Il Palazzo
del Golestān è la residenza storica della dinastia reale Qajar,
situata a Teheran. Si tratta del più antico monumento della città,
parte di un complesso di edifici un tempo racchiusi dalle mura della
storica cittadella (Arg).
Il
complesso dell'Arg testimonia dell'arte e dell'architettura
del periodo Qajar, il che comprende anche l'introduzione di motivi e
di stili europei nell'arte persiana. il palazzo, oltre a essere la
residenza dei sovrani, era anche il luogo di residenza della dinastia e
centro della produzione artistica nel XIX secolo.
Il
palazzo testimonia di un importante periodo culturale e artistico della
storia dell'Iran durante il XIX secolo, quando la società persiana
conobbe un processo di modernizzazione e di influenze europee: i valori e
l'esperienza artistica e architettonica dell'antica Persia vennero
integrati in una nuova forma d'arte e di architettura che ebbe un lungo e
notevole periodo di transizione dove l'influenza occidentale viene
acquisita gradualmente dagli artisti iraniani.
L'Arg
(« cittadella» in persiano) venne costruita sotto il regno
di Tahmasp I (1524-1576) della
dinastia safavide (1502-1736), e venne più tardi rinnovata nel
regno di Karim Khan Zand (1724-1776). Il Qajar Agha
Mohammad Khan scelse Teheran come nuova capitale nel 1783 e
l'Arg divenne così la cittadella reale durante l'epoca qajara. Il palazzo
venne ricostruito (nella forma che si può ammirare oggi) nel 1865 da Haji
Abol-Hassan Mémar Navaï.
Durante
l'epoca Pahlavi (1925-1979), il palazzo del Golestan venne
utilizzato per cerimonie ufficiali, come l'incoronazione dello scià Mohamad
Reza, dato che la dinastia Pahlavi aveva edificato le proprie residenze a
nord della città, a Sa'dabad e Niavaran. Durante il regno
dello scià Reza Pahlavi, una grande parte degli edifici della
cittadella viene rasa al suolo, per permettere l'edificazione di grandi
edifici amministrativi.


Nel caos
del centro di Teheran, a due passi dal limitare settentrionale del bazar e
non lontano da Imam Khomeini Square, Palazzo Golestan rappresenta
un’oasi di pace e tranquillità per i turisti provati dai frenetici
ritmi della capitale iraniana.
Più
che di un palazzo sarebbe opportuno parlare di un vero e proprio complesso
di edifici, un complesso che in passato ha ospitato alcuni dei più
influenti sovrani del paese.
Ad oggi
Palazzo Golestan è la più antica testimonianza architettonica della
città, oltre che la più conosciuta, al punto da essere stato dichiarato
Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2013.
Passeggiando
in Khordad Ave è difficile rendersi conto di essere ormai giunti in
prossimità del maestoso Palazzo Golestan, letteralmente celato dai tanti
grandi edifici costruitegli intorno negli ultimi 60 anni. Avvicinandosi
all’ingresso, il rumore caotico della città viene progressivamente
sopraffatto dal cinguettio degli uccelli che affollano le fronde degli
alberi secolari piantumati nel lussureggiante giardino interno.
Palazzo
Golestan sorge in quello che in passato era il cuore di Teheran, il cui
sviluppo negli ultimi anni ha portato a una sfrenata espansione dei
quartieri settentrionali.
Su questo
sito sorgeva una cittadella safavide, ma lo scià Nasser al-Din
(1831-1896), profondamente colpito da quanto visto durante i suoi viaggi
in Europa, decise di farvi costruire il cosiddetto “Palazzo dei
Fiori”, il complesso che si può ammirare oggi.
In
origine il progetto aveva un’estensione ancora maggiore per quella che,
a tutti gli effetti, doveva essere una vera e propria cittadella in grado
di ospitare uffici, ministeri e appartamenti privati, ma purtroppo una
parte fu ridimensionata nel corso del Novecento sotto i pahlavi.


Superato
l’ingresso ci si trova davanti a una lunga fontana in fondo alla quale
spicca l’Ivan-e Takht-e Marmar, la “Veranda del Trono di Marmo”, un
ampio salone per le udienze preceduto da un alto portico rivestito di
specchi. Al centro, tra le due grandi colonne, è stato collocato un
magnifico trono sorretto da figure umane costruito utilizzando 65 blocchi
di alabastro giallo provenienti dalle miniere di Yazd, nel sud
dell’Iran.
Il trono
fu commissionato all’inizio dell’Ottocento da Fath Ali, uno scià
molto impegnato nell'assecondare vizi e desideri delle quasi 200 mogli e
dei 170 figli. Nella veranda, utilizzata per numerose cerimonie ufficiali,
venne celebrata anche l’incoronazione di Reza Shah Pahlavi,
autoproclamatosi scià nel 1925.
Accanto
al porticato si nota una preziosa facciata rivestita in floreali
piastrelle di ceramica, un elemento ricorrente all’interno di tutto
Palazzo Golestan.
 Proseguendo
la visita si giunge a una specie di terrazza sopraelevata aperta su un
lato conosciuta come Khalvat-e Karim Khani, la “Nicchia di Karim
Khan”, ovvero tutto ciò che resta di un edificio del 1759 all’interno
del quale Karim Khan Zand aveva stabilito la sua residenza a Teheran. Sia
il prospetto esterno, “forato” da sottospecie di grandi trifore
sorrette da slanciate colonne, che l’ambiente interno, coperto da basse
volte a crociera, sono interamente ricoperti di preziose trame di
maioliche bianche, gialle e blu, mentre il basamento è in pietra chiara.
Il
maggiore appassionato di questa struttura è stato senza dubbio lo scià
Nasser al-Din, che non perdeva occasione per recarvisi a fumare il qalyan;
proprio per questo sulla terrazza è stata successivamente collocata la
pietra tombale dello scià.
Successivamente
si incontra la Negar Khane (Galleria d’Arte), al cui interno è esposta
una bella collezione di opere d’arte di epoca qagiara. A desiderarne
l’apertura fu lo stesso Nasser al-Din che, di rientro da uno dei suoi
frequenti viaggi in Europa, commissionò la realizzazione di una struttura
che riprendesse il concetto dei musei visitati nel vecchio continente.
Di
particolare interesse sono i ritratti degli scià che indossano i gioielli
e le corone tutt’oggi conservati nel Museo Nazionale dei Gioielli, oltre
alle scene di vita quotidiana dell’Iran dell’Ottocento raffigurate da
Kamal ol-Molk e Mehdi.


Un altro
museo è quello della Talar-e Ayaheh, la sfolgorante “Sala degli
Specchi” recentemente riaperta al pubblico dopo oltre 30 anni. Costruita
tra il 1874 e il 1877, la sala ospitava il celebre Trono del Pavone, il
trono realizzato alla fine del Settecento per lo scià Fath Ali e
tempestato da 26.733 gemme attualmente visibile presso il Museo Nazionali
dei Gioielli.
Più di
recente vi si sono svolte diverse importanti cerimonie, tra cui quella di
incoronazione di Mohammad Reza, proclamato ufficialmente scià nel 1967, e
svariati matrimoni reali.
Oggi,
insieme a due sale contigue, custodisce un’ampia e eterogenea collezione
di doni, tra cui un grande vaso verde di malachite proveniente dalla
Russia e ben 13 maestosi lampadari.

Procedendo
verso est si arriva alla Howze Khaneh, la “Sala del Biliardo”, il cui
nome deriva dal tavolo da biliardo che divide il centro della stanza con
una fontana; al suo interno è visibile una raccolta di quadri e sculture
ottocentesche donate ai reali persiani da varie importanti famiglie
europee.
Poco
distante è il maestoso Shams-Al Emarat, il palazzo commissionato nel 1865
da Nasser al-Din a Moayer al-Mamalek che nella stesura del progetto decise
di mescolare elementi architettonici europei ad altri di chiara matrice
persiana.
Subito
dopo quattro alti bagdir (torri del vento), ingegnosi dispositivi
utilizzati per incanalare anche la brezza più leggera in modo da
“condizionare” gli ambienti sottostanti, introducono all’Emarat-e
Bagdir, un palazzo restaurato di recente i cui interni sono decorati da
alcuni magnifici specchi.
Restano
da vedere la minuscola Talar-e Almas, la “Sala dei Diamanti”, che
ospita esempi di arte decorativa e soprattutto ceramiche francesi otto
novecentesche, ed il Museo Etnografico, che incontrerete lungo la via per
uscire.
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