Masada
Israele

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2001
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Nelle pagine più toccanti della sua Guerra Giudaica, lo storico Giuseppe Flavio riporta le parole di Eleazar Ben Yair, capo degli zeloti assediati a Masada dai romani: "Finché le nostre mani hanno una spada da impugnare, ci rendano un generoso favore: moriamo quando ancora i nemici non ci hanno ridotti in schiavitù, e da uomini liberi diamo un addio alla vita con le nostre mogli e i nostri figli". E narra che in quella drammatica notte del 73 d.C. gli Zeloti, dopo aver abbracciato i loro cari, presi da una smania incontenibile si suicidarono in massa. La mattina successiva, raggiunta la rocca, i romani si trovarono davanti 960 cadaveri e le ceneri fumanti di quintali di masserizie. Non era in questo modo che si aspettavano di domare la rivolta di quel pugno di ebrei - fuggiti da Gerusalemme dopo la distruzione del Tempio - che avevano osato sfidare la potenza di Roma. La loro fu una vittoria amara, nonostante Masada fosse giudicata virtualmente inespugnabile.

Masada è una delle più emozionanti riscoperte storico-archeologiche del XX secolo. Come risaputo, Masada è il nome di uno sperone roccioso culminante in un ampio pianoro a forma di nave che si innalza di trecento metri sulla costa sud-ovest del Mare Morto, in uno scenario arido e selvaggio perché l’acqua del Mar Morto è da tempo evaporata. 

Nel 40 a.C. il luogo assunse un significato particolare per Erode, che sfuggendo alle forze del pretendente dei Parti, Antigono, dovette lasciarvi al sicuro la famiglia mentre si recava a Roma per invocare un aiuto militare. I suoi congiunti, assieme a ottocento uomini che avevano l'ordine di proteggerli, quasi morirono di sete durante l'assedio prima che un provvidenziale acquazzone riempisse le cisterne ormai vuote.

Più tardi, quando riuscì a recuperare il suo regno con l'ausilio delle truppe romane, Erode trasformò Masada in un complesso palazzo-fortezza, progettato come suo rifugio perché temeva un doppio pericolo, da una parte temeva di essere detronizzato dal popolo ebreo e in secondo luogo temeva la regina egiziana Cleopatra, avversaria sicuramente più pericolosa. Cleopatra non nascondeva le sue intenzioni anzi faceva pressioni su Antonio affinché questi facesse uccidere Erode per poi darle in dono il regno di Giudea. 

La struttura più imponente del sito è però ancora oggi la splendida reggia che si affaccia sulla punta settentrionale della rocca: questo autentico capolavoro presenta soluzioni costruttive assai avanzate e una scenografica distribuzione dei vari ambienti. Il piano più alto era costituito da una sala rettangolare, che sul lato prospiciente la piana sottostante si apriva in una grande abside delimitata da un colonnato corinzio, a formare uno straordinario belvedere sulla depressione del Mar Morto. Una scala coperta collegava quest'ala del palazzo con la sezione intermedia, formata da una struttura a pianta rotonda, anch'essa circondata da colonne e sormontata da un tetto campaniforme. 

Il livello più basso era invece a pianta pressappoco quadrata e al centro si apriva in un cortile interno, delimitato da un portico sorretto da pilastri cui erano addossate eleganti semicolonne corinzie; accanto sorgeva un piccolo, ma lussuoso impianto termale.

Le pareti interne e le colonne del palazzo erano ricoperte di vivaci stucchi policromi, per lo più a imitazione di marmi pregiati, mentre i pavimenti erano coperti di mosaici bianchi e neri, a disegni geometrici.

Di notevole interesse sono anche le grandi terme a quattro vani che facevano parte del livello superiore, tra le meglio preservatesi dei diversi siti di epoca romana in Israele.

Allo spogliatoio, o apodyterium, ornato di stucchi e di pavimenti a piastrelle bianche e nere, seguono il tepidarium, cioè la sala tiepida, e il frigidarium, l'ambiente più fresco, caratterizzato da una grande vasca a sedile. Nel calidarium è ancora visibile l'ipocausto, ossia il pavimento sorretto da pilastrini, al di sotto del quale circolava l'aria calda proveniente dalla caldaia.

Nei pressi delle terme si estendeva un vasto insieme di ambienti usati non solo per conservare cibo e vino, ma anche come depositi dove custodire le armi e gli oggetti di valore. Questo settore della fortezza, comprendente il palazzo vero e proprio, le terme e i magazzini, era separato dal resto della cittadella da un muro e da un cancello. Il sontuoso complesso era chiaramente destinato ai festeggiamenti e all'ostentazione della ricchezza e del potere di Erode, ma nel contempo era stato concepito per poter fungere da estrema difesa nel caso in cui eventuali invasori ne avessero scavalcato le mura.

Al contrario, il palazzo occidentale doveva essere più funzionale ed era pertanto costituito dagli appartamenti reali e da quelli destinati agli ospiti, da stanze di servizio, da laboratori e magazzini, nonché da sale che avevano una funzione amministrativa, come quelle usate per i ricevimenti di stato. Anche qui i pavimenti erano impreziositi da mosaici ed esistono prove che alcune parti dell'edificio fossero alte diversi piani.

Nelle vicinanze si trovavano altre tre piccole strutture, in una delle quali era ospitato un mikveh, ossia l'ambiente preposto al bagno rituale ebraico.

Il problema più grave di Masada, un luogo nel quale poteva essere necessario ospitare contemporaneamente anche un migliaio di persone, erano l'approvvigionamento e lo stoccaggio dell'acqua. Dal momento che non solo la fortezza si trova nel deserto, dove le piogge sono a carattere stagionale e poco abbondanti, ma è situata su un altopiano in cima a una montagna circondata da ripide scarpate, venne escogitato un sistema di drenaggio che portava l'acqua piovana dalle dighe costruite nelle valli circostanti fino a un sistema di dodici cisterne, poste alla base della rocca, che contenevano fino a 40.000 metri cubi. Da qui l'acqua poteva essere trasportata a dorso d'uomo o di mulo lungo un sentiero tortuoso, fino alle vasche poste all'interno della fortezza. 

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Pur essendo quasi inaccessibile, Masada era fortificata da poderose mura che racchiudevano tutte le strutture sulla spianata, con l'eccezione del palazzo settentrionale, di per sé imprendibile. Il perimetro difensivo era costituito da una cinta esterna e da una interna: lo spazio ricavato nel mezzo era occupato da ambienti di vario utilizzo. In totale, le mura di Masada sono lunghe 1500 metri e intervallate da settanta casematte, trenta torri e quattro porte. 

Quando gli Zeloti conquistarono la fortezza nel corso della rivolta ebraica antiromana, durata sei anni, apportarono numerose modifiche al complesso erodiano. Per ospitare un gran numero di famiglie, tutte le stanze nelle mura vennero trasformate per uso domestico e molte sale del palazzo furono suddivise per creare diversi nuclei abitativi.

Inoltre, gli Zeloti costruirono due mikveh ed esistono prove dell'esistenza di una stanza forse adibita a beit midrash, ossia un'aula per gli studi religiosi.

La sinagoga, posta sul lato nord-occidentale, è stata in parte ricostruita; orientata verso Gerusalemme, potrebbe essere stata eretta dagli Zeloti sul luogo di un tempio risalente ai tempi di Erode.

Masada è un sito di eccezionale valore archeologico, non solo per le sue vestigia architettoniche. Tra i vari reperti qui rinvenuti e conservatisi grazie al clima secco, figurano infatti frammenti di abiti, tra i quali scialli da preghiera e sandali di cuoio, oltre a vasellame e cesti di vimini. Sono state trovate anche numerose monete, coniate sul posto dai ribelli.

Molto importanti per lo studio dei diversi testi della Bibbia sono i resti di quattordici rotoli in pergamena scoperti in alcuni punti della fortezza.

Durante le campagne di scavo vennero inoltre riportati alla luce oltre settecento ostraka (frammenti di vasellame con iscrizioni), che ci forniscono ulteriori indizi sulla vita condotta dai ribelli intrappolati sulla rupe di Masada. Gli ostraka erano iscritti per lo più in ebraico o aramaico, ma anche in greco o latino. Per la maggior parte sono stati reperiti nei pressi dei magazzini e sembrano indicare che durante l'assedio fosse in vigore un sistema di razionamento dei viveri. In quattro casi, sono stati ritrovati grandi ostraka che portano scritti alcuni nomi accompagnati da numeri: potrebbe trattarsi di elenchi amministrativi.

La scoperta più sensazionale è stata però quella di undici frammenti, ognuno con un solo nome, che stavano vicino alle porte dei magazzini: uno dei nomi è quello di Ben-Yair, il capo dei ribelli di Masada. Secondo alcuni studiosi questi ostraka costituirebbero le prove dell'estrazione a sorte che avvenne tra i dieci capi della ribellione durante l'ultimo giorno d'assedio, dopo quasi quattro anni di eroica resistenza, quando fu chiaro che ormai tutto era perduto. 

Masada è il prodotto di una mania di persecuzione, una paranoia sfogata nella pietra, un nido di roccia per un’aquila paurosa; ai margini del regno costituisce una fortezza inespugnabile ma è meglio essere un re senza regno o un re minacciato nel proprio paese? Luoghi come Masada sono dimostrazioni di potere, ma in realtà sono inutili al potere, sono sicuri come un bunker, come una tomba, sono luoghi di declino. In luoghi simili anche il sovrano più grande sogna quello che sognano gli altri, semplicemente sopravvive, un vero incubo per il potere.

All’inizio della prima rivolta giudaica scoppiata nel 66 d.C. i ribelli strapparono la fortezza ai romani e di lì tennero loro testa anche quando oramai Gerusalemme era stata distrutta e il tempio incendiato. È di questo evento bellico, universalmente famoso, che dovremo parlare, ma prima si può aggiungere che dal 74 d.C. al 111 a Masada stazionò un distacco militare romano, e che poi nella seconda rivolta giudaica (132-135 d.C.) vi si stabilirono di nuovo i ribelli giudei. In epoca bizantina, infine, Masada fu abitata (finalmente) da gente meno bellicosa, e cioè da pii monaci cristiani, come testimoniano i resti del monastero e della piccola cappella dalle decorazioni geometriche a sassolini su intonaco, che il visitatore trova a Masada tra gli altri edifici. Ora Masada è meta immancabile di chi visita Israele e la Terrasanta.

La vicenda più drammatica di Masada ci è nota dagli scritti di uno storico giudaico di nome Giuseppe che inizialmente aveva avuto qualche ruolo nella guerra contro i romani e che poi era passato dall’altra parte. Giunto a Roma con i romani vincitori, fu storico di corte del primo principe della famiglia Flavia, l’imperatore Vespasiano, assumendo di lui anche il nome di famiglia, per cui è passato alla storia come “Giuseppe Flavio”. Ebbene, a soli 5 o 6 anni di distanza dai fatti, egli narrò la caduta di Masada nell’opera intitolata “Guerra giudaica”.

100 anni più tardi a Masada si raccolgono i più deboli. Nell’anno 66 d.C., gli ebrei tentano una rivolta contro l’occupazione dei romani; i romani contrattaccano. Nell’anno 70 Gerusalemme è in fiamme, la fortezza di Masada diventa l’ultimo rifugio degli ebrei ormai allo sbando. Eleazar Ben Yair  è il comandante dei sicari, ma Giuseppe Flavio ha fatto pace con i romani, quindi scrive per entrambe le parti, per i romani che lo hanno lasciato in vita e per gli ebrei, per i quali deve sminuire l’accusa di essere un traditore. 

Nell’inverno del 72 i romani si avvicinano. Il comandante della legione romana, Flavio Silva, circondò la fortezza con delle mura rendendo più difficile la possibilità di fuga agli assediati, poi scelse un luogo adatto all’assedio, un punto in cui le rocce della fortezza si affacciano sulle montagne vicine. Il generale romano diede avvio all’assedio, ad occidente si trovava un’altura piuttosto ampia e sporgente ma situata più in basso rispetto a Masada. Silva fece occupare questa altura, chiamata la Roccia Bianca; ordinò ai suoi soldati di alzare un muro; in breve venne costruito un argine fortificato. Allo stesso tempo Silva fece costruire un possente ariete e con esso colpì il muro di continuo. Dopo molti sforzi le mura cedettero e si aprì una breccia, ma pronti, i sicari avevano eretto un secondo muro che nemmeno le macchine riuscirono ad abbattere. Quando Silva se ne accorse, pensò di vincere la trincea con il fuoco, quindi ordinò ai suoi soldati di lanciare fiaccole accese e in effetti in muro cominciò a bruciare. Improvvisamente però si alzò un forte vento da nord, pericoloso per i romani, spingendo le fiamme dalla fortezza ai loro volti. I romani temettero il fallimento della loro azione e per poco le loro macchine da guerra non presero fuoco.  Ma improvvisamente il vento ricominciò a soffiare da sud, come per miracolo, e ricacciò con violenza le fiamme verso la fortezza che bruciava completamente. I romani riconobbero l’intervento divino e tornarono al loro accampamento decisi a dare l’assalto il giorno seguente. 

Eleazar a quel punto decise che tutti dovevano morire: “Miei soldati, da tempo siamo decisi a non cadere sudditi dei romani ne di chiunque altro, se non al di fuori di Dio, perché solo lui è l’unico vero sovrano degli uomini. E’ giunto ora il momento di agire per compiere la nostra decisione; sappiamo che domani cadremo nelle mani nemiche ma possiamo ancora scegliere liberamente di andare incontro a una nobile morte e insieme ai nostri cari. Le nostre donne devono morire senza essere violate e i nostri figli non devono conoscere la schiavitù. Loro se ne andranno prima di noi, mostreremo così il nostro amore gli uni per gli altri, il sudario sarà il custode per la nostra libertà”. 

Il discorso di Eleazar non convince la folla; Eleazar carica il discorso incutendo terrore con visioni di torture e bagni di sangue, ma chi vuole farla finita per motivi politici vuole anche una ricompensa perciò Eleazar promette ai suoi l’immortalità dell’anima nel regno dei cieli, un insegnamento religioso applicato alla politica. Eleazar convince la sua gente. 

Giuseppe Flavio, che annota ogni cosa, che si è trovato lui stesso in una situazione simile e ha deciso di vivere una vita da prigioniero piuttosto che la libertà nella morte, tentenna tra il rispetto e lo smarrimento. A Masada non sopravvive nessun essere umano, solo un mito. 

Dopo la sua presa, Masada rimase in mano ai romani fino all'epoca bizantina per essere riscoperta oltre un secolo e mezzo fa per diventare simbolo della causa sionista. Tutt'oggi reclute dell'esercito israeliano vengono condotte sul luogo per pronunciare il giuramento di fedeltà al grido di: "Mai più Masada cadrà".  

Sebbene il sito di Masada sia stato identificato a metà del XIX secolo, soltanto nel 1963 sono stati effettuati scavi sistematici che - oltre ai maestosi resti delle costruzioni - hanno portato alla luce una grande quantità di manufatti, monete e alcuni scheletri, probabilmente degli zeloti suicidi. 

Masada è stata in parte ricostruita ed è diventato uno fra i più importanti siti archeologici di Israele grazie anche agli scavi compiuti a partire dagli anni '60 sotto la guida dall'archeologo Yigael Yadin. Sono stati riportati alla luce i resti dell'antica fortezza: evidenti risultano i segni dei campi militari romani, con mosaici di notevole qualità, bagni ed anche i massi di pietra lanciati dalle catapulte. Come segno dell'occupazione zelota resta solo una piccola sinagoga mentre più recente, risalente al V secolo è una basilica fatta costruire da monaci penitenziali.  

Essendo stato l’ultimo focolaio di resistenza contro i Romani, nel XX secolo Masada è divenuta un simbolo e addirittura un mito del patriottismo giudaico, in conseguenza di almeno tre fattori. I primi due sono il sorgere del movimento sionista e la costituzione del nuovo stato ebraico, e il terzo è lo scavo archeologico condotto negli anni ’60 dal grande archeologo israeliano Yigael Yadin. Egli, infatti, ha sottratto alla polvere dei secoli tutto lo scenario degli eventi e facendolo conoscere a tutti attraverso memorabili pubblicazioni anche divulgative. Tra l’altro, a Masada vengono periodicamente allestiti spettacoli di “suoni e luci”, in chiave ovviamente di ardente patriottismo.