La testimonianza più
spettacolare e suggestiva di cosa intendessero gli imperatori persiani
per luogo di dimora e rappresentanza si scopre a pochi chilometri da
Shiraz, nella provincia del Fars e a più di 500 km da Susa, ed è un
luogo che evoca ancora la leggenda e la grande storia. Siamo a
Persepoli, la prima mitica capitale dei re achemenidi, fondata da Dario
I intorno al 500 a.C. e distrutta da Alessandro Magno.
La
città all'epoca era di uno splendore senza pari. Posta su un altopiano,
la città era circondata da mura alte 10 metri ed era raggiungibile
tramite un'immensa scalinata ancora oggi perfettamente conservata. I
resti della città ci raccontano che essa era ricca di palazzi, sale,
archi e colonne senza fine, il tutto in una grandiosità di dimensioni e
colori da lasciare senza fiato. Ecco allora le grandi porte, gli
infiniti rilievi murari che descrivono la vita del palazzo e del re con
accuratezza di dettagli che ce li fanno apparire come un grande libro
fotografico sul passato.
La
città era di una ricchezza senza pari, colonne e capitelli erano
dipinti con coori vavaci, ovunque legni, tappeti, pesanti tende tessute
in oro, vesti sontuose, profumi sparsi in ogni ambiente. Tutto fa
pensare che questa favolosa residenza fosse destinata a cerimonie
incentrate sulla venerazione dell'imperatore da parte di nobili e
funzionari che, pur governando paesi lontani, non esitavano a dimostrare
la loro lealtà verso l'imperatore. Possiamo quindi immaginare la vita
che doveva scorrere dentro queste mura, i sontuosi ricevimenti, le
grandi udienze, soprattutto all'arrivo dei delegati delle 28 nazioni
vassalle della Persia che portavano periodicamente tributi e offerte al
sovrano.
Purtroppo
tutto questo splendore terminò in un triste giorno del 331 a.C. quando
il grande Alessandro Magno riuscì a conquistarla demolendo in pochi
mesi l'impero che da secoli sembrava indistruttibile.
La
città, si dice, possedeva la più grande biblioteca del mondo antico
orientale che fu fortunatamente salvata dallo stesso conquistatore, che
fece tradurre in greco tutti i suoi volumi. Poi iniziò la sistematica
depredazione.
Secondo
lo scrittore greco Plutarco,
Alessandro dovette organizzare una carovana di 10.000 muli e 5.000
cammelli per trasportare a Ecbàtana le ricchezze trovate a Persepoli. Quindi,
con atto che ancora sconcerta ad oggi gli storiografi, il grande
condottiero ordinò di distruggere la città con il fuoco, appiccando
per primo le fiamme. La motivazione ufficiale fu la vendetta voluta per
punire la profanazione di Serse, che proprio con il fuoco aveva
distrutto l'acropoli di Atene molti anni prima. Diodoro Siculo però,
uno storico contemporaneo di Augusto, ci racconta che il condottiero,
ubriaco, fu istigato al folle gesto dal desiderio di una donna dai
costumi non proprio irreprensibili, Taide, ricordata perfino da Dante
nella sua commedia. Triste fine per la città dei re dei re, fatta
scomparire per il capriccio di una cortigiana.

STORIA
- Evidenze archeologiche dimostrano
che i primi resti di Persepoli risalgono al 515 a.C. André
Godard, l'archeologo francese che scavò le rovine di
Persepoli nei primi anni 1930, credeva che non fosse stato Dario ad aver
scelto il sito di Persepoli, ma che fu Dario che
costruì il terrazzamento ed i palazzi.
Dal
momento che, a giudicare dalle iscrizioni, gli edifici di Persepoli
vennero costruiti da Dario
I, fu probabilmente sotto questo re, con il quale lo scettro
passò a un nuovo ramo della casa reale, che Persepoli divenne la vera
capitale della Persia.
Come residenza dei governanti dell'impero, tuttavia, era un luogo remoto
in una regione montagnosa di difficile accesso e tutt'altro che
conveniente. Le vere capitali del paese erano Susa, Babilonia e Ecbatana.
Questo spiega il fatto che i greci non erano a conoscenza della città
fino all'epoca di Alessandro
Magno che la conquistò e saccheggiò.
La
città fu probabilmente fondata per creare una cornice di splendore
degna del "Re dei Re" e per creare uno spazio spettacolare per
la festa di capodanno con la partecipazione di delegazioni di tutti i
popoli dell'impero. Dario I ordinò la costruzione dell'Apadana e
della Sala del Consiglio (Tripylon o la "Porta Tripla"),
del principale Tesoro imperiale e dei suoi dintorni. Questi edifici
vennero completati durante il regno di suo figlio, Serse
I. Inoltre la costruzione degli edifici sulla terrazza
continuò fino alla caduta dell'impero achemenida.
Intorno
al 519
a.C., ebbe inizio la costruzione di un'ampia scalinata. La
scala doveva inizialmente essere l'ingresso principale alla terrazza
posta a 20 metri rispetto al suolo. La doppia scalinata di calcare
bianco, nota come scala di Persepoli o scalone dei leoni,
venne costruita simmetricamente sul lato occidentale della Grande
muraglia. I 111 gradini sono larghi 6,9 metri, con una pedata di 31 cm.
e un'alzata di 10 cm. In origine, si credeva che fosse stata
costruita per consentire ai nobili e ai reali di salire a cavallo, ma le
nuove teorie, tuttavia, suggeriscono che le pedate poco profonde
permettevano ai dignitari in visita di mantenere un aspetto regale
durante la salita. La parte superiore delle scale porta a un piccolo
cortile nella parte nord-orientale della terrazza, di fronte alla Porta
di tutte le Nazioni fatta erigere da Serse I.
Calcare grigio
è la pietra principale usata per costruire gli edifici di Persepoli.
Dopo che la roccia naturale era stata livellata e le depressioni
riempite, venne preparata la terrazza. I principali tunnel per le acque
di scarico vennero scavati sottoterra. Un grande serbatoio di acqua
venne scavato ai piedi della parte orientale della montagna. Il
professor Olmstead ha suggerito che la cisterna venne
realizzata nello stesso periodo della costruzione delle torri.
Il
piano irregolare della terrazza, tra cui le fondazioni, fungeva da
castello, le cui pareti ad angolo consentivano ai suoi difensori di
visualizzare qualsiasi sezione del fronte esterno. Diodoro
Siculo scriveva che Persepoli aveva tre mura con
bastioni, tutte munite di torri, per offrire uno spazio protetto agli
uomini addetti alla difesa. Le prime mura erano alte 7 metri, le
seconde, 14 e le terze, che coprivano tutti e quattro i lati, 27 metri,
anche se oggi non c'è più la presenza di mura. Su questa vasta
terrazza si affacciava la grande sala delle udienze o Apadana, uno
dei più grandi saloni del mondo antico, alto oltre 20 metri e posto su
uno zoccolo di ulteriori 2,60 metri. A pianta quadrata aveva
probabilmente la funzione di impressionare i visitatori e gli
ambasciatori in arrivo alla città imperiale. Verso est, si affacciava
sulla "Piazza delle Cerimonie" il vasto "salone delle
cento colonne" con la sala del trono e la camera del tesoro. In
posizioni più arretrate, dietro l'Apadana vi era la sala dei banchetti,
l'elegante "Scalinata dei Pavoni", i palazzi di Dario I, di
Serse, di Artaserse
III Oco e i vasti giardini su cui si apriva l'enorme
harem imperiale. Sulla collina, ad est si ergevano la tomba di Artaserse
III ed il Tempio del fuoco. Le numerosissime colonne che eerano presenti
nei vari saloni erano caratterizzate da un aspetto ricco e fastoso,
rappresentato da basi a forma di campana con decorazioni a motivi di
foglie pendenti o fiori in parte stilizzati da cui parte il fusto
scannellato della colonna, con un richiamo ai modelli egizi. Del resto
la manodopera impiegata per la costruzione del nuovo centro cittadino
proveniva da tutte le parti dell'impero (scalpellini dalla Ionia e
Cappadocia, orefici dalla Media e dall'Egitto, i mattoni invetriati
erano fabbricati da operai babilonesi e per gli ornamenti architettonici
dalla Media e dall'Elam).
Dopo
l'invasione della Persia, nel 330
a.C., Alessandro
Magno inviò il grosso del suo esercito a Persepoli
attraverso la via
Reale. Egli distrusse la
"Porta
persiana", un passo tra i monti
Zagros, e riuscì facilmente a prendere Persepoli prima che
il suo tesoro potesse essere messo in salvo. Dopo diversi mesi,
Alessandro consentì alle sue truppe di saccheggiare Persepoli.
In
quel periodo, un incendio bruciò i "palazzi" o "il
palazzo". Gli studiosi concordano sul fatto che questo evento,
descritto nelle fonti storiche, si verificò presso le rovine che sono
state ora ri-identificate come Persepoli. Da indagini di Stolze, sembra
che almeno uno di questi palazzi, il castello costruito da Serse I,
presenta tracce evidenti di essere stato distrutto da un incendio. La
località descritta da Diodoro
Siculo, su fonti di Clitarco
di Alessandria, corrisponde, secondo importanti particolari,
alla storica Persepoli, ad esempio, per essere sostenuta dalla montagna
ad oriente.
Si
ritiene che l'incendio che distrusse Persepoli fosse iniziato dal
Palazzo Hadish, che era l'abitazione di Serse
I, e che si diffuse al resto della città. Non
è chiaro se il fuoco sia stato un incidente o un atto deliberato di
vendetta per la combustione dell'Acropoli
di Atene durante la seconda
invasione persiana della Grecia. Molti storici sostengono
che, mentre l'esercito di Alessandro celebrava la vittoria con un simposio,
decisero di vendicarsi contro i Persiani.
Il
libro di Arda Viraf, un'opera zoroastriana composta
nel III o IV
secolo, descrive gli archivi di Persepoli come contenenti
"tutte le Avestā e Zend,
scritte con inchiostro d'oro su pelli di mucca conciate", che erano state
bruciate. Infatti, nel suo Cronologia delle Nazioni
antiche, lo scrittore persiano al-Biruni indica
l'indisponibilità di alcune fonti storiografiche iraniche in epoca
post-achemenide, soprattutto durante l'Impero
partico. E aggiunge: "[Alessandro] bruciò l'intera
Persepoli come vendetta contro i Persiani, perché sembra che il re
persiano Serse avesse bruciato la città greca di Atene,
circa 150 anni prima. Si dice che, anche oggi, le tracce del fuoco siano
visibili in alcuni punti."
Paradossalmente,
l'evento che causò la distruzione di questi testi può aver portato
alla conservazione degli archivi
amministrativi Achemenidi, che altrimenti sarebbero andati
perduti nel corso del tempo a causa di eventi naturali o artificiali. Secondo
testimonianze archeologiche, la combustione parziale di Persepoli non
influenzò ciò che viene ora indicato come le tavolette dell'archivio
della fortificazione di Persepoli, ma piuttosto può aver causato
l'eventuale crollo della parte superiore del muro di fortificazione
settentrionale che ha conservato le tavolette fino a quando vennero
recuperate dagli archeologi dell'Istituto orientale di Chicago.
Nel 316
a.C., Persepoli era ancora la capitale della Persia quale
provincia del grande impero
macedone. La città
dovrebbe poi essere andata gradualmente in declino nel corso del tempo.
La città bassa, ai piedi della città imperiale avrebbe potuto
sopravvivere per un periodo più lungo; ma
le rovine degli Achemenidi rimasero a testimonianza del suo antico
splendore. È probabile che la città principale del paese, o almeno del
distretto, fosse sempre in questi dintorni.
Intorno
al 200
a.C., la città di Istakhr,
a cinque chilometri a nord di Persepoli, era la sede dei governatori
locali. Da lì, vennero poste le fondamenta del secondo grande impero
persiano, e Istakhr acquisì particolare importanza come centro di
saggezza sacerdotale e ortodossia. I re sasanidi coprirono
le rocce in questo luogo, e in parte anche le rovine Achemenidi, con le
loro sculture e iscrizioni. Le stesse debbono essere state in gran parte
realizzate in loco, anche se non sulla stessa scala di magnificenza dei
loro antichi predecessori. I Romani sapevano
poco di Istakhr come i Greci avevano saputo poco di Persepoli,
nonostante il fatto che i Sasanidi avessero mantenuto rapporti per
quattrocento anni, amichevoli o ostili, con l'Impero romano.
Al
tempo della conquista
islamica della Persia, Istakhr oppose una disperata
resistenza. Era ancora un posto di notevole importanza nel primo secolo
dell'Islam,
anche se la sua grandezza si era andata rapidamente eclissando per la
nascita dalla nuova metropoli di Shiraz.
Nel X
secolo, Istakhr era diventata insignificante, come risulta
dalle descrizioni di al-Istakhri,
un nativo, e di al-Muqaddasi. Nel corso dei secoli successivi, Istakhr andò gradualmente
declinando, fino a che non cessò di esistere come città.

RICERCHE
ARCHEOLOGICHE - Odorico
da Pordenone passò per Persepoli nella sua strada verso
la Cina nel
1320. Nel 1474, Giosafat
Barbaro visitò le rovine di Persepoli, che disse
erroneamente essere di origini ebraiche. Antonio
de Gouveia, portoghese, scrisse sulle iscrizioni cuneiformi dopo
la sua visita nel 1602. La sua prima cronaca sulla Persia,
la Jornada, venne pubblicata nel 1606.
Nel
1618, Garcia
de Silva Figueroa, ambasciatore di re Filippo
III di Spagna alla corte di ʿAbbās
I, Shahanshah safavida,
fu il primo viaggiatore occidentale ad identificare correttamente le
rovine di Persepoli.
Pietro
della Valle visitò Persepoli nel 1621, e riferì che
soltanto 25 delle 72 colonne originarie rimanevano in piedi, a causa di
vandalismi e processi naturali.
«Di
queste colonne, oggi, la maggior parte è caduta, e solo ne restano in
piedi da venticinque: al qual numero essendosi diminuite, da quando fu
dato alla fabbrica il nome di Cehilminar, che senza dubbio dovevano
essere intorno a quaranta, si vede, che per le ingiurie del tempo, ogni
giorno andranno mancando e cadendone delle altre. Delle colonne cadute,
si vede il segno e le basi che ancor restano quasi tutte ai loro
luoghi.» (Pietro Della Valle)
Il
viaggiatore olandese Cornelis
de Bruijn visitò Persepoli nel 1704. Fu il primo
occidentale che realizzò dei disegni del sito.
La
regione, molto fertile, era costellata di villaggi fino alla terribile
devastazione avvenuta nel XVIII
secolo; anche ora è abbastanza ben coltivata. Il Castello di
Istakhr ebbe una parte cospicua come fortezza, più volte, durante il
periodo musulmano. Era il mediano e il più alto delle tre balze
scoscese che si innalzano dalla valle del fiume
Kor, a una certa distanza ad ovest o nord-ovest della
necropoli del Naqsh-e
Rostam.
I
viaggiatori francesi Eugène
Flandin e Pascal
Coste furono tra i primi a fornire non solo una
descrizione completa della struttura di Persepoli, ma anche a creare
alcune delle migliori e più antiche rappresentazioni visive del sito.
Nelle loro pubblicazioni fatte a Parigi,
nel 1881 e nel 1882, dal titolo Voyages en Perse de MM. Eugene
Flanin peintre et Pascal Coste architect, gli autori fornirono circa 350
illustrazioni particolareggiate dei monumenti di Persepoli. L'influenza
francese e l'interesse per i ritrovamenti archeologici di Persia non
sarebbe finita fino ai tempi di Reza
Shah Pahlavi, quando figure illustri come André
Godard contribuirono a creare il primo museo del
patrimonio iraniano.
Tra
gli anni 1800 e i primi anni del 1900, vennero eseguiti diversi scavi
amatoriali, in alcuni casi anche su larga scala.
La
prima campagna scientifica di scavi a Persepoli venne effettuata
da Ernst
Herzfeld e Erich
Schmidt dell'Istituto
orientale dell'Università di Chicago. Condussero scavi per
otto stagioni, a partire dal 1930, che comprendevano altri siti nelle
vicinanze.
Herzfeld
credeva che i motivi alla base della costruzione di Persepoli fossero
stati la necessità di un ambiente maestoso, un simbolo per il loro
impero, e per celebrare eventi speciali, in particolare il Nowruz.
Per ragioni storiche, Persepoli venne costruita quando venne fondata la
dinastia Achemenide, anche se non era il centro dell'impero a
quell'epoca.
L'architettura
di Persepoli è nota per il suo uso di colonne di
legno. Gli architetti ricorsero alla pietra solo quando i più
grandi cedri del Libano o teak dell'India non
soddisfacevano le dimensioni richieste. Le basi delle colonne e i capitelli erano
di pietra, anche su colonne di legno, ma è probabile anche l'esistenza
di capitelli in legno.
Gli
edifici a Persepoli comprendono tre gruppi distinti: quartieri militari,
il Tesoro, e le sale di accoglienza e abitazioni occasionali per il re.
Tra le strutture note figurano la Grande Scalinata, la Porta
di tutte le Nazioni, l'Apadana,
la Sala delle cento colonne, il Tripylon e il Tachara,
il Palazzo Hadish, il Palazzo di Artaserse
III, il Tesoro imperiale, le Scuderie reali e
il Deposito dei cerri.
ROVINE
- Esistono
rovine di un certo numero di edifici colossali sulla terrazza. Sono
tutte realizzate in marmo grigio scuro. Fra esse quindici colonne
spiccano ancora intatte. Altre tre sono state ri-erette a partire dal
1970. Molti degli edifici non vennero mai completati. F. Stolze
dimostrò che sono stati trovati anche alcuni scarti di lavorazione.
Dai
tempi di Pietro
della Valle, è stato fuori discussione che queste rovine
rappresentano la Persepoli conquistata, e in parte distrutta, da Alessandro
Magno.
Dietro
il complesso di Persepoli, ci sono tre sepolcri scavati nella roccia
della collina. Le facciate, una delle quali è incompleta, sono
riccamente decorate con bassorilievi.
A circa 13 km a NNE, sul lato opposto del fiume Pulvar, sorge una
parete rocciosa perpendicolare, in cui sono scolpite quattro tombe
simili, a notevole altezza dal fondo della valle. I moderni iraniani
chiamano questo luogo
il
bassorilievo Rostam, dai bassorilievi sassanidi incisi sotto
l'apertura, che sono una rappresentazione del mitico eroe Rostam.
Si può dedurre dalle sculture che gli occupanti di queste sette tombe
erano re. Un'iscrizione su una delle tombe dichiara di essere quella
di Dario
I di Persia, riguardo al quale Ctesias riferisce
che la sua tomba era di fronte a una roccia e poteva essere raggiunta
solo con l'uso di corde. Ctesias menziona inoltre, per quanto riguarda
un certo numero di re persiani, che i loro resti vennero portati
"ai Persiani", o che morirono lì.
TERRAZZA - Il
complesso di Persepoli si trova su una terrazza di
440x300 metri e rilevata di 14 metri sul livello del terreno
circostante. La terrazza era a sua volta realizzata su quattro livelli.
Il primo era quello riservato al ricevimento delle delegazioni che si
recevano a rendere omaggio all'imperatore. Poi vi era un livello
riservato ai nobili, quindi c'era il livello riservato ai servizi
generali e infine quello riservato all'amministrazione. Il quartiere
reale era al livello più elevato, visibile a tutti. Il calcare grigio
era la pietra più utilizzata per la costruzione. L'organizzazione delle
costruzioni seguiva una pianta perfettamente ortogonale secondo
una pianta
a scacchiera.
Il lato
est della terrazza è costituito dal Kuh-e Rahmat, nella cui parete
sono scolpite le tombe reali che si affacciano sul sito. Gli altri tre
lati sono formati da un muro di contenimento la cui altezza varia da 5 a
14 metri. Il muro è costituito da enormi massi intagliati montati senza
malta e fissati mediante perni metallici. Il fronte ovest è la parte
anteriore del complesso e presenta l'accesso principale alla terrazza
tramite una scalinata monumentale.
Il
livellamento della terrazza venne realizzato con un riempimento con
terra e pietre. La finitura finale venne realizzata con pesanti pietre
fissate insieme da perni metallici. Durante questa prima fase
preparatoria, venne creato il sistema di drenaggio e di
approvvigionamento idrico, a volte scavando nella roccia.
I blocchi vennero tagliati con l'uso di scalpelli e piedi di porco,
permettendo la frammentazione di pietre in superfici piane. Il
sollevamento e posizionamento delle pietre venne realizzato con piani
inclinati in legno.
Sulla
facciata sud, sono state trovate delle iscrizioni trilingue in scrittura
cuneiforme. Il testo in lingua
elamica, simile a un'iscrizione presente in un palazzo di
Susa, dice:
Io,
Dario il Grande, re dei re, re delle nazioni, re su queste terre, figlio
di Istaspe,
l'Achemenide. »
E
Dario, il re disse: "in questo posto in cui la fortezza è stata
costruita, dove in precedenza nessuna fortezza era stata costruita. Con
la grazia di Ahuramazda, ho costruito questa fortezza la qual cosa era
volere di Ahuramazda, tutti gli dei (sono) con lui, (sapendo) che la
fortezza è stata costruita. E io la ho costruita, completata e resa
bella e durevole, ed è stata ordinata da me".
E Dario
il re disse: «Io, che Ahuramazda mi protegga e tutti gli dei (sono) con
lui, e così questa fortezza, è stata predisposta per questo luogo.
Ciò penserà l'uomo che è ostile, non sarà riconosciuto!
Queste
iscrizioni potrebbero corrispondere a quelle poste all'ingresso iniziale
del complesso, prima della costruzione della scalinata monumentale e
l'aggiunta della Porta di tutte le Nazioni.
La
configurazione della terrazza suggerisce che la sua progettazione prese
in considerazione anche esigenze di difesa del sito in caso di attacco.
Un muro e le torri costituivano il perimetro, raddoppiato ad Oriente da
un muro e torri fortificate. L'angolazione delle pareti è infatti
costruita per aprire un campo massimo ai difensori all'esterno.
La
terrazza sostiene un numero impressionante di costruzioni colossali,
realizzate in calcare grigio dalla montagna adiacente. Queste
costruzioni si distinguono per l'ampio uso di colonne e pilastri, molti
dei quali rimasti in piedi. Gli spazi colonnati sono costanti,
indipendentemente dalle loro dimensioni. Essi combinano sale con 99,
100, 32 o 16 colonne seguenti modalità variabili (20x5 per la sala del
tesoro, 10x10 per il Palazzo delle 100 colonne). Alcune di queste
costruzioni non vennero completate. Sono stati trovati anche materiali e
rifiuti utilizzati dai muratori, in quanto evidentemente non era stata
fatta un'opera di pulizia.
Frammenti di contenitori utilizzati per la conservazione di vernice sono
stati portati alla luce, casualmente nel 2005, nei pressi dell'Apadana.
Essi confermano l'evidenza già nota che attesta l'uso di vernici per
decorare i palazzi.
PALAZZI
ACHEMENIDI - I palazzi achemenidi - e quelli di Persepoli ne sono
l'esempio più esplicito - sono costruiti con materiali che affluivano
da tutte le parti del mondo e da artigiani provenienti da ogni provincia
dell'impero. Ciascun popolo contribuiva, con quanto aveva di meglio,
alla costruzione del nucleo centrale dell'impero; viceversa, da questo
nucleo centrale si diffondevano in tutto l'impero la sicurezza, il
rispetto della legge, l'accordo col mondo divino, la civiltà. Dario I
elesse Susa (l'antica metropoli elamita) capitale amministrativa
dell'impero, in quanto non solo dotata di più affermate strutture
amministrative, ma anche collocata al confine tra le alte terre
iraniche, armene e anatoliche e le basse terre siro-mesopotamiche,
ovvero tra il mondo iranico e il mondo semitico, da sempre contrapposti
e ora compresi entro un'unica formazione politica.
Per
edificare la nuova capitale, che doveva in qualche modo rappresentare il
simbolo dei fasti imperiali, Dario I scelse la bella pianura di Marv
Dasht, nel paese di Anshan, dominata da uno sperone roccioso del monte Kuh-e-Rahmat. Tuttavia il
grande re non poté vedere il compimento dell'opera da lui iniziata: la
colossale opera fu infatti continuata da suo figlio Serse I, poi dal
nipote Artaserse I. Il complesso di Persepoli, comunque, non fu mai
ultimato: nel 330 a.C. un violento incendio, causato non si sa se per
dolo o per incidente dall'esercito di Alessandro il Grande, mise
definitivamente fine alla sua esistenza.
L'impero
Persiano era allora composto da 20 province o satrapie, i cui
rappresentanti venivano a Persepoli per il Nuovo Anno (che nel
calendario mazdeo - religione di Ahura Mazda e del profeta Zarathustra -
corrisponde all'equinozio di primavera), carichi di tributi e offerte
per il sovrano. Le delegazioni delle nazioni vassalle e così pure i
viaggiatori della fine del XIX secolo, giungevano a Persepoli a cavallo.
I cavalieri si fermavano ai piedi di un'immensa terrazza sulla quale
sorgevano gli edifici monumentali: la piattaforma stessa misura 450 x
300 metri, si eleva al di sopra della pianura circostante con un'altezza
variabile da 8 a 18 metri ed è costituita da enormi blocchi calcarei
squadrati con cura.
SCALINATA
MONUMENTALE - L'accesso
al terrazzo avviene, attraverso la parete ovest, per mezzo di una
scalinata monumentale simmetrica a due rampe divergenti e poi
convergenti. Aggiunta da Serse, sostituisce l'accesso originale che era
stato realizzato dal terrazzo a sud. La scala divenne l'unico ingresso
importante. Degli accessi secondari potevano essere presenti,
soprattutto sul versante orientale, la cui altezza è ridotta a causa
del terreno in pendenza. La scalinata è costruita con blocchi di pietra
tagliata dal massiccio sovrastante. Ogni rampa dispone di 111 ampi
gradini larghi 6,9 metri, con una pedata di 31 cm. e con un'alzata
di 10 cm. La parte bassa venne eseguita in maniera da poter
consentire l'accesso a cavalieri e cavalli. Alcune pietre avevano le
dimensioni di cinque gradini. La scala era chiusa da porte in legno con cerniere incardinate
sugli stipiti e al suolo. Giungeva a una piccola apertura che dava sulla Porta
di tutte le Nazioni.
Una
spiegazione per la scarsa alzata dei gradini è il fatto che i
visitatori erano spesso alti dignitari in età compresa, e quindi
l'accesso venne reso più facile. Inoltre permetteva loro di salire le
scale senza doversi piegare in avanti, in modo da mantenere una postura
dignitosa.
PORTA
DI TUTTE LE NAZIONI - La
costruzione della Scalinata delle nazioni e della Porta
di tutte le Nazioni venne ordinata dal re Achemenide Serse
I (486
a.C. - 465
a.C.), successore del fondatore di Persepoli, Dario
il Grande, per
monumentalizzare l’entrata della città. È l'unica delle tre porte di
Persepoli rimasta.
La
struttura consisteva in una sala di grandi dimensioni il cui tetto era
sostenuto da quattro colonne in pietra con basi a forma di campana.
Parallelamente alle pareti interne di questa sala correva una panchina
di pietra, interrotta dalle porte. Le pareti esterne, realizzate in
blocchi di fango, erano adornati con frequenti nicchie.
Ognuna delle tre pareti, a est, ovest e sud, aveva un grande portale in
pietra. Un paio di tori massicci assicuravano l'ingresso occidentale;
due Lamassu in
stile assiro,
anche se di proporzioni colossali, introducevano alla porta orientale.
Incisa sopra ciascuno dei quattro colossi vi era un'iscrizione trilingue
che attestava fosse stato Serse ad aver costruito e compiuto la porta:
«Ahuramazda
è un grande dio per aver creato la terra, il cielo, l'uomo e per lui la
felicità, colui che creò Serse e lo fece diventare re, re dei re, re
dei differenti popoli, re di questo mondo vasto e immenso, sono figlio
di Dario il re, dicendo dagli Achemenidi.
Serse, il grande re, dichiara:
io ho costruito questa "Porta di Tutti i Popoli" E molti altri
edifici eretti da me dal mio padre. Quello che abbiamo costruito di
bello è stato per ispirazione divina. Serse il grande re dichiara:
Ahuramazda protegga me il mio regno, protegga quello che ho costruito io
e che ha costruito mio padre.»
La
porta a sud, l'apertura verso l'Apadana,
era la più ampia delle tre. Pioli trovati sugli angoli interni di tutte
le porte indicano che dovevano aver avuto porte a due battenti,
probabilmente realizzate in legno e ricoperte con fogli di metallo
ornato.
Nei
secoli passati si sono alternati molti visitatori che hanno ammirato la
maestosità dei monumenti. In particolare nella Porta di Tutte le
Nazioni hanno lasciato nella parte interna dei piedritti diversi nomi e
autografi, alcuni dei quali persino famosi:
Carsten
Niebuhr (1765, viaggiatore e studioso di cose antiche);
-
Capitano John Malcolm (1800 al 1810, inviato britannico alla corte di
Persia e autore della storia della Persia);
- Sir
Harford Jones Brydges (1809, ambasciatore britannico a Teheran);
- James
Morier (1810, incaricato degli affari britannici a Teheran, autore di Hagi
Baba Isfahani);
- Conte
J. de Gobineau (ministro francese e autore di vari libri sull'Iran);
- H. M.
Stanley (1870, esploratore dell'Africa, corrispondente di New York
Herald Tribune in Persia);
-
Charles Texier (storico francese e autore di uno straordinario rapporto
sull'arte persiana).

VIALE DELLE
PROCESSIONI E PORTA INCOMPIUTA - In direzione ovest-est nella parte
nord della terrazza, c'era il Viale delle processioni, tra la Porta di
tutte le Nazioni e una costruzione simile, la Porta incompiuta (chiamata
anche Palazzo incompiuto), così chiamata in quanto la sua costruzione
tardiva non era stata terminata al momento della distruzione del
complesso ad opera di Alessandro
Magno.
Questa porta si
trova all'angolo nord-est della terrazza, ed è costituita di quattro
colonne. Essa conduce ad un cortile che si apre sul Palazzo delle 100
colonne. Una doppia parete confina con il viale su entrambi i lati,
proteggendo il Palazzo dell'Apadana a sguardi indiscreti. Delle sale per
le guardie si trovavano ad essa collegate. Solo le parti inferiori delle
pareti rimangono fino ad oggi, ma alcuni credono raggiungessero
l'altezza delle statue lamassu.
In una nicchia
su un lato del viale, vi sono due teste di grifone, parzialmente
restaurate, che sembrano non essere state montate su colonne. Esse
potrebbero essere state destinate a subire un'ulteriore trasformazione.
APADANA - Dario
il Grande costruì il più grande palazzo di Persepoli
sul lato occidentale. Questo palazzo venne chiamato Apadana. Il
Re dei Re lo usò per le udienze ufficiali. La costruzione ebbe inizio
nel 515 a.C., e suo figlio, Serse I, lo completò trent'anni dopo. Il
palazzo aveva una grande sala a forma quadrata, e ognuno dei lati
misurava 60 metri. C'erano 72 colonne, tredici delle quali si trovano
ancora erette sull'enorme piattaforma. Ogni colonna era alta 19 metri
con un plinto quadrato a forma di Taurus (toro) e sopportava
il peso del soffitto. La sommità delle colonne era costituita da
sculture rappresentanti animali come tori a due teste, leoni e aquile.
Le colonne erano unite tra loro con travi di quercia e cedro,
provenienti dal Libano.
Le pareti erano coperte da uno strato di fango e stucco,
per uno spessore di 5 cm., utilizzato per l'incollaggio e poi
ricoperto con stucco verdastro che si trova in tutti i palazzi.
Ai
lati occidentale, settentrionale e orientale del palazzo c'erano tre portici rettangolari,
ognuno dei quali aveva dodici colonne in due file di sei. A sud della
grande sala, si trovavano una serie di sale destinate a magazzino.
Vennero costruite due grandi scalinate, simmetriche tra loro e collegate
alle fondazioni in pietra. Per proteggere il tetto dall'erosione,
vennero realizzati canali di scolo verticali che scendevano attraverso
le pareti di mattoni. Nei quattro angoli dell'Apadana, rivolte verso
l'esterno, vennero costruite quattro torri.
Le
pareti erano piastrellate e decorate con immagini di leoni, tori e
fiori. Dario ordinò di incidere il suo nome e i dettagli del suo
impero, in oro e argento su piatti, che vennero collocati in contenitori
di pietra nelle fondamenta sotto i quattro angoli del palazzo. Due
scalinate simmetriche stile Persepoli, vennero costruite sui lati
settentrionale e orientale dell'Apadana per compensare una differenza di
livello. Altre due scale vennero realizzate nel mezzo della costruzione.
Le viste frontali esterne del palazzo erano in rilievo con sculture
degli Immortali,
guardie d'élite dei Re. La scala a nord fu completata durante il regno
di Dario I, ma l'altra venne completata molto più tardi.

L'Apadana
è il più grande edificio del complesso di Persepoli e venne scavato
dall'archeologo tedesco Ernst
Herzfeld e dai suoi assistenti Friedrich Krefter ed Erich
Schmidt, tra il 1931 e il 1939. Importanti materiali rilevanti per gli
scavi sono oggi ospitati negli archivi della Freer
Gallery of Art di Washington
DC.
Fu
molto probabilmente la sala principale dei re. Le colonne raggiungevano
i 20 metri d'altezza e avevano capitelli complessi
a forma di tori o leoni. Qui, il grande re riceveva il tributo da tutte
le nazioni dell'Impero
achemenide, dando regali in cambio.
L'accesso
alla sala era dato da due scalinate monumentali, a nord e ad est. Queste
erano decorati da bassorilievi,
mostranti i delegati delle 23 nazioni soggette all'Impero
Persiano mentre rendevano omaggio a Dario
I, che era rappresentato seduto in posizione centrale. I vari
delegati erano illustrati con dovizia di particolari, dando comprensione
dei costumi e delle attrezzature dei vari popoli della Persia nel V
secolo a.C. C'erano iscrizioni in antico
persiano ed elamita.
Uno
dei pezzi di maggior pregio attualmente custodito presso il Museo
Nazionale dell'Iran è il bassorilievo dell'Udienza
reale di Serse assiso in trono e il figlio Dario I subito
dietro. Il sovrano ha in mano lo scettro e un mazzo di fiori di
loto, Dario tiene anch'egli un mazzo di fiori di loto e mentre tiene
alzata la mano destra in segno di saluto. Ancora dietro troviamo un
persiano con un panno avvolto intorno a testa, subito dietro vi è un Medo con
l'arco a tracolla e un'ascia, infine due soldati in abito parsi. Davanti
al sovrano, un Medo si avvicina portando la mano davanti alla bocca in
segno di rispetto.
Il
bassorilievo venne scoperto nel 1938 da Erich F. Schmidt nella
Tesoreria di Persepoli e originariamente adornava la facciata
del basamento prospiciente la scalinata centrale del portico
settentrionale dell'Apadana, un secondo bassorilievo è custodito presso
l'Istituto Orientale di Chicago. Il suo stato di conservazione è
ottimo.
Sul
portico est, sulla fiancata sud vi è un'iscrizione di Serse che reca
scritto:
- Grande Dio
Ahuramazda
- colui che
questa terra
- ha creato
i cieli
- ha creato
gli uomini
- ha creato
la fortuna
- ha offerto
agli uomini
- colui che
fece
- Serse il
re
- tra molti
re
- un sovrano
- tra molti
- Serse, re
- grande re
- re dei re
- i paesi
con varietà
- d'uomini,
e il re
- in questo
paese
- grande e
sconfinato
- figlio di
Dario
- re (della
stirpe)
- Achemenide,
dichiara
- Serse il
re
- grande: io
feci
- delle
opere, qui e altrove
- e altre
opere dovunque
- con la
benedizione di Ahuramazda
- feci io, a
me Ahuramazda
- protegga.
Insieme ad altri
- dei, e il
mio paese
- e quello
che feci per esso
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Un'immagine
ricorrente a Persepoli, ma rappresentata soprattutto nelle parti
triangolari delle scalinate dell'Apadana, è il bassorilievo del leone
che azzanna il toro. Il toro per sfuggire alla morsa del felino si
alza su due zampe ruotando la testa. Questa rappresentazione non sembra
essere solo un'immagine tipica di Persepoli ma un simbolo che
probabilmente deve essere associato al capodanno persiano, il nowruz.
Secondo l'importante studioso iraniano A. Shapur Shahbazi, il leone infatti
dovrebbe avere la doppia valenza simbolica di sole e di costellazione,
mentre il toro potrebbe rappresentare la luna (l'oscurità) anche in
virtù della posizione delle corna che sembrano una mezzaluna. Il toro inoltre
sarebbe la costellazione da cui, il sole nel suo moto apparente nel
cielo, si muoverebbe. Tale combinazione astrologico-astronomica sarebbe
coerente con la situazione astrale del 500 a.C. Così l'equinozio
di primavera assurgerebbe al significato di un nuovo ciclo e il
prevalere della luce sul buio, quindi il prevalere dell'ordine del regno
sul disordine.
Tale
simbolo proverrebbe dalle monete coniate dall'ultimo re della Lidia,
poi conquistata da Ciro il Grande. Il simbolo tornerà ad essere
rappresentato anche nelle monete nel 510 a.C. divenendo di
fatto un simbolo che identifica fortemente il potere achemenide.
L'Apadana
di Persepoli aveva una superficie di 1000 mq; il suo tetto era
sostenuto da 72 colonne, ognuna delle quali alta 24 metri. L'intera sala
venne distrutta nel 331 a.C. dall'esercito di Alessandro Magno.Le
pietre delle colonne vennero usate come materiale per la costruzione di
altri edifici nelle vicinanze. Arrivati al XX secolo, solo 13 delle
gigantesche colonne erano rimaste in piedi. Alcune vennero
successivamente rimesse al loro posto, ma caddero di nuovo negli anni
1970, e oggi ne rimangono soltanto 14.
L'Apadana
di Susa fu - come la città stessa - abbandonata, e le rovine utilizzate
come materiali da costruzione.

Nel
portico est sono rappresentate tutte le popolazioni dell'impero
persiano che con gesti fraterni portano doni al re. Ogni delegazione
è riconoscibile in base all'abbigliamento e ai doni.