DAL 2007 SITO
PATRIMONIO IN PERICOLO - Guerra
in Iraq e mancanza di controllo da parte dello Stato sulla gestione e
tutela del sito.
Città
medievale della Mesopotamia, sulla riva sinistra del Tigri, a mezza via
tra Baghdād e Takrīt. Il sito di Samarra fu abitato sin
dall'età preistorica, ma soltanto in epoca islamica, più precisamente
nel IX secolo, sotto la dinastia abbaside (750-1258), la città raggiunse
il massimo splendore, divenendo capitale del califfato dall'836 all'892.
I suoi monumenti rappresentano l'arte
imperiale abbaside nel momento più alto, comunemente indicato proprio
come "arte di Samarra".Come nel caso di Baghdad, l'area della
nuova capitale era in precedenza occupata da altri insediamenti e la
stessa denominazione popolare araba surra man ra'a ('si rallegra chi l'ha
vista') sembrerebbe derivare da un toponimo locale.
Le ragioni che portarono gli Abbasidi
a trasferire la capitale da Baghdad a Samarra non sono chiare: la motivazione più
diffusa viene individuata nell'avvento di mercenari turchi che avrebbero
creato turbolenze politiche nella capitale e avrebbero spinto la corte a
spostarsi verso un sito difeso naturalmente, in quanto circondato da una
rete di canali che si diramavano dal Tigri.
Al fondatore al-Mu‛tamid (833-842) si devono la prima Grande
moschea e il palazzo califfale. Questo complesso, insieme ai giardini che
ne facevano parte, aveva un'estensione di ca. 150 ettari. Il successore di
al-Mu‛tamid, al-Wāthiq (842-847), costruì il
palazzo al-Hārūn e promosse lo sviluppo economico della città, che
tuttavia continuò a svolgere un ruolo secondario rispetto a
Baghdad.
Al
califfo al-Mutawakkil (847-861) si devono diversi edifici: la vastissima
Grande moschea, sopravissuta fino ai giorni nostri e oggetto di ripetuti
restauri. Ricoperta da maioliche smaltate, fiancheggiata da 44 torri, era
circondata da mura alte
260 metri
e poteva contenere
più di 100.000 fedeli. Il tetto piano poggiava su pilastri ottagonali di
muratura con colonne di marmo incastrate. La sala di preghiera è costituita da
venticinque navate, tra le quali quella mediana è leggermente più ampia
delle altre.
I pilastri erano ottagonali, con
colonnine addossate di marmo, e non sembra che reggessero degli archi: il
soffitto era dunque del tipo presente nella apadana, modello attestato
nell'architettura achemenide. Il mihrāb, come altrove nell'arte islamica
della Mesopotamia, era a pianta rettangolare. Fuori
del muro di cinta, rafforzato da torri rotonde, s'innalza, isolata, la
"Malwiyyah", una torre di preghiera con rampa esterna, il cui
prototipo si è voluto vedere nelle torri a scalinate babilonesi
(zikkurat).
Della
residenza del califfo (al-Giausaq) rimane ancora in piedi un'alta
costruzione con tre aperture sormontate da arco acuto, dominante le
rovine; la pianta di quest'edificio, quale si è potuta ricostruire
durante gli scavi ma che non è stata ancora pubblicata, concorda
palesemente in molti tratti col castello Balkuwara, eretto nell'854-859
per il principe al-Mu‛tazz e meglio conosciuto nei suoi particolari
costruttivi.
Costruito
secondo il modello dell'antica residenza dei Lakhmidi, al-Hīrah, esso
copriva un quadrilatero che misurava 1 km. per lato. Il fabbricato
centrale della costruzione, chiusa da mura turrite, è costituito di due
ampie corti e di una terza corte d'onore un poco più piccola, cui seguono
parecchie sale del trono a pianta cruciforme. A destra e a sinistra si
trova una serie di case d'abitazione che assommano a parecchie dozzine,
dette riwaq (maniche), ognuna con propria corte, e un giardino verso il
Tigri, munito d'un bacino d'acqua e d'un porto per le barche.
Il
castello Qasr al-‛Āshiq, dominante la sponda occidentale del fiume,
racchiudeva un palazzo più piccolo costruito nell'880 secondo uno schema
sostanzialmente affine. Le case private, sempre ad un piano, erano spesso
di ampie dimensioni e di diversa struttura. Tutti gli ambienti avevano
basamenti di stucco, al disopra dei quali le pareti erano animate da
nicchie di forme differenti o decorate con pitture. Gli esemplari più
antichi mostrano una decorazione a profondi incavi d'un carattere ancora
abbastanza naturalistico, fatta di palmette, pampini e fiori a calice;
tale decorazione diventa a mano a mano sempre più schematica finché si
conchiude in uno stile del tutto astratto a incavi obliqui, poco profondi,
con motivi ornamentali rapportati. Vi è innegabile l'influsso turco.
Questo stile nuovo degli Abbāsidi si diffonde poi in tutti i paesi.
Sul piano urbanistico spicca nella
città di Samarra la grande arteria centrale, che sembra costituisse il
tratto urbano della grande strada che collegava Baghdad e Mossul. Il
Jawsaq al-khāqānī, solo parzialmente scavato, si presenta come un
complesso di edifici, non lontani dal Tigri e preceduti da un'ampia
spianata, verosimilmente adibita a giardino, che evocano l'architettura
sasanide.
Al palazzo era annesso un parco di
caccia; la parte centrale era occupata dalla sala d'udienza a pianta
cruciforme con al centro una cupola, secondo lo schema delle tradizioni
locali, comunemente fatte risalire al palazzo partico di Assur (Iraq) e
riscontrabili nell'architettura di altri edifici preislamici. Del
complesso facevano parte due sirdāb (cavità scavate nella roccia con
vani annessi) e un lago, alimentato dalle acque del Tigri.

Il complesso di Balkuwārā riflette
le linee essenziali del Jawsaq al-khāqānī, ma le unità abitative e la
sala del trono sono più raccolte e costituiscono un insieme unitario. La
sala del trono è a pianta cruciforme. Incerta è l'attribuzione del Qasr
al-Jass, un palazzo residenziale non meglio identificato: la pianta
quadrangolare è inserita in un quadrangolo maggiore, come nel palazzo di
Ukhaydi (Iraq); dalla sala centrale, probabilmente ricoperta da una
cupola, si diramavano quattro unità, precedute da un cortile; di
particolare interesse è il lato meridionale, che comprende un gruppo di
bagni e di appartamenti.
La Qubbat al-sulaybiyya, un mausoleo
la cui costruzione viene attribuita al califfo al-Muntasir (861-862),
rappresenta uno dei più antichi edifici sepolcrali islamici pervenuti: è
una costruzione a pianta ottagonale, che racchiude all'interno un nucleo a
pianta quadrangolare che sosteneva una cupola.
La vastissima area archeologica di
Samarra è stata scavata solo in parte. Poco note sono in particolare le
unità abitative, che sembrano comunque seguire uno schema fisso: sul
fondo di un cortile si trovava un ambiente a forma di T con a fianco due
vani minori. I ritrovamenti di Samarra offrono diversi esempi
dell'evoluzione della decorazione islamica in epoca abbaside: da uno stile
relativamente realistico, simile a quello presente nel periodo
tardo-omayyade, si giunge a forme completamente astratte.
La decorazione prevalente è in
stucco e ne sono stati individuati tre stili: il più tardo appare
realizzato con una tecnica particolare in cui il motivo non è ricavato
attraverso un intaglio verticale, ma piuttosto ricurvo. Si ritiene che
tale tecnica provenga dall'Asia centrale. Inoltre nel Jawsaq al-khāqānī
sono stati rinvenuti affreschi che dimostrano la continuità con l'arte
omayyade, anche se i temi trattati se ne distanziano nettamente. Nella
decorazione della maggior parte del palazzo intervennero certamente
maestranze provenienti da varie parti dell'impero, come dimostrano alcuni
graffiti in greco e siriaco. Nella moschea di al-Mutawakkil sono state
inoltre ritrovate tracce di decorazioni a mosaico che confermano
l'eterogeneità delle maestranze e, ancora una volta, i collegamenti con
l'arte omayyade. Il principale materiale da costruzione utilizzato fu il
mattone, cotto o crudo.

Benché alla lunga siano prevalse le
scuole locali, l'arte di Samarra venne considerata un modello sia
nell'Oriente sia nell'Occidente islamico: il dispositivo a forma di T
della moschea di Abū Dulaf fu ripetutamente imitato nell'Africa
settentrionale. Altrettanto si può dire per la decorazione, come
dimostrano gli stucchi nella moschea di Balkh (Afghanistan) e nella
moschea di Ibn Tūlūn al Cairo, nonché alcune opere in legno. Inoltre a
Samarra sono stati rinvenuti numerosi oggetti
in ceramica decorata a lustro metallico, che ebbero ampia diffusione nel
mondo islamico, lasciando così supporre che in questa città si
collocassero alcune delle officine di produzione. È tuttavia necessario
ricordare che i caratteri innovativi dell'arte islamica comunemente
attribuiti a Samarra dipendevano piuttosto da Baghdad, della quale
praticamente nulla è sopravvissuto a causa della devastante invasione
mongola del 1258.
Per ciò che concerne la decorazione
parietale e la ceramica, diversi motivi e tecniche forse si devono
all'importazione da altre regioni dell'impero o anche dalla Cina, come
confermano i ritrovamenti di porcellane cinesi e le loro imitazioni nella
produzione locale. Nel complesso, l'arte di Samarra ben si inserisce nel
percorso di quella islamica, non solo per ciò che attiene alla
decorazione, ma per l'architettura, nella quale prevale l'accostamento
degli edifici, piuttosto che un organico schema programmatico.
Samarra è importante anche per la
presenza di costruzioni legate al mondo sciita. Nella moschea Al-Askariya
sono custodite le reliquie dell’Imam Hassan Al-Askari, detto
“l’integerrimo”, morto nell’873, sepolto accanto a suo padre,
l’Imam Ali Al-Hadi. La cupola del santuario è ricoperta da 62 lastre
d’oro ed è affiancata da 2 minareti. La cupola del santuario, è stata
gravemente danneggiata da un attentato il
22 febbraio 2006
mentre i 2 minareti, già fortemente compromessi, sono crollati nel giugno
del 2007.
Accanto al mausoleo, la moschea dell’Imam Nascosto sorge sopra
l’ingresso al sotterraneo in cui scomparve nell’874 il giovane
Mahammed di 4 anni nominando il dodicesimo Imam. Fu chiamato il Mahdi
(colui che è guidato) o “il maestro del tempo”. Secondo gli Sciiti
egli tornerà alla fine del mondo per ristabilire la giustizia. Il
santuario si compone di 2 sezioni separate nel 1209 da una porta chiamata
Bab Al-Ghayba (“Porta dell’occupazione”). Dall’altro lato in un
angolo della camera dell’occupazione scende il pozzo da cui dovrà
riapparire il Mahdi.
