Monumenti antichi del monte Wudang
(Cina)

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1994

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Monti Wudang, conosciuti anche col nome di Wu Tang Shan o semplicemente Wudang, sono una piccola catena montuosa che si trova nella provincia di Hubei, poco a sud della città di Shiyan. Sono monti sacri e mete di pellegrinaggio per i fedeli taoisti e rappresentano una delle mete più rilevanti per il turismo cinese.

Queste montagne sono luoghi importanti sin dai tempi antichi per la presenza dei numerosi monasteri taoisti che vi si trovano, famosi come centri accademici di ricerca, insegnamento e pratica della meditazione, delle arti marziali cinesi, della medicina tradizionale cinese e delle pratiche e arti connesse all'agricoltura taoista. Già durante la dinastia Han le montagne attrassero l'attenzione dell'imperatore (fra il I e il III secolo). Durante la dinastia Tang (fra il 618 e il 907) venne costruito il primo tempio.

Nel 1956 una grande quantità di statue antiche raffiguranti divinità e santi vennero fuse. Durante la rivoluzione culturale (1966 - 1976), con la quale venne attuata una capillare destituzione ed eliminazione delle religioni, i templi vennero svuotati, danneggiati, molti distrutti e dimenticati per decenni. Le attività religiose sono riprese di recente con il revival del Taoismo, alcuni templi, ricostruiti o restaurati, stanno tornando attivi e si stanno costituendo nuove comunità di monaci. Alcuni monasteri si sono organizzati in un'associazione, la Chiesa taoista dei monti Wudang. Nel giugno 2005 numerose comunità monastiche e maestri spirituali che si trasferirono in Taiwan per sfuggire alle persecuzioni sono stati autorizzati a fare ritorno presso i templi.

Fra gli edifici, costruiti ed ampliati soprattutto durante la dinastia Ming, si trovano costruzioni risalenti al VII secolo. Il complesso templare ha una grande valenza artistica, in quanto esprime l'apogeo raggiunto dall'arte e architettura cinese in un periodo di circa 1.000 anni.

Mi Fu (1052-1107), tra i più grandi calligrafi che l'Impero di Mezzo abbia mai avuto, definì il monte Wudang in un'iscrizione in tre caratteri semplici, austeri, potenti: Di yi shan, la "montagna numero uno".

Il Wudang - noto anche come Taihe - è lungi dall'essere un semplice monte: è una catena di più di settanta cime, che abbraccia un'area grossomodo circolare di 400 chilometri di diametro nel nord-ovest del Hubei, a sud delle città di Shiyan e di Danjiangkou.

In tanto spazio, è naturale che trovassero posto le più disparate tradizioni religiose: pare che il sito abbia attirato una precoce edificazione di capanne assai semplici, dal tetto di paglia, per la meditazione buddhista. Buddhista quindi la prima occupazione del sito; ma è al taoismo che si dovrà la notorietà di questa catena montuosa, e precisamente alla credenza popolare che vuole queste cime sede dell'ascesi di Zhenwu, che qui conquistò l'immortalità e salì al cielo come divinità delle regioni settentrionali.

Il monte fu sede di un complesso conventuale taoista già in epoca Tang (618-907), allorché venne edificato il tempio dei Cinque Draghi sotto Zhenguan (627-649); l'ampliamento delle strutture proseguì sotto i Song (960-1279) e gli Yuan (1271-1368). La maggior parte degli edifici religiosi costruiti sino ad allora vennero però distrutti durante gli scontri che portarono al rovesciamento della dinastia Yuan, poco oltre la metà del XIV secolo.

L'impulso decisivo per l'entrata del Wudang nella leggenda dell'architettura la si deve perciò al quarto figlio del fondatore della dinastia Ming (1368-1644): Zhu Di. Costui usurpò bellamente il trono al nipote, erede designato; quando nel 1403 il putsch andò in porto, per placare il dissenso dei sudditi si vide costretto a finanziare un'opera pubblica a ringraziamento di Zhenwu, con i buoni auspici del quale, a suo dire, aveva compiuto quella poco ortodossa impresa.

Trecentomila artigiani e carpentieri vennero concentrati per dodici anni, dal 1412 al 1424, sui crinali e gli spartiacque della catena del Wudang: le sale dovevano essere costruite a pelo dei burroni, arroccate tra le nubi perenni delle cime, nel pieno rispetto della silhouette del paesaggio, con una densità di costruzione adeguata. Bisogna ammettere che il picco più alto, nonostante il nome di Tianzhu, pilastro del Cielo, non è un Cervino: tocca appena i 1612 metri; ma i 70 chilometri di sentiero lastricato che dal portale d'ingresso conducono in vetta non sono uno scherzo, soprattutto se si tiene conto che lungo il percorso si accede a una pletora di edifici religiosi di altissimo livello architettonico: 8 palazzi, 2 templi, 36 conventi, 72 templi rupestri, 39 ponti e 12 padiglioni. Un dedalo di picchi, strapiombi, torrenti naturali e incanalati, bacini idrici artificiali, pozzi, laghetti... i cinesi amano contare, adorano incasellare il reale in rapporti numerologici e hanno individuato 72 picchi, 36 strapiombi, 24 torrenti, 3 bacini, 9 pozzi e 10 laghi: nella maggior parte dei casi, quindi, tutto gira attorno a multipli di nove, il numero che esprime la potenza dello yang.

Infaticabile, Zhu Di promulgò una sessantina di decreti per gestire le esigenze degli operai, esprimere preferenze sulle planimetrie da realizzare, convogliare i materiali - abbondano l'oro e l'argento, donati dalla famiglia imperiale - tutto sotto l'occhio del coadiutore, il vice ministro dei lavori pubblici Guo Jin. Nel 1424 erano stati edificati o restaurati 1,6 milioni di metri quadri, che ospitano ancor oggi 9 santuari, 9 monasteri, 72 templi e 36 conventi; e i successori di Zhu Di continuarono a dare lustro al sito, eleggendolo a tempio dei penati familiari.

Quando il pellegrino varca il portale Xuanyue, all'inizio dell'itinerario sacro, attraversa arcate che si stagliano per venti metri d'altezza su cinque registri d'intagli.

Il tempio Yuzhen, ad appena un chilometro dal portale, ospita una statua bronzea di Zhang Sanfeng, un grande patriarca dell'ordine taoista Wudang. Il tempio Yuxu è il più vasto dell'insieme, con le sue duemila sale.

Nel convento a cinque piani Fuzhen (il "ritorno della verità") un pilastro arriva a sostenere ben dodici travi dei tetti.  

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A strapiombo sul precipizio Nanyan si affaccia il santuario in pietra Tianyi zheng wanshou, di epoca Yuan (XIII-XIV secolo). Da qui una trave di pietra, di trenta centimetri di diametro e lunga quasi tre metri, si sporge come un pennone orizzontale nel baratro. Sulla sua superficie è intagliato un drago, sulla cui testa si può innestare un bastoncino d'incenso. I pellegrini rischiavano la vita nel tentativo di accendere l'incenso nel vuoto, per dimostrare la loro devozione.

Il palazzo Zixiao, ai piedi del picco Zhanqi, a nord-est del Tianzhu, fu costruito nel 1413. La sala principale, la Zhixiao, fu eretta su un terrazzamento a tre livelli; presenta un doppio cornicione, retto da un gioco di nove travi portanti, e propone un acuto contrasto cromatico di tegole verdi e mura rosse. Il turchese mozzafiato del cielo sereno è preso in considerazione dall'architetto cinese come una tinta della tavolozza con cui giocare. 

Gli architetti cinesi hanno sempre concentrato la loro bravura nelle soluzioni escogitate per la mensolatura, il sistema che permette di sostenere tetti così sviluppati e addirittura di sollevarne all'indietro i cornicioni, determinando la silhouette inconfondibile delle coperture cinesi.

Attraverso la città di Zijin e la sua cinta muraria - un chilometro e mezzo di perimetro costituito da lastre monolitiche squadrate del peso di mezza tonnellata ciascuna - si giunge a un basamento in granito, sul quale si sviluppa una teoria di mattonelle, travi, travi di colmo, travetti e porte d'accesso in bronzo per un peso totale di oltre 80 tonnellate. Si tratta della Sala d'Oro, altrimenti nota come Sala della Corona. Venne iniziata nel 1416 e misura 5,54 metri in altezza, 5,8 metri d'ampiezza e 4,2 metri di lunghezza. La sala - appollaiata in cima al picco Tianzhu, ultima stazione del pellegrinaggio - è in bronzo dorato, pur imitando fedelmente le omologhe costruzioni in legno. Prima della collocazione in situ di un parafulmine, ogni baleno causava squarci di luce attorno al padiglione, senza danneggiare l'interno.

Ma nei 400 chilometri di picchi e valli del Wudang trovano posto anche altre tradizioni. Ad esempio, nella zona Jiudaohe si dipana un itinerario-pellegrinaggio per i buddhisti chiamato con understatement "la porta posteriore... divina", anche se si snoda per "soli" dieci chilometri.

Inoltre, il Wudang è un insospettabile erbario a cielo aperto: lo aveva ben compreso Li Shizhen che in epoca Ming, componendo il Compendium di materia medica, aveva selezionato qui ben seicento delle sue milleottocento erbe medicinali.

Ma soprattutto, per milioni di aficionados, Wudang è sinonimo di arti marziali. Sotto Hongzhi (1488-1506) dei Ming, gli Otto Maestri del santuario Zhixiao, sul Wudang, crearono una sincresi fra i tredici passi del Taiji nella versione della scuola Wudang Taiyi Wuxing quan (arte marziale dei Cinque Elementi) di Zhang Sanfeng, grande esponente del taoismo sotto i Song settentrionali, e il qigong (esercizi respiratori) di Hua Tuo: nasceva così il Neijia quan (l'arte marziale della Casa Interna), che tutt'oggi rivaleggia con la scuola Shaolin, la più rinomata scuola meridionale.