Persepoli
Iran

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1979

 

TACHARA - Così chiamato dall'iscrizione presente su un montante della sua porta sud, il Tachara, o Palazzo di Dario, si trova a sud dell'Apadana. Si tratta dell'unico palazzo ad avere accesso da sud tramite un portico. L'ingresso del palazzo era in origine da questo lato a mezzo di una doppia scalinata. Costruito da Dario I, il palazzo è stato poi completato da Serse I, e ampliato poi da Artaserse III, che aggiunge una seconda scala ad Occidente. Questo nuovo ingresso creò un'asimmetria inedita. Abbigliamento dei personaggi medi e arachosi, sono diversi da quelli di altre scale precedenti, il che suggerisce un cambio nella moda, e rafforza l'idea che sia stata costruita successivamente.

Le decorazioni della scalinata sud presentano dei simboli di Norouz: un leone che divora un toro. Le parti ascendenti rappresentano dei medi e arachosi che portano animali, barattoli e bottiglie. Questi sono probabilmente sacerdoti provenienti da luoghi sacri zoroastriani, come il lago di Urmia in Media e il Lago di Helmand in Arachosia, che portano oggetti necessari per le cerimonie. Il pannello centrale mostra due gruppi di nuove guardie e tre pannelli con iscrizione trilingue di Serse II, indicante che il palazzo fu costruito da suo padre; il tutto è sormontato dal disco alato, simbolo o di Ahuramazda o della gloria reale, fiancheggiato da due sfingi.

L'ingresso al palazzo avviene attraverso una sala sulla cui porta vi è un bassorilievo rappresentante delle guardie. Questa sala è seguita da un'altra apertura che da nella sala principale; sugli stipiti della porta c'è un bassorilievo del re che combatte contro il male sotto forma di un animale. Questo tema si declina anche su altre porte del palazzo, nel Palazzo delle 100 colonne, e nell'harem. La figura del male a volte è simboleggiata da un leone, un toro o da un animale chimerico. Il tipo di figura può essere legata alla funzione della parte in questione, o con riferimento a carte astrologiche.

Una porta si apre sulla sala da bagno reale ed è decorata con bassorilievo che mostra un re abbigliato per una cerimonia e seguito da due servi in possesso di un ombrello e uno scacciamosche. Il re è coronato, vestito con un ricco abito decorato con pietre e monete preziose. Indossa anche bracciali e gioielli appesi alla barba intrecciata. Un altro bassorilievo mostra, probabilmente, un eunuco, unica rappresentazione imberbe del sito. Egli porta una bottiglia di unguento e un asciugamano. La circolazione dell'acqua era fornita da un canale coperto e interrato che passava nel mezzo della sala. Si possono osservare i resti di cemento rosso che costeggiavano il pavimento del bagno. Iscrizioni incise del periodo islamico si trovano sugli stipiti del palazzo.  

Il palazzo ha anche altre due sale più piccole situate ai lati. Il portico a sud si apre in un cortile circondato da altri palazzi. Sull'architrave di ogni porta e finestra è incisa una curiosa scritta:

Dario il grande re, il re dei re, il re dei popoli, il figlio di Vistaspa, l'Achemenide, che fece Tachara.

Tuttavia, non è certo che questa frase, il cui significato esatto non è noto, si riferisca all'edificio stesso: infatti, sono state trovate basi di colonne, in altre parti di Persepoli, con iscrizioni di Serse che dicono:

Sono Serse, il grande re, il re dei re, il re del popolo, il re su questa terra, il figlio del re Dario, l'achemenide. Il re Serse dichiara: Ho costruito questo Tachara.

TRIPYLON - Prendendo il nome dai suoi tre ingressi, il Tripylon o sala delle udienze di Serse, o Palazzo centrale, è un piccolo palazzo nel centro di Persepoli, che probabilmente serviva come accesso al palazzo di Serse. Risulta accessibile a nord da una scala intagliata con bassorilievi che mostrano principalmente guardie medie e persiane. Altri rilievi rappresentano nobili e cortigiani che si recano ad un banchetto. Le scale sud del Tripylon si trova al Museo Nazionale dell'Iran di Teheran

Un corridoio si apre ad est su una porta decorata con un bassorilievo mostrante:

- Sopra, Dario sul suo trono con il principe ereditario Serse, al riparo sotto un baldacchino ornato di simboli divini, tori, leoni e ghiande; il re e il principe tendono in mano delle foglie di palma, simboli di fertilità;

- In basso, emissari delle ventotto nazioni che costituivano l'impero persiano.

Questo bassorilievo si riferisce chiaramente alla volontà di Serse di nominare Dario come suo legittimo successore al trono.

PALAZZO HADISH - L'Hadish, o Palazzo di Serse, si trova a sud del Tripylon; è costruito su un piano simile al Tachara ma due volte più grande. La sua sala centrale era costituita da trentasei colonne di pietra e legno. Queste erano realizzate con tronchi di alberi di grandi dimensioni e di grande diametro, dei quali non resta più nulla. 

È circondato ad est e ad ovest da piccole stanze e corridoi, e sulle porte vi sono dei bassorilievi. Sono rappresentate processioni reali con Serse I accompagnato da servitori che sostengono un baldacchino. La parte meridionale del palazzo è composta da appartamenti la cui funzione è controversa: una volta descritti come quelli della regina, nel ventunesimo secolo sono considerati dei negozi o appendici del Tesoro.

L'accesso all'Hadish avviene tramite una scalinata monumentale, ad Oriente, con rampe doppie divergenti e convergenti, e una scala più piccola a rampe convergenti ad Occidente; entrambe hanno lo stesso arredamento come le scale a sud del Tachara: tori e leoni, guardie persiane, disco alato e sfingi.

Hadish è un'antica parola persiana che appare su un'iscrizione trilingue in quattro copie sotto il portico e la scalinata: significa "palazzo". Gli archeologi citano questo palazzo con il nome di Hadish, ma il nome originale non è noto. L'assegnazione a Serse è certa in quanto oltre a queste quattro iscrizioni, aveva inciso il suo nome e il suo titolo non meno di quattordici altre volte.  

PALAZZO DELLE 100 COLONNE - Il palazzo delle 100 colonne o anche Sala del Trono, ha una forma quadrata con lati di 70 metri: è il più grande dei palazzi di Persepoli. In occasione del suo primo scavo parziale, emerse che era coperto da uno strato di terra e di ceneri di cedro del Libano di più di tre metri di spessore. Gravemente danneggiati dal fuoco, solo le basi delle colonne e gli stipiti sono sopravvissuti.

Due tori colossali costituiscono le basi delle colonne principali, alte 18 metri, che sostenevano il tetto del portico d'ingresso, a nord del palazzo. L'ingresso avveniva attraverso una porta riccamente decorata con bassorilievi. 

Tra queste rappresentazioni, si descrive l'ordine delle cose, mostrato da cima a fondo: Ahuramazda, il re sul suo trono, poi diverse file di soldati che lo sostengono. Il re detiene quindi il suo potere, che gli proviene da Ahuramazda che lo protegge, e controlla l'esercito che porta il suo potere.

Il palazzo è decorato con numerosi bassorilievi in perfetto stato di conservazione, che rappresentano tori, leoni, fiori e ghiande.

La porta meridionale del palazzo presenta dei bassorilievi completamente diversi. Essi simboleggiano il sostegno dato al re dalle diverse nazioni che compongono l'impero. I soldati dei cinque ranghi inferiori infatti appartengono a molte nazioni, riconoscibili dai loro berretti, uniformi e armi. Rivolto verso l'edificio del Tesoro, questo messaggio è piuttosto dedicato ai servi e ricorda loro che la ricchezza che passa attraverso questa porta serve alla coesione dell'impero. Le tavolette cuneiformi che dettagliano gli archivi dei tributi, danno una panoramica delle ricchezze che sono passate attraverso queste porte.

Se i bassorilievi degli ingressi nord e sud del palazzo riguardano in primo luogo l'affermazione della regalità, quelli della parte orientale e occidentale hanno, come gli altri palazzi, scene eroiche di lotta contro il male.  

TESORO - Costruito da Dario il Grande, è costituito da una serie di camere situate nell'angolo sud-est della terrazza, che si estende su una superficie di 10.000 m². Il tesoro comprende due sale più importanti il cui tetto era sostenuto rispettivamente da 100 e 99 colonne di legno. Sono state ritrovate delle tavolette di legno e d'argilla, che specificano l'ammontare dei salari e dei benefici pagati ai lavoratori che costruirono il sito. Secondo Plutarco, 10.000 muli e 5.000 cammelli furono necessari a Alessandro Magno per trasportare il tesoro di Persepoli. Secondo quanto indicato in alcune tavolette, 1.348 persone lavorarono alla Sala del tesoro nel 467 a.C.

Il Tesoro venne più volte ricostruito e modificato. Diverse iscrizioni sono state trovate sui blocchi massicci di diorite, menzionanti re Dario. Sono stati inoltre ritrovati due bassorilievi, uno dei quali proviene dalla scala nord dell'Apadana. Quest'ultimo è ora al Museo Nazionale dell'Iran e rappresenta il re, probabilmente Serse I (o il padre Dario I) sul trono. Il re riceve un ufficiale medio inclinato in avanti mentre porta la mano destra alle labbra in segno di rispetto. Potrebbe essere un tribuno, un comandante di 1.000 guardie, o un governatore del Tesoro (o Ganzabara). Il principe ereditario e un nobile persiano si trovano in piedi dietro al sovrano. Due portatori di incenso sono tra il re e i dignitari.

Durante gli scavi, questo edificio è stato subito identificato come il Tesoro, perché nonostante la sua vasta area, l'accesso è costituito solo da due piccole porte strette.

GUARNIGIONE E SALA DELLE 32 COLONNE - Sul versante est del complesso, tra il Palazzo delle 100 colonne e la montagna, si trovavano diverse sale che costituivano il quartiere dei servitori e dei soldati, la cancelleria e gli uffici. 

Sono state ritrovate più di 30.000 tavolette di argilla e frammenti di esse, in lingua elamica. Secondo Quinto Curzio Rufo e Diodoro Siculo, Alessandro lasciò sul posto 3.000 uomini, cosa che dà l'idea della capacità della guarnigione di Persepoli. A nord di queste caserme, si trovano i resti di una sala costituita da 32 colonne, la cui funzione non è nota.  

GINECEO E MUSEO - L'accesso al gineceo, erroneamente chiamato harem, avviene dalla porta sud del palazzo delle cento colonne. L'edificio ha una forma di "L", la cui ala principale ha un orientamento nord-sud. Il suo centro è composto da una sala con colonnati, aperta a nord su un cortile con un portico. La sala aveva quattro ingressi, le cui porte erano decorate con bassorilievi. Quelli laterali mostrano ancora scene di lotta eroica ricordando quelle dello Tachara o palazzo delle 100 colonne. Il re è infatti mostrato alle prese con un animale chimerico (leone-toro cornuto e alato, collo corbino e coda di scorpione) che potrebbe essere una rappresentazione di Ahriman, divinità malvagia. L'eroe affonda la spada nel ventre della bestia che gli sta di fronte. Il bassorilievo a sud mostra Serse I, seguito dai servi, in una scena identica a quella del palazzo Hadish. La parte meridionale dell'ala e l'altra ala che si estende ad Occidente presentano una serie di venticinque appartamenti ipostili con sedici colonne ciascuno. L'edificio dispone anche di due scale che lo collegano con l'Hadish, e due cortili che potrebbero corrispondere ai giardini chiusi.

Non è certo che il gineceo potesse essere un luogo di residenza delle donne. Secondo alcuni, la sezione centrale avrebbe potuto essere destinata alla regina e al suo seguito. Altri credono che le donne vivevano al di fuori delle mura. La funzione dell'edificio rimane controversa. La presenza di bassorilievi elaborati, così come la sua posizione a livello elevato evoca un edificio con una funzione importante. Al contrario, le sue dimensioni e la posizione, suggeriscono piuttosto una funzione amministrativa. Difatti, è probabile che il nome di gineceo sia erroneo, come quello di harem: i ricercatori occidentali hanno proiettato la loro visione di harem Ottomano sulla Persia achemenide, ma ciò non ha senso.

Il gineceo venne scavato e parzialmente restaurato da Herzfeld in un processo di anastilosi. Ricostruì diverse sale che usò come laboratori di restauro e per la presentazione dei pezzi trovati nel complesso. Parte del gineceo venne trasformata in museo.

Il museo presenta una grande varietà di oggetti trovati in loco:

ceramiche, piatti e bicchieri di terra cotta, piastrelle in ceramica;

monete d'epoca;

utensili di ogni genere: da muratura, da taglio, da cucina, da macellaio e altri;

ferramenta, punte di lancia e frecce, frammenti o ornamenti metallici, perni metallici;

resti di stoffa e di legno componente della struttura;

finimenti per cavalli;

tavolette incise.Sono state trovate anche monete di periodi successivi (sassanidi e arabi), precedenti, e persino preistorici..

L'ampia varietà di elementi appartenenti agli usi di tutti i giorni, è molto importante per avere un'idea della vita in quel periodo. Inoltre, alcune parti delle rappresentazioni pittoriche (mascelle, lance) danno un'idea della completezza del lavoro dei lavoratori che le scolpirono.  

ALTRE COSTRUZIONI - Un palazzo sembra sia stato costruito in un angolo sud-occidentale della terrazza, appartenente ad Artaserse I. Le rovine, però, non corrispondono al palazzo, ma ad un palazzo residenziale post-achemenide chiamato H. Delle sculture dotate di corna sono state collocate vicino al muro della terrazza, figure delle quali non si conosce la funzione; sono state trovate sepolte ai piedi della terrazza.

Un'altra struttura chiamata palazzo G si trova a nord dell'Hadish, corrispondente anch'essa a una costruzione post-achemenide. Sembra sia stata realizzata sul sito di una struttura distrutta che potrebbe essere stato il palazzo di Artaserse III. Allo stesso modo, i resti di un edificio chiamato Palazzo D sono stati trovati ad oriente dell'Hadish. Come i precedenti, era stato costruito dopo la fine della dinastia achemenide riutilizzando detriti e ornamenti presenti tra le rovine della terrazza.  

LE TOMBE REALI - Poco lontano da Persepoli, a Naqs-i-Rustam nella valle di Husain Kuh, si trova la spettacolare necropoli reale achemenide. Le quattro tombe rupestri con facciate cruciformi, scavate nell'alta parete rocciosa, appartengono a Dario I e verosimilmente a tre dei suoi successori (Serse, Antaserse I e Dario II). 

Il primo a scegliere questa valle come luogo di sepoltura fu Dario I. La facciata della sua tomba scolpita nella pietra presenta un'enorme croce al centro della quale stava un finto colonnato dai capitelli a forma di animale. Tra le due colonne centrali si apre la porta d'accesso alla camera funeraria scavata in profondità nella roccia. Nel pannello centrale sopra l'ingresso si trova un rilievo rappresentante il re stante su un piedistallo a tre gradini di fronte a un altare. La mano accenna un gesto di adorazione verso il disco solare che lo sovrasta, simbolo del dio Ahura Mazda. Lo circondano ventitré personaggi rappresentanti le nazioni soggette a Dario. Nei pannelli laterali compaiono i soldati e la guardia imperiale persiana. 

La facciata è ulteriormente decorata da una dedica trilingue in caratteri cuneiformi che enumera le nazioni appartenenti al regno glorificando il ruolo del sovrano. Tracce di pigmento sul fondo e sui rilievi dimostrano che tutta la facciata o parte di essa fu dipinta. 

I successori Serse, Artaserse I e Dario II seguirono la scelta del grande sovrano non solo per il luogo, ma anche nella decorazione dell'ingresso. Sulla facciata di ciascuna di esse capeggiano le immagini dei sovrani in adorazione del fuoco di Ahura Mazda, sostenuti come di consueto dai rappresentanti delle nazioni assoggettate all'Impero. 

I sovrani sassanidi scelsero di sottolineare il loro legame con l'antico Impero facendo scolpire al di sotto delle tombe dei re achemenidi alcuni dei più celebri rilievi del tempo: l'investitura di Ardashir I, una battaglia combattuta da Baharam IV e la celebre scena della sottomissione dei Romani in cui due personaggi, gli imperatori Valeriano e, probabilmente, Filippo l'Arabo, si chinano umilmente davanti al poderoso cavallo di Shahpur I. Davanti alla tombe e ai sottostanti rilievi sassanidi, si erge una torre popolarmente nota come Kaaba-i-Zardust o Cubo di Zarathustra, forse un tempio funerario archemenide destinato al culto reale.

Altre tombe reali scavate nella roccia si trovano nei pressi della terrazza di Persepoli, a est, e sono state attribuite ad Artaserse II e a Artaserse III. Esse seguono in generale lo schema classico delle tombe rupestri achemènidi con facciate cruciformi. Ma, a differenza delle tombe di Naqsh-i Rustam, manca qui il braccio inferiore della croce, di modo che la porta di ingresso appoggia direttamente sul terreno. I rilievi commemorativi che adornano la parte alta dei due monumenti non si discostano dalla usuale iconografia e rappresentano il re sul trono portato in trionfo da un gruppo di tributarî di fronte ad un altare del fuoco.

A sud della terrazza si trova anche la tomba di Dario III Codomanno (336-331 a. C.), rimasta incompiuta a causa della conquista di Alessandro.

L'ANTICA PERSIA - Il territorio iraniano corrisponde quasi completamente all'estensione del regno persiano alla sua origine durante la metà del VI secolo a.C. quando divenne re Ciro II, discendente della casa reale del popolo dei medi, la prima etnia indoeuropea stanziatasi nella pianura della "Mezzaluna fertile". Le conquiste che portarono la sottomissione della Media, dell'Asia Minore, della Mesopotamia, con l'impero babilonese (539 a.C.) e della Siria con le città fenicie valsero l'appellativo di "Grande" al capostipite della dinastia degli Achemenidi. Alla sua morte l'impero passò a Cambise II (529-521 a.C). 

Il successore Dario I il Grande (521-485 a.C.) per ristabilire l'ordine nel paese divise il territorio in 20 satrapie, circoscrizioni amministrative e militari affidate al governo di un satrapo tenuto a prestare obbedienza al re. Si dedicò quindi all'espansione dell'impero conquistando la Russia meridionale e sottomettendo il popolo degli sciti. Estese il suo potere sulle città greche della costa anatolica obbligandole a versare tributi. La rivolta di queste ultime diede origine alle cosiddette guerre persiane. La prima, combattuta nel 490 a.C, vide la vittoria degli ateniesi a Maratona. 

Le successive, combattute e perdute tra il 480 e il 478 a.C, furono intraprese dal figlio Serse (485-465 a.C). Con gli ultimi Achemenidi Artaserse I (465-424 a.C), Dario II (424-404 a.C), Artaserse II (404-358 a.C), Artaserse III (358-338 a.C.) l'impero decadde lentamente fino alla definitiva sconfitta di Dario III da parte di Alessandro Magno nel 331 a.C. Alla morte del sovrano macedone l'impero fu diviso tra i suoi generali e il territorio dell'antica Persia passò sotto il potere di Seleuco. 

Durante il regno di Antioco II seleucide (261-246 a.C.) l'altopiano iranico si rese indipendente creando il regno dei parti comandato da Arsace, capostipite della dinastia degli Arsacidi, e, dal 226 d.C, dai Sassanidi. Contro questi sovrani combatterono più volte gli imperatori romani senza mai vincerli. La battaglia dello Yarmuk, nel 636, aprì il territorio iranico al dominio degli arabi musulmani.  

ARCHITETTURA PERSIANA - I grandi palazzi di Persepoli, costruiti in pietra e mattoni crudi, rappresentano quel che di meglio seppe creare l'architettura imperiale persiana. Da un punto di vista stilistico le loro strutture generali, così come le loro decorazioni, non rivelano alcuna evoluzione interna: solo le iscrizioni permettono di attribuire questo o quell'edificio a Dario o a Serse I anziché ai loro pronipoti Artaserse I o III. Basta ciò per indicare in quale clima culturale operassero gli anonimi artisti che edificarono P. e come fosse radicata in loro la convinzione di avere raggiunto un ideale di perfezione estetica insuperabile e perciò stesso immutabile.

Le vicine civiltà della Mesopotamia, dell'Urartu, dell'Egitto, della Grecia, fecero sentire il peso delle loro più evolute esperienze sull'architettura e sulla scultura achemènidi di Persepoli. La terrazza, nella sua concezione fondamentale, si rivela un prestito dell'architettura urartea che i Persiani avevano avuto modo di conoscere durante il loro lungo soggiorno nelle lande ad ovest del lago Urmia. L'impero achemènide trasse dalle arti sumera, babilonese, assira, neo-babilonese, gran parte del proprio repertorio iconografico (animali affrontati; processioni di uomini e donne che reggono un fiore in mano; sfilate militari; tori guardiani, ecc.) insieme con alcune particolari antichissime stilizzazioni, come, ad esempio, quella del cipresso, che ritroviamo identica tanto sulla scalinata dell'apadāna, quanto sulla stele di Ur-Nammu di Ur. Dal mondo della pianura derivano anche le rampe d'ingresso. Artisti ed artigiani ionici collaborarono sicuramente all'edificazione del complesso. Essi portarono nei rilievi persepolitani un maggior senso plastico ed una visione più tondeggiante dei volumi, insieme con alcuni motivi iconografici e qualche particolare convenzione figurativa meno facilmente definibili. A loro spetta anche il merito di aver introdotto nell'Iran la colonna scanalata.

Più superficiali ed esteriori sono gli influssi egiziani, visibili nelle sale ipostile, nelle cornici a cavetto, nelle basi delle colonne, nelle decorazioni floreali che ornano alcuni capitelli, nelle porte e finestre monolitiche. Infine dal mondo hittita proviene l'iconografia del leone ruggente.

E tuttavia l'arte persepolitana non può esser considerata come la somma pura e semplice degli influssi che a lei giunsero dalle grandi arti medio-orientali e mediterranee.

Fu grande merito degli Achemènidi quello di aver saputo fondere le esperienze di maestranze raccolte da ogni parte del loro impero vasto ed eterogeneo, per dar vita ad un'arte nuova, la quale, pur restando saldamente ancorata al mondo iranico, usciva finalmente dai limiti provinciali dell'altopiano e si poneva come punto d'incontro e d'arrivo di tutte le grandi arti arcaiche dell'Oriente Medio e Vicino.

Ciò accadde soprattutto perché a Persepoli l'arte achemènide seppe sentire con coerenza una nuova, fondamentale esigenza: vale a dire il bisogno di inquadrare ed armonizzare ogni dettaglio del complesso monumentale entro gli schemi di un ideale canonico unitario.

Tale ideale fu, nello stesso tempo, estetico, civile e religioso. L'atavica sensibilità iranica per il ritmo e la linea continua fu intesa come il mezzo più idoneo per esprimere quel clima di fiduciosa e serena magnificenza regale che i sovrani achemènidi avevano voluto assumere quale simbolo del proprio impero. Ne derivò un'architettura chiara ed elegante, anche se esclusivamente scenografica ed una scultura luminosa, eminentemente decorativa, vivificata da una nettissima ed armonica linea di contorno. Le processioni che si snodano lungo le pareti e le scalinate mostrano sempre un carattere religioso, sereno, cerimoniale, ben lontano dall'intenzione esclusivamente militare propria delle sfilate assire. Dignitarî, vassalli, soldati persiani sono forse privi della vivacità drammatica e dell'impeto proprî dei loro modelli mesopotamici; essi però rivelano in compenso una semplicità, una precisione di segno, un senso ritmico, del tutto sconosciuti in epoche precedenti.

La tecnica impiegata nei rilievi riflette i medesimi ideali. Essa si mostra dipendente in qualche modo da modelli in metallo, sia per gli acuti contorni, la scarsa profondità, la compattezza delle superfici, sia per alcuni particolari, come le sopracciglia e le chiome, che paiono trattate con il bulino.

La preferenza dell'arte persiana per i motivi animali emerge con indiscutibile chiarezza nei vivaci capitelli ad animali addorsati, siano essi tori, liocorni, grifoni o tori androcefali. Questo motivo iconografico che troviamo anche a Susa, sembra essere di antichissima origine iranica e verosimilmente discese ai Persiani attraverso gli Elamiti, i Cassiti, i montanari del Luristan.

Per concludere gioverà accennare brevemente all'intimo significato simbolico di Persepoli. Persepoli non fu ideata certamente come la capitale, o come una delle capitali dell'impero persiano, in senso residenziale-amministrativo. I documenti rinvenuti tra le rovine non hanno, nella maggior parte dei casi, un carattere politico, né vi sono trattati, cronache o annali, lettere ed editti. Anche la posizione del complesso, isolata ed eccentrica, pare poco favorevole ad una simile destinazione. Sappiamo inoltre che i sovrani achemènidi dividevano di abitudine il loro tempo tra Susa, Ecbàtana e Babilonia. Essi soggiornarono dunque solo saltuariamente a Persepoli; troppo raramente per giustificare, da questo punto di vista, la spesa per la costruzione ed i successivi, continui ingrandimenti.

Il complesso monumentale edificato sulla terrazza doveva piuttosto rappresentare per tutto il popolo iranico l'ombelico dell'impero; il simbolo, non solo della potenza e della gloria dinastica degli imperatori, ma anche ed insieme di una idea più profonda e vitale per l'esistenza dello Stato. Non bisogna dimenticare che l'Oriente antico non accettò mai l'idea di una frattura tra il potere civile e quello religioso, o tra il mondo fenomenico in cui operano i re ed il mondo soprasensibile su cui regnano gli dèi.

Gli abitanti dell'Asia Anteriore e dell'Iran, come gran parte delle popolazioni agrarie primitive, nutrivano la convinzione che ogni avvenimento naturale, anche ciclico (benefiche inondazioni periodiche, giro delle stagioni, alternarsi del giorno e della notte, ecc.) non si ripetesse per merito di una legge meccanica ed immutabile, ma fosse ogni volta continuamente rimesso in gioco; dipendesse insomma da un atto gratuito della divinità.

Da qui nacque la necessità vitale ed urgente di garantirsi l'appoggio del mondo soprannaturale attraverso preghiere ed atti magici il più possibile potenti ed efficaci. Accadde così che il re, agli occhi dei suoi sudditi iranici, fu anche e soprattutto il pontefice, il mediatore, colui che era in grado di piegare la volontà di Ahura Mazdāh costringendolo, come si legge in un'iscrizione "a proteggere questa terra dalla carestia".

Per tale motivo Persepoli fu ideata, insieme, come il sacrario dinastico degli Achemènidi e come la città rituale per eccellenza: il punto focale in cui cielo e terra si toccavano; e che, attraverso la magnificenza dei suoi edifici ed il carattere simbolico-magico delle sue strutture e dei suoi rilievi, contribuiva a rendere irresistibili e perenni le richieste fatte dal re (inteso come mediatore e pontefice) agli dèi, in occasione della festa del Nuovo Anno.

Tutto ciò basta a fare comprendere come la religione che si riflette a Persepoli non fosse in realtà lo zoroastrismo favorito dagli ambienti di corte, ma l'antico politeismo naturalistico degli iranici, basato sull'adorazione della montagna, sul toro, sui riti della fertilità.

Solo attraverso la conoscenza di questi culti popolari e della loro simbologia si può afferrare il significato più vero di molti elementi scultorei ed architettonici persepolitani. Ad esempio: i merli a scalini, diffusi lungo un vasto arco di secoli in tutto l'Oriente, non hanno nessun reale scopo difensivo, essi simboleggiano la Montagna Sacra, sorgente della fertilità, stilizzata nella forma di una ziqqurat in miniatura; le colonne del tripylon furono intese come palme sacre, mentre quelle fittissime della Sala delle cento colonne altro non rappresentano se non un bosco sacro; nel tema ricorrente della grande processione per il Nuovo Anno i doni che i popoli soggetti portano al sovrano rappresentano non soltanto il dovuto tributo, ma anche il simbolo di quanto si desiderava ottenere di nuovo dalla benevolenza degli dèi; le scene di lotta tra il toro ed il leone o tra il re ed il leone od altri animali fantastici, nascondono probabilmente un significato zodiacale, legato al mutare delle stagioni; infine le rosette che ornano a centinaia i rilievi e gli edifici, non hanno un valore esclusivamente decorativo; il loro significato magico è dimostrato dal fatto che se ne sono trovate non poche scolpite sotto ai cardini di pietra delle porte, rivolte verso terra e perciò nascoste alla vista.

LA SCRITTURA CUNEIFORME - Sotto i detriti del palazzo, chiamato Tesoro, sono state scoperte centinaia di tavolette d'argilla, supporto delle iscrizioni in caratteri cuneiformi. Le impressioni nell'argilla fresca a forma di cuneo, da cui il nome, avevano diverse combinazioni che formavano sillabe e quindi parole; dopo l'essiccazione al calore del sole venivano stipate nell'archivio reale, dove sono giunte fino a noi grazie all'incendio che distrusse la città. 

Furono scritte in antico persiano, derivato dal ceppo delle lingue indoeuropee, e in alcuni casi in lingua elamita e babilonese. Sono di grande importanza perché proprio grazie alla loro traduzione da parte dei linguisti si è riusciti a ricostruire la vita della città imperiale e di conseguenza la cultura, la società e l'economia del popolo persiano. 

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Da esse sappiamo che Persepoli era abitata da genti provenienti da ogni parte dell'impero, scultori dall'Egitto, orafi dalla Caria, decoratori da Susa. Alcune menzionano il mese e l'anno di regno di Dario o Serse in cui fu edificata una certa struttura, il numero degli operai e il loro compenso. 

Abbiamo la registrazione dei tributi, la loro quantità e la loro natura, dati da ogni satrapia al re, la corrispondenza dei governatori con il re relativi a problemi di ordine politico e amministrativo. Altre conservano le istruzioni per compiere determinati riti o cerimonie in onore degli dei o dei sovrani.  

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