Qanat persiano
Iran

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2016

 

Circa 3000 anni fa i Persiani hanno appreso come scavare acquedotti sotterranei per trasportare le acque del sottosuolo dalle montagne alle pianure; questo sistema fornisce ancor oggi il 75% dell'acqua.

Un viaggiatore che sorvolasse l'Iran potrebbe vedere chiaramente che il paese ha un clima arido, L'altipiano iraniano è desertico e gran parte dell'Iran (eccettuate le aree nelle province dei nord-ovest e lungo le coste a sud del Mar Caspio, riceve solo da 15 a 15 centimetri di pioggia l'anno. Mentre altre regioni del mondo con precipitazione così limitata (per esempio il centro arido dell'Australia) sono improduttive per l'agricoltura, l'Iran è un paese agricolo il quale non solo produce quanto basta alla sua popolazione, ma trova anche il modo di esportare alcuni prodotti agricoli come cotone, frutta secca, semi  oleosi, ecc. Questo importante successo e stato raggiunto sviluppando un ingegnoso sistema per attingere l'acqua sotterranea. Il sistema, chiamato qanat (dalla parola semitica «scavare), fu inventato nell'Iran migliaia di anni fa e è cosi semplice ed efficace da essere adottato in molte altre regioni aride dei Medio Oriente e de! Mediterraneo.

Il sistema Qanat è costituito da canali sotterranei che per gravità portano l'acqua dalle falde acquifere degli altipiani ad affiorare alla superficie dei bassipiani. I qanat dell'Iran furono costruiti su una scala tale da rivaleggiare con ì grandi acquedotti dell'impero Romano, ma mentre gli acquedotti romani rappresentano oggi solamente una curiosità storica, il sistema iraniano è ancora in uso dopo 3000 anni e si è continuamente ampliato. Nell'Iran vi sono circa 22.000 qanat che comprendono più di 300.000 chilometri di canali sotterranei. Il sistema fornisce il 75 per cento di tutta l'acqua usata nel paese, non solo per l'irrigazione ma anche per gli usi domestici. Fino a poco tempo fa (prima della costruzione della diga del Karaj) i due milioni di abitanti della città dì Teheran dipendevano per il loro intero rifornimento di acqua da un sistema qanat che provvedeva ad attingere l'acqua dalle colline ai piedi dei monti Elbrus.

La scoperta di condutture sotterranee in certe antiche zone romane ha indotto alcuni archeologi a supporre che il sistema qanat sia stato inventato dai Romani. Iscrizioni e scavi recenti non lasciano però alcun dubbio che l'antico Iran (Persia) sia stato il suo luogo di nascita. All'inizio del VII secolo a.C., il re assiro Sargon II riferiva che durante una campagna in Persia aveva trovato in funzione vicino al lago Urmia un sistema sotterraneo per attingere l'acqua. Suo figlio, il re Sennacherib, applicò il "segreto" di usare canalizzazioni sotterranee nella costruzione di un sistema dì irrigazione intorno a Ninive e costruì un qanai sul modello persiano per rifornire d'acqua la città di Arbela. Le iscrizioni egizie rivelano che i Persiani suggerirono l'idea all'Egitto dopo la conquista di quel paese, nel 518 a.C., da parte di Dario I. Scylax, un capitano della flotta di Darlo, costruì un qanat che portava sull'oasi di Karg l'acqua di una falda sotterranea del fiume Nilo distante centottanta chilometri; resti del qanat sono ancora in funzione. Questo contributo fu forse, la ragione della benevolenza degli Egiziani verso i loro conquistatori e del conferimento del titolo di faraone a Dario.

Riferimenti ai sistemi qanat, conosciuti sotto vari nomi, sono abbastanza comuni nella letteratura dei tempi antichi e medievali. Lo storico greco Polibio, nel II secolo a.C., descriveva un qanat costruito in un deserto iraniano durante l'influenza persiana. 

Sono stati trovati qanat in tutte le regioni che caddero entro la sfera culturale dell'antica Persia: nel Pakistan, negli insediamenti cinesi nelle oasi del Turkestan, nelle zone meridionali della Russia, nell'Iraq, in Siria, in Arabia e nello Yemen. Durante i periodi delle dominazioni romana e araba, il sistema si estese verso occidente. Nell'Africa del nord, in Spagna e in Sicilia. Nella regione del Sahara un certo numero di oasi vengono irrigate con il metodo qanat e qualcuno chiama ancora le canalizzazioni sotterranee "lavori persiani". Nel Medio Oriente sono stati  portati  alla luce numerosi qanat particolarmente interessanti costruiti dagli arabi durante   il primo medioevo. Nell'anno 728 d.C. il califfo Mutawakkil costruì un piccolo qanat per fornire d'acqua un suo palazzo di campagna, Un secolo più tardi, il califfo Mutawakkil costruì  nell'Iraq  un altro sistema qanat, presumibilmente con l'aiuto di ingegneri persiani,  che  porta l'acqua dal fiume Tigri superiore alla sua residenza di Samarra distante circa 500 chilometri.

Grazie alle descrizioni particolareggiate di numerosi scrittori dei tempi antichi, abbiamo una buona idea delle tecniche usate dagli originari costruttori di qanat. Vitruvio, il primo storico della tecnologia, ci ha dato un resoconto tecnico dettagliato del sistema qanat nel suo famoso De Architectura (80 a.C. circa). Nel IX secolo d.C., su richiesta di un governatore provinciale persiano, Ahdullah ihn-Tahir, un gruppo di scrittori compilò un trattato sull'argomento intitolato Kitab-c Quniy. Verso l'anno 100 d.C. Husan al-Husib, un'autorità araba nel campo dell'ingegneria, scrisse un'opera di carattere tecnico che fortunatamente è ancora disponibile e ha ottimi dettagli sulla costruzione e sulla manutenzione degli antichi qanat.

I metodi usasi oggi nell'Iran non si differenziano molto dal sistema escogitato migliaia di unni fa che qui verrà descritto. Il progetto inizia con un'accurata ispezione del terreno da parte di un esperto assunto dagli organizzatori. Un sistema qanal è di solito scavato nel pendio di una montagna o nella parte collinosa dove il materiale trascinato lungo il pendio forma un deposito alluvionale. L'incaricato dell'esplorazione esamina attentamente queste formazioni alluvionali, generalmente durante l'autunno, cercando tracce di infiltrazioni in superficie o di leggere variazioni nella vegetazione che potrebbero suggerire la presenza di fonti d'acqua celate nella parte collinosa. Localizzato un punto promettente, organizza lo scavo di un pozzo per il sondaggio.

Due scavatori, chiamati "muqanni", danno poi inizio all'opera: fissano un verricello alla superficie per sollevare il materiale di scavo mediante secchie di cuoio e procedono a scavare un pozzo verticale dì circa un metro di diametro; un uomo lavora con una zappa, e l'altro con una vanga dal manico corto. Non appena hanno scaricato il materiale nelle secchie, due operai alla superficie lo sollevano con il verricello e lo ammucchiano intorno all'imboccatura del pozzo. Se sono fortunati, gli scavatori possono imbattersi in una falda dacqua alla profondità di 15 m o anche meno. Alle volte, tuttavia, essi scavano fino alla profondità di 60 o 90 m prima di arrivare all'acqua e in questo caso è necessario istallare sul percorso una serie di verricelli distanti 30 m l'uno dall'altro.

Quando arrivano allo strato umido - una potenziale falda d'acqua - gli operai scavano una buca nel fondo argilloso impermeabile e nei giorni successivi vengono immerse periodicamente in essa delle secchie di cuoio per misurare la velocità di accumulo dell'acqua. Se nella cavità scorre più di un filo d'acqua, l'esperto può dedurre di avere forato una vera falda acquifera e quindi decidere di scavare più pozzi nella zona circostante per determinare l'area della falda e la sua resa.

L'esperto procede poi a disegnare la pianta del percorso della canalizzazione sotterranea attraverso la quale l'acqua possa fluire dal pozzo principale o dal gruppo di pozzi alla superficie del terreno in qualche punto più basso del versante. Per l'inclinazione verso il basso della canalizzazione, viene scelto un gradiente compreso tra 1:500 e 1:1500 circa; il gradiente deve essere lieve affinché l'acqua fluisca lentamente e non asporti materiale dal fondo della canalizzazione né la danneggi in qualche altro modo. Per queste misure, l'esperto usa strumenti molto semplici: una lunga corda e una livella. Il perito fa calure nel pozzo una corda fino al livello dell'acqua e segna la corda stessa alla superficie per misurare la profondità. Ciò gli sarà di guida per costruire la bocca della canalizzazione che, ovviamente, dovrà essere in un punto un po' più basso del livello dell'acqua indicala dalla corda. Occorrerà praticare una serie di pozzi verticali di ventilazione dalla superficie fino alla canalizzazione a determinati intervalli misurati (circa 50 metri) lungo il suo percorso. Conseguentemente, l'esperto dovrà stabilire la profondità dalla superficie di ciascuno di questi pozzi. Egli usa una livella per trovare l'aumento della pendenza del terreno da ciascun pozzo al successivo e segna sulla corda l'entità della riduzione. In questo modo sa a quale profondità dalla superficie dovrebbe essere scavato ogni pozzo se la canalizzazione fosse perfettamente livellala. Egli calcola quindi in profondità addizionale alla quale dovrà essere scavato ciascun pozzo (a causa della prevista inclinazione della canalizzazione) dividendo l'abbassamento totale del canale dal livello dell'acqua del pozzo alla bocca in base al numero di pozzi di ventilazione.

Per procurare agli scavatori le informazioni relative al percorso e all'inclinazione della canalizzazione, vengono scavati pozzi guida alle profondità indicate a intervalli di circa 300 metri, mentre i muqanni procedono allo scavo della canalizzazione vera e propria, iniziando lo scavo all'estremità della bocca del terreno alluvionale. Per proteggere la bocca dai danni provocati dai temporali i primi 3-5 metri del tunnel vengono rivestiti con pietre di rinforzo. Il cunicolo è largo circa 1 metro e alto un metro e mezzo. Man mano che gli scavatori avanzano, si assicurano di seguire un percorro rettilineo con l'ausilio di due lampade a olio. Il materiale scavato viene depositato nelle secchie ai piedi del pozzo di ventilazione più vicino e issato alla superficie dai compagni di squadra. Il tunnel non richiede nessun rinforzo se è scavato nell'argilla dura o in un conglomerato ben compatto. Quando i muqanni incontrano un masso di roccia o qualche altro ostacolo insormontabile praticano un passaggio intorno a esso e devono poi ritrovare la giusta direzione verso il prossimo pozzo di ventilazione. Essi dimostrano una grande perizia in questo lavoro, sia contando sul loro senso di orientamento sia ascoltando i rumori degli scavatori che lavorano nel pozzo verticale più avanti. Il pericolo maggiore che si può incontrare è un suolo sabbioso, soffice, friabile o comunque mobile che può provocare il crollo della volta.

In questi tratti gli scavatori rivestono le pareti con anelli in terracotta non appena hanno tagliato lo strato frontale della galleria. Pericolosi sono anche i gas e l'aria povera di ossigeno; gli scavatori sorvegliano attentamente le loro lampade a olio che rappresentano un allarme per una possibile atmosfera asfissiante. Non appena i muqanni si avvicinano alla falda acquifera si devono guardare da un altro pericolo: il possibile allagamento del tunnel da parte di una improvvisa irruzione d'acqua. Questo pericolo è particolarmente grande nel momento dello sfondamento del pozzo principale; il pozzo deve essere svuotato accuratamente se non si vuole che gli uomini vengano spazzati via dall'irruzione dell'acqua. A causa di tutti questi pericoli i muqanni, che chiamano il qanat "l'assassino", recitano sempre una preghiera prima di entrarvi e non vanno mai al lavoro in un giorno infausto. 

I qanat variano molto in lunghezza secondo la profondità della falda e l'inclinazione del terreno: in alcuni la canalizzazione dal pozzo principale allo sbocco dell'acqua è lunga dai 2 ai 4 chilometri, ma in un qanat dell'Iran del sud è invece lungo più di 32 chilometri. Normalmente la lunghezza varia da 10 a 18 chilometri. Anche la quantità d'acqua ottenibile dai singoli qanat è molto variabile. Per esempio, di circa 200 qanat esistenti nella pianura di Varamin a sud-est di Teheran il più grande emette oltre 300 litri al secondo e il più piccolo solo un litro. 

Finché il qanat non è stato completato e non è in azione non è possibile per un certo periodo di tempo stabilire se esso sarà una fonte continua oppure una fonte stagionale che fornisce l'acqua solo in primavera o dopo abbondanti piogge. Poiché l'investimento iniziale nella costruzione di un qanat è considerevole, il proprietario e i costruttori ricorrono spesso al sondaggio e ad apparecchiature complicate per aumentare la sua resa. Per esempio, possono ricorrere a diramazioni della canalizzazione principale per raggiungere altre falde acquifere oppure scavare il suolo della canalizzazione esistente per abbassarla e attingere l'acqua a un livello più profondo. Una grande cura viene anche dedicata alla manutenzione del qanat. La buca dei pozzi di ventilazione è difesa con muri simili a crateri costruiti con il materiale di scavo e alle volte con un coperchio per impedire eventuali danni provocati dall'afflusso d'acqua durante i temporali. E' necessario togliere la melma trasportata nei cunicoli dalla falda, pulire la volta della cavità ed eseguire continue riparazioni.

Com'è naturale in un sistema che esiste da migliaia di anni e così importante per in vita del paese, la costruzione dei qanat e la distribuzione dell'acqua sono regolati sia da leggi e sia dal senso comune consacrato dalla tradizione. I costruttori dì un qanut devono ottenere il consenso dei proprietari del terreno che attraverserà, ma l'autorizzazione non può essere rifiutata arbitrariamente; deve essere concessa se il nuovo qanat non interferisce con il rendimento di altri qanat esistenti, il che di solito significa che la distanza fra due sistemi qanat deve essere di parecchie centinaia di metri, secondo le formazioni geologiche interessate. Quando le due parti non raggiungono un accordo, la questione viene decisa dalla magistratura che normalmente nomina un esperio indipendente per risolvere i problemi tecnici in contestazione.

Vi sono pure sistemi tradizionali per l'equa distribuzione dell'acqua di un qanst agli utenti. Se il qanal appartiene a un proprietario terriero che ha dei fittavoli questi di solito nomina un intendente dell'acqua che sovraintenda alla distribuzione dell'acqua ai singoli fittavoli secondo la vastità della fattoria e la natura dei prodotti che vi crescono. Quando gli stessi contadini sono i proprietari del  qanat, il che accade sempre più spesso con la nuova riforma fondiari dell'Iran, eleggono un sovraintendente dell'acqua con l'incarico di vegliare che ogni contadino riceva la sua giusta parte di acqua e al tempo giusto: il sovraintendente ne riceverà una parte a ricompensa dei suoi servizi. Il sovraintendente si regola secondo un sistema di distribuzione che è rimasto fisso da centinaia di anni. Per esempio, tre borghi nella regione di Sehdeh nell'Iran occidentale ricevono ancora le stesse porzioni che furono loro attribuite nel XVII secolo durante il regno di Shab Abbas il Grande. I borghi di Dastgerd e Parvar hanno diritto a 8 parti ciascuno e Karton a 9 e le assegnazioni vengono fatte agli sbocchi del bacino di distribuzione; gli sbocchi di Dastgerd e di Parvar sono larghi 8 spanne, 9 quello di Karton. 

La produzione agricola resa possibile dai qanat ripaga ampiamente gli investimeni fatti nella loro costruzione e nella loro manutenzione. Una recente inchiesta ha dimostrato che il profitto di questi investimenti in valore di prodotti agricoli e di vendita di acqua si aggira dal 10 al 25%. La costruzione di un qanat lungo circa 10 km costa dagli 8 ai 20 milioni di lire secondo la natura del terreno: per un qanat lungo da 18 a 27 km il costo si aggira sui 54 milioni.

Il costo di costruzione è aumentato negli anni recenti in quanto anche il costo della mano d'opera è aumentato. Inoltre, la divisione di grandi latifondi in piccole proprietà con la nuova politica di distribuzione fondiaria, come pure l'uso di macchinario agricolo moderno, hanno reso difficile ai singoli proprietari terrieri di poter sostenere la spesa per nuove costruzioni di qanat o per la manutenzione di quelli esistenti. Molti agricoltori ora forano pozzi e usano motopompe per portare l'acqua alla superficie. Conseguentemente, la costruzione di nuovi qanat cesserà a meno che le cooperative di contadini dì nuova formazione non la trovino vantaggiosa e possano reperire i capitali necessari per realizzarla.

Qualunque sia il futuro del sistema iraniano dei qanat, esso rimane oggi un esempio impressionante delle fatiche di un popolo che lavora sodo. I 22.000 qanat dell'Iran con i loro 300.000 chilometri di canalizzazioni sotterranee tutte costruite con il lavoro manuale, distribuiscono ben 585 metri cubi d'acqua al secondo - una quantità equivalente al 75 per cento della portata del fiume Eufrate nella pianura della Mesopotamia. Questo volume d'acqua sarebbe sufficiente a irrigare oltre un milione di ettari di terra arida se fosse usato interamente per l'agricoltura. Si è fatto un giardino di ciò che altrimenti sarebbe diventato un deserto inabitabile. Si dice che nei tempi antichi il paese avesse una vegetazione fiorente che gradualmente andò inaridendo a causa de! disboscamento e della perdita del terreno fertile per le erosioni. Il popolo persiano ha risposto al disastro potenziale con una soluzione ingegnosa e lungimirante che rappresenta un tributo classico alle risorse umane.