Monti
Wudang, conosciuti anche col nome di Wu Tang Shan o semplicemente
Wudang, sono una piccola catena montuosa che si trova nella provincia di
Hubei, poco a sud della città di Shiyan. Sono monti sacri e mete di
pellegrinaggio per i fedeli taoisti e rappresentano una delle mete più
rilevanti per il turismo cinese.
Queste
montagne sono luoghi importanti sin dai tempi antichi per la presenza
dei numerosi monasteri taoisti che vi si trovano, famosi come centri
accademici di ricerca, insegnamento e pratica della meditazione, delle
arti marziali cinesi, della medicina tradizionale cinese e delle
pratiche e arti connesse all'agricoltura taoista. Già durante la
dinastia Han le montagne attrassero l'attenzione dell'imperatore (fra il
I e il III secolo). Durante la dinastia Tang (fra il 618 e il 907) venne
costruito il primo tempio.
Nel
1956 una grande quantità di statue antiche raffiguranti divinità e
santi vennero fuse. Durante la rivoluzione culturale (1966 - 1976), con
la quale venne attuata una capillare destituzione ed eliminazione delle
religioni, i templi vennero svuotati, danneggiati, molti distrutti e
dimenticati per decenni. Le attività religiose sono riprese di recente
con il revival del Taoismo, alcuni templi, ricostruiti o restaurati,
stanno tornando attivi e si stanno costituendo nuove comunità di
monaci. Alcuni monasteri si sono organizzati in un'associazione,
la Chiesa taoista dei monti Wudang. Nel giugno 2005 numerose comunità
monastiche e maestri spirituali che si trasferirono in Taiwan per
sfuggire alle persecuzioni sono stati autorizzati a fare ritorno presso
i templi.
Fra gli
edifici, costruiti ed ampliati soprattutto durante la dinastia Ming, si
trovano costruzioni risalenti al VII secolo. Il complesso templare ha
una grande valenza artistica, in quanto esprime l'apogeo raggiunto
dall'arte e architettura cinese in un periodo di circa 1.000 anni.

Mi Fu (1052-1107), tra i più grandi
calligrafi che l'Impero di Mezzo abbia mai avuto, definì il monte
Wudang in un'iscrizione in tre caratteri semplici, austeri, potenti: Di
yi shan, la "montagna numero uno".
Il Wudang - noto anche come Taihe -
è lungi dall'essere un semplice monte: è una catena di più di
settanta cime, che abbraccia un'area grossomodo circolare di 400
chilometri di diametro nel nord-ovest del Hubei, a sud delle città di
Shiyan e di Danjiangkou.
In tanto spazio, è naturale che
trovassero posto le più disparate tradizioni religiose: pare che il
sito abbia attirato una precoce edificazione di capanne assai semplici,
dal tetto di paglia, per la meditazione buddhista. Buddhista quindi la
prima occupazione del sito; ma è al taoismo che si dovrà la notorietà
di questa catena montuosa, e precisamente alla credenza popolare che
vuole queste cime sede dell'ascesi di Zhenwu, che qui conquistò
l'immortalità e salì al cielo come divinità delle regioni
settentrionali.
Il monte fu sede di un complesso
conventuale taoista già in epoca Tang (618-907), allorché venne
edificato il tempio dei Cinque Draghi sotto Zhenguan (627-649);
l'ampliamento delle strutture proseguì sotto i Song (960-1279) e gli
Yuan (1271-1368). La maggior parte degli edifici religiosi costruiti
sino ad allora vennero però distrutti durante gli scontri che portarono
al rovesciamento della dinastia Yuan, poco oltre la metà del XIV
secolo.

L'impulso decisivo per l'entrata del
Wudang nella leggenda dell'architettura la si deve perciò al quarto
figlio del fondatore della dinastia Ming (1368-1644): Zhu Di. Costui
usurpò bellamente il trono al nipote, erede designato; quando nel 1403
il putsch andò in porto, per placare il dissenso dei sudditi si vide
costretto a finanziare un'opera pubblica a ringraziamento di Zhenwu, con
i buoni auspici del quale, a suo dire, aveva compiuto quella poco
ortodossa impresa.
Trecentomila artigiani e carpentieri
vennero concentrati per dodici anni, dal 1412 al 1424, sui crinali e gli
spartiacque della catena del Wudang: le sale dovevano essere costruite a
pelo dei burroni, arroccate tra le nubi perenni delle cime, nel pieno
rispetto della silhouette del paesaggio, con una densità di costruzione
adeguata. Bisogna ammettere che il picco più alto, nonostante il nome
di Tianzhu, pilastro del Cielo, non è un Cervino: tocca appena i 1612
metri; ma i 70 chilometri di sentiero lastricato che dal portale
d'ingresso conducono in vetta non sono uno scherzo, soprattutto se si
tiene conto che lungo il percorso si accede a una pletora di edifici
religiosi di altissimo livello architettonico: 8 palazzi, 2 templi, 36
conventi, 72 templi rupestri, 39 ponti e 12 padiglioni. Un dedalo di
picchi, strapiombi, torrenti naturali e incanalati, bacini idrici
artificiali, pozzi, laghetti... i cinesi amano contare, adorano
incasellare il reale in rapporti numerologici e hanno individuato 72
picchi, 36 strapiombi, 24 torrenti, 3 bacini, 9 pozzi e 10 laghi: nella
maggior parte dei casi, quindi, tutto gira attorno a multipli di nove,
il numero che esprime la potenza dello yang.
Infaticabile, Zhu Di promulgò una
sessantina di decreti per gestire le esigenze degli operai, esprimere
preferenze sulle planimetrie da realizzare, convogliare i materiali -
abbondano l'oro e l'argento, donati dalla famiglia imperiale - tutto
sotto l'occhio del coadiutore, il vice ministro dei lavori pubblici Guo
Jin. Nel 1424 erano stati edificati o restaurati 1,6 milioni di metri
quadri, che ospitano ancor oggi 9 santuari, 9 monasteri, 72 templi e 36
conventi; e i successori di Zhu Di continuarono a dare lustro al sito,
eleggendolo a tempio dei penati familiari.
Quando il pellegrino varca il portale
Xuanyue, all'inizio dell'itinerario sacro, attraversa arcate che si
stagliano per venti metri d'altezza su cinque registri d'intagli.
Il tempio Yuzhen, ad appena un
chilometro dal portale, ospita una statua bronzea di Zhang Sanfeng, un
grande patriarca dell'ordine taoista Wudang. Il tempio Yuxu è il più
vasto dell'insieme, con le sue duemila sale.
Nel convento a cinque piani Fuzhen
(il "ritorno della verità") un pilastro arriva a sostenere
ben dodici travi dei tetti.


A strapiombo sul precipizio Nanyan si
affaccia il santuario in pietra Tianyi zheng wanshou, di epoca Yuan
(XIII-XIV secolo). Da qui una trave di pietra, di trenta centimetri di
diametro e lunga quasi tre metri, si sporge come un pennone orizzontale
nel baratro. Sulla sua superficie è intagliato un drago, sulla cui
testa si può innestare un bastoncino d'incenso. I pellegrini
rischiavano la vita nel tentativo di accendere l'incenso nel vuoto, per
dimostrare la loro devozione.
Il palazzo Zixiao, ai piedi del picco
Zhanqi, a nord-est del Tianzhu, fu costruito nel 1413. La sala
principale, la Zhixiao, fu eretta su un terrazzamento a tre livelli;
presenta un doppio cornicione, retto da un gioco di nove travi portanti,
e propone un acuto contrasto cromatico di tegole verdi e mura rosse. Il
turchese mozzafiato del cielo sereno è preso in considerazione
dall'architetto cinese come una tinta della tavolozza con cui
giocare.
Gli architetti cinesi hanno sempre
concentrato la loro bravura nelle soluzioni escogitate per la
mensolatura, il sistema che permette di sostenere tetti così sviluppati
e addirittura di sollevarne all'indietro i cornicioni, determinando la
silhouette inconfondibile delle coperture cinesi.
Attraverso la città di Zijin e la
sua cinta muraria - un chilometro e mezzo di perimetro costituito da
lastre monolitiche squadrate del peso di mezza tonnellata ciascuna - si
giunge a un basamento in granito, sul quale si sviluppa una teoria di
mattonelle, travi, travi di colmo, travetti e porte d'accesso in bronzo
per un peso totale di oltre 80 tonnellate. Si tratta della Sala d'Oro,
altrimenti nota come Sala della Corona. Venne iniziata nel 1416 e misura
5,54 metri in altezza, 5,8 metri d'ampiezza e 4,2 metri di lunghezza. La
sala - appollaiata in cima al picco Tianzhu, ultima stazione del
pellegrinaggio - è in bronzo dorato, pur imitando fedelmente le
omologhe costruzioni in legno. Prima della collocazione in situ di un
parafulmine, ogni baleno causava squarci di luce attorno al padiglione,
senza danneggiare l'interno.
Ma nei 400 chilometri di picchi e
valli del Wudang trovano posto anche altre tradizioni. Ad esempio, nella
zona Jiudaohe si dipana un itinerario-pellegrinaggio per i buddhisti
chiamato con understatement "la porta posteriore... divina",
anche se si snoda per "soli" dieci chilometri.
Inoltre, il Wudang è un
insospettabile erbario a cielo aperto: lo aveva ben compreso Li Shizhen
che in epoca Ming, componendo il Compendium di materia medica, aveva
selezionato qui ben seicento delle sue milleottocento erbe medicinali.
Ma soprattutto, per milioni di
aficionados, Wudang è sinonimo di arti marziali. Sotto Hongzhi
(1488-1506) dei Ming, gli Otto Maestri del santuario Zhixiao, sul
Wudang, crearono una sincresi fra i tredici passi del Taiji nella
versione della scuola Wudang Taiyi Wuxing quan (arte marziale dei Cinque
Elementi) di Zhang Sanfeng, grande esponente del taoismo sotto i Song
settentrionali, e il qigong (esercizi respiratori) di Hua Tuo: nasceva
così il Neijia quan (l'arte marziale della Casa Interna), che tutt'oggi
rivaleggia con la scuola Shaolin, la più rinomata scuola meridionale.
