Paesaggio culturale della valle di Orkhon
Mongolia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2004

    

La valle di Orkhon, situata a 360 km a ovest della capitale Ulaanbaatar, si estende lungo le rive del fiume Orkhon nella Mongolia centrale. La sua superficie è di 840 km² e la popolazione complessiva nel 2000 era di 71.525 abitanti.

Fino al 1994, anno in cui fu costituita, il suo territorio era parte della provincia di Bulgan con la quale ora confina per tre lati, mentre ad est confina con Selenge.

Per molti secoli la valle dell'Orkhon fu la sede del potere imperiale delle steppe. Le prime prove sono rappresentate da una stele in pietra con iscrizioni runiche, eretta nella valle da Bilge Khan da un imperatore dell'VIII secolo dell'impero Göktürk. 

Circa 25 chilometri a nord della stele, all'ombra della sacra montagna-foresta di Ötüken, si trovava l'Ördü, la capitale nomade. Durante la dominazione Qidan la stele venne riscritta in tre lingue, in modo da ricordare gli eventi dei Qidan.

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Le montagne vennero considerate sacre dal Tengriismo quale axis mundi, soprattutto Ötüken a causa degli spiriti ancestrali dei khagan e dei beys che vi abitarono. Una forza chiamata qut veniva ritenuta in grado di emanare potere da questa montagna, concedendo ai khagan il diritto divino di regnare sulle tribù Turkic. 

Chiunque controllasse questa valle sarebbe stato considerato leader spirituale dei Turk. Per questo motivo il controllo della valle dell'Orkhon fu di importanza strategica per ogni stato Turkic. Storicamente ogni capitale Turkic (Ördü) venne stabilita qui per questo motivo.

I monumenti principali della valle sono i seguenti:

Memoriali dell'inizio dell'VIII secolo dedicati a Bilge Khan e Kul Tigin, con le loro iscrizioni Orkhon, sono riconosciuti come i più sorprendenti monumenti dell'impero nomade dei Göktürk. Vennero scavati e decifrati dagli archeologi russi nel 1889-93.

Rovine di Ordu-Baliq, capitale dell'VIII secolo dell'impero Uiguri, che occupa 50 chilometri quadri e contiene i resti di un palazzo, negozi, templi, monasteri, ecc.

Rovine della capitale di Gengis Khan a Karakorum, che potrebbe aver compreso al suo interno il famoso palazzo Xanadu.

Il monastero di Erdene Zuu è il primo monastero buddhista della Mongolia. Fu eretto nel 1585 da Abtai Sain Khan (Khan dei mongoli Khalkha), dopo l'introduzione e la diffusione in Mongolia del buddismo tibetano. Pietre delle rovine della città di Karakorum furono usate nella sua costruzione. Le mura che lo circondano, caratterizzate dalla presenza di 108 stupa, formano un perimetro quadrato di 402 m di lato. Il numero 108, sacro per il buddismo, è il numero dei grani del rosario buddista (mala). Danneggiato nel 1680, durante operazioni militari, fu ricostruito nel XVIII secolo. Alla fine del 1800 aveva al suo interno 62 templi e centinaia di altre costruzioni.

Nel 1939 il monastero fu devastato in un'operazione di epurazione sovietica, che viene ricordata come gli "anni del terrore", condotta da Stalin e dal leader mongolo Horloogijn Čojbalsan, e che coinvolse centinaia di monasteri in Mongolia e determinò l'uccisione di migliaia di monaci. Furono risparmiate poche costruzioni, alcuni templi e le mura. Un ricercatore afferma che furono proprio le pressioni di Stalin in persona su Choibalsan a salvarli dalla distruzione in occasione della visita della delegazione USA in URSS, inviata dal presidente Roosvelt nel 1944, cui partecipava il vicepresidente Henry A. Wallace.

Erdene Zuu nel 1947 divenne un museo e quindi nel paese rimase un solo monastero funzionante: quello di Gandantegchinlen a Ulan Bator. Dopo la caduta del comunismo in Mongolia, nel 1990, Erdene zuu fu restituito ai monaci buddisti, resta comunque aperto anche come museo.

L'eremo di Tuvkhun è un altro monastero spettacolare, dominante una collina a 2600 metri slm. Anch'esso venne completamente distrutto dai comunisti.

Resti del palazzo mongolo di Doit Hill (XIII e XIV secolo), che si crede sia stato la residenza di Ögödei.