Il Parco
nazionale Beit Guvrin-Maresha è un'area protetta del centro d'Israele, a
circa 13 chilometri da Kiryat Gat. Comprende le rovine della città
giudaica di Maresha e di quella romana di Beit Guvrin, allora chiamata
Eleutheropolis.
La
regione collinare posta a ovest della Montagna di Giuda ha il nome di
Shefela. Non va oltre un’altitudine di 400-450 metri. Oggi questa
regione si percorre lungo una strada che attraversa boschi, pascoli e
vigneti. Nella Shefela si trovano siti archeologici collegati a racconti
biblici: Bet Shemesh, Tel Yarmut, Beit Jimal (Cafargamala), Beit Nattif,
Khirbet Madras, Beit Jibrin, Maresha, Horvat Bet Loyah, Khirbet el-Qom
(Maqqeda) e Lachish.
Questo
ampio territorio è la patria di giudici (Sansone, di Zorea), di profeti
(Michea, di Moreshet; Eliezer di Maresha) e di re (Erode il Grande di
Maresha).
La
regione fu colpita pesantemente dagli eserciti babilonesi che misero fine
all’indipendenza del regno di Giuda. All’amarezza per la distruzione
danno voce i Profeti che piangono sul duro destino toccato alle città
della Shefela. Nel periodo del dominio persiano sulla Giudea (V-IV secolo
a.C.) la Shefela conobbe una rinascita economica grazie alle sue ricchezze
naturali, il terreno fertile e il clima moderato. Queste condizioni
favorevoli avevano attirato immigrati dai paesi vicini: fenici, filistei,
edomiti, arabi, nabatei e naturalmente greci.
Tra il IV
e il III secolo a.C. la Shefela cambiò il nome in Idumea insieme a tutta
la Giudea meridionale. La capitale amministrativa dell’Idumea fu
Maresha. In seguito alla conquista macedone (320 a.C.) nell’Idumea si
impose la cultura ellenistica che ha lasciato tracce molto consistenti di
arte e di realizzazioni civili. Nel 129 a.C. Giovanni Ircano si impadronì
dell’Idumea togliendola ai seleucidi.
In epoca
romana (I-IV secolo d.C.) l’Idumea conobbe un nuovo periodo di grande
sviluppo economico, culturale e sociale. La capitale della toparchia era
diventata Eleuteropoli, che in traduzione significa la «città dei
liberi».
Le due
città di Maresha e Beit Jibrin si trovano all’incrocio delle vie di
comunicazione tra la montagna di Hebron e la pianura costiera. Questa
posizione consentì ai due centri di ricoprire un ruolo di primo piano
nell’area circostante in ogni epoca. Gli scavi archeologici hanno
restituito tracce imponenti delle antiche culture sviluppatesi nella
regione.

Il sito
archeologico di Bet Guvrin-Eleuteropoli si presenta come un grandioso
anfiteatro naturale, all’incrocio delle strade che attraversano la
Shefela. Eleuteropoli fu una delle città più grandi della Palestina di
epoca romano-bizantina. Il nome semitico è Bet Guvrin (ebraico) o Beit
Jibrin (arabo). Divenne capoluogo dell’Idumea dopo la distruzione di
Maresha ad opera dei parti nel 40 a.C.
Ricevette
il nome di Eleuteropoli (Colonia Lucia Septimia Severa) verso il
200 d.C., quando l’imperatore Settimio Severo la elevò al rango di polis.
Era abitata anche da una consistente colonia giudaica tra cui alcuni amoraim,
cioè esperti della Mishna (II secolo d.C.).
In epoca
bizantina Eleuteropoli divenne ben presto cristiana e fu sede episcopale.
Il primo vescovo è stato Macrino, che prese parte al concilio di Nicea
(325 d.C.). La storia cristiana di Eleuteropoli è ricca di personaggi e
di avvenimenti di rilievo, vedi la cronaca dei 60 martiri di Gaza (638
d.C.). Di Eleuteropoli era originario Epifanio vescovo di Salamina
(315-403 d.C.), autore del Panarion, un trattato contro le
eresie.
In epoca
crociata il re Folco d’Angiò volle costruire la cittadella di
Eleuteropoli come bastione protettivo di Gerusalemme (1134). La consegnò
agli ospitalieri che la difesero fino all’arrivo dell’esercito di
Saladino. I nuovi occupanti ayyubidi riusarono il castello e trasformarono
la chiesa della città in moschea.
La
ricerca archeologica sulle antichità di Beit Jibrin dura da più di un
secolo. I primi ritrovamenti furono casuali. Si tratta di pavimenti
mosaicati di epoca bizantina appartenenti a chiese e monasteri cristiani.
Il più notevole dei mosaici è esposto al Museo Haaretz di Tel Aviv.
Altri mosaici sono conservati all’interno del kibbutz di Bet
Guvrin. La presenza di necropoli poste a est e a ovest del sito
archeologico ha attirato da sempre la curiosità dei ricercatori. Sono
state ripulite centinaia di tombe nelle quali si trovano molti modelli di
sepoltura, numerose decorazioni e simboli religiosi. Data la composizione
mista della popolazione di Eleuteropoli sono riconoscibili segni pagani,
giudei e cristiani.
Gli scavi
regolari iniziati nel 1982 da A. Kloner hanno messo in luce il complesso
di epoca crociata, che comprende la rocca residenziale fortificata e la
basilica. La cittadella (in francese: Gibelet, Bet Gebeli,
Gibelino) era circondata da un possente muro difensivo.
La
scoperta principale è avvenuta sotto il livello crociato, dove è stato
rinvenuto pressoché intatto un anfiteatro, un’arena destinata ai
combattimenti dei gladiatori. L’arena, inaugurata al tempo di Settimio
Severo (200 d.C.), fu dismessa dall’imperatore cristiano Arcadio (383
d.C.).

La
collina di Tell Sandahanna viene identificata con la capitale
dell’Idumea, Maresha. Dopo la scomparsa di Lachish, la città più
grande della Shefela nel VI secolo a.C., Maresha ne aveva ereditato il
ruolo di centro amministrativo. In questi termini ne parla Zenone di
Alessandria, amministratore di Tolomeo II (259 a.C.), nei papiri che
portano il suo nome. La descrive come centro vivace e ricco, a motivo
dell’agricoltura fiorente (vino, olio), dei pascoli e dei commerci.
Maresha
diede i natali alla famiglia di Erode il Grande, divenuto poi il re dei
giudei per volontà di Ottaviano Augusto (39 a.C.). Nella lotta per la
successione al potere degli asmonei, Antigono l’avversario di Erode si
era alleato con i parti, che nel 40 a.C. avevano saccheggiato e bruciato
prima Gerusalemme e poi Maresha.
Gli scavi
di Maresha, eseguiti dai pionieri dell’archeologia biblica F.J. Bliss e
R.A.S. Macalister tra il 1898 e il 1900, misero in luce una città
ellenistica con una doppia fila di bastioni e strade tracciate secondo un
modello ippodameo regolare, con un centro residenziale nella sezione
sud-orientale.
Nelle
vicinanze del tell è stata scoperta una serie di grotte
sepolcrali, una delle quali risale al 206 a.C. Furono scavate per una
colonia di Sidonî ellenizzati, che si erano uniti in matrimonio con
Idumei. Ciascuna tomba consiste di un vestibolo e diversi ambienti nelle
cui pareti sono ricavati i loculi; la tomba più importante si trova verso
la fine della sala principale.
Queste
tombe sotterranee sono decorate con affreschi. Alla fine della tomba I si
trova rappresentata una porta con frontone e urne funerarie ai due lati:
sempre ai lati, stanno anche due aquile, poggiate su ghirlande, al di
sopra di incensieri. Sopra ai loculi, tutt'intorno alla sala, corre un
lungo fregio dipinto, che rappresenta una caccia al leopardo, una serie di
animali esotici (elefanti, giraffe, rinoceronti, ippopotami) e alcune
creature fantastiche, come fiere con volti umani, pesci con proboscidi
d'elefanti, ecc.
Le
rappresentazioni di animali reali testimoniano l'influenza del giardino
zoologico che i Tolomei avevano in Alessandria; accanto ai vari disegni è
scritto il nome del relativo animale, il che sembra possa essere derivato
da un testo illustrato di zoologia. Nella sala d'entrata, che una volta
aveva una statua e un altare, erano rappresentati un gallo (l'uccello
sacro ad Esculapio, con riferimento al mondo sotterraneo) e Cerbero con
tre teste.
Nella
tomba II, di pianta simile, la sala principale è decorata con ghirlanda,
mentre nel vestibolo vediamo le immagini di un gruppo di suonatori. Nel
loro insieme le tombe dipinte di Maresha sono di grande importanza, in
quanto esse ci testimoniano la grande diffusione dell'influenza esercitata
dall'arte ellenistica nei distretti rurali della Palestina sotto i
Tolomei. La pianta di queste tombe, derivata da Alessandria, fu usata
anche dagli Ebrei nella costruzione delle proprie tombe intorno a
Gerusalemme.
La visita
completa di Maresha richiede alcune ore: inizia dall’area delle grotte
giganti («la campana») e comprende alcuni edifici extra-muros.
Si procede attraverso la campagna tra resti archeologici e grotte non
ancora esplorate. La grande basilica crociata dedicata a Sant'Anna, che si
staglia nel panorama di Maresha, non è stata ancora studiata.
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