Basta
il nome per evocare emozioni straordinarie e far viaggiare
l’immaginazione su sconfinati scenari naturali. La Via della Seta
condensa, in un’unica espressione, secoli di storia e di avvenimenti
che hanno segnato il destino di popoli e culture.
Per via
della seta si intende il reticolo, che si sviluppava per circa 8.000 km,
costituito da itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali
nell'antichità hanno transitato carovane di cammelli carichi di seta,
prezioso materiale di cui la Cina ha conservato a lungo il “segreto”
della sua lavorazione. Così riusciva a garantirsi il monopolio del
tanto ricercato tessuto, che trovava acquirenti fin nell’Impero
Romano, a occidente.
Le vie
carovaniere attraversavano l'Asia centrale e il Medio Oriente,
collegando Chang’an (oggi Xi'an), in Cina, all’Asia Minore e al
Mediterraneo attraverso il Medio Oriente e il Vicino Oriente. Le
diramazioni si estendevano poi a est alla Corea e al Giappone e, a Sud,
all’India. Il nome apparve per la prima volta nel 1877, quando il
geografo tedesco Ferdinand von Richthofen (1833-1905) pubblicò l'opera Tagebucher
aus China. Nell'Introduzione von Richthofen nomina la Seidenstraße,
la «Via della seta».
La Via
della Seta fu iniziata nel 114 a.C. nel periodo della dinastia Han (206
a.C. – 220 d.C.), e sopravvisse fino almeno al XV secolo, circa 150
dopo Marco Polo, quando si aprirono le vie marittime. Raggiunse
un’estensione di oltre 8000 chilometri, e oltre a essere una via
commerciale era un potente mezzo di scambi di informazioni, persone,
idee.
Oggi
lungo tutto il percorso si possono trovare ancora tracce dei popoli,
delle idee e delle merci che l’hanno attraversata e modellata. Sono la
testimonianza del fatto che la Via della Seta ha anche rappresentato un
dialogo tra le civiltà sedentarie della Cina e dei paesi del Vicino
Oriente e Mediterraneo, mediato dalle popolazioni nomadi dell’Asia
Centrale.
La
destinazione finale della seta che su di essa viaggiava (non certo da
sola ma insieme a tante altre merci preziose) era Roma, dove per altro
non si sapeva con precisione quale ne fosse l’origine (se animale o
vegetale) e da dove provenisse. Altre merci altrettanto preziose
viaggiavano in senso inverso, e insieme alle merci viaggiavano grandi
idee e religioni (concetti fondamentali di Matematica, Geometria,
Astronomia) in entrambi i sensi, Manicheismo, e Nestorianesimo verso
Oriente. Sulla Via della seta compì un complesso giro quasi in tondo
anche il Buddhismo, dall’India all’Asia Centrale alla Cina e infine
al Tibet (il tutto per trovare itinerari che permettessero di evitare le
quasi invalicabili montagne dell’Himalaya).
Questi
scambi commerciali e culturali furono determinanti per lo sviluppo e il
fiorire delle antiche civiltà dell'Egitto, della Cina, dell'India e di
Roma, ma furono di grande importanza anche nel gettare le basi del mondo
moderno.

La via
della seta terrestre si divideva in due fasci di strade, uno
settentrionale e uno meridionale. I rami settentrionali partivano da
Chang'an ovvero Xi'an, salivano in direzione nord ovest attraversando
l'attuale provincia cinese del Gansu (in parte anche navigando sul Fiume
Giallo) fino a Dunhuang, importantissimo centro buddista con le celebri
Grotte di Mogao. Lì si divideva in tre rami. Uno aggirava il deserto
Taklamakan a sud (ai piedi del Tibet). Il secondo invece lo aggirava a
nord (ai piedi dei TianShan, ovvero Monti Celesti). Questi due rami si
riunivano a Kashgar. Il terzo ramo, invece, raggiunta Turpan
attraversava i TianShan in direzione di Alma Ata (odierno Kazakistan).
Tutti questi percorsi si riunivano poi nell’antica Sogdiana e da lì
proseguivano attraverso quelli che oggi sono Uzbekistan, Afghanistan,
Turkmenistan e Iran fino a Baghdad e poi (in buona parte sfruttando
l’Eufrate) fino al Mediterraneo.
Un
altro sotto-ramo, ancora più settentrionale, viaggiava lungo il fiume
Oxus (oggi Amu Darya), passava tra Mar Caspio e Aral e raggiungeva la
penisola di Crimea nella località detta La Tana. Quindi, attraversando
Mar Nero e Mar di Marmara raggiungeva Bisanzio-Costantinopoli e,
navigando nell’Egeo settentrionale, nello Ionio e nell’Adriatico
arrivava fino a Venezia. È infatti La Tana la meta del primo viaggio
dei fratelli Polo, padre e zio di Marco. Ma questo avveniva
evidentemente in tempi molto più recenti. A quel punto la produzione
della seta era già avventurosamente arrivata in Europa.
I
percorsi meridionali o vie del Karakorum sono essenzialmente un grande
percorso che in Cina scende a sud attraverso il Karakorum (lungo il
tracciato seguito ancora oggi dalla moderna strada del Karakorum che
collega Pakistan e Cina), per attraversare il Sichuan e raggiungere il
Pakistan fino all’Oceano Indiano. Da molti porti di queste coste essa
proseguiva poi per l’Occidente (Mar Rosso attraverso Aden e Golfo
Persico attraverso lo Stretto di Hormuz), innestandosi a un certo punto
persino su quello che fu l’itinerario marittimo di Nearco, ammiraglio
di Alessandro Magno, nel viaggio di ritorno dalle terre dell’Indo. Se
non risalivano il Golfo Persico, le merci attraversavano infine la
Persia su varie direttrici raggiungendo comunque Baghdad e così via.
Il percorso
dei fiumi Oxus e Iassarte e del fiume che anticamente collegava
il Lago d'Aral al Mar Caspio rappresentava una via fluviale molto
importante per il trasporto delle merci lungo la Via della Seta.
Terminale di tale via era la città di Saraj che sorgeva presso
l'odierna Volgograd.
L'ultimo
segmento ferroviario della Via della Seta terrestre (su un
itinerario per altro piuttosto spurio) venne completato nel 1992 con
l’inaugurazione della ferrovia internazionale da Almaty (Kazakistan) a
Urumqi (Xinjiang o Turchestan cinese). Da Urumqi si può poi raggiungere
in treno ogni zona della Cina, ivi inclusa dall’estate del 2006 Lhasa,
capitale del Tibet, con la Ferrovia del Tibet.
La via
della seta marittima partendo dalla Cina settentrionale
raggiungeva quella meridionale, estendendosi agli odierni stati delle
Filippine, di Brunei, Siam, Malacca, Ceylon, India, Iran, Iraq, Egitto,
Giordania, Siria, Italia. Il 7 agosto 2005 si è reso noto che l'Antiquity
and Monument Office di Hong Kong sta pensando di proporre la via
della seta marittima come patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Origini
Ai
tempi di Erodoto (circa 475 a.C.), la Via Reale di Persia si sviluppava
su oltre 3.000 chilometri dalla città di Ecbatana (attuale Hamadan), a
Susa (attuale Shush) e fino al porto di Smirne (attuale Izmir)
sull’Egeo. Alla sua manutenzione e protezione provvedeva l’Impero
achemenide (circa 700 a.C. - 330 a.C.), con stazioni di posta e
alloggiamenti a distanze regolari. Per percorrerla i viaggiatori comuni
impiegavano circa 3 mesi, mentre ai corrieri imperiali, continuamente
riforniti di cavalli freschi, bastavano 9 giorni. Su di essa (a
Ecbatana) si innestavano poi altre vie commerciali provenienti da India
e Asia Centrale, sempre sotto la protezione dell’Impero
achemenide.
Il
primo passo importante verso lo stabilirsi di comunicazioni regolari tra
Oriente e Occidente (e viceversa) arrivò tuttavia con l’espansione
dell’impero di Alessandro Magno in Asia Centrale Medio Oriente, fino
alla Valle dell'Indo In attuale Pakistan e poco oltre l’attuale
Afghanistan. Nel 329 a.C., all’imbocco occidentale della Valle di
Fergana nell’odierno Tagikistan, egli fondò la città più remota
dalla sua originaria Macedonia. infatti la denominò Alessandria Eskate,
ovvero “Ultima Alessandria”.
Fu il
suo ammiraglio Nearco ad aprire una rotta dal delta dell'Indo al Golfo
Persico, e furono i suoi successori Tolomei, impadronitisi
dell’Egitto, a promuovere attivamente l’apertura di vie commerciali
con la Mesopotamia, l’India e l’Africa Orientale attraverso i loro
porti sul Mar Rosso e su percorsi terrestri carovanieri (non esclusa la
navigazione sul Nilo).
L'influenza
ellenistica fu poi estesa ancora più a Oriente, in Sogdiana, dal regno
greco-battriano di Battria (odierna Balkh in Afghanistan). Secondo
Strabone, ai tempi del re Eutidemo e di suo figlio Demetrio i
greco-battriani avrebbero addirittura “esteso il loro dominio fino ai
Seri (i cinesi) e i Frini.
Questo
influsso, almeno sotto il profilo delle arti figurative, si espanse
ancora più avanti, fino quasi all’estremità orientale del Deserto
Taklamakan, dove sono stati riportati alla luce affreschi di chiaro
stampo ellenistico-romano, firmati da un “pittore Tita”, ovvero
Titus.
Il
regno greco-battriano fu rovesciato dai Kushana, un popolo di origine
abbastanza oscura ma quasi di sicuro centro-asiatica turki,
riparato lì per sfuggire all’invasione da est degli Hsiung Nu, il
popolo destinato forse a diventare, secoli più tardi, gli Unni dilagati
in Europa.
Fu
attraverso spedizioni diplomatico-commercial-militari dei cinesi verso
l’Asia Centrale e la Partia che nel I secolo a.C. venne in essere
quella che quasi due millenni più tardi sarebbe stata chiamata Via
della Seta.
E fu
durante una di queste campagne che nel 36 a.C., alla battaglia di
Sogdiana tra Han e Hsiung Nu, avvenne forse il primo incontro tra truppe
cinesi e romane, forse sbandate dopo la sconfitta subita da Crasso a
Carre (53 a.C.) in Mesopotamia e catturate o assoldate come mercenarie
prima dai Parti e poi dagli Hsiung Nu. Pare che queste truppe mercenarie
adottassero la tecnica tipicamente romana della “testuggine", ma
l’ipotesi viene generalmente guardata con molto sospetto dagli
storici. In definitiva, dopo 17 anni da Carre questi “mercenari
romani” dovevano essere un po’ invecchiati. E poi, in quale senso
“romani”? Provenienti proprio da Roma o dalle estreme province
orientali dello Stato?
Pare
d'altra parte ben poco credibile che si tratti di soldati
"romani" fatti prigionieri dai Parti quello stesso anno 36
a.C. durante la rovinosa campagna di Antonio contro di essi condotta
passando per l'Armenia invece che per la Mesopotamia.
Nel 97
il generale cinese Ban Chao avanzò con un esercito di 70.000 uomini per
un’ennesima campagna contro gli Hsiung Nu, arrivando ben al di là
della Parthia fino all’attuale Ucraina. Gli Hsiung Nu furono così
spinti alle porte dell’Europa, anche se non è affatto certo che siano
poi diventati i “nostri” Unni. Fu comunque in questo periodo che la
progredita tecnica asiatica dell’arco comparve in Occidente.

Secondo
alcune fonti sarebbe addirittura stato Cesare, di ritorno
dall’Anatolia, a portare a Roma alcune bandiere, catturate al nemico,
di uno sfavillante tessuto sconosciuto che suscitò uno straordinario
interesse: era appunto la seta. Secondo altri, invece, queste bandiere
sarebbero arrivate dopo la disfatta di Crasso a Carre. Si sapeva che
quel tessuto veniva da una non ben precisata terra dei Seri ma
non quale ne fosse l’origine. Secondo Plinio (che riprendeva forse
l’errore di Virgilio) essa sarebbe stata tessuta con un sottilissimo
filo tratto da una peluria di certi ignoti alberi, da lui definita
“lana delle foreste”. Sta di fatto che la seta non era portata a
Roma direttamente dai cinesi ma vi arrivava con la intermediazione prima
dei Sogdiani e dei Parti e poi dei commercianti di Palmira e Petra,
trasportata via mare dai marinai di Antiochia, Tiro e Sidone.
Il
senato romano emanò invano diversi editti per proibire (alle donne ma
anche agli uomini) di indossare la seta. Il tessuto sarebbe infatti
stato decadente e immorale. Ma il vero motivo di questi editti era il
drenaggio di oro cui Roma era costretta, con grave nocumento per quello
che oggi si chiamerebbe “debito estero”.
Vi è
chi sostiene che i romani sarebbero entrati in nebuloso contatto con i
cinesi già nel I secolo d.C. attraverso i Parti, e che Augusto ne
avrebbe addirittura ricevuto una legazione, ma gli annali di
quell’impero registrano che la prima ambasceria (prima di una serie)
sarebbe arrivata là soltanto nel 166 via mare.
Ai
tempi di Giustiniano Costantinopoli, grazie alla sua posizione
geografica privilegiata, dominava i traffici commerciali nel
Mediterraneo. I Bizantini non erano granché interessati a commerciare
con nazioni europee, ormai impoverite dalle invasioni barbariche;
preferirono piuttosto stringere contatti commerciali con le nazioni
dell'Estremo Oriente, tra cui la Cina, dove veniva prodotta la seta. I
Cinesi importavano dai Bizantini vasellame e stoffe prodotte in Siria ed
esportavano la seta.
Un
grosso ostacolo ai traffici con l'Estremo Oriente era però
rappresentato dalla Persia, nemico giurato dell'Impero, sul cui
territorio era necessario passare per giungere in Cina. Una conseguenza
di ciò è che durante i frequenti conflitti con i persiani Sasanidi i
traffici con Cina e India non erano possibili. Giustiniano cercò di
ovviare a questo problema tentando di aprirsi un passaggio per la Cina
attraverso la Crimea, e in questa occasione i Bizantini avviarono delle
relazioni diplomatiche con i Turchi, anch'essi venuti in conflitto
commerciale con i Sasanidi. Sotto il successore di Giustiniano, Giustino
II, Bizantini e Turchi si allearono contro i Persiani. Un altro modo con
cui Giustiniano cercò di commerciare con la Cina senza passare per la
Persia fu giungere via mare passando per il Mar Rosso e per l'Oceano
Indiano.In quest'occasione strinse rapporti commerciali con gli Etiopi
del Regno di Aksum. Tuttavia entrambe le vie alternative presentavano
inconvenienti: l'Oceano Indiano era dominato dai mercanti sasanidi
mentre la via asiatica era impervia e piena di pericoli.
Il
problema fu risolto da due monaci provenienti dalla Cina o da qualche
regione circostante che si recarono a Costantinopoli nel 552 e svelarono
all'Imperatore il segreto della produzione della seta. Essi vennero
allora incaricati dall'Augusto di procurarsi clandestinamente in Cina
uova di bachi da seta in modo da portarle a Costantinopoli e permettere
ai Bizantini di autoprodursi la seta senza importarla dalla Cina.
Tuttavia passarono parecchi anni prima che la seta autoprodotta
divenisse sufficiente per soddisfare la domanda interna, cosicché
l'importazione di seta dalla Cina attraverso la Persia continuò per
qualche tempo. Comunque la fioritura della produzione della seta
nell'Impero che ne seguì, fece sì che la produzione della seta divenne
uno dei settori più importanti dell'industria bizantina e portò a un
considerevole aumento delle entrate. I principali centri di produzione
della seta nell'Impero erano Costantinopoli, Antiochia, Tiro, Beirut e
Tebe.

Sulla
Via della seta hanno viaggiato molti influssi artistici, in particolare
nella sua sezione dell’Asia Centrale, dove si sono potuti mescolare
elementi ellenistici, iraniani, indiani e cinesi. Uno dei più vivaci
esempi di questa mescolanza è rappresentata dall’arte greco-buddista.
Tale
arte sincretistica si è venuta formando a partire dall’arrivo di
Alessandro Magno nella valle dell’Indo (Taxila) e dal costituirsi dei
regni greco-ellenistici dei suoi successori (Battriana e Gandhara).
L’immagine del Buddha originatasi nel I secolo nell’India
settentrionale (Mathura) e nell’attuale Pakistan nord occidentale
(Gandhara), si è via via trasferita lungo l’Asia Centrale e la Cina
fino a raggiungere la Corea nel IV secolo e il Giappone nel VI secolo.
La trasmissione di molti particolari iconografici appare chiara, come
per esempio l’ispirarsi a Eracle delle divinità guardiane Nio di
fronte ai templi buddisti del Giappone e le reminiscenze di arte greca
che si vedono in certe rappresentazioni coreane del Buddha, come quello
di Kamakura.
Altre
figure del Buddismo di Giappone e Corea sono i Kongōrikishi (o Niō),
una coppia di figure (Misshaku Kongō e Naraen Kongō) che presidiano
una porta separata d'ingresso al tempio, di norma denominata Niōmon (仁王門)
in Giappone e Geumgangmun (金剛門)
in Corea. Essi, con la loro fusione denominata Shukongōshin,
costituiscono un interessante esempio di come sia arrivata lontano
l’immagine di Eracle viaggiando sulla Via della seta e oltre. Nel
Gandhara, infatti, Eracle, provenendo dalla Grecia, si è incontrato ed
è divenuto tutt'uno con Vajrapani, il protettore del Buddha, che
proveniva dall’India e che regge una mazza tanto quanto la regge il
dio greco, come del resto anche Naraen Kongō.
Anche
Borea, dio greco del vento, ha compiuto uno stupefacente viaggio sulla
Via della seta attraverso Asia Centrale e Cina fino a diventare il dio
giapponese shintoista del vento denominato Fujin.
L'espansione
dell'impero mongolo in tutto il continente asiatico dal 1215 circa al
1360 diede stabilità economica alla grande area e ristabilì
l'importanza della Via della seta come straordinario mezzo di
comunicazione tra Oriente e Occidente, anche se ormai da diversi secoli
la seta, prodotta già nella stessa Europa, vi aveva poca importanza.
Tra il 1325 e il 1354, un grande viaggiatore musulmano marocchino, Ibn
Battuta, arrivò a viaggiare nella Crimea e nell'attuale Medio Oriente,
proseguendo fino ai principati mongoli degli eredi di Gengis Khan, di
cui lasciò vivacissime descrizioni. Nel terzo quarto del XIII secolo,
Marco Polo raccontò nel suo Il Milione di essere arrivato fino
alla Cina e alla corte dell'imperatore-conquistatore mongolo Kublai
Khan, di cui sarebbe diventato un consigliere di fiducia. Come lui (e in
diversi casi prima di lui) viaggiarono su quelle piste numerosi
missionari cristiani come Guglielmo di Rubruck, Giovanni da Pian del
Carpine, Andrea di Longjumeau, Odorico da Pordenone, Giovanni de'
Marignolli, Giovanni di Monte Corvino, Niccolò Da Conti.
Con la
disintegrazione dell'impero mongolo e della sua pax mongolica la
Via della seta perse la sua unicità politica, culturale ed economica,
tornando a frantumarsi sotto i domini di principati locali
essenzialmente di origine nomade, i quali traevano le loro ricchezze dal
taglieggiamento dei commercianti che dovevano attraversare le loro terre
e dal rapimento dei viaggiatori da vendere come schiavi sui loro
mercati. I mongoli avevano ridotto alla ragione signorotti come quelli
di Samarcanda, Bukhara e Khiva, ma gli eredi di questi ultimi tornarono
a imporre il loro devastante e retrogrado imperio. Inoltre la Cina, dopo
la cacciata della dinastia mongola degli Yuan, si era chiusa per
reazione su sé stessa, impedendo l'accesso a tutti gli stranieri,
compresi gli occidentali, già favoriti dagli odiati mongoli.
La
rinascita dell'idea di Via della seta in anni recenti è dunque un fatto
eminentemente e romanticamente culturale.
