Grotte di Mogao a Dunhuang
(Cina)

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1987

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Alla periferia di Dunhuang, nella provincia del Gansu, nel nord-ovest della Cina, si trova un colle chiamato “Mingsha”, ossia “della sabbia che risuona”. Sul lato est del colle si estende una serie di grotte su cinque livelli, le grotte di Magao. I lavori di costruzione delle grotte durarono per più di mille anni, dal IV al XIV secolo.

Affresco5.jpg (192138 byte)Nel 366 d.C. un monaco di nome Yue Zun, di passaggio vicino a Dunhuang, lungo una delle più importanti strade carovaniere della Via della Seta, scorse un improvviso lampo di luce dorata in cui gli parve di vedere i volti di migliaia di Buddha. Credette così che quel luogo - un'oasi al confine tra i deserti del Gobi e del Taklamakan, nella parte più occidentale della Cina, a quasi 2000 chilometri di distanza da Pechino - dovesse diventare un luogo sacro del buddhismo. 

Raccolse offerte presso gli abitanti della zona e cominciò a scavare la prima nicchia nella soffice parete di arenaria di una rupe di Mogao, 25 chilometri a sud della città. La notizia fece in fretta il giro della regione e da allora, per dieci secoli, i viandanti - come auspicio per il lungo viaggio che li attendeva - contribuirono a dare vita a quello straordinario "inventario" dell'arte buddhista che sono le grotte di Mogao. Se poi Yue Zun sia davvero esistito è un segreto inestricabile, ma resta il fatto che tra il IV e il XIV secolo, in una delle regioni più inospitali dell'Asia, l'arte del Regno di Mezzo produsse 492 grotte che ospitano oltre 2.000 sculture e 45.000 metri quadrati di affreschi. 

Forse l'opera più impressionante di Mogao è l'enorme statua del Buddha di 34,5 metri di altezza protetta da una grande pagoda a sette piani. Eretta nel 695, durante la dinastia Tang, ha il volto ammantato da un'espressione di grande serenità. 

Ma il patrimonio più prezioso di Mogao non sta nell'eccezionalità delle singole opere, bensì nella capacità di testimoniare con continuità i mutamenti stilistici intervenuti nell'arte cinese classica. 

Nelle grotte si trovano affreschi e sculture di almeno cinque dinastie: i Wei del Nord e i Wei Occidentali, i Zhou del Nord, i Sui - una dinastia di transizione che ebbe breve durata - e i Tang, durante il cui dominio la Cina raggiunse una perfezione artistica eguagliata probabilmente soltanto durante l'epoca Ming. 

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Lo stile dell'arte murale, così come quello delle sculture - i cui vividi colori sono miracolosamente arrivati indenni fino a noi - rivela l'incontro e la fusione tra la cultura occidentale e la tradizione cinese, nonché l'evoluzione dei costumi e della religiosità nella pratica del buddhismo. Nelle opere dei primi secoli, le figure e gli abiti presentano inconfondibili le tracce di un'influenza dalla Persia e soprattutto dall'India, Paese di origine del buddhismo. 

Con i Wei Occidentali si assiste a una sinizzazione dello stile. I volti si fanno più arrotondati, i nasi più affilati, gli occhi si allungano, gli abiti stessi prendono fogge orientali. 

Infine, con l'integrazione e l'armonizzazione tra gli Han e i gruppi etnici dell'Asia centrale che abitavano la regione di Dunhuang, durante la dinastia dei Zhou del Nord, i due stili si fondono, si contaminano, fino ad arrivare alla perfezione delle sculture Tang. 

Ma i veri capolavori di Mogao sono lontani dalla Cina ormai da cent'anni. Abbandonate nel XV secolo, le grotte furono riscoperte attorno alla fine dell'Ottocento dal monaco taoista Wang Yuan, che si imbatté in un incavo dove erano custoditi antichi documenti manoscritti. Saggiamente, questi decise di murare l'accesso alla grotta per preservare quelle opere dai saccheggiatori e dall'aria secca del deserto, che ne avrebbe rapidamente compromesso l'integrità. 

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La voce della scoperta giunse però all'orecchio di Sir Aurei Stein, un collezionista inglese, che organizzò una spedizione per poter ammirare il contenuto di quella che oggi è conosciuta come la grotta 17. Stein convinse Wang a cedere quel patrimonio in cambio di una modestissima donazione per il restauro delle grotte e se ne partì da Mogao con 24 enormi casse che contenevano manoscritti, dipinti su tela e lino. Infine, si appropriò del Sutra del Diamante, una xilografia dell'868 (ora alla British Library) che secondo la tradizione sarebbe il più antico libro a stampa conosciuto. Oggi il bottino di quella spedizione può essere ammirato al British Museum di Londra.