l
complesso delle grotte-tempio di Longmen, uno dei complessi di caverne
più famosi di tutta la Cina, insieme alle grotte di Mogao e alle grotte
di Ungang, fu iniziata nel 494 d.C. sotto la dinastia dei Wei del Nord
(386-534), sfruttando inizialmente degli anfratti originari, e proseguì
per circa 400 anni a opera di diverse dinastie.
Il
complesso si snoda per un chilometro lungo le pareti rocciose che
costeggiano il fiume Yi, ricche di una pietra calcarea grigia e
compatta, particolarmente adatta a un intaglio fine e accurato anche nei
particolari. Su queste pareti furono scolpite oltre 97.000 statue di
Buddha o Bodhisattva, di dimensioni variabili (la più grande
supera i 17 metri, la più piccola misura appena 2 centimetri), 1325 fra
cavità grandi e piccole, 750 nicchie e 40 pagode, lasciando così la
testimonianza più significativa della devozione per il buddhismo della
Cina medievale.
Tale
confessione religiosa si propagò in Cina durante il III secolo a.C. e
prima di questo periodo appare assai improbabile la produzione di
immagini del Buddha. Ricerche approfondite hanno dimostrato che già
verso la fine del II secolo d.C. fioriva a Luoyang una comunità
buddhista, divenuta in seguito il centro delle attività di questa
dottrina nel Paese; nella comunità vennero fissate le prime regole
monastiche del clero buddhista: l'origine del complesso di Longmen va
pertanto intesa come testimonianza dell'importanza che tale clero aveva
raggiunto.
La
costruzione delle grotte attraversa sostanzialmente due fasi: nella
prima, che va dall'inizio del Wei del Nord alla dinastia Sui (581-618),
la scultura è contrassegnata da un certo arcaismo, manifesto in una
concezione non ancora a tutto tondo, in ragione della quale le figure,
appoggiate contro uno sfondo, sono da guardarsi tutte più o meno di
fronte.
Gli
interni delle grotte vengono tappezzati di immagini affollate lungo i
muri su uno sfondo decorativo così ricco da non lasciarne nemmeno un
centimetro libero. Sono file innumerevoli di personaggi resi secondo
un'evidente intenzione realistica, espressa con corpi lunghi e angolosi,
dalla vita sottile, le spalle cadenti, il collo esageratamente lungo e
la testa stretta. Il viso delle statue presenta bocca piccola, occhi
ridotti a fessure allungate, con alte arcate sopraccigliari sporgenti e
lobi, come d'uso, allungati che fiancheggiano il mento appuntito.
L'insieme suggerisce un tipo di bellezza lieve ed evasiva,
un'impressione d'innocenza, di purezza infantile che permea tutta la
scultura buddhista cinese di questo periodo.
Tipica
di questa prima fase è la grande aureola o nimbo, a guisa di foglia,
che forma lo sfondo alle immagini sedute o erette di Buddha e
Bodhisattva. Le immagini prevalentemente rappresentate sono quelle del
Buddha storico, Sakyamuni, ma in seguito alla diffusione della dottrina
del buddhismo Mahayana, o del Grande Veicolo, la condizione di
essere Buddha, raggiungibile per tutti, è ottenuta anche grazie
all'aiuto del Bodhisattva, esseri che interrompono il cammino
verso l'illuminazione per aiutare i comuni mortali lungo la stessa via.
Migliaia di immagini di Bodhtsattva arricchiscono le pareti delle
grotte, accompagnando i diversi Buddha nell'illustrazione di scene e
episodi tratti dalle scritture.
Con
la diffusione del più noto dei sutra, il Loto della Vera Legge,
nell'iconografia di Longmen viene introdotta la figura del Bodhisattva
Avalokitesvara, che in Cina assume le sembianze dell'unica figura
femminile della religiosità popolare cinese, Guanyin, il Buddha della
Misericordia, spesso rappresentata con mille occhi o mille braccia.
Si
moltiplicano anche le immagini del Buddha Amithaba, il cui culto in Cina
sembra risalire già al 386; nel Loto, Amithaba presiede il Paradiso
Occidentale e in tale veste è più volte raffigurato a Longmen.
La
seconda fase, inizia con la dinastia Sui, segna un vero passo avanti
nella storia della scultura buddhista cinese, cominciano ad apparire
statue in pietra isolate, trattate con tipica individualità, che
mostrano una sensualità nuova, riflesso di un più diretto contatto con
lo stile indiano. Il corpo del Buddha, nudo sotto un leggero drappeggio,
è lasciato privo di ornamenti, esaltato solo da un alone circolare
delicatamente intagliato, entro cui è scolpito un tralcio
lussureggiante. I Bodhisattva, anch'essi avvolti in un alone
floreale intagliato secondo lo stile della scultura indiana di quel
periodo, vengono caricati di pesanti ornamenti (gioielli, diademi,
collanine, pendenti), che simboleggiano le donazioni dei ricchi devoti.
Lungo
la sponda del fiume la prima grotta che si incontra è la grotta Qian
Xi, al cui interno si trovano il Buddha Amithaba con due discepoli, due Bodhisattva
e i guardiani. Le seguenti tre grotte, note con il nome di
"Binyang", probabilmente terminate nel 523, sono forse le più
significative della maturità della scultura rupestre di Longmen: la
cappella, larga circa 8 metri e profonda 6, presenta una pianta
strutturata in modo chiaro e coerente.
Contro
il muro posteriore, largo circa 4 metri, sono scolpite nella roccia la
statua principale del Buddha, seduto a gambe incrociate su una predella
larga quasi 6 metri, e quelle dei suoi discepoli, fiancheggiati a loro
volta da due enormi Bodhisattva in piedi. Sulle pareti laterali
si stacca il Buddha in piedi assistito da due Bodhisattva, lo
spazio tra le mandorle e le aureole è occupato da schiere di figure
adoranti. Sul muro di fronte, ai lati del vano della porta, vi è la
raffigurazione a grandezza quasi naturale, dell'imperatore, a sinistra e
dell'imperatrice, a destra, accompagnati da un gruppo di cortigiani che
rappresentano i donatori del tempio-grotta.
La
grotta Lianhua Dong, il cui nome significa "Fiore di Loto", si
distingue per la volta del tetto a forma di loto, dove volteggiano le apsara,
danzatrici celesti.
La
grotta Guyang è la più antica, sulle pareti laterali, contornate da
innumerevoli nicchie, sono rappresentate scene di vita quotidiana del
Buddha e vari Bodhisattva con le mani atteggiate in diversi mudra;
tra tutte spicca la statua del Buddha Maitreya che si dice sia stata
ritoccata nel XVII secolo in modo da assumere l'aspetto di Lao Zi, il
maestro fondatore del taoismo.
Dopo
questa segue la grotta Fengxian Si, una sorta di grande stanza scavata
nella roccia, che originariamente ospitava un tempio di legno di cui ora
non è rimasta traccia. Al suo interno, vi sono un grande Buddha e Bodhisattva
laterali in ottimo stato di conservazione. Sulle pareti appaiono due
guardiani celesti, giganti dall'espressione feroce, presenti in molti
templi buddhisti con la funzione di tenere lontani gli spiriti maligni
ostili al Buddha.
Per
il numero delle raffigurazioni del Buddha è invece degna di nota la
grotta Wanfo
Dong,
costruita nel 690 e detta anche "Grotta dei 10.000 Buddha". In
realtà, le statue scolpite nelle sue pareti settentrionale e
meridionale sono oltre 15.000, mentre sulla parete di fondo sono incisi
54 fiori di loto, su ciascuno dei quali poggia un Bodhisattva. Un'immagine
di Amithaba è collocata su un piedistallo a forma di loto, sostenuto da
quattro giganti protettori del buddhismo.
Dopo
la dinastia Tang, poche sono state le aggiunte apportate a questo
complesso, in ragione soprattutto del ridotto interesse mostrato, in
epoche successive, dalla corte e dalla classe dirigente dei funzionari,
i maggiori committenti delle statue, verso il credo buddhista a cui non
sono state risparmiate frequenti persecuzioni.
Ancora
di eccezionale fattura sono le grotte Binyang, un unico complesso di tre
cavità la cui realizzazione richiese circa 25 anni di lavoro e, si
dice, più di 800 persone. Costruita tra il 500 e il 523 dall'imperatore
Xuanwu (500-515) in memoria del suo predecessore Xiaowen e della
consorte, la grotta centrale misura 12 metri
per 11 ed è alta 9. Al suo interno sono conservate nove statue del
Buddha, la più grande delle quali raggiunge gli 8 metri di altezza. Sul
soffitto, ancora una volta, è inciso un grande fiore di loto con 10
servitori. Purtroppo, le meravigliose scene di adorazione che ne
decoravano le pareti furono asportate nel 1935 e ora sono esposte in un
museo statunitense.
Sebbene
siano generalmente in buono stato di conservazione, le grotte di Longmen
hanno subito danni sia a
causa di agenti naturali, come l'erosione, sia per atti di vandalismo.
Oggi, poi, la crescita economica dell'area urbana di Luoyang ha aggiunto
la minaccia di piogge acide e scarichi automobilistici, che rischiano di
comprometterne l'integrità. Al punto che la rinnovata sensibilità
cinese per il patrimonio artistico ha suggerito al governo e agli enti
locali di prendere misure radicali, come l'allontanamento delle
strutture turistiche dall'area, lo spostamento del vicino villaggio di
Longmen e la ricostruzione della strada d'accesso per ridurre al minimo
le vibrazioni e le polveri prodotte dai mezzi in avvicinamento.