'altra del padiglione. Esse servivano da riserva e deposito d'acqua in previsione di incendi e assedi, dato che l'insieme della città è costruito quasi interamente di legno massiccio. Durante l'inverno alcuni eunuchi erano incaricati di accendere dei fuochi sotto le giare per evitare che l'acqua si trasformasse in ghiaccio.

Il Palazzo della Suprema Armonia è sorretto da 24 colonne in legno massiccio di laurocanfora, di 28 m di altezza, provenienti dal sud della Cina e trasportate via fiume fino a Beijing: 6 colonne centrali dorate e decorate con il motivo del drago, simbolo dell'Imperatore, e 18 pilastri laterali coperti di lacca rossa. 

I mattoni lisci che sono serviti alla pavimentazione di questo palazzo sono stati anch'essi importati dal sud della Cina: venivano bagnati dopo la cottura in un liquido oleoso che li rendeva brillanti e lisci.  

Questa sala, terminata nel 1669, è stata completamente restaurata a più riprese. L'insieme di questa costruzione è a incastro: nessun chiodo entra nella sua edificazione.

Al centro del soffitto, un magnifico drago dorato sporge al di sopra del palco in legno di palissandro e del trono dorato dove prendeva posto l'imperatore. Dietro a questo, un paravento ornato da nove draghi (il 9 era la cifra suprema, simbolo del cielo e della terra), e due elefanti - simboli della pace - che vegliavano ai piedi del seggio imperiale. E' proprio su questo trono che l'imperatore regolava gli affari di stato.  
 
Al tempo delle grandi cerimonie (festa di primavera, celebrata secondo il calendario lunare; solstizio d'inverno, anniversario dell’incoronazione dell'imperatore, nomina dei generali, promulgazione delle nuove leggi o proclamazione di decreti importanti...) una quantità impressionante di legno di sandalo e di pino si consumava nei bruciaprofumi; orchestre riempivano il palazzo di suoni, suonando su campane d'oro e su carillon di lastre di giada (litofoni). Funzionari e dignitari venivano allora a prostrarsi davanti al palazzo dove sedeva l'imperatore, ma nessuna donna poteva assistere a questa cerimonia. Sul suo trono, immerso in un fumo irreale, il "Figlio del Cielo", intermediario tra Dio e gli uomini, poteva assaporare a piacere l'"Armonia Suprema"; da qui il nome di questo padiglione.

Zhonghedian (Sala dell'Armonia Perfetta) - E' una sala meno importante e più intima della precedente. Il trono eretto al centro è circondato da 2 bracieri e da 4 bruciaprofumi dorati. Questa sala era innanzitutto un luogo di riposo e di riflessione. L'imperatore vi metteva a punto il protocollo delle cerimonie che dove presiedere, prima di recarsi in gran pompa alla Sala dell'Armonia Suprema. 
 
E' qui che egli stendeva i messaggi che venivano letti nel Tempio degli Antenati ed è qui che venivano esaminate una volta all'anno le sementi dei raccolti. Qui accettava anche le felicitazioni dei suoi ministri e le lettere credenziali degli ambasciatori stranieri. Gli imperatori bambini ricevevano qui l'educazione relativa alle loro funzioni. Due portantine sono situate ai fianchi del trono.
 
Praticamente l'imperatore non camminava mai al di fuori delle stanze o dei giardini imperiali. Tutti i personaggi importanti si spostavano in portantina; quella di un mandarino di distretto veniva portata da 4 uomini; da 8 uomini quella di un mandarino di provincia. Un ministro o un ufficiale superiore aveva diritto a 16 portatori, l'imperatrice a 32 e l'imperatore a 48.

Baohedian (Sala dell'Armonia protetta) - Questa sala servì per le udienze fino ai tempi di Qianlong (1736-1796), quarto imperatore della dinastia Qing. Vi si celebrava anche la festa delle lanterne, il 15° giorno della prima luna. In quest'occasione, l'imperatore offriva sontuosi banchetti alla nobiltà delle minoranze nazionali e ai suoi ministri. Le colonne che sostengono il tetto qui sono più antiche e meno numerose che nella Sala della Suprema Armonia, in modo da permettere grandi ricevimenti. Gli esami imperiali si svolgevano in questa sala. 
 
Ogni tre anni, secondo la tradizione confuciana, l'imperatore sceglieva i candidati solitamente tra i nobili e gli aristocratici per mantenere sempre meglio il suo potere. La selezione si basava dapprima su esami locali (i candidati riconosciuti divenivano letterati), poi su quelli provinciali (gli intenditori) e infine su quelli imperiali. Quest'ultimo esame era presieduto dall'imperatore. Ai lati del trono sono esposti alcuni reperti archeologici scoperti nel 1976, come pure si possono ammirare dei rari ornamenti risalenti a più di 5000 anni or sono. Un bronzo funebre rappresenta due cavalieri armati di lancia che precedono un carro tirato da due cavalli che trasporta un funzionario protetto da un parasole. Un cavallo che galoppa su una rondinella risale alla dinastia degli Han dell'ovest.

Si possono ugualmente ammirare doni offerti dalle delegazioni straniere che venivano a Beijing per negoziare accordi commerciali con l'Impero di Centro. La maggior parte di questi doni è stata ritrovata ancora nelle relative casse d'imballaggio. Questo padiglione delimita la parte ufficiale del Palazzo. Un'imponente lastra di marmo di 200 tonnellate e di 170 cm di spessore, ornata da 9 draghi, conosciuta come il tappeto di marmo, conduce alla parte nord di questo palazzo. La lastra, composta di un solo pezzo di marmo, scolpita sotto i Ming, proviene da una cava situata a una cinquantina di chilometri da Beijing. Gli operai approfittarono della rigidità dell'inverno per trasportarla. Essi scavarono pozzi ogni 500 m . e versarono sul percorso, in grande quantità, dell'acqua in modo da formare uno spesso strato di ghiaccio: il marmo, depositato su un carro senza ruote trainato da buoi, fu spostato così più facilmente.

Attraversando la Qianqingmen (Porta della Purezza Celeste) si arriva alle tre sale private dell'imperatore. 

Le differenze di stile tra la prima parte della Città Proibita, maestosa e grandiosa, e la seconda più intima e di dimensioni più umane, permettono di immaginare i contrasti che separavano gli affari pubblici e la vita privata dell'imperatore. 

La vita pubblica si svolgeva nel fasto e nella grandezza; la vita familiare, in appartamenti, giardini e corridoi più intimi, trascorreva più semplicemente.
 
Sulla terrazza ci sono quattro bruciaprofumi dorati. Qui, gli imperatori Ming avevano la loro stanza da letto. Poi, con i Qing, divenne sala di udienze in cui si ricevevano gli ambasciatori stranieri. 

Al centro vi è il trono imperiale con bruciaprofumi in "cloisonné"; durante i Ming era l'abitazione dell'imperatrice. Sotto i Qing, l'imperatore e l'imperatrice vi trascorrevano la loro prima notte di nozze.

Uscendo dalla "Porta della Tranquillità Terrestre" si giunge al Giardino Imperiale, costruito in epoca Ming.

La parte nord-ovest del Palazzo Imperiale è una successione di corti e padiglioni. Qui vivevano le concubine, le favorite e gli eunuchi. Se ufficialmente un imperatore poteva avere 3 mogli, 6 favorite e 72 concubine, alcuni di essi possedevano fino a 3.000 concubine. Oggi la maggior parte dei palazzi è adibita a musei. troviamo:

Yangxindian (Palazzo del Nutrimento dello Spirito) qui vissero gli ultimi 3 imperatori Qing:

I 6 Palazzi dell'Ovest (Xiliugong) dove risiedevano l'imperatrice, le vedove, le inservienti e le concubine;

Zhaigong (Palazzo dell'Astinenza), dove la corte si felicitava quando nasceva l'erede al trono; adibito a museo degli oggetti di bronzo;

I 6 palazzi dell'Est (Dongliugong) custodiscono collezioni di oggetti preziosi(ceramiche, porcellane d'epoca Yuan, Ming, Qing, stoffe e sete);  Va notato che gran parte del tesoro di arte del Palazzo Imperiale è stato portato a Taiwan dai nazionalisti nel 1949 e si trova attualmente nel Museo Nazionale Cinese a Taipei;

Ningshougong (Palazzo della Tranquillità e della Longevità) - Si trova nella parte nord-est del Palazzo Imperiale, in esso si compivano i sacrifici. Fu da qui che l'imperatrice Cixi nel 1900 decise di lasciare Beijing con la corte quando gli Europei stavano entrando in città.

Attraverso la Yangxingmen (Porta del Nutrimento del carattere) si arriva alle 3 sale che costituivano gli appartamenti privati dell'imperatore Qianlong e dell'imperatrice Cixi. In queste 3 sale sono conservati ed esposti parte dei tesori imperiali: oggetti in oro, giada, corallo, doni che funzionari o dignitari civili e militari cinesi o capi di stato e diplomatici esteri hanno inviato agli imperatori.

A ovest della "Porta del Nutrimento del Carattere" vi è un giardino con alberi e colline artificiali. Vicino c'è il Pozzo della concubina Zhenfei. In esso l'imperatrice Cixi nel 1900 fece gettare la favorita dell'imperatore perché aveva cercato di persuadere il "Figlio del Cielo" a restare nel palazzo imperiale con lei anziché fuggire davanti al nemico.

Nella Jianting (Sala delle Frecce) sono esposti i tamburi di pietra. Si tratta di 10 blocchi di pietra la cui forma richiama solo vagamente quella di un tamburo. Ciascuno ha un'iscrizione che ricorda una battuta di caccia fatta da un duca di Qin. Sono le più antiche epigrafi cinesi su pietra che ci siano pervenute e sono state scoperte sotto i Tang nel VII sec. nel distretto di Fengxiang nel Shaanxi.

Nella parte ovest troviamo:

- Xihuayuan (Giardino dell'Ovest);
- Yuhuage (Padiglione della Pioggia di Fiori), tempio lamaista decorato con trofei di ossa umane;
- Cininggong (Palazzo della Tranquillità e della Pace), il più importante dei palazzi dell'ovest;
- Dafotang (Sala del Grande Buddha).

Al Parco di Sun Yatsen vi si accede da una porta collocata a ovest della Tian’anmen. Nel 1421 l 'imperatore Yongle vi eresse l'Altare del sole e del raccolto diviso in 5 sezioni ciascuna contenente terra di colore diverso a indicare che tutti i continenti della terra appartengono all'imperatore. A nord dell'altare sorge la "Sala della Preghiera". qui si svolgono generalmente le cerimonie funebri di eminenti uomini del partito o del governo.

Al Parco della Cultura del Popolo vi si può accedere da una porta a est della Tian’anmen. Nel 1544 vi venne edificato il "Tempio degli Antenati Imperiali" dove i Ming e i Qing venivano a onorare i loro morti.

Sebbene in Cina raramente si conoscano i nomi degli architetti, alcuni dei nomi dei progettisti del complesso sono oggi noti.

Le arti praticate dai nobili, dai funzionari e persino dagli imperatori erano la pittura, la calligrafia e la poesia: gli architetti non nascevano in questi ambiti, ma si formavano tramite la tradizione orale degli artigiani ed erano regolati da usi e leggi onerose che determinavano i gradi e le distinzioni fra i servi imperiali. Sappiamo tuttavia, che la Città Proibita fu progettata dall'eunuco vietnamita Nguyen An e che il coordinamento di tutta l'opera fu effettuato sia dal ministero dei Lavori Pubblici sia da quello della Giustizia, responsabile della dislocazione di decine di migliaia di famiglie nei dintorni di Pechino, destinate alla produzione degli alimenti che gli esigenti abitanti della nuova città avrebbero consumato, e della precettazione delle centinaia di migliaia di condannati assegnati al trasporto e alla costruzione: da tempo immemorabile tutte le capitali cinesi sono state costruite in questa maniera, combinando spostamenti obbligati a lavori forzati. 

La grande residenza imperiale

Eretta da Yongle, terzo sovrano della dinastia Ming, 1 Httà Proibita fu utilizzata quale residenza imperiale e sede a corte fino al 1912, anno in cui Puyi, l'ultimo imperatore, abdicò. Il suo progetto rispondeva ad antichi principi religios e magici: orientata da nord a sud, organizzata ortogonalmen il suo ordine rifletteva quello dell'universo stesso. Al centro si trovava il trono dell'imperatore, mediatore fra Ciclo e Terra, la cui figura veniva associata alla Stella Polare, attorno alla quale giravano le altre stelle. Allo stesso modo la Città Proibita si struttura intorno allo spazio centrale occupato dalle Tre Sale, in cui si trova il trono imperi Un protocollo rigoroso regolava l'accesso ai diversi spazi del recinto, vietato alla gente comune.

1. Porta di Mezzogiorno -  La Città Proibita ha quattro porte che si aprono in concomitanza dei quattro punti cardinali. Questa porta è alta 35 metri.

2. Muraglione e fossato - Il complesso imperiale è circondato da un muraglione alto 12 metri e un fossato largo 50 metri.

3. Le abitazioni degli eunuchi - Con i Ming, gli eunuchi acquisirono un'importanza crescente negli affari di Stato.

4. Fiume delle Acque d'Oro - Qualsiasi fosse il suo stato o funzione, i sevi dell'imperatore lo attraversavano transitando su uno o l'altro dei cinque ponti.

5. Porta dell'Armonia Imperiale - Introduce in un cortile di 30.000 metri quadrati, circondato da due gallerie destinate a magazzini imperiali.

6. Sala dell'Armonia Suprema - In essa il sovrano presiedeva le grandi cerimonie, il proprio compleanno, l'arrivo del Nuovo Anno..

7. Sala dell'Armonia Perfetta - Il sovrano preparava in questa sala le suppliche rituali prima di effettuare i sacrifici annuali.

8. Sala dell'Armonia Perfetta - Accoglieva eventi quali i banchetti per i dignitari stranieri e gli esami di alti funzionari..

9. Porta della Purezza Celeste - Da qui si accedeva ai tre Palazzi interni, residenza ufficiale della famiglia imperiale.

10. Palazzo della Purezza Celeste - Qui erano dislocate le stanze private del'imperatore. Nel XVIII secolo fu utilizzato per scopi amministrativi.

11. Sala dell'Unione - Era la sala del trono dell'imperatrice, dove venivano ricevute le concubine durante le grandi celebrazioni annuali.

12. Palazzo della Tranquillità Terrestre - Accoglieva le stanze dell'imperatrice. Qui i sovrani passavano la prima notte di nozze.

13. Giardino imperiale - Ha una superficie di 7000 metri quadrati e ospita padiglioni, stagni, colline artificiali....

14. Sala della Pace Imperiale - In questo tempio taoista gli ultimi imperatori Ming si esercitavano in pratiche quali l'alchimia e la divinazione.

15. Porta della Grandezza Divina - Di fronte a essa, oltre il recinto, si alza la collina del Carbone, dove si impiccò l'ultimo imperatore Ming.

16. Sala del Nutrimento dello Spirito - I sovrani si ritiravano qui per dedicarsi allo studio e per esercitarsi nella calligrafia e nella pittura.

17. Sei Palazzi Occidentali - In questo complesso, interamente restaurato nel XIX secolo, risiedevano le concubine imperiali.

18. Muraglione dei Nove Draghi - Di 4 metri per 30, è decorato con mattonelle che rappresentano nove draghi fra le onde del mare.

19. Palazzo della Serena Longevità - Costruito nel XVII secolo, un muro preservava l'intimità dei sovrani.

20. Palazzo dell'Astinenza - I sovrani si ritiravano in questo palazzo per digiunare prima della celebrazione di vari riti annuali.

I VESTITI DI CORTE

I vestiti sfoggiati dai funzionari a corte risentono della moda mancese, determinata dalla lunga pratica d'equitazione di questa popolazione nomade: sembrano pastrani per cavallerizzi, con le loro maniche strette che terminano "a zoccolo", lo spacco laterale, un cappello da cavaliere e gli stivali. Il drago a cinque artigli sul busto è appannaggio del solo imperatore. Spesso i draghi sono raffigurati in coppia, affrontati, e si disputano la perla, simbolo del potere. 

Lungo l'abito si affollano i dodici motivi creati dal leggendario sovrano Shun già 4500 anni fa: la montagna, segno di costanza e stabilità; il drago, simbolo di vigilanza; il fagiano, la combattività in guerra; le coppe per i riti ai penati, simbolo di purezza e disinteresse; la fiamma, che rappresenta lo zelo e l'onore per la virtù; il riso, ciò che l'imperatore deve procurare in abbondanza al popolo; le alghe, il rispetto per l'equilibrio delle distese marine; l'ascia, il simbolo della giustizia... Tali simboli venivano sì ricamati sui vestiti, ma per essere intagliati nel cuore. Il vestito si sublimava in un continuo memento di rettitudine per chi lo indossava, e solo gli atelier di tre città potevano confezionare le uniformi imperiali: Suzhou, Hanzhou e Jianning.

Il chaozhu, la collana cerimoniale, valeva un po' come i galloni per i militari. Il colore dei fili di seta che collegavano i vari rami della collana rivelava lo status di chi la indossava: giallo brillante era il colore dell'imperatore, della sua sposa e della sua concubina; oro per i familiari e i principi; turchese per gli altri. La collana derivava dal rosario buddhista, religione che - influenzati dai mongoli - i mancesi avevano fatto propria. Le centootto perle scandivano l'eliminazione dei dieci desideri impuri. Ogni ventisette perle ve n'era una più grande, la "testa di buddha". La testa di buddha che cadeva al centro della nuca sfoggiava un pendente, la "nuvola dorsale", con uno stupa in miniatura.

Il materiale delle perle cambiava non solo in relazione a chi le indossava, ma in relazione allo scopo della cerimonia: quando l'officiante sacrificava al Cielo, la collana era in perle di turchese, per la Terra aveva grani d'ambra, per il tempio del Sole era in corallo, in malachite per il tempio della Luna. La numerologia della collana può essere letta anche in un'altra chiave: il numero 108 potrebbe richiamare la scansione temporale-meteorologica del mondo in dodici mesi, ventiquattro atmosfere e settantadue climi. In passato, le campane buddhiste - la cui superficie è decorata da 108 punzoni - suonavano centootto volte alla mattina e altrettante alla sera, per scacciare il male. Infatti, secondo un sutra buddhista, la campana ha valore apotropaico. Oggi vengono battute per centootto volte solo all'ultimo dell'anno e in occasioni speciali, per fugare le centootto preoccupazioni mondane dell'anno vecchio.  

LA PAGODA

Alla morte del Buddha, il suo corpo venne cremato su una pira funebre; i pochi resti ossei vennero distribuiti fra i discepoli che si disseminarono sul suolo indiano. Quando arrivavano in un territorio dove la loro predicazione attecchiva, costoro seppellivano la reliquia del Buddha in loro possesso e vi edificavano sopra a commemorazione un cenotafio, una "tomba vuota", lo stupa, attorno al quale si sviluppava la comunità monastica. La forma della torre reliquiaria, cioè quella che viene comunemente chiamata pagoda da una lettura errata del cinese dagoba, deriva dall'incontro dello sikhara indiano con il lóu cinese, una sintesi avvenuta a partire dal III secolo d.C. Lo sikhara è la torre reliquiaria indiana, e deriva da uno sviluppo ipertrofico del pinnacolo sopra lo stupa. Lo stupa è la tomba a cumulo eretta per i grandi leader politici o spirituali, come il Buddha ad esempio. Il lóu è la torre militare cinese d'avvistamento. 

La piattaforma circolare, che evoca una muratura di mattoni, sostiene undici devoti o monaci in atteggiamento di preghiera. La rappresentazione muove secondo un procedimento metonimico, che usa cioè la parte per il tutto. L'area del monastero è riecheggiata dalla semplice menzione del gatha (cancello), di un recinto, dei monaci, di due alberi simmetrici e tre fiori. L'albero è una delle possibili rappresentazioni aniconiche del Buddha, come del resto la pagoda medesima. Le campanelle agli acroteri di ciascun tetto diffondono preghiere ogniqualvolta vengano sollecitate dal vento. Siamo dunque di fronte a una rappresentazione sintetica, metonimica di un convento, e insieme dell'ekklesia buddhista. L'origine della pagoda come torre reliquiaria è svelata in un piccolo particolare: se guardate all'interno della torre, scorgerete un piccolo deposito: è la "cassaforte" della reliquia.

Palazzo Mukden  

Il Palazzo Mukden, chiamato anche Shenyang Gugong, è l'antico palazzo imperiale della Dinastia Qing (1616 - 1910). Si trova nel centro della città cinese di Mukden, oggi Shenyang, in Manciuria.

Il palazzo si estende su di una superficie di circa 70.000 metri quadrati e consta di 70 edifici, a loro volta composti da 300 stanze.

La costruzione del palazzo iniziò nel 1625, durante il regno del fondatore della Dinastia Qing, Nurhaci. Nel 1631 vennero aggiunti ulteriori edifici per ordine dell'imperatore Huang Taiji. I primi 3 imperatori Qing vissero qui fra il 1625 e il 1644.  

PalazzoMukden4.jpg (247593 byte)PalazzoMukden3.jpg (301084 byte)Il palazzo venne progettato per assomigliare alle tende del popolo Manchu, mentre l'allargamento ordinato da Huang Taiji aveva lo scopo di copiare la Città proibita di Pechino.

Nel palazzo sono evidenti alcuni elementi dello stile architettonico proprio delle popolazioni Manchu e del Tibet.

Nel 1644, quando la Dinastia Qing prese il posto della Dinastia Ming a Pechino, il palazzo perse il suo status di residenza ufficiale dell'imperatore e divenne un semplice palazzo regionale.

Nel 1780 l 'imperatore Qianlong fece costruire ulteriori edifici che ampliarono il palazzo. I successivi imperatori Qing presero l'abitudine di passare parte dell'anno in questo palazzo.

Nel 1955 il palazzo Mukden venne trasformato in un museo.